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Autore: maryfantastica_98    26/03/2012    5 recensioni
Rachele va in palestra per cercare la sua migliore amica, Daria, e la trova. Ma senza vita. Da quel giorno niente è più lo stesso: la sua vita, la sua famiglia, la sua mente. Una civetta bianca si insinua nei suoi sogni e nella sua vita. Quella civetta vuole dirle chi ha ucciso Daria? Oppure scoprirà l’assassino da sola capendo allo stesso tempo molte cose su se stessa e sul suo legame con Daria?
E’ la mia prima storia originale. Spero che vi piaccia quanto a me piace scriverla. ;D
Genere: Drammatico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il volo della civetta bianca

Capitolo 2

La decisioni un po’ sbagliate

 

La professoressa parlava... ma Rachele non l’ascoltava. Parlava di storia... o geografia? Poco le importava.

All’improvviso  sentì un grido silenzioso. Fu silenzioso perché fu l’unica a sentirlo. Si alzò di scatto e in un attimo si ritrovò all’entrata della palestra. Da lì vedeva una civetta bianca svolazzare intorno alla finestra cha stava sopra gli spalti. Corse verso la civetta. Quella si fermò. Si guardarono negli occhi per un secondo che parve un secolo. Quei grandi occhi dorati si bruciarono davanti agli occhi di Rachele, neanche il tempo di soffiare sulle ceneri che trovò ai suoi piedi, di nuovo, il corpo senza vita di Daria.

<< Rachele svegliati! >> i richiami della madre nelle sue orecchie.  Oggi doveva ritornare a scuola...

La ragazza aprì gli occhi. La stanza ancora buia. Si guardò intorno e con riluttanza si alzò dal letto. Aprì le persiane e le si mozzò il respiro. La camera di Rachele aveva una bella vista sulla città. A destra vedeva la biblioteca della scuola e a sinistra c’erano una serie di palazzi tinti di verde, al centro c’era la scuola. Ed eccola lì una civetta bianca che appollaiata sul tetto la guardava . Rachele ricordò il sogno, e la civetta volò via lasciando Rachele con le sue paure e l’ansia di dover andare a scuola.

 

Mezz’ora dopo Rachele era già pronta. Si guardò nello specchio del bagno per un ultimo controllo e le venne da piangere.

Cosa le stava succedendo? In meno di un mese aveva perso la sua migliore amica e adesso stava perdendo anche la testa? Cosa significava quella civetta?  Se Daria fosse stata vicino a lei le avrebbe detto di stare calma e di non pensare ai piccoli dettagli. Ed è quello che fece. A scuola rimase in silenzio per tutta la giornata, rimase in bagno per tutto l’intervallo, a guardare i ragazzi che si divertivano e chiacchieravano dalla finestra, invidiava quelle anime così spensierate più di qualsiasi altra cosa in quel momento, avrebbe voluto essere insieme a Daria li in mezzo. Sorrise ripensando ai bei momenti che aveva passato con lei neanche un mese fa.  Una civetta bianca, forse la stessa di quella mattina, era nascosta tra i rami di un albero e guardava Rachele, e appena la ragazza se ne accorse scappò via, lasciandola nuovamente con tristi e amari pensieri.

***

Quella notte... lo stesso sogno. Rachele si svegliò madida di sudore. Si portò le mani sul viso. Guardò l’orologio: le quattro in punto.

Scivolò via dal letto per immergersi nell’acqua. Andò in bagno e fece una lunghissima doccia. Le piaceva fare la doccia la mattina prestissimo, le piaceva la sensazione di pensare al giorno prima ancora che cominciasse.

Ma Rachele quella mattina fece la doccia solo per sfogarsi.

I gocciolii dell’acqua si mischiavano con le sue lacrime. Non aveva mai pianto dalla morte di Daria. Mai. Tutta al più urlava. Urlava su come sarebbe stata la sua  vita senza di lei. Poi basta. Dopo il giorno della morte di Daria rimase in silenzio a vedere la sua vita che scorreva veloce senza di lei.  Le era diventato tutto indifferente, senza la sua migliore amica non era più niente. La verità era quella, ed altrettanto inutile piangersi addosso.

Finita la doccia si guardò direttamente allo specchio. Gli occhi arrossati per le lacrime la demoralizzarono ancora di più.  Tutti quei particolari del suo corpo che le piacevano molto le parvero insignificanti di fronte a quegli occhi rossi. I capelli castano chiaro che ricadevano in onde perfette sulle spalle, gli occhi color nocciola ereditati dalla madre, il naso piccolo a patatina, il viso privi do qualsiasi impurità. Sembrava perfetta, ma quelle lacrime appena versate la fecero sentire anche la persona più debole della Terra.

Tra lei e Daria era lei quella forte, e sicuramente la sua amica non avrebbe voluto vederla così.

