Fanfic su attori > Cast Il Signore degli Anelli
Segui la storia  |       
Autore: Panenutella    27/03/2012    5 recensioni
Lo guardai meglio: era un angelo….
Aveva il viso cordiale e aperto. Gli occhi neri e profondi come due pozzi guardavano attenti il mondo e risplendevano come la luna. I suoi lineamenti era fini e eleganti, proprio come quelli di un Elfo. La sua stretta era gentile, la sua pelle calda. I capelli corti e neri erano pettinati in modo sbarazzino. Indossava una maglietta bianca a maniche corte e mi salutò con un largo sorriso.
Nella mia mente contorta cominciai a sbavare come un mastino.
ATTENZIONE: la protagonista interpreta il ruolo della figlia di Galadriel – ovviamente inventata da me -, Hery, che ha una storia d’amore con Legolas e segue i protagonisti nel loro viaggio.
La maggior parte degli avvenimenti narrati in questa fic sono realmente accaduti, ma sono raccontati dal POV della protagonista.
Divertitevi, leggete e recensite in tanti! :)
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Lesley's World'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La mia vita sul set – Cap. 18

-Les. Les, svegliati. Les.
Attraverso una coltre di nebbia, capii che qualcuno mi stava chiamando. Cercai di aprire gli occhi, fermandomi a metà.
-    Cosa c’è? – chiesi assonnata.
-    Les, ascoltami bene. In che torre lavorano i tuoi, Nord o Sud?
Sollevai un po’ la testa dal cuscino. - WTC Nord, 99° piano… perché?
Lo sconosciuto, del quale non avevo potuto vedere il volto a causa del buio, scosse la testa. – Niente, solo curiosità. Torna a dormire ora.
-    Uh… va bene… - Appoggiai di nuovo la testa sul cuscino.
Orfeo mi riaccolse tra le sue braccia in un batter d’occhio.

POV Orlando Bloom

Si era riaddormentata molto più in fretta di quanto ci aveva messo per svegliarsi. Povera Les, doveva essere esausta. Non potevo farle vedere quell’orrendo spettacolo. Era l’una e mezza appena passata, avrebbe senz’altro trascorso la notte nel terrore più completo. Ero combattuto: il cuore lottava per farla rimanere all’oscuro, il cervello mi diceva che ero in dovere di avvertirla. Avevo scelto di seguire il cuore.
Varcai la soglia della sala conferenze, dove si era radunata gran parte dello staff: ma anche se eravamo in tanti, il silenzio era più completo, a parte qualche singhiozzo soffocato. Raggiunsi Peter e gli altri in prima fila, proprio davanti al televisore, nel cui schermo campeggiavano le due Torri Gemelle, una bruciante e piena di fumo, l’altra ancora intatta.
-    Non le hai detto niente? – mi chiese Elijah, stringendo la mano di Linnie tra le sue.
Scossi la testa.
-    Non l’hai avvertita? – chiese Emma scandalizzata. – Ti ha dato di volta il cervello?
-    E’ stata dimessa dall’ospedale dopo un trauma cranico poco tempo fa. Se guarda anche lei questo spettacolo, può darsi che…
Venni interrotto da piccoli strilli di terrore e trattenute di fiato. Mi girai di scatto a guardare lo schermo. Un altro aereo era comparso nel campo della telecamera, e si dirigeva a grande velocità contro quella che doveva essere la Torre Sud. Tuttavia noi lo guardammo come se fosse al rallentatore. Si dirigeva verso la torre, sempre più vicino… e BUM! Il fianco della torre esplose in una bolla di fuoco e morte, proprio come aveva fatto la sua compagna solo pochi minuti prima. Qualcuno dei presenti sussurrava “Oh mio Dio” o imprecava. Detriti volarono fuori dall’edificio, mentre la giornalista commentava. In sottofondo potevamo sentire le urla di terrore dei civili. Il cuore mi pompava al massimo in gola. In mezzo a tutte quelle persone, dentro alle Torri, c’erano i genitori di Lesley.
