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Autore: MaTiSsE    29/03/2012    11 recensioni
"....Nessuno ha idea di quanto il tuo sorriso possa scaldarmi il cuore.
Sono degli stupidi, ovviamente.
E lo sono anch'io.
Perchè ti sento e ti amo come il primo giorno.
E perchè parlo di te - di noi - così scioccamente... come se fossimo ancora insieme..."
Louis e Constance...Due giovani uniti da un amore difficile. Un amore tormentato dallo spettro della Rivoluzione.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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epilogo louis
"Volevo sequestrati anche a Dio
perché tu fossi solamente
mio..."
Alla felicità e ai locali punk - Maria Antonietta (2012)





Al di là del nostro amore






Epilogo










Londra

28 Luglio 1804







Le acque del Tamigi non mi fanno paura.
Sono scure e profonde e quasi certamente non restituiscono mai ciò che sottraggono, eppure non mi spaventano.
Se riesco a pensare alla Senna senza rabbrividire o piangere posso guardare a qualsiasi fiume come se non lo vedessi realmente. Con calma, con la placida consapevolezza che non mi farà nulla.
Sono gli uomini che mi hanno fatto male, non le acque di un fiume che ti ha portato via da me.



E' il 28 Luglio, amore mio.
Lo sappiamo entrambi che significa, no?



Era il 28 Luglio anche quel giorno.
L'ultimo in cui i tuoi occhi hanno incontrato i miei parlandomi del nostro amore. Ma anche di dolore e devastazione, sconcerto, amarezza.
E paura.
Troppa paura.




Era il 28 Luglio di 10 anni fa, il giorno in cui ti ho perso  per sempre.
Il giorno dell'assenza, la tua assenza senza fine e senza soluzione ,che celebro e rimpiango in ogni istante della mia vita con la stessa devozione con la quale mia madre andava in chiesa ad accendere ceri alla Beata Vergine Maria, anni fa.

Se ci penso, io in chiesa non ci vado neppure più come un tempo.




Molte cose sono cambiate da quel 28 Luglio del 1794.
Per esempio, non porto più i capelli sciolti come piacevano a te. Lo so, ti sto raccontando il particolare più inutile ed insignificante Louis ma è così: a te piaceva carezzare la mia chioma scura lasciandovi scivolare la mano mentre mi guardavi amorevolmente. Se non puoi più farlo tu, se non puoi guardarmi ancora così, nessuno deve avere lo stesso diritto. Nessuno, per quanto possa contare per me.

E non vivo più a Parigi.
Ma questo lo sai, non è vero?
Sono dieci anni che mi guardì dall'alto - perché un posticino nel cielo dev'essere stato riservato anche a te, è innegabile - e saprai che Parigi rappresentava ormai una trappola.



A distanza di tempo ricordo ancora distintamente i primi giorni senza di te, in quella città che mi ha dato i natali e mi era così improvvisamente diventata nemica dopo la tua morte.
Però si tratta di immagini confuse, come di un sogno vissuto in maniera febbricitante ed alterata.

Ricordo, per esempio, il pianto di Marie che si univa al mio nelle lunghe notti che si son succedute alla tua scomparsa. Incapace di mostrarsi più forte di me e del mio tormento, imparava a sostenermi condividendo il mio stesso dolore, prendendone a carico una piccola parte nel tentativo di alleggerirmi il cuore. E no, non so chi le abbia detto di te Louis, come ci sia finita in casa mia o con quale cuore abbia accolto la notizia di quella sua figlioccia che viveva nello scandalo, accanto ad un uomo ucciso dalla Repubblica, ma so di per certo che non mi ha mai giudicato né rimproverato. Forse per troppo amore nei miei confronti, forse perché non voleva infierire sul mio stato d'animo o magari perché aveva compreso davvero quanto la mia stessa esistenza fosse tale semplicemente in tua funzione ma è così: non mi ha mai puntato il dito contro.
Ancora la ringrazio per questo.




Ricordo, ancora, l'abbraccio di Diane e quello della mia buona Rosalie che si alternavano a Marie nel tentativo di accudirmi e risollevarmi. Tuttavia, di quell'abbraccio, all'epoca, non percepivo il calore purtroppo: per me non ero altro che una stretta priva di significato. Semplicemente perché non era la tua.

Ricordo, infine, le mani di Olympe - la cara Olympe che non non mi hai mai abbandonata dal giorno della tua morte - quando cercavano di trattenermi e si ancoravano ai miei polsi mentre io le scacciavo nella furia di distruggere la casa, rovesciare sedie ed urlare per la disperazione di non saperti più su questa Terra. Perché il mondo - il mio mondo - era inconcepibile senza la tua presenza, senza il tuo passo svelto fuori dalla camera da letto, senza la tua risata fresca e il rumore dei tuoi stivali lanciati in un angolo con un gesto distratto prima di andare a dormire.

