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Autore: Carla Volturi    28/03/2012    4 recensioni
L’aria che respiriamo può portarci alla mente un ricordo di un evento particolare della nostra vita, un amicizia, un amore. E’l’aria, il sole, il mare a far incontrare Cecilia, giovane giornalista venticinquenne con Damiano, militare trentacinquenne.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Image and video hosting by TinyPic Nuovo capitolo, spero vi piaccia.
Baci da Carla.

CAPITOLO 10- SENZA SE, SENZA MA


Ieri , alle due di notte, ho finalmente trovato pace, andando a dormire nel mio dolce letto. Il mio aiuto al bar si è protratto fino a tarda sera. Ci ha raggiunti anche Brando, ma capirete bene che poco ci è venuto in contro anzi, si è appostato fuori il locale, attirando tantissima gente, soprattutto di genere femminile. Carlo dice che se non si fosse arruolato avrebbe potuto fare tranquillamente il PR, visto che ne ha tutte le doti possibili ed immaginarie. Cosa strana, mi bruciano i polpastrelli delle mani, causa dieci ore di fila a battere sul registratore di cassa, senza tener conto le infinite chiamate a cui ho dovuto rispondere. Non vi dico come stava esaurito l’aiutante di mio fratello, che ha saputo essergli riconoscente, donandogli 60 euro di mancia. Carlo sa essere sempre giusto.
Stamane mi sono alzata molto tardi, alle dieci in punto. Ancora in pigiama grigio e rosa, scendo dal primo piano di casa, dopo aver visto dal balcone della mia stanza una succulenta colazione posta sul tavolo della terrazza. Mi avvio giu’, trovando Brando, splendido nel suo completo scuro, preparare un caffè. Si volta verso di me, non appena mi vede. Accenna un sorriso.
Porto una mano sugli occhi e mugugno, camminando alla cieca: “Sto uccisa, manco se mi fosse passato un treno addosso”.
Mi indica la caffettiera: “Con questo ti riprendi di sicuro”.
Annuisco ed esco fuori.
Mi siedo. Gomiti sul tavolo e ancora mani in viso. Stropiccio la mia pelle e sbuffo. Mi chiedo come faccia Carlo a sopportare ritmi del genere. Pensate che è già sceso a lavorare. Chi gliela da tutta questa forza e voglia?.
Brando poggia l’espresso e bacia i miei capelli: “Tieni bevi, è senza zucchero”.
Grazie”, replico, afferrando la tazzina. Tutto sommato il mio gemello se la cava in cucina, diciamo che il suo è stato un corso accelerato di sopravvivenza. Trovandosi da solo, lontano da casa o imparava a farsi da mangiare oppure fame ad oltranza.
Il caffè aiuta il mio corpo a rinvigorirsi. Sparisce anche quella sensazione di giramento di testa, che avevo precedentemente non appena alzata dal mio comodo giaciglio. Guardo fisso ciò che mi ritrovo dinanzi. Opto per un cornetto alla crema, che mangio all’istante.
Brando spalma del burro su un po’ di pane: “Ti piace qui Cecilia?”.
Un morso al mio croissant e rispondo: “Si certo che mi piace, perché?”.
Discosta dalle labbra il suo bicchiere: “Perché Carlo lavora qui, io anche per non so quanto tempo…vorrei che ci fossi anche tu, vorrei che ci fosse anche Elena con noi”.
Mi sollevo leggermente e scompiglio i suoi capelli mossi: “Che c’è tenerone, ti manca la tua famiglia?”.
Ride: “Eh si, mi manca e come”, punta l’indice, “ma lo sai che in cima ai miei pensieri ci sei sempre tu”.
E tu nei miei Brando”, esordisco, osservandolo con amore. Con l’amore che una sorella gemella può avere nei confronti di suo fratello. Noi siamo legati da un cordone ombelicale, che mai e poi mai taglieremo.
Il nostro momento viene interrotto da una chiamata sul suo cellulare. Risponde e sbotta. Riattacca dopo pochi istanti.
Scuoto il viso: “Cosa c’è?”.
Affonda il suo corpo nello schienale della sedia su cui è seduto: “La Capitaneria. Non sai quante carte e documenti vari mi stanno facendo firmare”. Sorride: “Fortuna che non sono cambiali!”.
Presi dal divertimento non ci rendiamo conto di non essere soli. Mio fratello si gira ed gli accenna di unirsi a noi. Ma io dico, proprio ora doveva venire? Proprio ora che sono in pigiama, con tanto di capelli spettinati? Tento di riparare, legandoli con un elastico nero.