Elijah abbracciò Linnie, forse per tranquillizzarla, Billy e Dom imprecarono, Sean, Peter e gli altri non dicevano nulla. Io fissavo lo schermo. Come avrei fatto a dirglielo? Dirle che probabilmente i suoi genitori erano morti in un attentato sul loro posto di lavoro?  
In mezzo a quel silenziò tombale, il cellulare nella mia tasca squillò. Ma non era il mio, che avevo  lasciato in silenzioso, ma quello di Lesley. Per fortuna l’avevo preso dla suo comodino prima di uscire. Lo presi in mano. Sullo schermo campeggiava una scritta affiancata da un cellulare con una nota: MAMMA.
-    Rispondi! – mi incitò qualcuno. – Rispondi!
Schiacciai il tasto verde. – Sì?
-    Pronto? Pronto? Lesley? – barcollai. Era la madre di Lesley. Beh, ovvio. – Lesley, tesoro mio? –
in sottofondo si sentivano sirene e grida.
-    Io sono Orlando, signora, il suo… collega. State bene?
-    Sì, per fortuna io e mio marito non eravamo nella Torre! Ma dov’è mia figlia?
-    Sta dormendo in camera sua, signora.
-    Oh, meno male! Non devi farglielo vedere, per l’amor del cielo! Non deve vedere l’attacco! Lesley soffre di attacchi di panico! Non farglielo vedere, promettimelo!
Restai spiazzato. La mia piccola Les soffriva di attacchi di panico?
- Promettimelo! – Ripeté la madre. La sua voce suonava distorta, forse per un
probabile disturbo della linea.
-    Farò quel che potrò, signora.
-    E non dirle anche che… - la linea si interruppe.
Rimisi via il cellulare, dicendo a tutti che stavano bene. Se non altro quella notizia risollevò un minimo gli animi. Sarebbe stato sicuramente peggio vedere quell’attacco con la certezza che Lesley nel giro di pochi minuti era diventata orfana. Guardai l’orologio: era quasi le due e un quarto.
Nessuno muoveva uno sguardo dallo schermo della televisione, nessuno osava fiatare. Nessuno, per i venti minuti successivi, spiccicò parola.
L’incendio nelle torri imperversava. Avevamo visto, all’inizio, alcuni puntini neri che volavano fuori dalle torri. Avevo pensato che fossero detriti e cenere, ma poi scoprimmo che in realtà erano persone, che si erano lanciate volutamente nel vuoto per scampare all’incendio. Un brivido mi percorse la schiena.
Fui il primo a parlare.
-    Vado a vedere se dorme ancora.
Nessuno mi rispose. Nessuno dava segni di avermi sentito. Uscii dalla sala e presi l’ascensore, dirigendomi verso la sua camera. Prima di avvicinarmi alla porta, trassi un bel respiro per tranquillizzarmi e mi asciugai le mani sudate sui bermuda del pigiama. Infilai la chiave nella toppa e, girandola, socchiusi la porta, illuminando la stanza buia con la flebile luce dello schermo del cellulare. Mi si formò un nodo in gola quando la vidi dormire rannicchiata in posizione fetale, con il viso rivolto verso di me e le mani chiuse a pugno davanti alla bocca. Era la tenerezza fatta a persona, ma c’era qualcosa nella sua espressione che mi turbava. Non stava dormendo sonni tranquilli: di tanto in tanto muoveva la testa, emetteva qualche piccolo mugolio, si scostava le coperte di dosso tirando calci. Ma tornava sempre nella posizione iniziale.
Richiusi piano la porta e tornai velocemente nella sala, superando nella hall il portiere notturno  che guardava l’attacco nel minuscolo schermo di una televisione portatile. Sorpassai tutti i ragazzi dello staff, accalcati per riuscire a scorgere almeno un frammento di schermo. Qualcuno era persino salito sul tavolo per oltrepassare le teste di quelli che gli stavano davanti. Tornai al mio posto, accanto ai ragazzi, e tornai a guardare la televisione.
-    Qualche novità?
-    Hanno colpito anche il Pentagono.
-    Alle due e trentasei. Ma dicono che non l’hanno preso in pieno. Solo la facciata Ovest.