Non avrei più ascoltato la tua voce né toccato le tue mani.
Non avrei visto mai più la tua immagine riflessa nello specchio della nostra camera e osservato la tua espressione compiaciuta mentre assaggiavi il tuo piatto preferito, quello che avevo cucinato per te con amore e dedizione.


Sarebbe stato come se tu non fossi mai esistito.

Era questo il mio pensiero ossessivo, al tempo: la consapevolezza che sino al giorno prima fossi stato una presenza tangibile e reale nella mia vita e l'idea che, il giorno successivo, fossi d'improvviso sparito dal mio intorno. Come una figura evanescente che avesse abitato esclusivamente i miei sogni senza mai palesarsi nella realtà.

Sapevo di averti perso per sempre - l'avevo visto con i miei stessi occhi - ma non riuscivo ad accettarlo perché sapevo anche di averti avuto. Il cuore ed il cervello facevano continuamente a pugni a causa di questo e la voragine che mi portavo nel petto minacciava di divorarmi e distruggermi ad ogni istante che passava.


Credo di non aver mai vissuto giorni altrettanto bui, neppure quando mia madre è morta.
Poiché lei ha sofferto di una malattia terribile per mesi prima di lasciarmi e io mi ero paradossalmente e lentamente abituata all'idea di perderla prima o poi, per quanto dolorosa potesse risultare una tale consapevolezza.

Con te, Louis, è stato diverso: sei sparito da un giorno all'altro ed io neanche riuscivo a crederci.

Il pensiero di te mi consumava dall' interno: per molti giorni dopo la tua dipartita la febbre mi ha divorato e nel delirio da essa provocata pronunciavo frasi sconnesse, ripetendo il tuo nome; raramente mangiavo e quando accadeva finivo puntualmente col rigettare il tutto.
Nei miei sogni c'eri tu, sempre e soltanto tu Louis: apparivi e scomparivi come il fantasma che eri diventato ed io t'inseguivo per strada lunghe e sconosciute, buie ed irte di pericoli prima di perderti definitivamente. Prima di inciampare o rischiare di annegare in un mare di sangue mentre ti allontanavi senza mai voltarti. E quando voci ignote e terrificanti mi sussurravano all'orecchio che l'assassino aveva compiuto il suo dovere mi svegliavo sudata e scarmigliata, urlando con quanto fiato avessi in corpo. Invocavo il tuo nome, a volte quello di mia madre. O semplicemente chiedevo aiuto: più ne ricevevo, più mi sembrava di essere inghiottita da un buco nero.





Poi, un mattino così assolato da accecare, qualcuno ha bussato alla mia porta.
E' stata Olympe quel giorno a preoccuparsi di dare il benvenuto all'ospite ignoto che si apprestava alla soglia di casa: io non ne avrei mai avuto la forza.


"Constance Moreau?"


La voce di quell'uomo è stampata nella mia memoria come se l'avessi ascoltata ieri.
Ancora mi dà i brividi a pensarci.


E' stata quella voce così profonda a spingermi a voltarmi immediatamente in direzione del mio anonimo visitatore, quasi sorprendentemente visto che da giorni non rispondevo più ai richiami di nessuno.
Così, ho scoperto l'identità del mio ospite: un sacerdote.
Guardandolo, ho compreso subito molte cose.



E' curioso come di Padre François, ad oggi, abbia a mente soprattutto il naso grosso e lo sguardo compassionevole. Me lo ricordo bene quello sguardo mentre mi fissava, esplorava e scandagliava il mio dolore nel tentativo di lenirlo. Mi teneva la mano e mi parlava piano mentre il calore del suo palmo saliva più su, sino al polso e poi lungo tutto il braccio.

E con quella voce dolce e bassa Padre François mi ha raccontato di te, delle tue ultime ore.

E' stato proprio lui a confessarmi che, mentre tutti gli altri condannati a morte, una volta messi a parte del proprio destino, si affidavano alle sue preghiere per trovare finalmente la via per giungere a nostro Signore, tu sai stato l'unico a preoccuparsi per chi avevi lasciato piuttosto che per te stesso.
Mi ha raccontato che sei andato spedito a dirgli che della tua anima non t'importava un fico secco. Che era troppo marcia per essere salvata.

Ma sapevi che a casa c'era qualcuno che si struggeva per te e desideravi che quel qualcuno conoscesse la verità. Così l'hai supplicato di raggiungermi appena gli fosse stato possibile, l'hai pregato di trovarmi affinché potesse consegnarmi personalmente la lettera che avevi scritto per me.



