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Autore: AlexDavis    29/03/2012    11 recensioni
Rosalie si sta per sposare, ma ha qualche dubbio e quindi scappa lasciando sua sorella gemella, Bella, a fingersi lei con il fidsanzato Edward.
Bella ha sempre considerato Edward uno strafigo, cosa succederà adesso che dovrà passare con lui moooolto tempo?
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Salve, salve, salve.
Eccomi ritornata in diretta dal pc della mia migliore amica che mi sta rompendo le palle... uff
Io che devo scrivere e aggiornare e lei che si ostina a farmi vedere cosa si è comprata.... aaaah ma nonostante tutto l'adoro.
Cmq ecco a voi il nuovo capitoloe penso proprio sia il penultimo, quindi ce ne sarà un altro e poi l'epilogo.
Adesso vado
xoxo Alex



Capitolo 14
 

 

Lo sostenni con qualche sforzo fino al divano poi si lasciò andare con un sospiro stanco, si appoggiò con la testa sul bracciolo e sospirò ancora.

Lo guardai intenerita, ma ancora sorpresa e confusa. Che ci faceva lì e perché mi aveva detto quella frase? Che significa che gli ero successa io?

<< B-bella… >> sussurrò richiamandomi.

Mi riscossi dai miei pensieri e mi avvicinai a lui accovacciandomi accanto alla sua testa. << Cosa c’è? >> sussurrai.

Il dopo sbronza è tremendo e sapevo che qualunque rumore anche il più lieve si sarebbe trasformato in un boato assordante.

<< Ho sete. >> mi disse schioccando la lingua impastata.

Mi alzai di nuovo e andai in cucina dove afferrai un bicchiere riempiendolo di acqua e presi dal cassetto anche una scatola di aspirine prendendone una. Ritornai in salotto e lo trovai nella stessa posizione di prima, mi avvicinai a gli toccai leggermente la spalla.

Socchiuse gli occhi e cercò di alzarsi, lo aiutai e gli porsi il bicchiere con la pillola. << Prendila, ti aiuterà con il mal di testa. >>

Lui annuì e in silenzio obbedì bevendo l’acqua ed ingoiando la pillola, poi mi porse il bicchiere e ritornò a sdraiarsi.

Tornai in cucina posando il bicchiere e prendendo due bottigline d’acqua una per me ed una per lui, aveva bisogno di bere per eliminare tutto l’alcool che aveva ingerito.

Ritornai accanto a lui e la posai sul tavolino, lo scossi dolcemente e lui mugugnò qualcosa senza aprire gli occhi. << Che ti è passato per la testa? >> gli sussurrai rimproverandolo.

Cercò di sorridere, ma mi parve più una smorfia. << Ho affogato i miei dispiaceri nell’alcool, come nei film. >>

Scossi la testa non sapendo se ridere o riempirlo di schiaffi. << Nei film quello che bevono è thè, zuccone. >>

Cercò di ridacchiare, ma poi si bloccò con una smorfia di dolore. Gli doleva la testa e lo stomaco non doveva stare proprio in forma, così mi alzai. << Dormi un po’, okey? Ci vediamo dopo. >>

Lui annuì senza dire nulla, io mi allontanai di qualche passò, ma la sua mano mi bloccò il polso. << Cosa? >> gli chiesi.

<< Non te ne vai, vero? Resti qui con me. >>

Lo disse con tono di voce sofferenze, come se la mia lontananza gli procurasse un dolore insopportabile. Che provasse lo stesso dolore che avevo provato io in quella settimana lontana da lui?

Mi abbassi accanto a lui e gli accarezzai i capelli come ai bambini. << Resterò con te, tranquillo. >>

Lui annuì e poco dopo si addormentò allentando la presa sul mio polso, così da darmi la possibilità di andarmene. Andai direttamente in bagno, mi spogliai ed entrai in doccia senza neanche regolare l’acqua calda.

Restai sotto la doccia per molto tempo, pensando e pensando facendomi venire il mal di testa, ma non ottenendo nessuna risposta.

Uscii dal bagno avvolta in un asciugamano e mi avvicinai all’armadio, prendendo un intimo sobrio e un pantaloncino con una maglia.

Ero stanca e volevo dormire ed il letto mi stava chiamando, però non volevo rischiare che Edward si svegliasse non trovandomi così afferrai un cuscino e ritornai in salotto.