Si accomoda accanto a Brando, dunque mi è di fronte. “Allora Damiano finalmente ci vediamo al di fuori della Capitaneria”, afferma mio fratello.
Annuisce: “Non me la nominare proprio, che ora sono tornato dopo aver autografato un centinaio di fogli. Maledetta burocrazia”.
Brando accavalla le gambe e gesticola: “Anche a te? Cinque minuti fa mi hanno chiamato e mi hanno chiesto di andare. Penso che dovrò firmare i tuoi stessi documenti, visto che abbiamo svolto insieme la missione”. Si alza, dopo aver pulito le labbra: “Vado, altrimenti faccio tardi. Mi dispiace solo che ci siamo incrociati per poco”. Si volta verso di me, facendomi capire di aver cura del suo ospite. Gli rispondo con un semplice sorriso.
Pacca sulla spalla al suo collega, un bacio sulla guancia a me e va via, correndo sulle scale.
Resto dunque sola con Damiano. Non credo che sarebbe andata a finire cosi se mio fratello avesse saputo del suo piccolo regalo o dei complimenti che il giovane uomo mi ha riservato in questi giorni.
Gli indico la colazione: “Serviti pure, sei hai fame”.
Grazie, accetto volentieri. Sono sceso a stomaco vuoto”, replica, mentre prende un po’ di pane e marmellata.
Quindi tu e mio fratello avete svolto la missione insieme?”, gli chiedo curiosa.
Scuote la testa, affermando: “Se non ci fosse stato Brando, penso che mi sarei ammazzato su quella nave. I nostri colleghi erano tipi piuttosto rigidi, mettiamola cosi. Mai una risata, mai un dieci minuti di dialogo, che andasse oltre i doveri per lo Stato. Insomma erano attivi solo per lavoro e questo dopo mesi di mare un po’ pesa sulla psiche di una persona”.
Bevo un po’ di succo d’arancia: “Ebbè ci credo”, poi continuo con le mie domande: “Come mai ti sei arruolato? Anche tu come noi hai un padre capitano di stazione?”.
Pulisce le mani, facendo segno di no: “No, assolutamente. Io tentai di entrare nella Marina dopo il diploma, ma non ci sono riuscito, quindi mi sono iscritto all’università. Sono un idrogeologo. Ma sai, io non mi arrendo facilmente, c’ho riprovato cinque anni fa e sono entrato”. Ride di gusto: “Nonostante io sia piu’ grande di Brando, lui è mio superiore di un grado”.
Aggrotto il sopracciglio: “Però, hai fatto una bella scelta prima della Marina. E non sapevo che fossi un sottoposto di mio fratello”.
Guarda io ho sempre avuto la passione per l’acqua in generale e nello specifico per il mare, quindi quando ho visto le porte chiuse in faccia dalla Marina, ho detto perché no? E mi sono buttato nel settore dell’idrologia. Ma la mia passione è sempre stata unica e sola e come ti ho detto a trentanni c’ho riprovato”.
Lo guardo negli occhi: “Dunque hai…”. Scavalca la mia voce: “Si, trentacinque anni e tu venticinque come Brando, giusto?”.
Annuisco: “Si, venticinque come Brando”.
E lavori con tuo fratello maggiore”, esclama all’improvviso.
Sgrano gli occhi: “Sei pazzo, ieri è stata un eccezione perché aveva gente al bar. No io sono una giornalista, ora lavoro per il quotidiano di Furore e tra poco gestirò anche il Tourist Point”.
Sembra compiaciuto: “Ah quindi anche tu come me resterai un po’ di tempo qui a Furore”.
Eh, si spera. Non mi va di lasciare i miei fratelli. Noi siamo molto molto legati”, gli dico, mentre mi verso una seconda tazza di caffè.
Parlare con Damiano non mi pesa, anzi è piuttosto piacevole. Un vento caldo accarezza la nostra pelle, non bruciandola visto la copertura bianca sul gazebo che fa da scudo. Però un po’ di vergogna permane, a maggior ragione se pensate che sono in pigiama. Di solito mi faccio vedere cosi solo dai miei fratelli o comunque da persone con cui ho un legame intimo. Cosa che non si può dire con Damiano.
Mi desta dai miei pensieri: “Ti va di andare a mare?”.
Corrugo la fronte, senza rispondere.
