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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    28/03/2012    1 recensioni
[Partecipante al "Contest Multifandom e Original : Wish You Were Here \ Vorrei che fossi qui" indetto da Parsifal e classificatasi QUARTA]
Un tradimento perpetrato quattrocento anni fa e una ricerca nel bel mezzo del Pacifico, a bordo di una nave diretta in Giappone, dopo una lunga e sanguinosa battaglia.
Possibili spoiler dello Shimon Arc
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: G, Giotto, Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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AUTORE: KungFuCharlie (Forum)/SHUN DI ANDROMEDA (EFP)
TITOLO: Shine On You Crazy Diamond
FANDOM\ORIGINAL: Katekyo Hitman Reborn
CANZONE SCELTA: Shine On You Crazy Diamond
GENERE: Malinconico, Introspettivo, Sentimentale
RATING: Verde
AVVERTIMENTI: OneShot
NOTE: Spoiler, tratta sia della Prima Famiglia sia del post-scontro contro Daemon Spade, sono citati anche gli Shimon ed Elena.

§§§§

SHINE ON YOU CRAZY DIAMOND

Giappone, 400 anni prima

G. sedeva nella penombra dello studio fiocamente illuminato da una manciata di candele, poggiato stancamente contro lo schienale e con la cravatta della camicia slacciata, gli occhi appena socchiusi, esausto per la lunga giornata. Nel silenzio assordante di una notte troppo scura rispetto a quelle che ricordava appartenere a un passato fin troppo fresco nelle sue ferite, non poteva fare a meno di pensare, pensare e pensare ancora, maledicendo sottovoce i fili del destino che si erano attorcigliati troppo strettamente tra loro, lacerando il suo cuore, e soprattutto quello delicatissimo come un vaso di cristallo che riposava a poche porte di distanza da lui.

Anche se, forse, riposare era una parola grossa...

Ormai più nulla era facile da quando avevano lasciato l'Italia e, con lei, tutto quello in cui avevano sempre creduto e che avevano amato al punto da mettere in gioco fin troppe volte le proprie vite nel tentativo di difenderlo: da quando avevano abbandonato la propria giovinezza, allo stesso modo di un serpente che abbandona la propria pelle dopo la muta, assieme a lei se n'era andato come un pezzo di Giotto.

Nervosamente, G. alzò lo sguardo per distrarre la mente da quel pensiero così spiacevole, ma i suoi occhi vennero catturati all'istante dal sorriso travolgente, più brillante del sole che splendeva nei cieli che avevano imparato a conoscere come quelli di casa, che gli ammiccava dalla fotografia abbandonata sul tavolo dinanzi a sé. Occhi, quelli che, azzurrissimi, erano abbinati a quel sorriso, che si erano tramutati in finestre su un universo oscuro privo di qualunque stella, occhi che riflettevano il buio all'interno del cuore del loro proprietario.

Se possibile, il suo umore divenne ancora più nero.

Non era passato neppure un mese dalla loro partenza, dalla loro fuga, si corresse mentalmente il rosso, sospirando con rassegnazione, e non era passato giorno senza che lui sentisse la mancanza delle stradine strette della loro città natale o della sua Famiglia, sfaldatasi di punto in bianco senza che nessuno di loro avesse potuto far nulla per impedirlo.

Come un flash, ricordò i pianti disperati di Lampo all'annuncio che Giotto, col viso di chi ormai ha accettato un destino troppo crudele anche solo per provare rabbia o rancore, aveva fatto, i visi induriti degli altri loro compagni, e la stretta incredibilmente salda che lui stesso aveva mantenuto sulla mano del biondo per tutto il tempo nel tentativo di fargli coraggio.

E la partenza.

Quel paesino non gli dispiaceva, benché le difficoltà con la lingua fossero tante, e in generale trovava il Giappone un posto accettabile dove vivere, forse l'unico che avrebbe permesso a Giotto di riprendersi.

Perchè anche se, per il Boss, Daemon restava pur sempre uno dei Guardiani, era comunque emotivamente a pezzi per il suo tradimento, reso ancora più acuto dalle parole di rabbia e quasi disprezzo che gli aveva rivolto.