Mi avvicinai alla poltrona e mi accomodai schiacciando il pulsante che la trasformò in una specie di letto. Mi accoccolai per bene con il cuscino stretto tra le braccia e subito mi addormentai seguendo il respiro regolare del mio dolce tormento.

 

Quando mi svegliai era pomeriggio inoltrato e dalle persiane chiuse entrava la luce cocente del sole pomeridiano. Aprii lentamente gli occhi e dopo aver messo a fuoco la stanza vidi Edward che dormiva ancora sul divano. Era girato su un fianco con un braccio sotto la testa ed uno penzoloni sul divano, il viso era rilassato e aveva la bocca leggermente aperta.

Sorrisi divertita da quella posa e non riuscii a trattenermi, mi avvicinai al mobile dell’entrata e aprii il primo cassetto da dove tirai fuori la mia macchina fotografica. Mi avvicinai a lui, l’accessi e scattai però non avevo calcolato che il flash potesse dargli fastidio.

Immediatamente mi avvicinai al mobile e posai la macchina, poi ritornai seduta sulla poltrona aspettando che si svegliasse.

Mugugnò qualcosa ed imprecò anche mentre si aggiustava meglio sul divano, aprii gli occhi e sbadigliò.

Si guardò intorno confuso, poi si girò verso di me e sgranò gli occhi. << Cazzo, Bella, mi hai spaventato. >> si lamentò mettendosi a sedere.

Alzai gli occhi al cielo. << Disse colui che ha dormito fuori la mia porta ubriaco fradicio. >>

Lui mi guardò e sorrise divertito. << Giusto, hai ragione. >> poi sospirò.

Mentre lo guardavo aspettando che dicesse qualcosa il mio stomaco brontolò per la fame e sorrisi imbarazzata al suo sorriso divertito. << Ehm… ti va di mangiare qualcosa? >> gli chiesi alzandomi e aggiustando la poltrona.

Lui annuì e mi seguì in cucina dove mi adoperai a preparare qualcosa di semplice e di freddo. Optai per un insalata mista, con dentro del formaggio, del prosciutto qualche oliva e dei finocchi.

Lui in silenzio apparecchiò la tavola affidandosi a me perché non ci era mai entrato e un po’ la cosa mi faceva strano. Da una parte era bello vederlo girare ancora tutto assonnato per la mia cucina e da un lato era strano perché ci avevo sempre vissuto solo io e vedere qualcun altro per di più un uomo era…diverso, si.

Quando fu pronto portai tutto in tavola e feci le porzioni. << Spero ti piaccia… sai, fa caldo e quindi io evito sempre pietanze calde… >> cercai di giustificarmi.

Lui scosse la testa sorridendo. << Va bene così, grazie. >> e mangiò la prima forchettata.

Cominciammo a mangiare, senza dire una parola e quel silenzio era pesante era un silenzio pieno di parole non dette. Lui era venuto per un motivo specifico e questo suo rimandare mi stava facendo impazzire, ma dopotutto non potevo dirgli niente, doveva essere lui ad aprire il discorso.

Edward fece il bis perché era affamato e poi senza vantarmi, ero brava in cucina, certo non avevo fatto chissà quale pietanza complicata, ma cercavo di aggiungere sempre qualcosa che rendesse diverso e speciale il tutto.

Sparecchiammo insieme e infilai tutto nella lavastoviglie. << Ehm… ti va del gelato? >> gli chiesi.

Lui annuì. << Certo… dove… >>

Ma lo fermai scuotendo la testa. << Faccio io, tranquillo, tu ritorna in salotto. >>

Lui rimase un attimo fermo come se volesse ribattere, ma poi annuì ed uscì dalla stanza lasciandomi sola. Mi appoggiai al lavandino e chiusi gli occhi prendendo un grosso respiro, cercando di far decelerare la corsa frenetica del mio cuore. Era come impazzito, non si era fermato un attimo da quando avevo trovato Edward quella mattina fuori la porta. Correva e correva rendendomi difficile respirare regolarmente, mi rendeva difficile ragionare.

<< Cazzo, fermati! >> gli ordinai toccandomi sul petto convinta che potesse fermarsi.

Feci qualche lungo e profondo respiro e parve calmarsi, aprii il congelatore e afferrai la vaschetta di gelato alla vaniglia e cioccolato, afferrai un paio di coppette e due cucchiai e tornai in salotto.