Erano le due e cinquantanove, quando la Torre Sud si ripiegò su se stessa e crollò, riempiendo l’aria di macerie e polvere. Quando la nube si diradò, delle due Torri Gemelle ne era rimasta in piedi solo una, in cui ancora infuriava l’incendio.
Ancora qualche minuto, e poi, alle tre e ventotto, anche la Torre Nord crollò.
Qualcuno, forse perché non ce la faceva più o perché secondo lui non c’era nient’altro da vedere, se ne andò.
A poco a poco la sala si svuotò quasi completamente, a parte qualcuno che si era seduto per terra davanti allo schermo. Io mi buttai su una sedia e poggiai i gomiti sul tavolo, sfregandomi gli occhi. Il cellulare di Lesley squillò di nuovo. Pensai che fosse sua madre, così risposi senza neanche guardare lo schermo.
- Pronto?
- Chi sei? – fece una voce d’uomo che avrei dovuto conoscere ma che non riuscivo ad identificare.
- No, tu chi sei.
- Io sono Ian Holm, cicciobello.
- E io sono Orlando Bloom!
- Ah! – Holm rise. – Scusami, Orlando! Pensavo fossi qualche sconosciuto… Dov’è la piccola Lesley?
- È su a dormire. Non ha visto niente.
- Per l’amor del cielo! – sbottò sir Ian. – Se i suoi genitori non fossero stati dall’altra parte della città per lavoro, a quest’ora molto probabilmente sarebbero morti! E tu non le dici niente? Sei uscito di senno? – Guardai la televisione.
- No, signore, ma sua madre stessa mi ha chiesto di tenerla all’oscuro.
- Gesù! Ne sarà sconvolta se lo viene a scoprire!
- La madre mi ha chiesto di non farlo perché le sarebbe venuto un attacco di panico…
Ian assentì in un mugolio.  – Ricordo che da bambina le è venuto un attacco spaventoso.
-    Davvero? Qual era la circostanza?
-    Dovresti fartelo raccontare da lei. Beh, scusa per il disturbo.
-    Si figuri, signore.
Chiusi la comunicazione. Sarebbe stata una lunga notte.

Girai stancamente il cucchiaio nella quinta tazzina di caffè della mattina, lentamente e facendolo strusciare contro le pareti della tazza. Non avevo dormito un secondo. I ragazzi dopo un po’ se n’erano andati, ma io ero rimasto lì, a rispondere a tutte le chiamate che arrivavano sul cellulare di Lesley.
Poco tempo prima erano arrivati Dom e Billy – sempre in coppia, quei due – e Billy si era messo di vedetta alla porta della stanza. Aveva il compito di avvertirmi quando Lesley stava arrivando, in modo che io avessi avuto il tempo di togliere dallo schermo la faccia del Presidente Bush che teneva un discorso. Sbadigliai.
-    Scusa Billy, ma prima di cominciare a chiacchierare ho proprio bisogno di un buon caffè! Per caso sai se ho lasciato qui il mio cellulare? Pensavo di averlo lasciato sul comodino, ma stamattina era sparito! -  Rise, e la sua risata diventava via via più vicina. – Non mi ricordo proprio dove l’ho mollato!
Mi era venuto un accidente quando avevo sentito la sua voce avvicinarsi. Mi guardai freneticamente intorno in cerca del telecomando: lo trovai su un tavolo alla mia sinistra. Mi lanciai a prenderlo mentre sentivo la voce di Lesley avvicinarsi sempre di più. Sentii che stava varcando la soglia; puntai il telecomando verso lo schermo e schiacciai un pulsante a caso, girandomi poi di scatto verso di lei. Aveva i capelli pettinati e aveva indosso una felpa rossa e un paio di jeans, con scarpe da ginnastica bianche.
-    Ehi, ciao Orlie! – mi salutò tutta allegra. – Cosa fai da queste parti?
-    Ehm… io bevo il caffè. – Puntai lo sguardo sui miei piedi. – E tu Les? Hai già fatto colazione? – Non sentii risposta. – Les?