Custodisco ancora oggi quella lettera. Anche adesso, anche dopo dieci anni.
E' sgualcita, sbiadita dal tempo e dalle lacrime. I bordi sono consumati così come i punti in cui è stata piegata da mani amorevoli.
Ma è ancora mia e tale resterà fino alla fine dei miei giorni come l'ultima e più dolce testimonianza della tua esistenza.
In realtà, posso recitarla senza bisogno di rileggerla. Sai qual è la verità? L'ho divorata con gli occhi e con la mente così tante volte che adesso la conosco a memoria, Louis.





"Parigi, 27 Luglio 1794.


Eccomi qui, amore mio.
In questa notte senza luna. In questa notte senza di te.
Probabilmente l'ultima della mia vita e la peggiore. Non tanto perché il giorno che verrà mi condurrà quasi certamente alla morte, nossignore: soltanto perché dovrò accettare questa nuova condizione senza poterti salutare.
Non rivedrò i tuoi occhi un'ultima volta prima di chiudere i miei per sempre  ma ne riporterò l'immagine alla memoria con tutte le mie forze e di questo dovrò accontentarmi per sorridere, di quell'ombra sbiadita che pur sempre ti appartiene.

Così, l'idea di doverti dire addio sarà un po' meno penosa.
O almeno credo.
E no, Constance, non me l'ha assicurato nessuno che domattina ci lascerò la pelle sulla ghigliottina e neppure desidero fare il melodrammatico, ma ho idea di come funzioni la Rivoluzione. L'ho visto con decine di rivali ed oppositori politici prima di me e so che domani mi colpirà alle spalle.
Qualcuno che presto prenderà il posto mio o di Maximilien ha già deciso che per noi è finita. Possiamo rifugiarci all'Hotel de Ville ed appellarci a qualsiasi legge o atto liberatorio: lo so, non ci sarà via di fuga per noi. Mi guardo intorno, incontro gli occhi di Robespierre e degli altri amici che sono qui a condividere con noi un sì triste destino, e il terrore che riconosco nel loro sguardo me lo conferma: non uno che sia certo della sua buona stella. Il sole che si alzerà domattina su Parigi porterà molte lacrime.

E se pure domani mi salvassi, cosa ne otterrei? Soltanto l'opportunità di allungare l'agonia poiché certamente la morte verrà comunque a bussare alla mia porta. Al più fra due o tre giorni ma lo farà quindi cerco di essere preparato, semmai fosse possibile.
Comunque sia, se avessi tanta fortuna da salvarmi, getterò questa lettera nella Senna. O nel fuoco.
Oppure potrò fartela leggere e riderne insieme.
Ma chi voglio prendere in giro, amor mio? Lo sai anche tu che non c'è salvezza per me.
Non c'è stata mai.


Per consolarmi, ti sognerò in questa notte Constance.
Sognerò che sia già mattino - un mattino di sole nel nostro letto morbido - e m'illuderò di poterti abbracciare.
Ascolterò la tua voce mentre mi dai il buongiorno e percepirò la freschezza delle tue labbra mentre, sorridendo, mi baci la punta del naso.
Crederò a tutto questo e morirò un po' più felice.


Ho fatto molti errori nella mia vita. Il più grande è proprio questo: l'averti abbandonata.
Ma tu sai che non avrei mai voluto farlo realmente, vero?
E ne sono consapevole, se fossi adesso qui con me mi guarderesti con quell'aria corrucciata e un po' capricciosa che a volte sfoggi e che io amo incondizionatamente, dicendomi che nessuno me l'ha imposto.
Che me la son cercata.
Hai ragione. Più o meno.
Tuttavia, me lo chiedeva la coscienza come atto di coraggio e io non potevo sottrarmi.
Inoltre, me l'ordinava il mio senso del dovere e l'uomo, dentro di me, che ha donato tutto se stesso ad una causa in cui credeva fermamente.
Una causa che mi ha tradito. E che io perdono, nonostante tutto.


Tu, invece, non mi hai mai abbandonato. Anche stanotte - io lo so - sei nella nostra casa,
a torcerti le mani e disperarti per la mia sorte. E starai pregando affinché qualcuno mi tiri fuori da questo impiccio, vero dolcissimo amor mio?

Mi sembra di vederlo il tuo bel visetto, quegli occhioni azzurri sempre troppo pieni di lacrime. Sempre per causa mia, purtroppo.
Se potessi...se potessi correrei da te adesso. Ti riempirei le guance di baci e ti porterei in un campo di fiori. A correre, a ridere e divertirci per una volta, finalmente spensierati e felici come avremmo meritato da sempre.
Pensare che abbiamo speso tanto tempo inutilmente!
Se l'avessi saputo prima che la nostra vita insieme sarebbe stata così breve, mi sarei risparmiato tanti dolori. Ti avrei fatta sorridere di più.

A tornare indietro, ti renderei felice. Non ti dico che ti avrei evitato per il tuo bene, sarebbe una sciocchezza ed io sono un inguaribile egoista.
Ti volevo nella mia vita e ti voglio ancora ora.
Se questo soltanto era il tempo che mi è stato concesso di vivere su questa Terra, sono felice di averlo speso con te e non cambierei nulla del nostro passato.