Dallo splendore che il suo amico d'infanzia emanava e che aveva sempre emanato sin dal primo giorno in cui si erano conosciuti, G. temeva ogni giorno di più quegli occhi così tristi e spenti, vuoti, pieni forse di tristezza quando credeva che nessuno lo vedesse, intrappolati in una façade continua nel tentativo di non farlo preoccupare inutilmente.

Ma gli anni trascorsi affianco ad una persona permettono di conoscerne anche le sfumature più vaghe e ormai da tanto il rosso condivideva con l'altro tutto.

Una rabbia cieca e sorda si stava impossessando di lui, furia che non risparmiava nessuno, né sé stesso, né Daemon e neppure coloro i quali erano stati, in primo luogo, i responsabili di quell'improvviso cambiamento nella personalità già distorta di quello che, fino a pochi mesi prima, avrebbe tranquillamente definito come “compagno” e che in quel momento, malgrado quello che era accaduto, e malgrado il conseguente odio, non poteva dimenticare del tutto.

Non poteva, né voleva, dimenticare Elena, la cui morte era stata un dolore troppo grande per tutti loro, e rappresentava una sorta di fuoco incrociato, assieme alle difficoltà incontrate nella loro infanzia prima e con i Vongola poi, che aveva ferito fin troppo gravemente Giotto e che il turbinare dell'aria rovente delle esplosioni e delle armi che erano state la causa primaria della morte di quella giovane che, per tutti, era come e più di una sorella, avevano spazzato via il cuore di Daemon e, di riflesso, anche quello del loro Primo.

Era sempre stato un diamante pazzo, allo stato grezzo, prezioso e talmente splendente da accecare chiunque per permettergli di prendere tutti per mano e accompagnarli, guidarli, ma in quel momento, non splendeva più, malgrado le assidue cure di G.

Sembrava ormai una pietra morta.

Ma una pietra può piangere?

Perchè la Tempesta lo sapeva, ed era anche per quel motivo che cercava il più possibile di stare lontano dalla camera che lui e Giotto dividevano, Primo piangeva.

Naturalmente non sempre, e non ogni giorno, ma sempre di notte, quando dalle finestre lasciate spalancate entrava un refolo distratto di vento gelido, e la Luna era altissima nel cielo, tonda e brillante, di un biancore latteo accecante, ricordava il volto un tempo sorridente di quel demonio che loro avevano amato teneramente come un angelo. E sapeva che anche Giotto la pensava così, e le sue lacrime erano anche per lei, per un ricordo che continuava ad accompagnarlo per ogni notte in cui faceva capolino dalle nuvole.

L'illusione si era spezzata sotto le loro dita, che tentavano di anelare a quella purezza in un vano tentativo di tornare a un passato impossibile da recuperare, e i rami ormai spogli di foglie che si protendevano verso il cielo, scheletrici e malati, potevano benissimo essere le loro mani stanche.

Aveva sempre sperato che quei pianti facessero sfogare Giotto al punto che, nutrito dalla presenza della Luna, la quale sembrava volesse scacciare con una lama bianchissima di luce l'oscurità del dolore e della tristezza, potesse tornare a essere quella gemma preziosa di cui G. si era sempre preso cura e che aveva sempre amato.

Il filo dei suoi pensieri venne interrotto improvvisamente da un cigolio sinistro proveniente da fuori, seguito dallo strascicare di un passo stanco e lento e dal rumore della porta dello studio che si apriva.

Sulla soglia, coi grandi occhi azzurri spalancati e confusi, così simili a quelli di un bambino, coi ciuffi biondi disordinati e con un piccolo candelabro in mano, c'era Primo

Lo fissava con aria strana, totalmente in silenzio, e G., per un attimo, fremette nel vedere l'ombra di una lacrima splendere nell'angolo dell'occhio di Giotto, prima di sparire.

C-Cosa fai ancora sveglio?” biascicò l'italiano, stretto nel pigiama caldo che lo difendeva dal primo freddo autunnale: “E' tardi...”