Edward non era seduto sul divano, ma era in piedi vicino alla parete attrezzata che avevo sulla parete di fronte al divano e aveva tra le mani una cornice. Sapevo quale fotografia ci fosse, eravamo io e Rosalie alla nostra laurea e ridevamo contente con due bicchieri di champagne tra le mani. Avevamo frequentato due facoltà diverse, ma alla stessa Università ed eravamo riuscite a laurearci nello stesso giorno.

<< Sai cosa mi ha attratto di Rose la prima volta che l’ho vista? >> mi chiese, ma sapevo che non si aspettava una risposta ed infatti continuò. << Il suo essere così fredda, rigida e calcolatrice. Quel suo tener sempre tutto sotto controllo senza mai dare segno di alcun cedimento, era forte. Era me al femminile. >> e sorrise amaramente. << Pensavo fosse tutto quello che cercavo e quindi decisi di buttarmi e corteggiarla. >>

Posò la foto e si girò verso di me che intanto mi ero seduta sul divano e avevo posato tutto sul tavolino. Mi era passata la voglia del gelato, adesso non volevo altro che sentire quello che aveva da dirmi anche se ne ero terrorizzata.

<< Cominciammo ad uscire, per lo più andavamo a cena fuori e finivamo sempre per parlare di lavoro e questa cosa mi stava bene. Avevo scelto lei proprio perché sapevo non si sarebbe persa in altre chiacchiere diventando pesante e futile. Una sera mentre passeggiavamo mi raccontò di quello che le era successo e lì capii perché era diventata così, mi disse che non voleva avere bambini in futuro e che se avesse potuto avrebbe sposato il suo lavoro. >> si fermò e cominciò a camminare per la stanza. << Quella sera stessa le chiesi di sposarmi perché aveva praticamente le mie stesse ambizioni, il lavoro. Solo lavoro, lavoro e lavoro, in pratica era la donna della mia vita… >> e mi lanciò un’occhiata.

Abbassai lo sguardo. << Eh tu… qual è la tua giustificazione, Edward? >>

Sospirò. << Io non sono il figlio di Esme, o almeno non sono il suo figlio biologico. >> si fermò pensando che quella cosa mi avesse sorpreso, ma non fu così. Avevo già qualche sospetto che fosse così perché lui era troppo diverso sia da Esme che da Emmett e anche se avesse potuto somigliare al padre qualcosa doveva esserci che lo rendesse figlio della madre, no?

<< Quando i miei genitori si sposarono, decisero che per un po’ avrebbero vissuto da soli senza figli, ma una sera successe e nove mesi dopo nacqui io. Mia madre visse la gravidanza con dolore perché non voleva, non era pronta per un figlio, mentre mio padre appena seppe della mia esistenza scoppiò di gioia. Mia madre ci lasciò due anni dopo, non mi aveva mai accettato, penso che non si fosse mai neanche sforzata di amarmi. >> e fece un sorriso amaro. << Carlisle, mio padre, mi crebbe da solo fino a che non incontrò Esme che aveva da un anno perso il marito in un incidente lasciandola sola con un bambino, Emmett. Avevo quattro anni e subito mi innamorai di quel bambino pestifero e paffutello e di Esme, lei che era una vera mamma. Si sposarono dopo qualche mese e Carlisle adottò Emmett dandogli il suo cognome, diventammo una famiglia. >> e sorrise intenerito.

Sorrisi anche io, ma poi subito ridiventai seria. << Ehm… dov’è adesso Carlisle? >>

<< Probabilmente è morto o marcisce ai piedi di un marciapiede ubriaco fradicio. >> disse con voce dura.

Sussultai a quel tono di voce. << Che è successo? >>

<< Mio padre ha sempre amato il gioco d’azzardo, ma è sempre rientrato nei limiti, ha sempre cercato di non strafare e di non sommergersi di debiti. Sai benissimo che Esme è ricca di famiglia e poi il lavoro che fa le rende parecchio, così mio padre prese la palla al balzo e cominciò a giocare pesante. Si riempì in poco tempo di debiti e tornava a casa ogni sera sempre più ubriaco, finendo per picchiare Esme perché tentava di aiutarlo. Esme lo amava con tutta se stessa e cercava sempre di giustificarlo, ma poi una sera tornò più ubriaco del solito non riusciva neanche a reggersi in piedi e successo l’inevitabile. Come il solito entrò in camera da letto e cominciò a picchiarla per chissà quale finto motivo, Emmett fu svegliato dalle urla e cominciò a piangere, mi svegliai anche io e cercai di calmarlo. Lo feci nascondere nell’armadio mentre io uscii dalla mia stanza, corsi verso le urla di mia madre, avevo sei anni credevo di poter sconfiggere il mondo.