Alzai lo sguardo verso di lei. Era sbiancata di colpo, fissando lo schermo della televisione con terrore dipinto sul volto. Mi voltai verso lo schermo e imprecai a bassa voce, dandomi dell’idiota. Avevo girato sul notiziario che faceva rivedere i filmati delle Torri in fumo.
-    No! – rantolò Lesley, correndo verso la televisione e appoggiando le mani sullo
schermo. – No, no, no! – ripetè, la voce distorta. Guardai allarmato Billy: faceva dei gesti strani nella mia direzione, e io ne presi alcuni come “Idiota” e “Dille che non è successo niente”. Poi Bil si riscosse ed esclamò: - Orlando, tienila!
Mi voltai verso Lesley e corsi a soccorrerla. Le gambe le stavano cedendo. La afferrai per le spalle poco prima che toccasse terra e la tirai su, sorreggendola. Era andata in iperventilazione. – Les, Les! – mi parai di fronte a lei, spegnendo la televisione al mio passaggio. Lesley piangeva a dirotto, senza però sbattere le palpebre. Il respiro era sempre più affannoso. – Les, sshhh. Lesley – le presi il viso tra le mani e la obbligai a guardarmi. – non è successo niente, niente.  Stanno bene. Stanno bene, mi senti? Shhhhhh…
Sembrò mettere a fuoco il mio viso, per un attimo. Sbatté le palpebre, ma le lacrime non cessavano di scenderle lungo le guance.
-    C-come fai a…. a dirlo? – ansimò. Tirai fuori dalla tasca il suo cellulare e glielo porsi.
Lei lo afferrò e si distaccò da me, premendo freneticamente i tasti del suo telefono. Ansimava e non riusciva a smettere di piangere. si portò il telefono all’orecchio. Nessuno rispose subito, com’era logico, e Lesley frenetica, continuava a camminare su e giù per la caffetteria. Non l’avevo mai vista così sconvolta, non sembrava nemmeno la mia Lesley. Finalmente, dopo attimi interminabili, qualcuno dall’altro capo del telefono rispose, e lei cominciò a parlare a voce alta, acuta, terrorizzata.
-    Mamma?? Oddio, mamma, state bene? – ansimò passandosi una mano fra i capelli  e i suoi occhi corsero di nuovo verso lo schermo della televisione. -… Io… io l’ho visto solo ora… non sapevo… io stavo dormendo! – aggiunse, in tono di scusa. Perché si stava scusando? Che motivo c’era di scusarsi? - Cos’è successo? Dove eravate tu e papà? – si fermò di colpo e, barcollando, si appoggiò ad un tavolo per sostenersi. – C—cosa? – cominciai a provare paura. - ... ma… come… No, non può essere… ti stai sbagliando, mamma! Ti stai sbagliando!... il pacco?- mormorò -... dovevo… avrei dovuto portarlo io e tu l’hai chiesto a lei?... E lei era… era… dentro?
Lesley, con il volto cadaverico, si allontanò lentamente il telefono dall’orecchio e lo lasciò cadere a terra. Un ciuffo di capelli le copriva gli occhi.
-    Lesley? – mi avvicinai a lei, le mani davanti a me per accarezzarla e tranquillizzarla. Lesley  spinse via con violenza la mano che le porgevo.
-    Tu… tu sei un BASTARDO! – Urlò, fissandomi negli occhi con odio. – BASTARDO IMBECILLE! – Era come se un’onda di rancore si fosse riversata fuori, attraverso i suoi bellissimi occhi verdi, e si stesse abbattendo su di me.
-    Che cos’è successo? Lesley, che succede?
Si avvicinò a me con grandi passi e cominciò a spingermi, con spintoni bruschi e infuriati. Non potevo far altro che parare i suoi colpi. Ma cavolo, che pugnetti aveva! Ma non era quello il momento per abbandonarsi a sciocche considerazioni sulla sua statura fisica.
-    Lesley, vuoi spiegarmi…
-    TACI!
-    …cos’è successo?
-    JESSICA è MORTA! LEI ERA DENTRO ALLA TORRE, E TU NON MI HAI AVVERTITA! JESSIE è MORTA! ED è COLPA MIA!
   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Il Signore degli Anelli / Vai alla pagina dell'autore: Panenutella