Stavo finendo di sbrigare alcune faccende.” si giustificò G., spostando la sedia con un movimento leggero e allargando le braccia, in un muto invito ad avvicinarsi.

Dubbioso per qualche istante, alla fine il nuovo arrivato mosse qualche passo a piedi nudi sul legno del pavimento, gettandosi poi tra le braccie dell'amico di sempre, accoccolandosi e aggrappandosi con urgenza alle sue spalle, tenendo le gambe leggermente sollevate da terra.

Il rosso sospirò, sollevandolo per metterlo meglio seduto, e fremette nel sentirlo incredibilmente leggero: “Hai perso peso, dovresti mangiare di più.” lo rimproverò: “Sai che se qui ci fosse Alaude ti rinchiuderebbe in sala da pranzo, legandoti al tavolo con le sue manette, vero?” esclamò severamente.

Il biondo s'affossò maggiormente col viso sul petto di G., respirando affannosamente e tremando appena: “Ohi, sicuro di stare bene?” chiese pensieroso, aumentando la pressione della stretta.

Ma Giotto scosse la testa, artigliando la sua camicia e raggomitolandosi sulle sue ginocchia, fragile come mai era stato visto dall'altro in tutto quel tempo trascorso fianco a fianco.

Una volta di più, G. avrebbe voluto stringere le proprie mani attorno al collo di Daemon fino a togliergli l'aria.

Attingendo a tutta la sua, poca per natura, pazienza, il Guardiano emise un sospiro prima di passare le proprie braccia sotto le ascelle del biondo e sotto le ginocchia, reggendolo con fermezza di modo da poterne almeno vedere il viso arrossato di pianto e stanchezza.

Era a quello che il loro fulgido desiderio aveva portato?

Addolcendo la propria espressione, la Tempesta appoggiò la propria fronte contro quella di Giotto, sfiorandogli le labbra con le proprie: “Se qui ci fossero Lampo e Knuckle, stai pur certo che darebbero manforte al piccione.” rise mestamente.

Se Alaude ti sentisse, saresti già stampato contro il muro come una mosca.” notò Primo, cercando a propria volta di sorridere, pur se con estrema difficoltà.

Durante il giorno, il Boss era affabile come sempre, ma di notte era G. a raccoglierne i frammenti nel tentativo di riformare le mille facce cristalline come l'acqua di quella luminosa gemma che il rosso tanto amava: l'altro tesoro del suo cuore non era in pericolo, i Vongola sapeva per certo che continuavano a prosperare anche senza di loro, permettendogli di concentrarsi unicamente sul giovane che cullava sulle proprie ginocchia come se fosse stato un bambino.

Per quanto incosciente e a tratti crudele, Ricardo era l'uomo ideale.

Oh, certamente il Secondo sapeva cosa era successo, lo sapeva eccome, G. glielo aveva detto tramite la prima e corposa lettera che aveva spedito solo il giorno seguente al loro arrivo in Giappone e quando Ricardo, stupefatto, gli aveva riferito che Daemon era diventato il suo Guardiano della Nebbia, la Tempesta non ne era stata del tutto sorpresa: anzi, nel profondo del cuore l'aveva comunque messo in conto, poiché Daemon amava troppo la Famiglia, in un modo forse ossessivo, a tal punto che probabilmente l'avrebbero riplasmata fino a tramutarla in qualcosa di totalmente diverso rispetto al loro desiderio, al Desiderio di Giotto.

Ricordava vagamente le parole di Talbot: morte, distruzione, potere oscuro... Questo sarebbe stato il futuro dei Vongola, fino al giorno in cui un altro diamante pazzo, forse più puro e luminoso di Giotto, sarebbe ricomparso sull'asse temporale.

Peccato che probabilmente non avrebbero potuto assistere al suo arrivo...

Scacciando a viva forza i pensieri tristi e dolorosi, il rosso fece scivolare le braccia sotto le ascelle e le ginocchia del biondo, alzandosi in piedi e stringendolo forte a sé, per poi avvicinare le loro labbra e incastrarle dolcemente.

