Film > L'Ultimo Dei Mohicani
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Autore: Eilan21    29/03/2012    1 recensioni
Una ri-narrazione del film dal punto di vista di Alice, con delle scene aggiunte. Centrato sulla storia d'amore tra Alice e Uncas, e con una piccola sorpresa nel prologo. Adoro il film e volevo contribuire... Enjoy!
NOTA: In fase di revisione. A breve ne pubblicherò una versione ampliata e riveduta!
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Magua e i suoi guerrieri stavano percorrendo il sentiero roccioso che si affacciava su un alto promontorio. Uno degli uomini trascinava Alice per un braccio, e la ragazza non faceva resistenza. Per fortuna le avevano tagliato le corde che le legavano i polsi, così che era in grado di tenere le gonne raccolte per evitare di inciampare. Nonostante tutto, Alice non poteva fare a meno di guardarsi intorno ed ammirare la suggestiva vallata coperta di alberi che si estendeva per miglia sotto di loro.

Improvviso come un fulmine, Alice udì uno sparo, seguito da un grido. Sembrava provenisse dalla testa del corteo, ma c'erano troppi uomini davanti a lei e Alice non riuscì a vedere cosa stesse succedendo. Era chiaro, però, che qualcosa non andava, perché i guerrieri intorno a lei si stavano agitando. Si udirono altre grida, poi Alice colse la visione di una camicia verde e lunghi capelli neri. Il cuore le balzò nel petto, e per un momento la ragazza rimase impietrita, indecisa su come reagire. Una serie incredibilmente rapida di emozioni si alternarono sul suo viso: sorpresa, felicità - perché Uncas era vivo ed era tornato da lei - ed infine paura, perché dopo aver abbattuto diversi nemici, ora il giovane Mohicano si trovava faccia a faccia con Magua.

Alice cercò di correre da lui, ma l'indiano che la teneva per il braccio la trattenne con forza, riportandola al suo posto. Non poté fare altro che osservare, con l'angoscia nel cuore, il duello che stava avvenendo davanti ai suoi occhi. Tomahawk contro tomahawk, i due guerrieri colpivano e schivavano, affrontandosi con uguale abilità. Ma, nonostante Uncas fosse un guerriero abile, Magua aveva sulle spalle molti anni di esperienza in più. Sfruttando quell'esperienza riuscì ad aprirsi un varco nella difesa dell'avversario e, con il coltello che teneva nella mano sinistra, tagliò Uncas all'altezza dello stomaco. Non era una ferita molto profonda, ma Uncas si fermò ed abbassò lo sguardo su di essa, mentre Magua si era tirato indietro come a concedergli il tempo di comprendere l'errore che aveva fatto nel volerlo sfidare. Uncas osservava la macchia scura che si andava allargando sulla sua camicia con un'espressione quasi incredula.

Alice, che era riuscita a liberarsi dell'uomo che la teneva, stava al centro del sentiero, ed anche lei fissava la ferita di Uncas. Ma la sua espressione era di pura angoscia e sofferenza. Com'era stata egoista a sperare che Uncas venisse a salvarla! Era questo che aveva inconsciamente chiesto? Che lui si facesse uccidere per lei? Se avesse trovato la voce avrebbe voluto gridargli di scappare finché era in tempo, di lasciarla lì... ma sapeva che, se anche ci fosse riuscita, lui non le avrebbe dato ascolto. Perché Uncas era un guerriero, un uomo d'onore, non un codardo... e non sarebbe mai fuggito davanti al nemico. E ancor di più, non le avrebbe dato ascolto perché era lì per lei, per salvare lei, e se non ci fosse riuscito avrebbe preferito morire nel tentativo.