“Devo farcela” pensò. << Devo farcela per te. Daria >> fu il suo sussurro.

Dopo essersi vestita alzò le persiane sperando che la civetta fosse lì ad osservarla.

 La civetta non c’era.

***

Non ce la faceva ad affrontare un’ ora di educazione fisica. La professoressa li lasciavi liberi di fare quello che volevano il martedì, ed era per quello che non ce la faceva. Come avrebbe potuto camminare su quei gradoni sapendo che furono l’ultimo suolo su cui camminò Daria?

Nonostante la paura ci andò lo stesso. Oltrepassò la porta della palestra con gli occhi bassi e quando li alzò lei era li.

La civetta bianca era dall’altro lato della finestra, era lontana ma si vedeva benissimo. Incurante delle parole della professoressa e dei richiami dei compagni salì i gradoni velocemente, era quasi arrivata alla civetta.                                                Un ultimo gradone e... non vide più nulla.

Senza sapere come si ritrovò a terra ai gradoni, con il viso per terra. Il sangue che le colava dal naso, la caviglia probabilmente slogata e il la pancia che le doleva da morire.

Prima di chiudere gli occhi vide la civetta volare via lontana lasciandola, ancora una volta, sola con i suoi dolori.

***

<< Tieni la testa alzata mi raccomando >> le raccomandò l’infermiera della scuola mentre la riaccompagnava in classe.

Arrivata alla sua classe, la 3° G, chiuse gli occhi ed entrò con riluttanza. C’era la professoressa di italiano in quell’ora, per donare ai sui alunni un “ interessantissima” lezione sul perché studiare filosofia fosse così importante. Appena Rachele entrò in classe alla prof. si illuminarono gli occhi. Aveva sempre avuto un debole per Rachele e per l’alunna era lo stesso, sembrava che le due si capissero al volo, condividevano la stessa filosofia di vita e da meno di un mese anche lo stesso dolore.  La professoressa Iazzetta aveva perso il marito da meno di un anno e Rachele le era stata acconto finché poté.

<< Come ti senti? >> chiese la professoressa.

<< Meglio...non so cosa mi è preso >> rispose Rachele.

La professoressa le sorrise e poi continuò a spiegare tante cose che a Rachele non interessavano in quel momento.

***

Sua madre l’aspettava fuori scuola, la macchina gialla si notava tra le altre come una pecora nera.

 Sua madre si chiamava Veronica. Occhi castani, capelli nero corvino e fisico robusto. Si vedeva che era molto preoccupata per la sua condizione, per questo Rachele le sorrise appena la vide. Quel sorriso, così lontano e falso, almeno in parte rassicurò Veronica.

Quando entrò in macchina Rachele si aspettava di essere travolta da una raffica di domande, invece no. Sua madre accese il motore in silenzio e in silenzio guidò per qualche minuto, finché la figlia non si accorse che la strada che stavano percorrendo non era quella di casa e le chiese dove fossero dirette.

<< A casa di Massimo >> disse neutra Veronica.

L’idea che fosse uno scherzo attraversò per un secondo la desta di Rachele, avrebbe voluto credere in quell’idea. Ma, come l’idea che Daria stesse solo dormendo, purtroppo non era uno scherzo. Sua madre sapeva che i due ragazzi non andavano molto d’accordo, ma purtroppo non sapeva che lei lo odiava, per questo evitò di fare scenate e si limitò a sussurrarle balbettando << P- perché ? >>

<< La madre di Massimo, Angela, è molto... molto preoccupata per lui >>

“E quindi? Cosa c’entro io?” le venne da chiedere, ma ovviamente non lo fece.

<< Mi ha chiesto di ... parlargli un po’ >> continuò Veronica.

Quel “parlargli un po’” non era affatto un buon segno. La madre di Rachele era una psicologa, aveva un posto fisso al liceo Classico di una città a pochi minuti da casa. I suoi “pazienti” erano sempre adolescenti con crisi adolescenziali  come la perdita di un amore, i capelli troppo fragili, o una media scolastica troppo bassa. Rachele sapeva che quando una madre voleva far parlare il figlio con la sua non era una bella cosa, lei sapeva che uno psicologo non doveva affatto essere visto come una figura negativo in quella situazione, ma per un adolescente che aveva appena perso una persona cara uno psicologo non era la persona migliore per affrontare il lutto.

<< Quindi adesso gli farai una seduta? >>

<< No >> Rachele alzò un sopracciglio. Veronica la guardò e le spiegò la sua idea: << Non credo che in questo momento voglia vedere uno psicologo. Credo che tutta al più avrebbe bisogno di un amico. >>

Rachele non capiva.

<< O meglio un’amica >> continuò Veronica dando il via alla tachicardia di Rachele.

La ragazza spalancò gli occhi attonita dalla notizia. Non voleva passare del tempo con lui. Non voleva fargli da psicologa. Ma soprattutto non voleva essere amica di quell’idiota.