Tuttavia, cercherei di comportarmi un po' meglio. Davvero, non lo dico soltanto perché ora sono ad un passo dalla morte: ti meritavi un uomo migliore. Ti meritavi un Louis migliore.
Ma tu hai amato anche l'essere imperfetto che sono e dunque mi considero fortunato, nonostante tutto, perché il nostro è stato vero amore, del tipo che accetta anche i difetti dell'altro, li ama comunque. Non a tutti è concesso viverlo.


Avrei voluto scriverti qualcosa di più ragionevole piuttosto che queste quattro righe sconclusionate, sai?
Avrei voluto dirti che avevo in mente di sposarti il 19 Settembre, giorno di Santa Costanza.
Non potrò più farlo ma quando arriverà quella data, te ne prego amor mio, recati in una chiesa - una qualunque, dì una preghiera per la mia povera anima e immagina di avermi sposato per davvero.


Poi, un giorno, innamorati Constance.
Liberati di me e vivi la tua vita.
Sposa l'uomo fortunato che ti rapirà il cuore. Perché, se una parte di te sarà mia per sempre, hai tu diritto ad una vita felice. Hai diritto a qualcuno che ti guardi con occhi stregati, che ti faccia sentire importante, qualcuno che ti renda la madre perfetta che sarai certamente.
Avrai dei figli belli quanto te, ne sono sicuro, e se ci sarà ancora vita per me oltre questa terrena, ti prometto che veglierò su di loro.




Vorrei chiederti perdono, Constance. Per tutte le volte in cui hai pianto per me, per tutte le volte in cui non hai potuto comprendermi perché ho alzato io un muro invalicabile contro di te...Proprio con te, che stupido!
E per tutte le volte in cui avrei voluto essere più dolce ed invece...non l'ho fatto. Perché non ne sono capace, semplicemente.
Ma ti ho amata. Di un amore devastante e a tratti orribile, ne sono consapevole.
Ti ho amata tanto. Ti amo ancora.
E non smetterò di farlo neppure in quell'Eternità che mi aspetta, bella o brutta che sia.
Magari sarà meno brutta se, nelle notti che verranno, mi dirai che sì, mi perdoni.
Anche se non me lo merito.



Ho sempre finto coraggio, Constance. Anche nei momenti peggiori, ero l'uomo impenetrabile.
Se soltanto immaginassi...In realtà ho una paura indescrivibile di morire.
Però, se penso a te, sto meglio.
E spero che questo mio pensiero, stasera, sia così forte da arrivare fino a te, in quel letto dove te ne stai ad occhi spalancati invocando il mio nome.

Hai sempre avuto l'innata capacità di ridarmi il sorriso. Anche il giorno che ci siamo conosciuti, ricordi? Ero abbattuto per certe stupide scaramucce accadute alla Convenzione e tu...tu hai cancellato ogni dolore soltanto guardandomi. E donandomi quella camelia rossa che, detto per inciso, è ancora conservata in un libro, tra gli scaffali della casa. Puoi cercarla se vuoi: quel libro è la Bibbia perché tu sei un angelo è quello è il posto adatto per il tuo fiore.

Ti prego, dunque, di sorridere. Di sorridere ancora, di sorridere sempre e nonostante tutto, nella tua vita.
Io ti guarderò anche dall'altro lato e sorriderò con te perché, ancora una volta, saprai rischiarare le mie giornate.

Adesso devo smettere di scrivere.
Non considerarmi pazzo, leggendo questa lettera sconclusionata. O fallo se vuoi: in fondo, sono pazzo di te.
E non dimenticare mai che l'amore che provo per te è come il vento: non potrai mai vederlo ma potrai sempre sentirlo. Ovunque tu sia*. Pensa a questo ogni qualvolta sentirai la mia mancanza.



Addio, mio dolce amore.

Per sempre tuo,
Louis.







Soltanto io conosco il contenuto di questa lettera. Padre François, Marie, Olympe e tutte le brave persone che mi sono state accanto nei lunghi giorni dell'agonia - i giorni della tua assenza, ancora una volta - tutt'oggi ignorano questo tuo testamento. Sono le tue ultime parole quelle e mi appartengono. Sono le parole su cui ho consumato le mie lacrime e raramente sorriso. E' quella la lettera che ho carezzato per ore soltanto per ritrovare i tuoi segni sulla carta, per sentirli al tatto perché avevi l'abitudine di calcare molto sul foglio quando scrivevi ed io lo sapevo. E' mia e di nessun altro, questa lettera. Almeno per ora.

E' ancora presto perché qualcun altro la conosca, Louis.





