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Autore: Delenanelcuore    26/03/2012    2 recensioni
Cosa succederebbe se a causa di un errore di Bonnie, Elena venisse catapultata nel 1864?
Viaggio nella vecchia Mystic Falls alla riscoperta del vero Damon Salvatore.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Damon/Elena
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il destino beffardo giocava al gatto e al topo con la sottoscritta, non avevo ormai alcun dubbio.
Mi ero destata dal sonno notturno nel corpo di una certa Elena, umana e dannatamente uguale a me nelle sue fisiche fattezze.
Come se la cosa non fosse già di per se assurda e priva di qualsiasi logico fondamento, non avevo più bisogno del ciondolo per camminare alla luce del sole..ero umana esattamente quanto lei!
Mi presi qualche secondo per metabolizzare l’accaduto e fare in modo di non uscire pazza nei successivi minuti di quella assurda giornata.
Pensai a cosa diavolo avessi fatto la sera precedente, ma non mi sembrò di aver chiesto ad Emily Bennett qualche sorta di incantesimo, tale per cui oggi ne stessi pagando i “danni collaterali”.
Ma se io non ero la fonte di quel sortilegio, allora la causa del mio atroce vagare in una Mystic Falls avanti negli anni, risiedeva in quell’epoca che io non avevo mai neppure immaginato.
Mi ritrovai  a camminare tra i corridoi di quella casetta provinciale, che nulla aveva in comune con la reggia dei Salvatore.
Mobili di cattivo gusto e uno strano odore nell’aria, che però faceva brontolare il mio stomaco come non mi accadeva dai tempi in cui, non perseguitata da quel pazzo di Niklaus, mi dilettavo a rimanere umana ed in carne ed ossa.
Puntai le scale che portavano al piano di sotto, cercando di capire se qualcuno dei vampiri che un tempo conoscevo di queste zone, abitasse ancora la mia amata Mistyc Falls, ammesso che mi trovassi ancora li.
Improvvisamente, un damerino pelle ossa mi strattonò, facendomi sbattere contro la parete.
Rideva come un idiota e mi guardava come se fosse stato l’autore di un gesto eroico di portata mondiale.
Presa dalle mie solite vecchie e buone maniere, mi avventai su di lui, arricciando il naso, facendo mutare consistenza alla pelle del mio viso.
Un ringhio cupo, almeno così me lo sarei aspettato, uscì dalle mie ora umane viscere , scagliandomi su quel damerino.
Quando però udii la sua risata e non urla di dolore, mi accorsi che il suo collo era pregno di saliva, non di sangue e dall’immagine riflessa nello specchio del corridoio, mi accorsi di avere l’espressione di un animale in fase di indigestione.
A quel punto l’idiota parlò*
 “Elena, ti stai facendo prendere troppo la mano da quella vampira, stamattina addirittura sembri più matta del solito..”- cantilenò mentre mi superava per scendere le scale prima di me.
Inarcai un sopracciglio e sentii la donna chiamarlo dal piano di sotto.
“Jeremy, Elena, la colazione è pronta!!”- cinguettò con quella melensa voce la maleducata di qualche istante prima.
Quel ragazzo, che ora avevo scoperto si chiamasse Jeremy, si voltò verso di me e mi disse con voce da perfetto idiota “Andiamo “Katherine” procacciamoci il cibo”.
Ebbi un sussulto, mi aveva riconosciuta, come diavolo sapevano della mia esistenza in Dio solo sapeva quale epoca?
Mi affrettai a mettere una mano sulla sua spalla e lo fermai.
“Come fai a conoscermi? Parla, adesso!” –sbottai in tono minaccioso.
Jeremy mi guardò con occhi a metà strada tra il divertito e l’incredulo.
Mi rivolse un sorriso sarcastico e disse, “ Elena, tu mi stai seriamente preoccupando”.
Qualche secondo dopo ero a colazione con quei bambocci, cercando di captare qualche indizio che potesse tirarmi fuori da quella situazione.
Eppure nemmeno Jeremy che pochi secondi fa mi aveva chiamata Katherine, sembrava accennare al discorso “Vampiri”.
Mentre mi riscoprivo affamata e alla prese con una fetta di pane con la marmellata, Jenna, così si chiamava quella fastidiosa umana,  interruppe la mia colazione.
“Hai dimenticato il telefono di sotto ieri,  stamattina ha chiamato..” – stava per terminare la frase quando suonarono al campanello.
“Deve essere proprio lui, va tu ad aprire Elena, io tolgo questi piatti e scappo a lavoro”- mi ordinò con voce tranquilla.
Mi alzai, un po’ incredula, avviandomi verso la porta.
Misi la mano sul pomello e quando aprii la grossa porta di legno, rimasi di sasso.
Avevo davanti agli occhi Stefan Salvatore.
 
  
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