Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: ElenaNJ    26/03/2012    3 recensioni
[crossover con Cosmowarrior Zero]
Siamo nel 2984 e la rinata Federazione Terrestre è sotto shock: Tadashi Daiba, il suo amatissimo Primo Ministro, è stato assassinato da un individuo identificato come... Harlock!
Warius Zero, di ritorno da una lunga missione ai confini del cosmo, è contattato in gran segreto da Yuki Kei e, messo al corrente degli inquietanti fatti che fanno da contorno e precedono il delitto (tra cui il sospetto di una cospirazione ai livelli alti del Governo e la sparizione di gran parte dell'equipaggio dell'Arcadia), decide di portare a termine la missione che gli era stata affidata quattordici anni prima: catturare Harlock.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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cap 8 Zero si voltò e l'emozione gli chiuse la gola.
Davanti a lui, il palazzo in cui aveva abitato prima della guerra si stagliava intatto, uguale al giorno in cui aveva chiuso per l'ultima volta il cancello con la chiave che ancora conservava nel cassetto del comò. C'erano ancora quelle orribili imposte turchine che s'era sempre ripromesso di ridipingere sin dal giorno del matrimonio, c'erano ancora i fiori d'alisso e le margherite sul balcone della loro camera da letto... e c'era lei che gli veniva incontro, un fagotto fra le braccia e un sorriso gentile sul volto incorniciato dai lunghi capelli.
– Sayuri*...
La voce gli uscì in un sospiro arrochito: era così tanto che non pronunciava quel nome... un'eternità.
Lei gli si avvicinò, bella come l'ultima volta che l'aveva vista dallo spazio, adagiata in un letto d'ospedale con il loro bambino appena nato fra le braccia, bella come nella foto all'interno del suo medaglione. Lo strinse forte fra le dita.
Già... Questo è un sogno. Lei non c'è più, e nemmeno nostro figlio.
Lo aprì senza staccarle gli occhi di dosso e il suo dito indugiò sul tasto del rilevatore gps.
Lo aveva premuto l'ultima volta davanti a quell'orribile cratere, con il fumo acre nelle narici, il fango viscido che gli incollava gli scarponi al suolo e i ricordi bruciati della loro vita insieme appena riconoscibili fra i ciottoli anneriti. La scritta “lost” e quella voce metallica che lo ripeteva gli avevano scavato una voragine ancor più profonda nel petto.
Premette il tasto e abbassò lo sguardo sul piccolo schermo a cristalli liquidi: un cuore giallo pulsava regolare sullo sfondo verde e una freccia puntava verso di lei... verso casa.
Il groppo in gola aumentò, la voglia di prenderla per mano ed entrare, il desiderio di ritrovre tutto ciò che aveva conosciuto e perso, di tornare a essere l'uomo d'un tempo lo assalirono con ferocia.
No.
Scosse la testa.
Doveva ancorarsi alla realtà con tutte le sue forze.
Tornò con la mente al giorno di pioggia e disperazione in cui aveva seppellito la sua famiglia e una parte di se stesso in quella bara vuota, con gli occhi che bruciavano e la testa che gli doleva per le troppe lacrime e il troppo Barbour versati durante la notte.
Risentì la forza e il calore della mano di Kaibara che gli stringeva la spalla fradicia mentre il prete continuava a blaterare di cose in cui non aveva mai creduto e che non riuscivano a consolarlo nemmeno un po'.
Un paradiso in cui un giorno si sarebbero ritrovati e dove avrebbero vissuto per sempre uniti nella gioia... quanto aveva desiderato poterci credere!
Forse lo desiderava ancora, e Oneiros lo aveva rilevato.
Il dio dei sogni sta plasmando un mondo perfetto anche per me. Devo stare attento o rischierò di perdermi anch'io.
La mano di Sayuri si posò sulla sua guancia, morbida, calda, così reale.
Lo obbligò con dolcezza ad abbassare la testa e a guardarla negli occhi, così vivi, così blu...
– Zero – la sua voce era la stessa che ricordava, il suono più dolce che esistesse al mondo – Sei pallido, amore. Stai bene?
Una folata di vento improvviso gli soffiò nelle narici il suo profumo, i suoi capelli soffici gli solleticarono il viso e lui desiderò con tutto se stesso sentirli ancora una volta fra le dita, affondare il naso nell'incavo di quel collo flessuoso, riempirsi i polmoni di quella dolce fragranza e baciare quella bocca delicata e rosea.
Ancora una volta, una volta sola.
Richiuse il medaglione e si voltò a guardare Harlock.