<< In che senso? >> chiese la ragazza ancora incredula della notizia.

<< Ha perso la sua fidanzata Rachele! Ha bisogno di sfogarsi con qualcuno. Ha bisogno di parlarne! >> urlò piano << Come fai ad essere così insensibile nei suoi confronti? >>

<< Non sono insensibile mamma! >> negò Rachele << E’ che non capisco cosa c’entro io in questa situazione >> continuò la ragazza guardando con aria disinvolta fuori dal finestrino.

Veronica la guardò sconcertata. La persona accanto a lei non sembrava sua figlia in quel momento per il ragionamento appena fatto.

<< Perché tu ci sei dentro! Cazzo, hai perso anche tu Daria o no?! >> gridò Veronica. Vedendo che Rachele si era spaventata dal suo tono abbassò un po’ la voce. << No... per te è come se non se ne fosse andata, non è così? >>

<< No... non è così >> rispose lei con la voce incrinata. Aveva un nodo alla gola e la voglia di piangere. Ma non lo fece, ricacciò indietro le lacrime e si fece il più forte possibile per non piangere davanti alla madre. Odiava versar lacrime davanti a chi amava, per questo pianse in bagno.

Veronica non si accorse della tristezza della figlia per questo continuò a tempestarla di domande << E allora  com’è? Spiegami! >>

Un singhiozzo scappò involontario dalla bocca di Rachele.

Veronica capì che non era un argomento facile, ma era decisa a non cambiare discorso.

<< Lo so che per te è difficile aprirti con me. E lo comprendo benissimo. Anche se la nonne fosse stata psicologa io non le avrei parlato professionalmente. Ma Rachele... guardami >>

Rachele tolse gli occhi dalla strada e volto gli occhi verso quelli della madre che li aspettavano irrequieti come una madre che aspetta la figlia da una serata in discoteca.

<< Anche tu hai un... grande bisogno di parlarne >>

Rachele tornò a guardare la strada. Sua madre sospirò e fece lo stesso. La figlia ci pensò un secondo, in fondo quello era il momento giusto per dire tutto. Forse era meglio svuotare il rospo.

<< Di cosa dovrei parlare mamma? >> La voce si stava incrinando. << Del fatto che ho visto il cadavere di Daria? Del fatto che non sopporto Massimo? >> La voce era sempre più incrinata. << Devo parlarti del fatto che vedo una civetta bianca tutte le notti e che mi mette una paura tremenda? O devo parlare semplicemente di Daria? >> la forza di trattenere le lacrime l’abbandonò. << Devo parlare di quanto mi manca... ? di quanto la mia vita sia vuota senza di lei? >>

Ecco.

Era scoppiata a piangere.

Veronica accostò la macchina vicino al marciapiede e l’abbracciò. Tentava di dirle qualche parola di conforto mentre piangeva, ma Rachele sentiva soltanto il suono delle sue lacrime e dei suoi singhiozzi.

<< Hai tantissime cose di cui dovresti parlare >> Quelle parole così dolci si intrufolarono nelle orecchie della ragazza che si scostò dalle braccia della madre per guardarla

Veronica le sorrise dicendo : << Ma non sono io la persona con cui devi parlare >>

Rachele sorrise Si asciugò velocemente le lacrime con un fazzoletto che aveva in tasca e disse alla madre di partire.

Andavano verso quella che Veronica credeva fosse l’unica speranza per salvare la figlia.

Lo spazio della civetta xD

Salve! Ho voluto mettere questo piccolo spazietto per dirvi alcune cosette:

1.     Grazie per le recensioni, le ho apprezzate tanto, stavo quasi mandando un fascio di fiori per ogni recensione!

2.     Da questo capitolo inizierete un po’ a capire perché ho messo questo titolo

3.     Avete per caso qualche foto o immagine presa da internet di una bella civetta completamente bianca? Vorrei mettere una foto del genere all’inizio di ogni capitolo, ma non riesco a trovare niente che mi piaccia.

4.     Se volete contattarmi mi chiamo Maria Anna Perotta su face book, non ho twitter, contattatemi per qualsiasi cosa, però prima mandatemi un messaggio per farmi capire chi siete.

5.     Dato che credo nella forza dei numeri che ritengo fortunati 4,7,11, e 25 volevo mettere il capitolo ieri ma non ce l’ho fatta per via dei compiti, quindi fate finta che sia il 25.... scherzo xD

6.     Sono troppo punti eh? Comunque penso di metter il terzo capitolo verso aprile, perché devo ancora scrivere molto. Forse se siete fortunati lo metto l’11 Aprile, che è il giorno del mio compleanno.

7.     Sono arrivata a sette punti perché il sette porta fortuna, quindi Ciaooooo e lasciate una recensione se volete.

 

 

   
 
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