Poi Uncas alzò lo sguardo, e non guardò Magua, non guardò nessuno dei nemici che lo attorniavano. Guardò Alice - solo Alice - dritto negli occhi. Il suo sguardo giunse dritto al cuore di Alice e le parlò dolcemente. Le disse che aveva fatto tutto questo per lei, che aveva mantenuto la sua promessa e non gli importava di morire se serviva a dimostrarle ciò che provava per lei. Alice lo comprese e le sembrò che il cuore dovesse scoppiarle nel petto dal dolore. Ma cercò di controllarsi, perché se davvero lui stava per morire - se davvero quella era l'ultima occasione che aveva per poterlo guardare in viso - Alice non voleva lasciarsela sfuggire. Così ricambiò il suo sguardo intenso, perché voleva che lui sapesse che lo amava, lo aveva sempre amato e che apparteneva a lui, e mai sarebbe potuta essere di un altro uomo. Uncas lesse tutto questo negli occhi di Alice, come se lei lo avesse gridato a squarciagola, e questo gli diede la forza e la determinazione necessaria per guardare la morte in faccia. Con un ringhio, si gettò di nuovo contro Magua, spingendolo a salire su una grande roccia alle sue spalle. I due rotolarono a terra, avvinghiati in una lotta corpo a corpo, ma Magua riuscì ad atterrare Uncas. Tenendolo fermo con una mano, alzò il coltello con l'altra.

A quel punto Alice - che già da alcuni momenti stava cercando con tutte le sue forze di liberarsi dalla presa che l'Hurone aveva riacquistato su di lei – diede un ultimo strattone, riuscendo finalmente nel suo intento. Non poteva più guardare, non voleva guardare quel mostro di Magua affondare il suo coltello nel braccio di Uncas... era troppo per lei. Girò la testa di lato, distogliendo lo sguardo dalla scena che aveva di fronte, e scoppiò a piangere, il viso trasfigurato dal dolore. Era colpa sua... tutto quello che era successo era colpa sua. Se Uncas non l'avesse mai incontrata e salvata a quest'ora sarebbe stato in Can-tuck-ee, lontano da quella maledetta guerra, al sicuro. Ma poi qualcosa si ribellò in lei. No! Non avrebbe distolto lo sguardo come una codarda! Doveva – voleva – guardarlo un'ultima volta, perché – Alice se ne rese conto in quel momento - anche avere il coraggio di guardare l'uomo che amava mentre stava morendo era un atto d'amore. Uncas meritava almeno questo da parte sua. Con il cuore a pezzi, Alice riportò lo sguardo su Uncas, raccogliendo tutto il proprio coraggio per prepararsi a quello che sarebbe seguito.

Uncas si rialzò faticosamente in piedi, stoico e fiero, senza lasciarsi sfuggire neppure un lamento nonostante le ferite, nonostante non potesse nemmeno muovere il braccio destro. E proprio quando Alice credette che fosse la fine, uno sparo improvviso squarciò l'aria. Magua, che fronteggiava Uncas con aria di sfida, sussultò e cadde a terra senza vita. I suoi guerrieri rimasero sbalorditi per alcuni secondi, a fissare il loro capo che un attimo prima sembrava avere la vittoria in pugno e ora invece giaceva morto sulle rocce. Altri due vennero colpiti dai fucili di Chingachgook e Nathaniel, prima che i due uomini si lanciassero sugli Huroni superstiti e li finissero rapidamente. Alice era rimasta a bocca aperta, incapace di muoversi. Quasi non si accorse che l'indiano accanto a lei l'aveva afferrata di nuovo con rudezza, tanto da strapparle un piccolo grido di dolore. Ma neanche lui si accorse di Uncas quando si gettò su di lui, finendolo con un colpo di tomahawk ben assestato.

Uncas e Alice rimasero entrambi fermi per alcuni secondi, l'uno con il braccio ferito che gli pendeva dal fianco, l'altra che osservava i corpi degli Huroni ammassati sul sentiero. Tutto era successo così all'improvviso che quasi non riusciva a crederci. Chingachgook e Nathaniel erano giunti appena in tempo per evitare il peggio e, quando finalmente realizzò che era tutto finito, che Magua e i suoi guerrieri erano morti, e che erano salvi, Alice si lanciò tra le braccia di Uncas, che la strinse con il braccio sinistro.

Quando notò che Chingachgook e Nathaniel si stavano dirigendo verso di loro, si staccò da lui un po' imbarazzata. Chingachgook scambiò alcune brevi frasi con i figli in Mohicano, mentre Alice li guardava interrogativamente.

Dobbiamo allontanarci da qui, non è sicuro”, tradusse Uncas, mentre Nathaniel gli passava un braccio intorno alla vita per aiutarlo a camminare. Il gruppo scese lungo il sentiero da cui erano venuti.