Ma se lo facessi, cederei. E allora che ne sarebbe di noi? E di Mayu, di Marina e tutti gli altri... no, non posso.
– Zero!
– Cosa...?
– Insomma – Sayuri s'accigliò, le sue labbra s'incurvarono in quel broncio da ragazzina che Zero aveva adorato così tanto – Non ti sarai di nuovo ubriacato da qualche parte insieme a quei buoni a nulla dei tuoi amici, vero? Non sei più un ragazzino, quante volte te lo devo ripetere? Hai un figlio a cui pensare: che razza d'esempio vuoi diventare, per lui?
Harlock gli si affiancò e gli lanciò uno sguardo malizioso.
– Ora capisco perché non volevi tornare a casa, vecchio mio – ridacchiò – E così, ecco un altro neo papà nei guai. Non me l'avevi detto. E hai fatto bene: la sbronza sarebbe stata ancor più colossale, altrimenti!
Gli strizzò l'occhio e si fermò davanti a Sayuri, che lo squadrò dalla testa ai piedi.
– Mi spiace, temo che sia stata colpa mia. Era dalla battaglia nell'orbita lunare che io e suo marito non ci rivedevamo e forse abbiamo ecceduto un po' coi ricordi e i festeggiamenti – le tese la mano – Phantom F. Harlock, Capitano della Death Shadow, Flotta Unita.
Sayuri bilanciò il suo fagotto sul braccio sinistro e gliela afferrò con un sorriso.
– Io sono Sayuri, Capitano Harlock. Lieta di fare la sua...
– No – Zero si mise fra loro – Tutto questo non è reale! Harlock, te l'ho già detto: ti trovi in un mondo simile al sogno, una realtà alternativa creata da un computer sulla base dei tuoi più intensi desideri... e ora anche dei miei, a quanto pare.
Sayuri lo guardò preoccupata.
– Zero, ma che dici?
– Temo che sia ancora un po' fuori fase – Harlock gli afferrò il braccio ma lui si liberò con uno strattone.
– È così, ti dico! Non ti ho mai parlato di mia moglie e mio figlio perché erano già morti quando ci siamo conosciuti – la sua voce s'arrochì; ogni parola, ogni ricordo era una pugnalata dolorosa al petto – Nel sessantanove noi umani perdemmo la guerra, Harlock: la mia famiglia morì nel bombardamento che seguì la battaglia nell'orbita lunare...
– Zero, non...
– Noi non ci conoscemmo allora – lo ignorò – Ma nel settanta, quando già ti eri ribellato al Governo Collaborazionsta ed eri diventato un pirata che attaccava le navi di Vorder. Per tutelare la tregua ed evitare rappresaglie da parte dei meccanoidi, avevo accettato la missione di catturarti, ma poi...
– Piantala, Zero – Harlock lo guardò inquieto – Stai spaventando tua moglie.
– Non è mia moglie! – Zero serrò i pugni e le palpebre per non vedere la ferita in quegli splendidi occhi azzurri – È una proiezione che Oneiros ha creato sulla base dei miei ricordi, del mio amore per lei, del mio desiderio di riaverla accanto e dei miei sensi di colpa, proprio come ha fatto con Maya, Tochiro ed Emeraldas!
– Piantala di dire sciocchezze – Harlock lo afferrò di nuovo, stavolta più forte – Calmati e cerca di ricordare...
– No, tu cerca di ricordare – Zero si liberò con un altro brusco strattone e indietreggiò di qualche passo – Non siamo più nel settanta, Harlock: sono passati quattordici anni, ormai! Non siamo più i giovanotti di un tempo, tu non sei più un militare e la tua nave ora è l'Arcadia! Quanto a Maya, Tochiro ed Emeraldas, sono morti anche loro. Fattene una ragione!
– Ti avverto, Zero – la voce di Harlock era bassa e minacciosa – Sto cominciando a perdere la pazienza. Calmati e ragiona, o sarò costretto a obbligarti con la forza.
– Dammi la mano, piuttosto – Zero gliela tese, di nuovo – Se sei davvero convinto che questo sia il mondo reale, non dovresti aver nulla da temere da un gesto così semplice. Se non dovesse accadere nulla io mi convincerò e, credimi, sarò ben lieto di tornare a casa con la mia famiglia e lasciarti a vivere i tuoi spensierati vent'anni!
Ma non accadrà. Non può accadere.
Guardò ancora una volta Sayuri, pallida, fragile e più bella che mai, il suo fagotto stretto al petto.