Ti va di andare a mare insieme Cecilia?”: ripete per la seconda volta la sua frase.
Si, se mi dai mezzora. Giuro che non ci metto niente a prepararmi”, esordisco, già all’ in piedi.
Fai con comodo. Tra mezzora qui, vado a mettere il costume anche io”: si alza e si dirige verso casa sua.
 
                                                                       ***
Apro con calma la porta di casa, non prima di aver dato un occhiata all’orologio in cucina. Ho spaccato il secondo, giusto giusto mezzora è trascorsa da quando ho lasciato Damiano. Borsa tra le mani, all’interno della quale c’ho posto una bottiglia d’acqua naturale fredda, dei bicchieri, dei tovaglioli e due buste con taralli di vario gusto. Diciamo che prevengo la fame con alimenti pro ciccia. In vita mia non ho mai badato alla linea, ne tanto meno mi sono mai messa a dieta. Ho qualche chilo in piu’? chi se ne frega, l’importante è che io sia felice di me stessa e del mio corpo.
Lo sguardo, non appena messo piede sul terrazzo, va su di lui, su Damiano, intento a gustarsi il panorama che si vede magnificamente da casa mia. Mi è di spalle, gambe incrociate e gomiti posti sul muretto. Immancabile bermuda blu con maglia chiara, non eccessivamente aderente al petto. Un telo mare posto sulla spalla sinistra…tipico degli uomini. Gli vado incontro senza farmi udire, effetto sorpresa in atto!. Che poi quale sorpresa e sorpresa, visto che abbiamo un appuntamento. Abbiamo un appuntamento? Non c’avevo mica pensato io!.
Metto per un attimo la borsa a terra e sfioro le sue spalle con entrambe le mani aperte. Inclina la testa all’ indietro: che forse questo sia il suo punto debole, il suo tallone d’Achille?. Si gira e petto contro petto.
Sorriso generoso sul suo viso: “Hai messo la maglia che ti ho regalato”.
Si, mi piace molto”, affermo visibilmente imbarazzata.
Ti sta bene!”, replica con gentilezza.
Gli tolgo l’asciugamano da dosso, portandolo nella mia borsa, ove spazio ve ne è in quantità. Solo noi donne abbiamo sacche del genere, molto simili a valigie. Dal suo canto preferisce fare il galante portando lui il peso, peso relativo visto che non c’è molto dentro.
Mano sul fianco e voce piena di curiosità: “Allora dove andiamo?”.
In un posto che ti piace”, mi dice, non fornendomi ulteriori dettagli.
 
                                                                 ***
 
Mai avrei immaginato di ritrovarmi ancora una volta al Fiordo. Ancora una volta con Damiano. Ha avuto ragione lui pochi minuti fa: questo è il posto che mi piace. Questo è il posto in cui l’ho visto per la prima volta. Siamo giunti qui grazie all’ausilio di una barchetta, da lui noleggiata per l’intera stagione estiva. Quando gli ho chiesto il perché mi ha semplicemente risposto che il mare è la sua vita e che almeno una volta al giorno un piccolo giro di perlustrazione e relax ci vuole. Mi ha anche raccontato che possiede una sua imbarcazione, ferma al porto di Napoli, spera di farla arrivare qui quanto prima possibile: l’ha comprata dopo un anno di duro lavoro e sacrifici.
Il mare è cristallino, tanti piccoli luccichii e un fondale praticamente visibile ad occhio nudo. Rocce nere qua e là rendono lo scenario decisamente suggestivo e particolare. Solito vento, che urta da una parte all’altra della montagna, che circonda la conca naturale in cui mi trovo. Nonostante questo piccolo dettaglio fa caldo, piu’ che altro possiamo parlare di caldo asciutto. Dunque niente afa. La sabbia è come divisa in due parti: la prima a riva totalmente illuminata dal sole e senza dubbio rovente; la seconda coperta da uno strato di ombra dato dal riflesso del ponte. Osservo Damiano tirare la barca verso la spiaggia e legarla con una corda, posta intorno ad un grande masso. Nel frattempo stendo le nostre due asciugamani ove non battono i raggi solari. Siamo soli stamane al Fiordo.
Entrambe le mie mani afferrano i lembi della mia maglietta nera, portandola all’ in su. Nel compiere tale azione tiro il ventre, facendolo apparire piu’ piatto del dovuto. Si intravede parte della gabbia toracica. Stessa sorte tocca al pantaloncino. Resto quindi in bikini, color nero con pailette sul reggiseno. Vedo la sua figura riflessa sulla sabbia. Mi è di spalle. Mi volto verso di lui, regalandogli un sorriso. Ricambia il mio gesto ed esclama: “Sei bella anche oggi”.