*




Le acque del Tamigi continuano a scorrere, placide e gentili.
Oggi è una giornata serena.
Mi chiedo se la Senna sia stata garbata allo stesso modo quando ha portato via ciò che era rimasto del tuo corpo.

E' stato Padre François a rivelarmi questo particolare, un giorno in cui piangevo più del solito perché desideravo ardentemente una tomba su cui portare i fiori. Da allora la tua tomba è diventata ogni fiume di questo mondo. Ecco perché oggi sono qui.



E' curioso come ora riesca a guardare a tutto quel che è accaduto come se si trattasse di una scena lontana, qualcosa che non ho vissuto realmente. Non voglio dirti che l'affronti con distacco Louis, mentirei: l'idea della tua morte ancora mi brucia dentro e la tua mancanza ancora mi toglie il respiro, talvolta. Ma ad oggi posso affermare che la rassegnazione esiste così come esistono i miracoli.
Ed è merito di un miracolo se io vivo e posso sorridere ancora.


Quel miracolo si chiama Etienne e ha dieci anni, ormai.



Etienne è il regalo che mi hai fatto senza neanche saperlo, il motivo che mi spinge ancora oggi a credere che la Rivoluzione non sia stata più forte di noi due.
Etienne è una parte della tua anima che si è fatta carne e sangue dentro di me in quell'ultima notte trascorsa assieme. Come un segno dall'Alto, come se Dio avesse voluto ricordarmi che c'era ancora redenzione, ancora una possibilità, che non sarei stata privata di tutto e che ti avrei rivisto ancora nelle lunghe notti a venire della mia vita.
Sotto altre spoglie, certo, e con un altro nome, ma in quella creatura nata dalle mie stesse viscere avrei nuovamente incontrato i tuoi occhi ed avrei sorriso ancora.

Così è stato Louis.
Nell'esatto istante in cui ho compreso di essere incinta ho smesso di piangere.
Non mi ha turbato l'idea di crescere un figlio da sola, né mi hanno infastidito le nausee, la stanchezza, l'idea che per gli altri avrei rappresentato una svergognata con un bimbo a carico e nessun marito accanto.
Quel che credevano gli altri non era più importante per me e avrei sopportato qualsiasi cosa pur di veder nascere il mio Etienne.

Il giorno in cui è venuto al mondo - il 25 Aprile del 1795 - anche io sono rinata. Me l'ha detto Marie, me l'ha confermato Rosalie. Persino Padre François mi ha confessato, ridendo, quanto questo fosse chiaro mentre, dopo un parto devastante, coccolavo il mio piccino adagiato accanto a me
su quel letto che era stato il nostro e che continuava ad essere tale proprio in virtù di questo figlio.
 
Dopo la sua nascita ho fatto i conti con me stessa, riorganizzato le priorità della mia vita e impedito alla parte debole di me di prendere ancora il sopravvento. Ho accettato senza vergogna le monete che Marie e Padre François avevano raccolto e conservato per me e con quei soldi ho abbandonato la Francia perché mio figlio non avrebbe dovuto mai vivere gli odori e i colori della terra che aveva ucciso suo padre.




Calpestando il suolo inglese per la prima volta - appena qualche tempo dopo - ho compreso molte cose.
Ed in questa nazione che non mi è mai stata estranea o nemica ho cominciato la mia nuova esistenza.
La mia nuova vita assieme ad Etienne.





*




Da quando c'è Etienne ho di nuovo un buon motivo per esistere e non mi stupisce che il nostro rapporto sia così viscerale: non mi muovo mai senza di lui. Ed Etienne non fa un passo senza la sua mamma accanto. Mi guarda anche tra la folla, col suo occhio sempre vigile ma senza disturbare perché è un bimbo di poche parole.
E' nostro figlio, il prolungamento di te su questa Terra, ed è speciale.




"Maman!"

Eccola: l'adorabile voce del mio bambino che non mi permette mai di star troppo sola con i miei pensieri.
Per fortuna, dovei aggiungere.
L'adorabile voce del mio Etienne...



"Etienne! Dov'eri?"
"Con Edward. Mi ha prestato qualche monetina per comprare queste."



Il mio bambino mi mostra il suo tesoro: camelie bianche e rosse.
Ormai anche lui ne ha imparato il significato.
Sorrido accogliendo quei fiori tra le mie mani. E' il nostro rituale, ogni anno da dieci anni a questa parte: lanceremo le camelie nel fiume sotto di noi così che possano arrivare a te, ovunque tu sia.
Tutti i fiumi sfociano nel mare, no? Ed a me piace immaginare che quel mare unico accolga la Senna, accolga le acque del Tamigi ed abbia accolto il tuo corpo, un tempo. Cosicché i nostri fiori giungeranno fino a te in quel mare per ricordarti che ti amiamo e che sei nel nostro cuore. Sempre.


"E' stato gentile Edward, Etienne. L'hai ringraziato?"