Una parte di lui sperava di sbagliare, d'essere davvero preda dei postumi d'una colossale ubriacatura; l'altra sapeva che quelle speranze erano assurde, destinate a infrangersi... e che era così che doveva andare.
– Ancora con questa storia? – Harlock gli schiaffeggiò via la mano, un'espressione tempestosa sul volto attraversato da quella vecchia cicatrice che lo rendeva ancor più minaccioso.
Zero sostenne il suo sguardo.
– Lo vedi? A questo punto, in condizioni normali, avresti accettato la sfida, se non altro per spirito di contraddizione. Se non lo fai è perché Oneiros te lo impedisce... e perché da qualche parte dentro di te sai che ho ragione. Sai che, se lo facessi, questo bel sogno si dissolverebbe e hai paura, paura di tornare a quella realtà così fredda che ti sei costruito attorno per fuggire dal dolore, a quella solitudine in cui il tempo non passa mai e l'unica speranza è la fine di tutto...
Harlock indietreggiò di un passo. Il suo braccio si sollevò di qualche centimetro, la sua mano destra si stese, tremò e si contrasse in un pugno che gli scese lungo il fianco.
Guardò Zero confuso, come se non riuscisse a controllare il proprio corpo e non sapesse spiegarsi il perché. Lui gli rivolse un mesto sorriso.
– Ti capisco, sai? Sopravvivere a chi si ama è un inferno, ma guardare solo al passato e vivere nel rimpianto è peggio... e non risolve nulla, credimi. Se non hai la forza di stringere la mia mano, non importa. Posso dimostrarti lo stesso che questa non è la realtà.
Si voltò verso Sayuri e scostò i lembi delle coperte che formavano l'involto fra le sue mani.
I belissimi, luminosi occhi castani di suo figlio s'aprirono e si fissarono nei suoi, il suo sorriso radioso gli fece venire voglia di piangere.
– Come lo abbiamo chiamato? – domandò a Sayuri, il cuore trafitto da una lama incandescente mentre quelle mani minuscole si chiudevano attorno al suo indice.
Una parte di lui pregò tutti gli dei di tutte le religioni in cui non aveva mai creduto perché lei gli rispondesse, ma Sayuri lo guardò smarrita; le sue labbra tremanti s'aprirono e si chiusero a vuoto e i suoi occhi blu, quegli splendidi occhi blu in cui un tempo aveva tanto amato perdersi, si riempirono di lacrime. Zero le appoggiò le mani sulle spalle, vicino al pianto anche lui.
– Sai perché non lo sa, Harlock? – gli domandò senza nemmeno voltarsi – Nostro figlio è nato a Megalopolis nell'aprile del sessantanove, una settimana prima della battaglia presso l'orbita lunare.
Il silenzio che cadde fra loro era pesante, angoscioso.
Zero chiuse gli occhi, sollevò la testa e cercò di non versare le lacrime che gli facevano bruciare gli occhi.
– Sayuri e io c'eravamo promessi di dargli un nome quando finalmente fossi tornato, insieme alla pace – la sua voce tremò – Ma non riuscimmo a mantenere la promessa: io non riuscii a portare la pace... e quando tornai non avevo più un figlio a cui dare un nome.
Sentì Harlock trattenere il respiro e si chiese se qualcosa si fosse mosso nei suoi ricordi.
Sayuri gli puntellò il bambino contro il petto e tese la mano verso il ciondolo che gli pendeva dal collo.
Lo aprì e mentre le note di una ninna nanna volteggiavano nel silenzio premette il tasto di ricerca.
Sullo schermo, come in quel giorno lontano, tornò a lampeggiare la scritta “lost”.
Il piccolo rise, le manine ancora strette attorno all'indice di Zero.
Una lacrima scese sulla guancia di Sayuri.
– E così siamo solo un ricordo, un desiderio, ormai...
Zero annuì, incapace di parlare.
– Ma un desiderio non abbastanza intenso da farti decidere di rimanere.
Le fece un cenno di diniego con la testa e le asciugò le lacrime con un dito.
C'era sempre quella parte di lui che soffriva e gridava e voleva restare, arrendersi, sprofondare felice in quel sogno meraviglioso e non svegliarsi mai più... e al diavolo l'Esercito, il suo dovere, il Progetto Herakles e quei furfanti che giocavano con le vite e i sentimenti delle persone, al diavolo la realtà.
Ma quella non era la sua vita e non poteva diventarlo... non con la consapevolezza d'aver abbandonato Harlock, i suoi compagni e soprattutto lei, che era diventata la sua speranza, il suo presente e il suo domani.
– C'è un'altra donna, vero?
L'immagine di Marina turbinò vivida nella mente di Zero.