Scuoto i capelli e con fare da diva replico: “Sono sempre bella io”. Mi sciolgo in una forte risata, che gli fa comprendere quanto io poco prenda in considerazione la mia “bellezza fisica”.
E ti vuoi spogliare?”, alla mia richiesta arrossisce come un bambino. Il suo rossore è visibile nonostante la barba.
Resami conto della gaffe immane mi correggo: “Volevo dire per fare il bagno bisognerebbe indossare solo il costume, ma va bene anche cosi se vuoi”.
Agita le mani: “Non ti preoccupare”.
Sotto il mio occhio vigile porta via il bermuda e la maglia, mettendo in luce un fisico da 10 e lode, senza contare quel costume blu scuro che stringe i suoi fianchi tonici. Muscoli rilassati, ogni suo minimo dettaglio è proporzionato al suo corpo. Occhi magnetici, nei quali puoi tranquillamente perderti.
Mi balza un idea in mente: “Ma non avevi detto che rischiavo una multa di 400 euro se fossi venuta qui”.
Certo, ma il divieto è stato revocato e poi ora come ora non ti farei mai una multa Cecilia”, risponde, indicandomi la meta del nostro arrivo qui al Fiordo: il mare.
Ci avviamo, dunque, immergendoci completamente. Mi consiglia di pormi nella parte al sole, dove l’acqua è assolutamente calda. Sembra quasi di avere un vulcano sotto i piedi. Abbasso la testa, bagnando i capelli, dopo averci passato su le mani umide. Damiano si immerge completamente, per poi emergere all’improvviso, urtando contro il mio addome. E come le cose piu’ spontanee al mondo, cinge il mio ventre. Ricambio il suo gesto, portando le braccia dietro il suo collo. E sorridendo arriva il nostro bacio. Le punte dei nasi si toccano, le labbra accennano, ma stentano a sfiorarsi. Respiri pesanti i nostri, respiri cosi lenti, indirettamente proporzionati ai battiti dei nostri cuori. Ed infine le nostre bocche che si uniscono, un bacio forte e passionale, come mai dato in vita mia. La mia mano destra si scosta, si apre e dal suo fianco sale su, tastando i suoi muscoli addominali. Le mie gambe ruotano attorno al suo corpo, per incontrarsi dietro la sua schiena. Dal canto suo incrocia le mani sotto i miei glutei, sollevandomi. Inclina il capo verso l’esterno per fare ancora una volta sue le mie labbra fameliche. La temperatura corporea si innalza, a causa del momento non propriamente ricercato, ma pur sempre bello. Mi porta a riva, dove ci sdraiamo: io sulla sabbia, lui su di me. Il mare supera l’ostacolo, i suoi glutei e giunge sino al mio collo. Affanno, cosi come lui. Ed ancora baci lunghi, un incontro di essenze il nostro. Abbasso le palpebre, inarcando la schiena, presa da una passione strana ed improvvisa. Sfiora con il suo labbro inferiore il mio mento, sino a dirigersi sulle mie spalle, dove viene ostacolato dai laccetti del mio costume nero. Si solleva sui gomiti, con occhi sgranati e iniettati di sangue: “Madò”. Testa verso destra, che si poggia sul mio cingolo scapolare: “Che c’è?”.
Ma voi Scala siete tutti cosi?”, mi chiede ancora frastornato.
Faccio un occhiolino: “Eh caro mio, non hai ancora visto niente”.
Abbassa la testa, con sguardo preoccupato: “Stiamo messi bene”.
Dopo di che si stende accanto, portandomi su di se e proteggendomi con le sue braccia.
Non so dirvi ne come, ne quando, ne perché sia nato tutto questo. Non so dirvi di preciso se sia nato qualcosa. Preferisco godermi ogni istante della mia vita come questo in pace, senza pormi troppe domande. Senza chiedermi se sia giusto o sbagliato. Prendo ciò che mi viene regalato in silenzio. Chi si pone troppe questioni è spacciato, perde l’intimità dei piccoli momenti che mai piu’ ritorneranno. Dunque perché sprecarli per poi rimpiangerli? Tanto vale fare tutto nostro e lasciare i dubbi, i “se” e i “ma” a domani. Sempre se ci saranno.   
  
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