Il mio piccolo uomo annuisce prontamente ed i boccoli bruni rimbalzano sulla sua testa un po' comicamente.
E' la tua esatta copia, Louis. Ha i tuoi stessi occhi verdi, il tuo profilo perfetto, lo sguardo lontano, le mani affusolate ed i tuoi stessi silenzi. Tutto ciò che ha ereditato da me è il colore della chioma ma non mi dispiace. Avrei fatto a meno anche di quello, credimi.
A volte lo guardo di sottecchi, mentre è impegnato nei suoi compiti oppure a guardare l'orizzonte, pensieroso. Ed allora scopro un gesto nuovo, l'identico modo che avevi tu di scostarti i capelli dal viso, per esempio, o di aggrottare le sopracciglia se qualcosa disturbava la tua attenzione e sobbalzo. Quei gesti non li ha mai visti, non glieli ho insegnati io, neppure mai menzionati. Eppure sono suoi come un tempo erano stati tuoi semplicemente perché sei suo padre e se li porta nel sangue.
Quando ci penso ancora piango come la ragazzina di diciassette anni che ero un tempo. Ma non farmene una colpa, te ne prego: questo nostro figlio è un regalo troppo grande per recriminare.


"Arriveranno a papà anche quest'anno i nostri fiori, maman?"
"Oui, mon petite trèsor."

Rispondo e mi mordo la lingua. Siamo a Londra, dovrei smetterla di parlare sempre in francese.

"Come fai ad esserne certa?"

Anche in questo ti somiglia. E sempre diffidente, preciso e pignolo. E raramente puoi prenderlo in giro.

"Il mare è unico per tutti."
"Perché mio padre riposa in mare, maman?"

Ci penso su per qualche istante. Me lo chiede spesso ed ogni volta con maggiore serietà.
Le mie risposte non gli bastano mai.

"Perché tuo padre era figlio del cielo e del mare. Era uno spirito libero e per la libertà di un popolo ha sacrificato la sua vita. Riposa nel luogo che gli appartiene e dov'è giusto che egli sia."


Continuo a sbriciolare petali nel Tamigi mentre il vento se li porta via, trascinandoli in punti diversi del fiume. Li guardo arrivare alla superficie prima che le acque li inghiottiscano lentamente. Dopo un po' spariscono nel buio, ne perdo le tracce.
Louis Etienne, al mio fianco, non parla più. Poggiato alla balaustra, fasciato nel suo completo buono, di ottima fattura e dai colori scuri (non ama le tinte chiare, il mio bambino), guarda con infinita serietà al panorama di fronte a lui e lascia andare un ultimo fiore prima di distogliere lo sguardo.

Non mi sembra mai abbia appena dieci anni.


"Etienne?"
"Oui, maman."
"Edward sarebbe molto felice se lo chiamassi papà. Potrebbe valere molto più di cento ringraziamenti. Pensi di poterci provare prima o poi?"
"Non lo so," - risponde serio - "vorrei pensarci ancora un po'. Io ho un papà ce l'ho già."
"Potresti averne un secondo. Edward ti vuole molto bene e saprebbe amarti proprio come ti avrebbe amato Louis."
"Ti farò sapere. Adesso posso andare? Laly e Victoria mi stanno chiamando."


Difatti, in lontananza, scorgo la figura piccola e minuta di due bambine che passeggiano amorevolmente al fianco di un uomo che ben conosco.
Aggraziate e sorridenti, agitano le loro manine nel tentativo di richiamare l'attenzione di Etienne ed Etienne non se lo fa ripetere due volte: ama quelle piccine con tutto se stesso e darebbe la sua vita per il loro bene.
Come non potrebbe essere altrimenti?
Quelle bambine - le gemelle - sono le mie figlie.
Le sue sorelle.
Victoria Justine e Rose Eulaly, le bambine che ho dato alla luce ormai quattro anni fa.

L'uomo che passeggia al loro fianco è bello, con i suoi capelli biondi e ondulati e gli occhi di un verde chiarissimo. Sorride spesso, gentilmente, e non alza mai la voce. Quell'uomo si chiama Edward ed è mio marito.


Mi guarda con preoccupazione. Conosce il significato di quel 28 Luglio per me ed Etienne e lo rispetta con silenzio e profondo amore.
Ma so che teme per me e per il mio cuore e a volte mi chiedo come abbia accettato consapevolmente di essere sempre il secondo.

Gli rivolgo un tenue sorriso, sillabo piano che va tutto bene.
Almeno lui non dovrà preoccuparsi.


"Vai Etienne. E pensaci per davvero."


Annuisce ancora prima di correre lungo la passeggiata sul fiume, fino ad abbracciare le sue sorelline.
Questa volta mi commuovo: Etienne è il regalo più bello che la vita avesse potuto farmi.
Che tu avessi potuto farmi nello specifico, Louis.