Un altro cenno d'assenso.
Altre lacrime sulle guance di Sayuri.
– Ci hai dimenticati?
– Come potrei? – Zero asciugò anche quelle, un'altra carezza colma di nostalgia, amore e rimpianto – Siete nei miei pensieri in ogni momento, amore mio. Lo sarete finché avrò vita.
Era vero. Con lei aveva condiviso qualcosa di unico e irripetibile: anche dopo tanti anni, l'amore che provava per quella donna aveva tutta la forza e la purezza di quando era sbocciato.
E quel bambino era parte di lui, un miracolo stupendo che sapeva non si sarebbe mai più ripetuto, e per questo ancor più prezioso.
Sayuri gli sorrise.
– Ma non puoi vivere per sempre solo, nel passato e nel rimpianto – appoggiò la guancia umida contro la sua mano – Sei andato avanti con la tua vita... Sì, lo capisco.
Il bambino strattonò il suo dito con un'energia sorprendente per un essere tanto piccolo e Zero provò uno shock quando sentì le sue gengive serrarsi attorno alla falange e lui cominciò a succhiare.
– Sei felice?
Lui pensò a Marina, al suo equipaggio... ai suoi amici che ormai erano anche la sua famiglia.
– Sì – la sua voce era ancora roca e usciva a fatica, ma era la verità.
– Allora – lei avvicinò il viso al suo – Lo sono anch'io.
– Sayuri...
– No – la sua mano lasciò il ciondolo e si posò sulla sua guancia – Non dire niente. So che, se fossi al mio posto, nemmeno tu vorresti che invecchiassi sola e senza amore. Posso lasciarti andare se è per la tua felicità... Fallo anche tu.
Adesso, Zero era davvero a un passo dallo scoppiare in lacrime come un bambino.
Il suo lato razionale sapeva che era stupido: quella non era la sua Sayuri ma soltanto una proiezione della sua mente, un sogno lucido che forse il suo stesso subconscio stava controllando per convincere Harlock e mettere a tacere i suoi sensi di colpa... ma non gli importava.
Non avrò mai più un'altra occasione.
Prese in braccio suo figlio per quella che sapeva sarebbe stata la prima e ultima volta in tutta la sua vita.
Il cuore gli balzò nel petto quando sentì il peso e il tepore di quel corpicino fra le braccia, la morbidezza di quei capelli castani già folti e ribelli come i suoi contro la mano. Il bambino tese le braccia verso di lui, scalciò e rise, proprio come se capisse d'avere di fronte il suo papà.
– Seiryū – mormorò, felice e disperato al tempo stesso – Il suo nome è Seiryū **...
– La tua stella – Sayuri lo guardò commossa, forse persa nel suo stesso ricordo, quello di quando, da ragazzi, avevano scelto le loro costellazioni guida sotto il cielo stellato e limpido d'una vallata che ormai non esisteva più, distrutta dalle bombe come la loro storia d'amore.
– Per sempre.
Si chinò a baciare le sue labbra socchiuse e una lacrima gli scese lungo la guancia.
– Fallo adesso – la voce di Sayuri era un sussurro contro la sua bocca.
Zero allentò la presa e lasciò che lei riprendesse il bambino.
Un'altra lacrima ribelle sfuggì alle sue palpebre chiuse. Li strnse a sé un'ultima volta, desiderando che svanissero e tornassero a vivere solo nel suo cuore, desiderando che rimanessero con lui per sempre e non lo lasciassero mai più.
– Addio, amore mio.
Sotto le sue mani, le spalle di Sayuri persero il loro calore e la loro sostanza.
Zero aprì gli occhi e la osservò mentre la sua pelle chiara, i suoi capelli morbidi e i suoi splendidi occhi azzurri perdevano pian piano i loro colori.
Seiryū tese di nuovo le mani verso di lui, poi entrambi svanirono in un tremolio che gli ricordò le increspature dell'acqua calma di un lago quando qualcuno ci butta dentro un sasso.
Dietro di loro, anche la casa si dissolse.
Al posto della palazzina in cui aveva passato così pochi anni e così tanti momenti felici, apparve quella voragine.
Zero non sapeva cos'avessero costruito in quel luogo dopo la guerra; non era più tornato laggiù dal giorno del suo rientro dopo quella terribile battaglia.
S'asciugò gli occhi e si voltò.
Harlock gli si era avvicinato in silenzio; gli posò una mano sulla spalla e la strinse, l'espressione indecifrabile.