Cora venne loro incontro a metà strada, l'espressione preoccupata. Corse ad abbracciare Alice, tastandola freneticamente per constatare che non fosse ferita.

Sto bene, Cora”, la rassicurò Alice con un filo di voce.

 Cora la osservò qualche altro secondo prima di annuire, e spostare la sua attenzione su Uncas che, chiaramente, non stava altrettanto bene.

 “Fatelo sedere”, disse dall'alto della sua esperienza come infermiera.

 Poi esaminò le ferite di Uncas, mentre Chingachgook osservava la scena con sguardo preoccupato.

Sei stato fortunato”, sentenziò infine Cora. “Non ci sono lesioni gravi, recupererai l'uso del braccio.” Lavò le ferite con l'acqua della borraccia; poi strappò dei lembi di stoffa dalla sua sottoveste e da quella di Alice, e li usò per fasciarle.

Si alzò in piedi e si rivolse a Chingachgook e a Nathaniel. “Così non dovrebbe perdere sangue... dobbiamo proseguire adesso?”

Sarebbe meglio”, confermò Nathaniel. “Questo è il territorio degli Huroni e più riusciamo ad allontanarci meglio è.”

Io posso camminare, non preoccupatevi per me”, intervenne Uncas.

Cora, dov'è Duncan?”, chiese Alice, accorgendosi solo allora che all'appello mancava il loro amico.

Lo sguardo di Cora si fece di colpo triste. Raccontò brevemente il sacrificio che Duncan aveva fatto per lei, mentre la stessa tristezza afferrava anche Alice. Oh povero Duncan! Sei morto per una donna che non avrebbe mai potuto amarti... spero che dovunque sia ora tu possa aver trovato la pace. Ma lei sapeva che era così, e il pensiero la consolò un poco.

 

 Il gruppo marciò fino al tramonto, e per allora ebbero messo sufficiente distanza fra loro e le tribù nemiche. Si accamparono in una piccola radura, e Alice sperò tanto che fosse possibile accendere un fuoco, perché la nottata si prospettava umida. Ma con sua grande delusione, Chingachgook decretò che era meglio non rischiare. Dopo un pasto frugale a base di mirtilli che Nathaniel aveva trovato in un cespuglio, Alice e Cora si sdraiarono per dormire, mentre Nathaniel faceva il primo turno di guardia.

Le ore passarono, ma Alice continuava a girarsi e rigirarsi senza riuscire a prendere sonno, e non solo a causa del terreno duro. Infine, rassegnata, si mise a sedere, guardandosi rapidamente intorno: Cora e Nathaniel dormivano l'uno accanto all'altra, abbracciati, e Chingachgook non si vedeva da nessuna parte. Probabilmente stava facendo il proprio turno di sorveglianza appostato da qualche parte, invisibile e silenzioso come un'ombra. Alice si alzò e si diresse verso la forma addormentata di Uncas. S'inginocchiò accanto a lui e per qualche minuto lo osservò dormire, il respiro regolare e il bel viso disteso. Senza riuscire a fermarsi, allungò timidamente una mano e gli accarezzò la guancia con la punta delle dita. Uncas aprì immediatamente gli occhi, mettendosi a sedere quasi contemporaneamente, pronto ad affrontare il pericolo. A quel movimento improvviso Alice sobbalzò, ritraendo la mano. Come si rese conto che si trattava di lei, l'espressione di Uncas si addolcì.

Scusami, non volevo spaventarti”, le disse prendendole la mano, che ancora Alice teneva sospesa a mezz'aria, e riportandola sulla propria guancia.

Alice scosse la testa, come a rassicurarlo. Stava per dire qualcosa, quando lui si portò la mano di lei alle labbra e vi posò un bacio. E improvvisamente le parole giuste da dire le salirono spontanee alle labbra, e Alice le pronunciò con naturalezza.

Sei venuto per me... hai rischiato la vita per me, mi hai salvata”, mormorò.

Sarei morto per te... senza rimpianti. Ti amo, Alice. Ti amerò sempre”, rispose Uncas, ed anche al buio poté vedere che ad Alice brillarono gli occhi di lacrime.