<< Gli saltai addosso e gli morsi una spalla distraendolo, permettendo a mia madre di allontanarsi e prendere il telefono per chiamare la polizia. Ero troppo piccolo e mio padre non ci mise nulla ad afferrarmi e a sbattermi contro il muro, persi i sensi e quando mi svegliai mi trovavo in ospedale. >>

Avevo le lacrime agli occhi e le mani mi tremavano, avrei voluto alzarmi e abbracciarlo, ma qualcosa mi impediva di muovermi. Il suo sguardo era triste e addolorato e si stava torturando le mani, mentre passeggiava in modo nervoso per la stanza.

<< Seppi che mio padre era stato arrestato per violenza domestica e che mia madre era in gravi condizioni. Dopo che mi aveva sbattuto contro il muro aveva continuato con mia madre fino a farle perdere i sensi e…il bambino che aveva in grembo, era incinta di quattro mesi. >>

Si fermò e mi guardò negli occhi. << E’ da quel giorno che mi chiedo: E se fossi come lui? Se perdessi anche io la testa picchiando i miei figli e mia moglie? >> scosse la testa abbassando lo sguardo. << Io non voglio diventare come lui, non voglio. >>

Fu allora che mi mossi, mi alzai e mi avvicinai a lui quasi correndo, gli presi il viso tra le mie mani e gli sorrisi dolcemente. << Tu non sei e non sarai mai come lui, Edward, mai. Dietro questa corazza da duro, c’è un uomo meraviglioso ed io lo so, io l’ho visto. >>

Lui mi guardò negli occhi. << Come fai a dirlo se ti ho sempre trattato come l’ultimo degli uomini su questa terra? >>

Restituii lo sguardo. << Perché mi hai trattato come l’ultimo uomo sulla terra? >>

Si staccò da me, ma non si allontanò. << La prima volta che ti ho vista a quella di cena ho pensato che fossi….bellissima. Tu e tua sorella siete gemelle, siete belle entrambe, ma tu… Dio, tu ti avvicini quasi alla perfezione. >> mi guardò. << All’inizio non capii perché, ma poi osservandoti attentamente me ne resi conto. I tuoi occhi, i tuoi occhi sono i più limpidi ed espressivi che abbia mai incrociato. I tuoi occhi parlano e vanno dritto al punto più delle parole, quella sera mi sono sentito scrutato e studiato e per un momento ti ho odiato. >>

Si allontanò da me ricominciando a camminare e passandosi la mano tra i capelli in un gesto nervoso. << Mi sentivo vulnerabile sotto il tuo sguardo come non mi sentivo da una vita e ho avuto paura, ho avuto paura che tu capissi di me molto più di quello che avrei voluto che facessi. Così mi sono costruito questa maschera e ho cercato in tutti i modi di non incontrarti e ci sono anche riuscito fino a che a tua sorella non è venuta la brillante idea di scappare facendosi rimpiazzare da te.

Capii immediatamente che eri tu, sin dal primo momento e li sono incominciati i guai. Più ti vedevo e più ti pensavo, più ti pensavo e più impazzivo, più impazzivo e più… mi innamoravo di te. >>

Sgranai gli occhi. << C-cosa? >>

Aveva appena detto che si era innamorato di me o era la mia fervida immaginazione che si stava creando enormi castelli in aria con tanto di stalla e giardino privato?

Lui annuì avvicinandosi di qualche passo. << Si, dannazione, mi sono innamorato di te. Io, che avevo promesso a me stesso di non innamorarmi mai, ci sono caduto con tutte le scarpe, ma sai una cosa? Sono contento, sono felice di essermi innamorato, perché un’altra come te forse non la incontrerò da nessuna parte. >>

Mi si avvicinò e afferrò il mio viso tra le mani. << Io lo so che è sbagliato, che io dovrei sposare tua sorella, ma non ce la faccio più. Ti voglio, Bella, ti voglio talmente tanto che a volte mi manca il respiro. Ti guardo e mi sembra di affogare perché so che non potrò mai averti, so che non potrai mai amarmi come ti amo io. >>

Prese la mia mano e se la portò sul petto dove sentii chiaramente il suo cuore battere all’impazzata specchio del mio che aveva messo direttamente il turbo.