Da parte di Giotto non venne nessun movimento né parola, si era addormentato.

G. sospirò rassegnato mentre gli sfiorava lo zigomo arrossato con i polpastrelli; lo poggiò delicatamente in poltrona mentre lui armeggiava coi fogli sparsi un po' dovunque, poi spense entrambi i candelabri e si ritrovò immerso nell'oscurità, beandosi del respiro calmo e pacifico che sentiva provenire dal biondo.

Restò in silenzio per parecchi istanti, sentendo in lontananza unicamente i suoni della notte, l'abbaiare dei cani che sorvegliavano i loro dintorni e le voci delle guardie che bisbigliavano nella loro ronda.

Poi, semplicemente riprese Giotto in braccio e lasciò la stanza, venendo entrambi inghiottiti nell'oscurità.

Sarebbe stata una nuova e lunga giornata quella che avrebbe atteso Ieyasu Sawada – non era stato d'accordo con lui riguardo al nome che aveva scelto come segno della nuova identità che aveva assunto dopo essersi trasferiti ma non aveva protestato - in quel villaggio...

Com'è che si chiamava?

Gli venne in mente poco prima di addormentarsi, mentre il corpo di Giotto si stringeva a lui sotto il futon e gli venne da sorridere pensando che fosse effettivamente il luogo di nascita di un irritante spadaccino di sua conoscenza.

Namimori.

§§§

Da qualche parte nel bel mezzo del Pacifico, presente

Tsuna non aveva la minima idea di come ci fosse arrivato a bordo della nave, e neppure di come fosse riuscito a levarsi i vestiti, rattopparsi più o meno le ferite e infilarsi sotto le coperte per dormire: ricordava di essere stato talmente conciato male che non riusciva a camminare senza farsi aiutare da qualcuno, evidentemente quel qualcuno l'aveva portato lui mentre era privo di sensi.

Si concesse un attimo per riflettere, ripensando alla fine della battaglia e sorridendo al vago ricordo di Julie che sorreggeva un Enma conciato se possibile peggio di lui: alla fine però erano riusciti a cavarsela, e anche piuttosto bene.

Dopotutto, quando era cominciato quel casino, la situazione era oltremodo disperata: Enma divorato dal suo rancore e dalla sua solitudine, Yamamoto in ospedale e poi Chrome, Mukuro e infine gli Shimon e Ryohei in mano ai Vindice... Il tutto coronato dalla presenza di Daemon Spade.

Dalla finestra spalancata entrava la fresca aria salmastra e lui respirava a pieni polmoni, lasciandosi andare a un sorriso: era finita e lui si sentiva sollevato, felice. E sentiva di avere anche fame.

Decisamente un buon segno.

Stava per scendere dal letto per indossare qualcosa sopra le garze e andare a cercare qualcosa da mangiare quando all'improvviso, dall'esterno, sentì vivido il suono di un pianoforte e una voce baritonale che cantava sotto il Sole: socchiuse gli occhi, lasciando che la musica e il canto con cui Hayato stava allietando la loro navigazione lo avvolgesse.

Poi, all'improvviso, alle proprie spalle percepì una presenza familiare, che aveva associato, durante la battaglia, a un nemico, ma era diversa, anche le Fiamme non erano più aggressive, e comunque ne aveva percepita una seconda.

Si voltò nell'esatto momento in cui, in una vaga e tremula nebbia argentea, vide materializzarsi un uomo e una donna, mano nella mano, che gli sorridevano con affabilità.

Questa voce mi ricorda quella di G.” sussurrò la giovane con l'abito bianco a cingerle il corpo magro, guardando con aria sognante un punto imprecisato del lembo di cielo che si vedeva da lì: “Anche lui amava cantare, benchè con gli strumenti fosse una frana. E difatti eravamo io e Asari ad accompagnarlo.”

Tsuna annuì, troppo stupefatto per parlare mentre si muoveva meccanicamente per prendere la mano di Elena tra le proprie e sfiorarle le dita con le labbra: fu come toccare del fumo tiepido e profumato.