Passeggio ancora un po' ed Edward mi viene incontro, un leggerissimo sorriso stampato sulle belle labbra.

Ricambio senza esitazione ed accetto il braccio che mi porge così gentilmente. A guardarci dall'esterno sembriamo davvero una normale famiglia in gita sul Tamigi, con noi due di qualche passo più indietro ed i bambini che si rincorrono felicemente pochi metri avanti a noi.

Mi guarda qualche istante ancora, di sottecchi, mentre quella peste di Laly urla e ride sotto lo sguardo protettivo di Etienne.


"Ho qualcosa fuori posto?" - Commento ridacchiando, sentendomi osservata.
"Affatto. La tua innata bellezza non si scompone mai, mia cara."

Sorrido, guardando con fierezza davanti a me.

C'è una buona ragione per cui cinque anni fa ho accettato di sposare quell' uomo conosciuto appena due mesi prima nella taverna dove servivo da mangiare, nel centro di Londra: non mi ha mai concesso di sottovalutarmi.
Oltre al fatto che ha accettato mio figlio senza indugi, amandolo come se fosse suo. Ad oggi Etienne, oltre al mio porta anche il suo cognome - Lawrence - e per me questo gesto è valso molto più di mille parole o di svariati mazzi di fiori per conquistare il mio cuore.
Per quanto non lo ami come ho amato te, so che è l'unica persona che potrebbe stare al mio fianco: Etienne in lui ha trovato un buon padre, per quanto ancora non desideri mai rivolgersi a lui con tale appellativo, e sono certa che Edward sarà un'ottima guida per lui e per le bambine.


Ma non ti nego che talvolta ancora porto dentro di me il senso di colpa per aver voltato pagina ricominciando con un altro uomo. Talvolta mi chiedo se tu abbia accettato questa mia nuova condizione oppure mi maledica.
Nel dubbio, continuo a chiederti perdono ogni sera sperando che tu sappia che questo mio matrimonio è soltanto secondo al nostro. Perché le tue preghiere io le ho rispettate e il 19 Settembre di dieci anni fa in chiesa per sposarti ci sono entrata davvero.

L'avrai visto? Ne sarai a conoscenza?
Non lo so. Ma ti prego, perdonami lo stesso.



"Come stai?" - La voce di Edward mi riporta alla realtà ma è flebile, quasi un sussurro. Sai, nonostante tu sia morto e nonostante non ti abbia mai conosciuto, credo sia un po' geloso di te. Non ti nomina spesso e quando lo fa il suo viso impallidisce. Ma rispetta il mio dolore e questo mi basta.

"Bene..."
"Etienne?"

Sospiro.

"Etienne fa le solite domande. Com'è giusto che sia."
"Forse dovreste tornare in Francia..."


Ci fermiamo, tra la folla. Io mi fermo.
Lo guardo con perplessità.


"Perché mai, Edward?"
"Perché Etienne ha bisogno di conoscere le sue radici."

Scuoto la testa.

"Etienne avrebbe soltanto bisogno di conoscere suo padre. Ma non è possibile, la vita ha scelto per lui. E tu stai facendo un ottimo lavoro."

Edward sorride, del suo sorriso un po' triste.


"Etienne non la pensa come te."
"E' un bambino complicato, dagli tempo. Credimi, se avessi conosciuto Louis potresti capire meglio le mie parole. Comunque, ti prego di fidarti delle mie supposizioni: conosco i suoi sguardi."


Edward mi guarda attentamente, poi annuisce risoluto: sa che non gli mentirei. Non su Etienne. Non su di te, Louis.


Appena più distante la vocina di Victoria giunge melodiosa sino alle nostre orecchie, accompagnata da uno scroscio di risa così genuino e sincero da far stringere il cuore per l'emozione:

"Louis! Louis guarda quel cavallo bianco! Mi porti sul cavallo?" - Victoria indica febbricitante una carrozza a poca distanza. E' davvero buffa.

"Anche io Louis! Voglio andare sul cavallino!"

Eulaly si associa alla richiesta della gemella, tira Louis Etienne per la manica della giacchina, entrambe gli saltellano intorno e i loro boccoli biondi rimbalzano sulle spalle energicamente: sono piccole e minute ma terribilmente pestifere e chiacchierone. Delle piccole attrici, in pratica.
Il mio bambino ride apertamente, le guarda con l'aria protettiva ed orgogliosa tipica del fratello maggiore e annuisce. La sua voce, già così profonda, mi giunge distinta e meravigliosa:

"Vi porterò sul cavallino come volete ma soltanto se chiedete prima il permesso a Mamàn. E se mi giurate di mangiare per pranzo perché siete piccine piccine come un uccellino e per andare a cavallo, invece, dovete essere grandi e in salute!"




Mangi come un uccellino, Constance...
Coraggio, vieni qui, pranziamo insieme, amore...