<< Lo senti? Senti che effetto mi fai? Tu…tu… mi destabilizzi, Bella, mi mandi fuori strada. >> cacciò un sospiro tremate. << Vorrei baciarci in questo momento, vorrei perdermi nei tuoi sospiri, vorrei perdermi in te. >>

Non riuscivo a dire una parola, avevo il cuore in gola e gli occhi lucidi. Mi aveva detto tutto quello che avevo sognato mi dicesse ed io nel mio sogno rispondendo sempre con un ‘ti amo anche io’ e lo baciavo, ma adesso non riuscivo a fare nulla.

Edward lo interpretò male e si allontanò da me sospirando, abbassò lo sguardo e lentamente si diresse alla porta. Solo quando sentii lo scatto dell’ascensore che si apriva corsi fuori e lo afferrai per la manica della camicia, lo feci girare verso di me e incollai alle sue labbra.

Quando mi staccai da lui avevo il fiato corto e non avevamo neanche approfondito. Lui era rimasto sorpreso. << Che significa? >>

Allora presi la sua mano e la posai sul mio petto all’altezza del cuore che batteva all’impazzata. << Anche tu hai sconvolto la mia vita, anche io ti amo. >>

Lui felice come una pasqua mi strinse a se e mi baciò con forza e passione, un passione che mi destabilizzò ancora di più. Mi aprii la bocca e subito sentii la sua lingua in cerca della mia che gli concessi e subito cominciarono a danzare tra loro con voracità, ma anche con dolcezza.

Con uno slanciò gli saltai addosso avvolgendo le gambe intorno ai suoi fianchi e le braccia intorno al suo collo immergendo le mani nei suoi capelli, lui mi mantenne per i glutei e cominciò a camminare verso il mio appartamento chiudendosi la porta dietro le spalle.

Quando si staccò da me sospirò. << Se non ti avrò probabilmente impazzirò. >> e appoggiò le sue labbra umide sul mio collo accaldato facendomi rabbrividire.

<< Allora prendimi. >> sussurrai tirandolo per i capelli e baciandolo ancora.

Con passò incerto si diresse nella mia camera da letto sotto mia indicazione, visto che in quella stanza non ci era mai entrato. Appena varcammo la soglia mi riposò a terra e continuammo a baciarci mentre ci spogliavamo degli abiti in più.

Strappai letteralmente i bottoni della sua camicia facendolo ridacchiare, mentre lui mi sbottonava i jeans e cercava di togliersi le scarpe rischiando di inciampare.

Cademmo sul letto ridendo e con ancora qualche indumento addosso, quelli che non eravamo riusciti a togliere nel groviglio.

Fece per sfilarmi il pantaloncino mentre io mi toglievo la maglia, ma rotolammo nel letto finendo a terra sul tappeto e scoppiando di nuovo a ridere

<< Senti, con calma, dai. >> mi disse lui scostandosi da me.

Continuammo a spogliarci adesso lentamente e finalmente lo vidi nudo come lui vide me, e non ho mai visto corpo più bello e perfetto del suo.

Si abbassò verso il mio viso e si fece spazio tra le mie gambe facendomi sentire il suo membro duro e lungo. Ansimai quando venne a contatto con la mia intimità calda e bagnata e lo strinsi forte e ma dandogli un piccolo bacio sulla spalla.

<< Bella… ho bisogno di te adesso, scusa. >> mi sussurrò prima di entrare in un solo colpo dentro me.

Quando lo sentii dentro di me mi parve di impazzire, era così bella e giusta ed eccitante quella intrusione che quasi venni.

Si appoggiò sui gomiti e cominciò a muoversi dentro di me mentre la sua lingua continuava a giocare con la mia in un bacio di solo lingua e saliva, un bacio che mi fece venire il latte alle ginocchia.

Si muoveva lentamente, ma andava fino in fondo facendo gemere e contorcermi sotto di lui. Quella lentezza mi stava portando la limite ed infatti venni urlando dopo qualche affondo e continuai a venire quando cominciò a pompare più velocemente e forte fino a svuotarsi dentro di me facendomi urlare ancora.

Non avevo mai provato un piacere del genere, era stato devastante e doloroso, ma avrei voluto provarlo ancora e ancora fino a morirne.

Finalmente avevo trovato il mio orgasmo multiplo. 

   
 
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