Che galanteria, è chiaro che sei il nipote di Giotto. Anche lui era solito fare così.” aggiunse la giovane con un risolino divertito: “Sono venuta qui per ringraziarti,” disse ancora, inchinandosi lievemente, “perchè un Vongola in passato mi ha permesso di trovare la felicità e un altro me l'ha restituita.”

A quelle parole, il giapponese arrossì vistosamente, biascicando qualcosa e incapace di mettere i pensieri in ordine, scatenando un risolino di scherno da parte di Daemon, che si fece avanti, inchinandosi appena all'indirizzo di Sawada.

S-Sono contento che siate riusciti a ritrovarvi, davvero.” dichiarò il bruno con un gran sorriso pieno di gioia e sollievo: aveva davvero paura che non riuscissero a riunirsi e aveva sperato che almeno quella brutta storia si chiudesse anche per loro, dopo tutto quello che era accaduto si meritavano un po' di pace.

Mi rendo conto che possiamo suonare egoisti, ma ci chiedevamo se per caso non potevi aiutarci ancora.” disse all'improvviso lei, lisciando le pieghe dell'abito: “A trovare gli altri, intendo.”

Sulle prime, Tsuna non capì, e ancora la musica da fuori non si era interrotta, poi un raggio di consapevolezza si fece strada nell'oscurità della sua coscienza e comprese.

So che siamo spiriti e che ci sono cose che non potresti sapere, potrebbe anche essere impossibile per te aiutarci, ma vorremmo rivedere Giotto. Daemon vorrebbe chiedergli scusa per quello che è successo e speravamo che forse avresti potuto darci qualche suggerimento.” Elena sembrava cauta nelle parole, quasi nervosa, ma non aveva smesso un attimo di sorridere.

Il Decimo soppesò le sue parole, riflettendo, poi prese tra le proprie mani l'Anello del Cielo, rigirandoselo tra le dita e ammirando i riflessi colorati delle gemme che lo decoravano, e infine lasciò che la propria volontà fluisse e alimentasse la Fiamma.

A dire la verità, non ho la minima idea di dove sia né di come fare a raggiungerlo, potrebbe anche essere dovunque, e così anche gli altri, ma sono certo che saranno assieme.” disse con sguardo fermo e luminoso: “Possiamo fare un tentativo.” concluse.

La fiamma arancione, purissima, avvolse tutto, sembrava ancora più potente e intensa di quando aveva combattuto fianco e fianco con Enma, cento volte più forte dello scontro contro Byakuran...

Era stato inghiottito, come se una forza esterna a lui, o forse interna al suo cuore, lo avesse preso per mano e lo avesse infuso di nuova e prorompente forza e si era ritrovato nella luce, con i due spiriti accanto, altrettanto sorpresi come lui.

E sentiva ancora la voce di Hayato come se fosse giusto accanto a sé.

Lo interpretò come un buon segno.

E si stupì di quanto bravo fosse a cantare in inglese!

L'unica cosa era che non riusciva a capire cosa stesse dicendo...

Lo so io cosa sta dicendo, Sawada Tsunayoshi.” la voce di Daemon era pericolosamente incrinata e, quando il Cielo ed Elena si voltarono, erano certi di aver visto l'ombra di una lacrima nei suoi occhi.

Ricordi quando eri giovane, splendevi come il sole.

splendi su di te, diamante pazzo

ora c’è un’espressione nei tuoi occhi,

simile ai buchi neri nel cielo

Poi, dopo aver coperto in parte con la propria voce quella dell'argenteo, cadde in ginocchio all'improvviso, stringendo i pugni. Nessuno dei due si mosse, anzi trattennero entrambi il fiato mentre Daemon alzava leggermente il capo: “Quell'arciere da strapazzo era solito definire Giotto diamante pazzo, diceva che aveva una molteplicità incredibile di facce, tutte splendenti come e forse più del Sole...” balbettò, artigliando l'elaborata giacca blu che indossava sopra gli abiti all'altezza del petto.