La tua voce, la sua voce.
Le stesse parole dopo dieci e più anni, Louis.


Allontano una lacrima impertinente all'angolo dell'occhio, fingo di sorridere: quando Etienne si fa così simile a te trattenere l'emozione è difficile.

Edward mi stringe la mano.

"Stai bene Constance?"


Lo guardo per un po', senza vederlo realmente. Poi sposto nuovamente lo sguardo sui miei bambini e sorrido: è un giorno caldo d'estate e il Tamigi risplende sotto i raggi di un sole libero da nuvole.
Ho molto amato e molto sono stata amata.
Sono moglie oggi e sono madre.
Ho tre bambini meravigliosi: uno è la tua copia.Vederlo mi ricorda che sei esistito realmente, che nulla di te è stato immaginazione o fantasia. Vederlo mi aiuta ad averti sempre davanti ai miei occhi, a non dimenticarti mai. Come se potessi, poi.


Ti ho perso, e non ti ho perso affatto, Louis.
Forse non ti ho avuto mai. Forse ti ho avuto più di quanto io stessa creda.
Ma una parte di te e qui con me e non sono sola.


No, la Rivoluzione non è stata più forte di noi ed io sono una donna fortunata, nonostante tutto.


Tra le mani conservo una camelia rossa: mi sporgo verso la balaustra e la lascio cadere.
Quella camelia è tua Louis, non mi appartiene.


Torno a guardare Edward, stavolta gli sorrido sincera:


"Sto bene. Andiamo a casa?"

"Andiamo a casa." - Annuisce sereno, lasciandomi un bacio tra i capelli.













Grazie per avermi amata Louis.
Se la mia vita ha avuto un senso, quel senso sei ancora tu.

















**
Mettere la parola fine a questa storia mi sta causando una sofferenza indicibile. E okay, sarò melodrammatica, ma è così: ho amato Louis e Constance, e dover dire loro addio mi fa male. C'è qualcuno (la mia Agnes, per intenderci) che lo sa molto bene quanto ho pianto per questa storia e beh....Agnes, vorrei dedicartela. Forse te l'ho già detto ma senza la tua spinta non mi sarei mai cimentata nelle originali. Mi hai dato consigli, supportata e incoraggiata nei momenti peggiori quindi...Grazie per tutto :')
Avrei voluto dirvi tante cose alla fine di questo capitolo e non me ne viene in mente neanche una....Un genio, vero? Al momento, l'unica considerazione che riesco a fare è che si tratta di una lunga confessione, forse la prima che Constance fa a Louis in tutta la storia. E nel medesimo capitolo avete letto anche l'ultima lettera scritta da Louis alla sua amata: qualcuna tra voi (Opunzia ;D) aveva notato che a Louis piaceva lo scambio epistolare: non si è smentito neppure stavolta. Qualcun'altra, invece (Alessia;D) aveva capito che avremmo avuto un erede Saint Just: sono stata così cattiva con Louis, potevo mai privarlo di una simile gioia? Etienne rappresenterà per sempre il collante tra Louis e Constance e a dirla tutta (e se anche a voi fa piacere) avrei in mente di scrivere un seguito per questa storia in cui il protagonista sia proprio il nostro Etienne...Fatemi conoscere il vostro parere a riguardo! :)
Vi prego di non giudicare male Constance per essersi rifatta una vita, se così si può dire. Penso che sia abbastanza chiaro che l'unico amore, il più grande, si chiamerà sempre Louis. E penso anche sia chiara la necessità di poter condividere gioie e dolori della vita con qualcun altro, nonché la necessità di regalare una famiglia vera ai propri figli. A Etienne, nella fattispecie. So che Edward e Constance non suona altrettanto bene come Louis e Constance ma vogliate bene a quest'uomo che ama lei e ne ama il figlio come se fosse il suo :)

Il banner per questa storia è una mia creazione e anche qui c'è la genialità: inserirlo nell'ultimo capitolo! -.-
Va bene, basta sciocchezze: grazie a TUTTE VOI che avete seguito, preferito, ricordato, recensito e anche soltanto letto Al di là del nostro amore. E' una storia in cui lascio un pezzetto del mio cuore e spero di essere stata in grado di comunicare anche solo una piccola parte di tutto il vortice di emozioni che mi si agitava dentro ad ogni capitolo pubblicato. Grazie davvero per il supporto, le belle parole, per l'esserci state sempre.
Smetto di sproloquiare e vi lascio con un bacio immenso e la canzone che apre il capitolo.

A presto
Matisse.









*
"E non dimenticare mai che l'amore che provo per te è come il vento: non potrai mai vederlo ma potrai sempre sentirlo. Ovunque tu sia": frase tratta dal libro di Sergio Bambarén "Lettera a mio figlio sulla felicità"
   
 
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