Se tu fossi morto, sarei morta anch'io con te.” E quando lo disse si rese conto che era la verità. Se Magua fosse riuscito ad uccidere Uncas, lei lo avrebbe seguito. Per un attimo ebbe la visione, come se le giungesse da un futuro che non si era realizzato, dei loro corpi ai piedi della montagna, spezzati ed esanimi, eppure uniti per l'eternità. Subito scacciò quella percezione; Uncas era lì, vivo grazie al cielo, e quel futuro non si sarebbe mai compiuto.

A quel pensiero le lacrime le rigarono silenziose le guance, simili a due piccoli ruscelli in piena. Lui la strinse a sé, facendole appoggiare la testa sul suo petto. Le ferite gli procurarono delle fitte di dolore, ma Uncas strinse i denti e le ignorò. Perché quello che Alice gli aveva appena detto l'aveva toccato talmente in profondità da fargli perdere il suo abituale autocontrollo e, per la prima volta nella sua vita, Uncas credette che sarebbe stato capace di piangere di commozione. Per fortuna non successe, perché un guerriero certe cose non poteva permettersele. Con cautela si sdraiò di nuovo a terra, e Alice lo seguì. Rimasero così, abbracciati, in silenzio. Poi Alice si sollevò sul gomito, e mise la mano a sostegno della guancia. Con un dito tracciò pensosamente i contorni del tatuaggio che Uncas aveva sul petto, e che s'intravedeva attraverso la scollatura della sua camicia. Erano così belli quei tatuaggi su di lui, così misteriosi, così essenziali... erano l'opposto delle pompose decorazioni che gli uomini di Londra usavano abitualmente, ed esercitavano un grande fascino su di lei. In tutto questo Uncas la osservava, le labbra incurvate in un piccolo sorriso. Improvvisamente l'attirò di nuovo a sé, e Alice si accoccolò grata fra le sue braccia, desiderando di poterci restare per sempre.

Fu così che Cora lì trovò il mattino dopo, quando si alzò per andare in cerca della sorella. Uncas e Alice dormivano beatamente: Uncas teneva protettivamente Alice tra le braccia, mentre Alice aveva il capo reclinato sul petto di Uncas. Cora rimase in piedi ad osservarli per qualche minuto. Nathaniel si avvicinò da dietro, e l'occhio gli cadde su ciò che aveva attirato anche l'attenzione di Cora.

Ma cosa...?”, mormorò, osservando incredulo le forme addormentate di suo fratello e di Alice.

Cora lo afferrò per un braccio, sorridendogli. Poi si portò un dito alle labbra e cominciò ad allontanarsi, trascinando Nathaniel con sé.

Quindi le cose stanno così?”, chiese Nathaniel quando furono abbastanza lontani da non svegliare Uncas e Alice. Cora annuì.

E quando avevi intenzione di dirmelo?” proseguì Nathaniel in tono scherzosamente accusatorio.

Alice me lo ha confermato durante il viaggio con gli Huroni... e da allora non c'è stato tempo di parlare.”

Allora... non dobbiamo tornare ad Albany? Cosa ha intenzione di fare Alice?”

Non vuole tornare in Inghilterra, vuole restare qui.”

Per mio fratello?”

Cora annuì.

 

Il gruppo si rimise in marcia non appena Nathaniel e Chingachgook furono tornati dalla caccia, portando con loro un paio di conigli. Prima di scegliere la direzione da prendere Nathaniel aveva chiesto ad Alice, cogliendola di sorpresa, se era vero che non voleva tornare in Inghilterra.

No, verrò con voi in Can-tuck-ee. Non voglio lasciare... mia sorella”, aveva confermato lei senza riuscire ad evitare di arrossire. Percepiva lo sguardo acuto di Chingachgook su di sé, come se l'uomo riuscisse a vedere oltre le sue bugie, e sapesse esattamente per chi in realtà Alice stava restando in America. Ed era chiaro che non lo approvava affatto.

Nel pomeriggio Cora e Alice si ritrovarono a camminare vicine, e Cora osservò a lungo la sorella prima di decidersi a parlare.

Alice, io... ci ho pensato molto e... non voglio che tu prenda decisioni affrettate. Lo capisci che la vita che stai scegliendo non sarà facile e comoda come quella che conducevamo a Londra?”

Lo so”, rispose Alice, intenta a superare un punto erto con le gonne raccolte tra le mani.

Insomma... sei sicura che non vuoi tornare a casa?”

