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Autore: northernlight    27/03/2012    2 recensioni
Tanti capitolo per una nuova protagonista inserita nel meraviglioso mondo dei Coldplay. Un fortuito incontro che non si sa ancora a cosa porterà.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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IX.

Un intenso suono prolungato simile a quello di un allarme o, peggio ancora, a quello di una sveglia, si fece lentamente strada nelle mie orecchi e nella mia testa già dolorante di per sé.

Ugh, ma perché la sveglia sta suonando?’ pensai mentre a tentoni cercavo di spegnerla. La presi e mi accorsi che non era lei a suonare. Oddio, era la porta!

Chi diavolo è alle sette e quaranta di mattina e a inizio settimana poi?
Non aspettavo nessuno e non avevo voglia di andare ad aprire, ma il soggetto dietro la porta continuava a insistere e quindi magari era urgente. Mi alzai di corsa, infilai la vestaglia e andai ad aprire. Davanti a me c’era un ragazzo, un fattorino per la precisione, vestito di arancio che teneva in mano una scatola quadrata bianca e lilla.

“Sì?” dissi socchiudendo gli occhi per la troppa luce.

“Buongiorno! Devo consegnare questo pacco al 3872 di Terrace Road” lesse da un foglietto poggiato sulla scatola. Non avevo idea di cosa potesse essere, non avevo acquistato niente e tantomeno nessuno mi aveva avvisato che mi avrebbe mandato qualcosa.

“Signorina, si sente bene?” disse il fattorino preoccupato scrutandomi attentamente. Mi accorsi che lo stavo guardando con un’espressione vuota dipinta sul viso e mi costrinsi a rispondergli.

“Sì, mi scusi, sto bene. Devo firmare qualcosa?”

“Non si preoccupi! Sì, deve mettermi una firma qui e una qui” mi indicò due punti su un foglio. Firmai, presi il pacco, salutai il fattorino e corsi in casa. Poggiai il colorato presente sul tavolo e rimasi lì a fissarlo immobile come se improvvisamente potesse mettersi a saltare e a ballare. Lentamente un delizioso profumo di caffè si spanse nell’aria e la curiosità mi spinse ad aprirlo. Dentro il pacco c’era un enorme caffè americano, che scoprì essere aromatizzato alla vaniglia, e una fetta di cheescake ai frutti di bosco. Nascosto dal bicchierone di caffè c’era un biglietto di cui riconobbi subito la scrittura:

“Prendi la giornata libera tutta per te e stai tranquilla. Stasera sarai meravigliosa. Ah, ormai ci sto prendendo l’abitudine ad essere la tua colazione! Buona giornata. Guy.”

Quella sorpresa mi lasciò piacevolmente stupita anche se mi stava palesemente mettendo all’ingrasso. Consumata la colazione un senso di panico si impossessò di me. Non avevo ancora deciso cosa mettere, come sistemare i capelli. Stavo andando nel panico, perciò decisi di rimettermi a letto e dormire ancora un po’. Quel po’ si trasformò in un bel po’ di ore. Mi risvegliai attorno alle quindici e trenta con il mal di testa ancora al suo posto. Visto che mancavano ancora parecchie ore, presi un libro di poesie, mi preparai un tè ai frutti rossi e mi lanciai sul divano a leggere. Persi un po’ di ore così finché, attorno alle sei, decisi che era ora di iniziare a prepararmi. Riempì la vasca da bagno, accesi qualche candela e mi rilassai così per un’oretta circa. Non avevo nessuna voglia di prepararmi e sistemarmi pensando di dover stare di fronte a una serie di persone famose e meravigliose. Mi guardai allo specchio chiedendomi cosa diavolo mi passasse per la testa ma ormai l’avevo promesso a Guy e dovevo farlo. Andai in camera, fissai immobile il mio armadio e riflettei su cosa avrei potuto mettere: i jeans erano troppo banali e una gonna forse era troppo volgare. Scavando, trovai un vestitino blu scuro con una fantasia a fiorellini di un azzurrino chiaro ed era perfetto. Ci avrei abbinato delle calze color carne e un paio di scarpe blu col tacco alto. Prima di vestirmi, mi sistemai i capelli: li asciugai a testa in giù per lasciarli mossi e poi passai al trucco, un leggero strato di cipria, matita e mascara nero agli occhi e un velo di rossetto rosso scarlatto sulle labbra e poi tornai in camera a vestirmi. Sembravo essere in orario, erano le ventuno e un quarto. Avevo un quarto d’ora da impiegare, possibilmente senza morire. Mi sedetti al tavolo in cucina e continuai a leggere il libro di poesia del pomeriggio. Mi piaceva casa mia quando c’era tutto quel silenzio anche se in quel momento mi metteva ansia. Tre tocchi alla porta d’ingresso aumentarono la mia preoccupazione facendomi sobbalzare e salire il cuore in gola: erano le ventuno e trenta, doveva essere lui per forza. Con calma estrema andai ad aprire la porta. Lui era di spalle e si voltò improvvisamente e mi sorrise.

“C-ciao” provai a dire.

“Ciao a te!” cinguettò lui allegramente sorridendo poi mi guardò e disse: “stessa divisa vedo.”
Effettivamente eravamo vestiti entrambi con gli stessi colori. Lui aveva dei pantaloni blu, molto scuri, e una camicia a quadri di diverse tonalità di blu e bianco. Le scarpe erano di tela bianca e aveva una giacca leggera, sempre blu scuro e una sciarpa di tessuto morbido.

“Ah, per i colori… pensavo che anche tu indossassi un vestitino e scarpe col tacco!” ironizzai cercando di sdrammatizzare e ci riuscì dato che lui mi sorrise e mi fece una linguaccia.

“Dai, su. Entra! Prendo la borsa e andiamo!”
Improvvisamente mi ricordai del regalo di Ava e anche della mia collana che avrei indossato quella sera. Presi le buste, una la infilai in borsa e l’altra l’aprì tirando fuori il ciondolo a forma di stella. Guy era lì che curiosava tra le mie foto, quindi andai allo specchio e iniziai a litigare con la catenina e i capelli cercando di agganciare la chiusura della collana. Dovevo essermi lasciata sfuggire qualche lamento perché lui improvvisamente si materializzò dietro di me.

“Dai, lascia stare. Ti do una mano” disse ridendo. Mi spostò i capelli e nel farlo mi toccò la spalla nuda coperta solo dalla spallina del vestito. Probabilmente sarei svenuta se non fossi riuscita a controllarmi, odiavo essere così debole. Gli passai i due capi della collana e lui li agganciò.

Look at the stars, look how they shine for you” mi sussurrò canticchiando all’orecchio.

“Hey, questa la conosco” dissi quasi senza fiato. La sua risata riempì lo spazio lasciato vuoto dalle parole.

“Vedo che qualcuno ha fatto i compiti a casa.”

“Stupido!” mi girai a dargli una piccola spinta. Mi infilai il cardigan e lui mi aiutò a mettere il cappotto.

“Grazie” biascicai imbarazzata. Eravamo pronti, chiusi la porta d’ingresso e ci incamminammo verso la sua auto.
  
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