Non poteva andare oltre mentre sentiva il dolore bruciante del tradimento che aveva perpetrato ai danni dell'unica persona che avesse mai veramente rispettato. Aveva avuto lungo tempo per rifletterci su, aveva cercato in tutti i modi di ricacciare il senso di colpa in fondo al cuore per lasciarsi divorare dal desiderio di vendetta, ma cosa aveva concluso?

Poteva quasi vedere gli occhi di Giotto nella propria mente, vuoti e spenti.

Sawada non sapeva cosa fare, era paralizzato, ma la voce di Hayato non aveva smesso un solo attimo di cantare, continuando a riecheggiare in quel limbo candido in cui si trovavano: stranamente, Tsuna riusciva finalmente a capire le parole, benchè l'inglese fosse per lui alla pari della matematica, incomprensibile, era incredibile! Eppure fino a poco prima non ne era stato in grado.

E più la canzone andava avanti, più sentiva che quelle parole erano così perfette per Giotto da mozzare il fiato, poteva quasi vedere dipanarsi davanti ai suoi occhi la figura dell'antenato in attimi di vita, fino a quando, nell'immagine forse finale, la sensazione che la canzone stesse quasi per concludersi in uno sbuffo di luce era forte, vide G. e Giotto, assieme, sorridenti, e circondati dagli altri Guardiani della Prima Generazione che tendevano le mani verso di loro.

Soprattutto verso i due amanti al suo fianco.

Si coprì la bocca sussultando per l'emozione e, nello stesso momento, la canzone aveva raggiunto le battute finali, dando quel suo messaggio di speranza che poteva essere quello che Daemon ed Elena stavano cercando, un messaggio che attraversava il tempo, univa le epoche e poteva aiutare le anime perdute a riunirsi nella luce del perdono e della redenzione, malgrado fossero separate da troppi secoli e da grandi distanze.

Nessuno sa dove sei, quanto vicino o quanto lontano,

Splendi pazzo diamante.

Accatasta molti più strati e io ti raggiungerò laggiù.

Splendi pazzo diamante.

E ci crogioleremo ai raggi del trionfo di ieri,

veleggeremo sulla brezza d'acciaio.

Vieni ragazzino, vincitore e sconfitto,

vieni tu minatore di verità e delusione, e splendi!

E Tsuna capì tra le lacrime che non voleva dire nulla il non sapere dove ci si trovava, se separati o meno, il legame che la Prima Famiglia aveva rinfrancava la sua fiducia per il futuro: chissà se anche la sua controparte, quando aveva deciso di morire per salvare tutto ciò che amava ma lasciando indietro il proprio cuore nella forma dei Guardiani, serbava in sé la speranza che il legame coi suoi fosse abbastanza forte da permettergli di ritrovarli nel momento in cui si sarebbe svegliato di nuovo.

Era decisamente qualcosa più forte dell'amore.

Erano circondati dal cielo azzurro e dall'erba, per Sawada l'intero panorama aveva un qualcosa di talmente familiare che per un attimo la sua mente sostituì agli alberi sullo sfondo la figura di un tempio shinto color rosso, col tetto spiovente color oro, ma ricacciò indietro quel pensiero: non poteva essere Namimori, vero?

Sentiva la ghiaia sotto i propri piedi, la brezza fresca percorrergli il viso e vedeva i due giovani avvicinarsi al gruppo in loro attesa, scambiarsi abbracci, baci tra le lacrime... Non poteva sentirne le parole ma era come se esse fossero state sussurrate direttamente al suo orecchio: il perdono di Giotto con un sorriso, gli occhi di quest'ultimo talmente splendenti da accecare, le parole leggermente balbettate di Daemon, la risata gentile di Elena mentre accarezzava la guancia del fidanzato e veniva abbracciata da un Lampo che piagnucolava di gioia nel vederla.

Scostato e unico testimone di quel toccante rincontro e riunione di anime perennemente legate dal loro filo rosso del destino, Sawada non parlava, unicamente lasciava che le lacrime scendessero a tutta velocità dai suoi occhi, offuscando la visuale ma facendo sgorgare dal cuore un sentimento di gioia estrema e palpabile.