A quelle parole Alice rallentò il passo, ed alzò lo sguardo davanti a sé. Casa... Alice considerò quella parola a lungo. Dov'era la sua casa? A quale luogo apparteneva veramente? Poteva ancora considerare Londra come la sua casa? Catturò con lo sguardo la visione di Uncas che camminava di fronte a loro, accanto a suo fratello, e lo osservò a lungo, assorta in quei pensieri.

La mia casa è dove c'è lui”, mormorò infine più a se stessa che a Cora.

Cora la guardò, anche se Alice continuava a guardare fisso dinanzi a sé. E per la prima volta, vide davvero la donna che sua sorella era diventata.

 

Da quando erano giunti presso i Delaware, dopo l'arduo cammino di tre settimane che li aveva condotti in Can-Tuck-ee, Alice provava un'impercettibile sensazione di disagio. Non sapeva bene il perché. Se fosse perché si trovasse in un ambiente completamente estraneo, circondata da persone sconosciute, immersa in una cultura quasi agli antipodi rispetto a quella britannica, non poteva dirlo. Forse aveva solo bisogno di tempo per abituarsi a quella nuova situazione. D'altra parte erano trascorse solo due settimane, ed era più che normale che la figlia di un colonnello non si ritrovasse in mezzo a dozzine di ragazze Delaware che parlavano un'altra lingua e vestivano abiti che fino a un mese prima Alice avrebbe considerato inaccettabili. E ancora non riusciva ad abituarsi pienamente a quel vestito di pelle che le arrivava alle ginocchia, e ogni tanto, quasi istintivamente allungava le mani per cercare di coprirsi le gambe. Questo almeno, fino al giorno in cui aveva per caso colto su di sé lo sguardo ammirato di Uncas, che, involontariamente, le osservava le gambe. Non aveva potuto evitare di arrossire e da quel momento non aveva più cercato – nemmeno di sfuggita – di tendere il vestito nel tentativo di coprirsi.

Con sua sorpresa – perché era sempre stata una ragazza sana – quel disagio si trasformò presto in un malessere fisico, che le disturbava lo stomaco e le procurava frequenti giramenti di capo. Alice sapeva tuttavia che gran parte del suo turbamento era dovuto ad Uncas. In quelle due settimane il giovane guerriero era stato molto preso dai festeggiamenti che i Delaware avevano fatto in onore suo e di Chingachgook, degli ultimi esponenti del popolo dei Mohicani. Da quello che ad Alice era stato dato di capire, i Mohicani erano considerati una sorta di “popolo eletto” dai cugini Delaware, e non c'era famiglia di quel villaggio che non aspirasse a vedere una propria figlia sposare Uncas... né ragazza che non lo volesse, per la verità! E sebbene Uncas le avesse dichiarato il suo amore, Alice a volte si trovava suo malgrado a sentirsi insicura riguardo il loro futuro insieme. D'altronde lui non le aveva chiesto esplicitamente di diventare sua moglie, né ancora – per quanto ne sapeva Alice – aveva parlato della questione con suo padre.

Cora era completamente presa da Nathaniel, e Alice capì che, per l'ennesima volta, non poteva contare su sua sorella per dissipare i propri dubbi. Non sapeva nemmeno bene come affrontare la faccenda con Uncas, nei momenti in cui erano insieme. Agli occhi dei Delaware – di quella piccola società dalle regole a lei ancora oscure – lei non era niente per Uncas, e finché la sua posizione non fosse stata chiarita tutte le madri potevano sperare che lui scegliesse una delle ragazze che lo seguivano con occhi adoranti. Ce n'era una in particolare, molto graziosa, che ogni volta che cercava di avvicinarsi ad Uncas faceva ribollire il sangue ad Alice.

Una mattina, Alice uscì dalla wigwam che divideva con Cora molto presto. Un sorriso incerto – che a tratti si tramutava in un'espressione di inquietudine – le aleggiava sul volto. Aveva bisogno di parlare con Uncas e si mise a cercarlo per il villaggio. Ma quando l'ebbe trovato, desiderò di non averlo fatto. Lui era a diversi passi da lei e stava parlando con quella ragazza, il sorriso sul volto e una mano di lei fra le sue. Alice impallidì e serrò le labbra. Rimase così per un tempo lunghissimo, ad osservarli, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. Poi si voltò e corse via, nel momento preciso in cui Uncas si accorse della sua presenza.