– Un giorno li ritroverai – lo lasciò andare – Nel punto in cui gli Anelli del Tempo si ricongiungono, oltre tutti gli universi, alla fine del tuo lungo viaggio...
– Sì – Zero ripensò a Tochiro e sospirò – Forse posso cominciare a crederci.
Harlock si chinò, raccolse un po' di cenere e la osservò disperdersi nell'aria mentre una leggera brezza la soffiava via dalla sua mano. Zero rimase in piedi in silenzio dietro di lui, le braccia incrociate sul petto.
– Mi credi, ora?
– Cose del genere non possono accadere nella realtà – Harlock si rialzò e serrò il pugno ormai vuoto – Quindi, per quanto tutto questo mi sembri assurdo, dev'essere come dici tu.
Rilasciò le dita e sfilò il guanto che gli ricopriva la mano destra, si voltò verso Zero e lo guardò dritto negli occhi.
– Dimmi solo una cosa – il suo sguardo si rabbuiò – Come ho fatto a caderci? Perché sono qui, privo dei miei ricordi, a vivere una vita che non è la mia e non potrebbe mai esserlo?
Zero lo fissò. Quello che aveva davanti era il giovane Harlock che aveva conosciuto un tempo: un guerriero dello spazio fiero e valoroso, deluso dai suoi simili ma ancora colmo di fiducia in se stesso, nei suoi amici e nel domani. Dubitava che avrebbe capito e soprattutto perdonato il se stesso più maturo e sfiduciato che era caduto nella rete di Kurai e dei suoi compagni.
Forse, si sarebbe addirittura rifiutato di tornare indietro.
Ma è giusto che sappia la verità.
– Avevi perso la speranza e la voglia di vivere, Harlock. I tuoi nemici ne hanno approfittato.
– Vuoi dire che ho scordato proprio quella promessa? Quella di vivere a qualunque costo e non far spegnere mai la fiamma della speranza che arde nel mio cuore?
Zero chiuse gli occhi e ripensò al periodo che era seguito alla perdita della sua famiglia.
Si era sentito inutile, vuoto, come un morto.
Per Harlock, perdere uno dopo l'altro Maya, Tochiro ed Emeraldas doveva esser stato altrettanto duro e l'idea di veder morire di nuovo il suo amico, anzi, di dover essere lui a liberarlo... poteva solo immaginare il dolore che doveva avergli procurato.
– Certe esperienze possono spegnere anche il più luminoso e ardente dei fuochi, Harlock. Sei un essere umano, in fondo.
Un ghigno truce si disegnò sul volto sfregiato di Harlock.
– Sono un essere umano stupido, se davvero mi sono lasciato andare così, qualunque ragione potessi avere – lanciò lontano il guanto e gli tese la mano – Fammi un favore, Zero: quando saremo tornati indietro, gonfiami di botte, se dovessi ricaderci. Anzi, gonfiami di botte in ogni caso.
Zero ricambiò il sogghigno e sollevò a sua volta il braccio.
– Con vero piacere, amico mio.
Le dita di Harlock si strinsero attorno al suo palmo e, come gli aveva detto Kurai, le loro menti entrarono in contatto.



* Sayuri vuol dire “piccolo giglio”, ma anche “purezza”. Non mi risulta che la moglie di Zero abbia un nome (almeno nella serie in italiano, la sola che ho visto), così me lo sono inventato... ma accetto correzioni nel caso sbagliassi! ^_^

** Seiryū vuol dire “Drago celeste” (sì, il buon Zero è fissato coi Draghi! XD).
Nella mitologia orientale, è il Guardiano dell'Est associato alla primavera, ai colori blu e verde e all'elemento dell'acqua; controlla la pioggia, sostiene e difende il Paese. È anche il simbolo dell'Imperatore e, in coppia con Suzaku, la Fenice Rossa (emblema dell'Imperatrice), rappresenta sia il conflitto che la gioia del matrimonio.


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Disclaimer: fanfic basata sul mondo ed i personaggi di "Capitan Harlock" (Uchu kaizoku Kyaputen Harokku" e "Cosmo Warrior Zero" (Kosumo Woria Zero), creati da e © Leiji Matsumoto.
Tutti i diritti per questi personaggi sono © Leiji Matsumoto, Toei Animation, Enoki Fims e probabilmente un mucchio di altra gente.
Il loro utilizzo in questa storia non implica appoggio, approvazione o permesso da parte loro.
Siccome questa storia è stata pensata e scritta da una fan per altri fan, prego di non plagiarla, di citarmi come autrice in caso di pubblicazione altrove e di non ridistribuirla a pagamento. Grazie!

   
 
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