Era felice, veramente felice.

Poteva veramente dirsi conclusa quella storia, del tutto. Sarebbe stato un segreto unicamente tra lui e la Prima Famiglia, forse ne avrebbe parlato con i suoi compagni o forse no, ma sentiva che tutto era tornato a posto, che Daemon aveva finalmente raggiunto le persone che una volta aveva abbandonato, forse nel modo peggiore, e che la brezza avrebbe finalmente fatto viaggiare la loro nave sulla rotta giusta, nel ricordo dei millemila avvenimenti, piccoli e grandi, che li avevano visti protagonisti, nel bene e nel male, che avrebbero avuto tutta l'eternità per poter stare ancora assieme. Tra sé e sé, pensò che Giotto era stato sì sconfitto (l'aveva visto nei brevi flash che gli si erano palesati dinanzi) dal suo cuore troppo grande e pieno di sentimento, spaccatosi in due, ma aveva vinto, alla fine, sempre grazie a lui: perché era stato in grado di perdonare e continuare comunque ad accettare chiunque potesse far parte del suo Cielo.

La scena cominciò a dissolversi mentre le risate e le voci degli otto venivano lentamente sostituite dalle voci preoccupate di Gokudera e Yamamoto che lo chiamavano a gran voce, che gli urlavano di svegliarsi, ma sulle prime pensò che fosse unicamente la sua immaginazione, cosa di cui dovette ricredersi nel momento in cui, spalancati gli occhi, si ritrovò disteso sul letto, nella camera che credeva di aver abbandonato, coi visi spaventati di Pioggia e Tempesta accanto a sé, e con loro c'erano anche il Nono e i suoi.

Confuso, Tsuna sfiorò le proprie guance, trovandole bagnate.

Siamo venuti a vedere come stavi ma ti abbiamo trovato sdraiato, con gli occhi spalancati e fissi nelvuoto... Piangevi... Ci siamo spaventati...” balbettò Takeshi, gettandogli le braccia al collo e abbracciandolo con forza, con Hayato che faceva lo stesso.

Ripresa coscienza di sé e del proprio corpo, il Decimo scosse la testa, asciugandosi le lacrime e rivolgendo un sorriso sia a loro che al Nono: “Grazie, ma non è nulla. Davvero.” li rassicurò, districandosi dalla presa dei due Guardiani per gettarsi giù dal letto, “Devo aver sognato.” aggiunse, dirigendosi verso l'angolo di camera dove aveva mollato la propria borsa.

Sicuro di potersi muovere?” chiese Coyote con severità, facendo per fermare il bruno.

Tsunayoshi-kun ha dormito per tre giorni, deve essere riposato al massimo.” notò Timoteo: “E ora, tutto quello di cui ha bisogno, è di mangiare qualcosa, ho ragione?”

Effettivamente, Sawada sentiva un certo languorino.

Allora pranzeremo tutti assieme.” annunciò il Boss, facendo cenno ai propri Guardiani di seguirlo: “Vi aspetteremo di là” disse, prima di sparire fuori dalla porta.

Takeshi e Hayato restarono lì, attendendo che Tsuna finisse di prepararsi, poi uscirono assieme a lui, scortandolo attraverso i corridoi della nave in un silenzio tranquillo e rilassato.

Gokudera-kun, posso chiederti una cosa?”

Naturalmente!”

L'estrema disponibilità dell'argenteo lo fece sentire insolitamente allegro: normalmente avrebbe pensato che forse era troppo esagerato, ma dopo ciò che aveva visto, comprendeva un po' di più.

Mi canteresti una canzone?”

§§§

E quel pomeriggio, mentre erano tutti riuniti nel piccolo salottino attiguo alla sala da pranzo, e Hayato stava dando il meglio di sé unicamente per il suo Decimo, questi si sentiva assonnato, segno che forse non si era ancora ripreso del tutto, o forse che le emozioni che provava lo facevano sentire protetto al punto da desiderare unicamente di addormentarsi cullato da esse...

Non lo sapeva.

Voleva solo una cosa.