Alice corse e corse, finché non sentì le gambe farle male e i polmoni scoppiarle. Senza nemmeno rendersene conto si era allontanata abbastanza dal villaggio e intorno a lei c'era solo la foresta e il cielo limpido. Col fiato corto si appoggiò ad un albero e, piegandosi in avanti, rimise quello che aveva mangiato a colazione. Poi si accostò ad un ruscello che scorreva poco più avanti e bevve un sorso d'acqua, che minacciò di farla stare male di nuovo. Alice sentiva il cuore martellarle dolorosamente contro le costole, la nausea che le afferrava la bocca dello stomaco, mentre i singhiozzi che la scuotevano si andavano acquietando. Inspirando profondamente, riuscì a calmarsi del tutto, se non altro per impedirsi di vomitare nuovamente. Bevve un altro sorso d'acqua, questa volta senza patirne.

Si rialzò in piedi, tremante ma risoluta, e avvertì un paio di mani che le afferravano le spalle. Si voltò solo per trovarsi faccia a faccia con Uncas. Sul suo viso era stampata un'espressione di profonda preoccupazione.

Stai bene?”, chiese facendo per scostarle una ciocca di capelli dal viso. Ma Alice si sottrasse bruscamente al suo tocco.

Cosa ti importa?”, ribatté in tono amaro. Uncas ne rimase sbalordito.

Ti ho visto con quella ragazza”, continuò Alice, con voce di nuovo incrinata dal pianto.

Non è come pensi...”, cominciò Uncas dopo qualche attimo. “Lei si è fatta avanti, ma io le ho spiegato che non posso sposarla perché il mio cuore appartiene a te.”

Alice rimase in silenzio per un tempo che a Uncas parve infinito. Lo scrutava con gli occhi color nocciola come se cercasse di decidere se credergli o no. Ma questo solo in apparenza: in realtà lei sapeva che Uncas non stava mentendo, che non le avrebbe mai mentito. No, Alice era semplicemente sopraffatta dal sollievo e dalla felicità, quando un attimo prima aveva temuto il peggio. Così rimase impietrita pochi secondi, prima di gettarsi tra le braccia di Uncas, nascondendo il viso nel suo petto. Lui la strinse a sua volta, dolcemente ma in modo deciso, posandole un bacio sui capelli.

Stai bene?”, chiese di nuovo.

Ad Alice quasi venne da ridere, ma si sforzò di rispondere, con un sorriso sul volto. “Sì, sto bene. Credo... credo di aspettare un bambino. Era per questo che ti cercavo.”

Uncas rimase in silenzio alcuni momenti, l'espressione indecifrabile. Alice sentiva il cuore martellarle nelle orecchie come una carica di cavalleria.

Un bambino?”, mormorò infine a se stesso. “Il mio bambino...”

Uno sguardo di pura felicità si dipinse sul suo volto, il primo vero sorriso che Alice gli avesse mai visto fare, un sorriso che veniva dal profondo.

C'è una cosa che volevo chiederti da tempo e credo che ora sia arrivato il momento”, aggiunse poi. E per la prima volta da quando lo conosceva, Alice vide Uncas perdere il suo abituale stoicismo e mostrare segni di nervosismo.

Vuoi essere mia moglie?” chiese, guardandola negli occhi.

Alice sentì il cuore sciogliersi dall'emozione, la felicità mozzarle il respiro. Avrebbe voluto rispondere immediatamente di sì, gridarlo perfino, ma sembrava che la lingua le si fosse incollata al palato.

Uncas continuò. “So che non sarebbe una vita facile per te, ma-”

Alice gli posò dolcemente un dito sulle labbra, interrompendolo; poi avvicinò il viso al suo e lo baciò.

Sì, voglio essere tua moglie”, mormorò infine, “...e non mi importa niente di tutto il resto.”

Prima di quel giorno nessuno dei due poteva saperlo, ma Hinun aveva cominciato il suo viaggio nel mondo quella notte a Fort William Henry.

 

 N.d.A.: Come qualche lettore avrà notato ho modificato l'ultima parte del capitolo, che non mi soddisfaceva del tutto. Chiedo scusa per la mia indecisione, ma ecco qui la versione finale! 


 

   
 
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