Poter incidere a fuoco nella propria mente quelle parole che già vi danzavano come le farfalle nel prato del suo sogno, ricordo... Cosa fosse quella visione non lo sapeva con esattezza...

Ma non avrebbe mai scordato né quel luogo né quelle parole.

Perchè desiderava che esse fossero anche per lui un sentiero da percorrere o una chiave per aprire il proprio cuore, e si sentì esplodere di tenerezza quando, al proprio risveglio, sotto la morbida coperta che gli era stata drappeggiata addosso, si ritrovò davanti al naso un foglio, vergato in hiragana e kanji da una parte, una traduzione, e in caratteri latini dall'altra: le lacrime gli salirono tanto più scorreva il breve messaggio che introduceva il tutto.

Era di Hayato.

Decimo, non vorrei sembrare irrispettoso nei suoi confronti ma vorrei che sapesse una cosa: questa canzone mi fa pensare a lei, trovo che le si addica alla perfezione, sia nelle parti positive che in quelle negative, ed è soprattutto per questo motivo che mi piace particolarmente suonarla e cantarla, mi fa sentire più che mai vicino a lei

Sempre suo,

Gokudera Hayato

E di seguito, le parole che lo avevano accompagnato in quel breve ma incredibile viaggio, finalmente veramente consapevole del loro peso e del loro intrinseco significato.

 

Ricordi quando eri giovane, splendevi come il sole.

splendi su di te, diamante pazzo

ora c’è un’espressione nei tuoi occhi,

simile ad i buchi neri nel cielo

splendi su di te, diamante pazzo

sei stato catturato nel fuoco incrociato

di infanzia e notorietà

soffiato via dalla brezza d'acciaio

vieni, oggetto di risate lontane,

vieni sconosciuto, leggenda, martire, e splendi!

hai raggiunto il segreto troppo presto,

hai pianto per la luna

splendi su di te, diamante pazzo

minacciato dalle ombre nella notte,

ed esposto alla luce

splendi su di te, diamante pazzo

beh, hai esaurito il tuo benvenuto

con precisione casuale,

hai cavalcato sulla brezza d'acciaio

vieni modaiolo, visionario, vieni pittore,

pifferaio, prigioniero, e splendi!

Nessuno sa dove sei, quanto vicino o quanto lontano,

Splendi pazzo diamante.

Accatasta molti più strati e io ti raggiungerò laggiù.

Splendi pazzo diamante.

E ci crogioleremo ai raggi del trionfo di ieri,

veleggeremo sulla brezza d'acciaio.

Vieni ragazzino, vincitore e sconfitto,

vieni tu minatore di verità e delusione, e splendi!

§§§

VALUTAZIONE

e poi sempre quarta ... 

SHINE ON YOU CRAZY DIAMOND DI CHARLIE 

CORRETTEZZA : 10\10 
Perfetta... 
TRAMA : 9\10 
Devo ammettere che, dopo un momento iniziale dove non capivo nulla a causa della mia totale ignoranza della serie nonostante lo specchietto, la storia mi ha preso molto. E' bellissimo il momento in cui Elena e Daemon si ricongiungono ai loro amici e quel perdono che nella prima parte sembrava impossibile invece era stato raggiunto. Hai raccontato tutto in maniera bellissima e toccante...purtoppo ho tolto un punto perchè rimane sempre il fatto che tante cose della storia non le conoscevo ed erano confuse, per me. 
STILE : 10\10 Hai uno stile molto bello, semplice ma che va a fondo...toccante. 
CARATTERIZZAZIONE : 10\10 Sempre per quel che ne so...si, sembrano caratterizzati bene. 
IN TEMA : 10\10 Assolutamente si!!!!!!Bellissimo come, a distanza di 400 anni, la storia si ripete con una canzone unica...che ha attraversato il tempo! 
COINVOLGIMENTO PERSONALE : 8\10 Purtroppo per metà storia (perchè anche alla fine è accaduto...) i tanti nomi sconosciuti hanno impedito che venissi davvero coinvolta completamente nella storia...mi dispiace. 
TOTALE PUNTI 57\60 

   
 
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