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Autore: Drachandros    26/10/2006    6 recensioni
In questo testo che vostro malgrado sono riuscito a scrivere racconto di una delle tante giornate di discutibile bellezza che mi sono capitate durante il continuo scorrere della mia vita. L'ho scritto sostanzialmente per mancanza di altro da fare, ma se sarete abbastanza masochisti da leggerlo c'è una timidissima possibilità che una piccola parte di voi si diverta anche. Se poi vi volete veramente fare del male vi invito anche a recensirlo, a me farà senz'altro piacere finchè ne parlate bene ovviamente. A voi la parola ora, vi presento uno dei testi più demenziali e ironici mai scritti da mente malata!
Genere: Demenziale, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1: Il Triste Risveglio

Capitolo 1: Il Triste Risveglio

 

Non so che ore erano quando il telefono squillò, pur non sapendo l’ora una voglia omicida mi indicava che era presto, troppo presto per chiamare a casa.

Mio malgrado ero solo come un cane, anzi no, c’era Ekips, ero solo CON un cane. Odio i cani, quando ti servono mai una volta che tirino fuori il loro pollice opponibile, nemmeno per rispondere al telefono quando il loro padrone dorme. Ad ogni modo mi alzai o meglio rotolai giù dal letto e mi alzai da per terra, mai più di quel momento ho desiderato la presenza di un altro individuo in casa, cosa che, partendo dal presupposto che non sono autistico, dice tutto. Alzai il cordless e me lo portai all’orecchio, come pesava quel giorno non aveva mai pesato, un po’ come le donne, sorreggerle quando balli è facile, ma quando svengono e devi sostenere ttto il peso morto li sono cazzi.

Dal telefono uscì una voce che mi salutava come se fosse mezzogiorno, l’avrò maledetta miliardi di volte prima di chiedermi a quale stupidissima bocca apparteneva, ma alla fine lo chiesi:

“chi è?”

lorè, so io!”

“mi sono appena svegliato, non so nemmeno se sei maschio, femmina o un alieno che vuole entrarmi nel cervello e conquistare il mondo e vista l’ora mi auguro per te che sia la terza opzione

ma no! Lorè! So io! Giulietta!”

era una donna, o meglio, questo divulgava l’anagrafe, io non ci avevo mai creduto tanto, aveva più baffi di me, ma la cosa più bella sta nel fatto che il suo vero nome era Giulietta quant’è vero che era una donna attraente, infatti si chiamava Valeria.

Valeria era una mia quasi amica che avevo conosciuto quasi due mesi prima, una di quelle persone più patetiche di un cantante alcolizzato, dico solo che per soddisfare il suo ego, ormai seppellito da anni cento metri sotto la Fossa delle Marianne, si era autoproclamata Giulietta e aveva osato nominare ME il SUO romeo.

Trovo però che sia doveroso aggiungere a questo punto che oltre a essere di discutibile bellezza era anche di dubbia intelligenza, insomma, si poteva distinguere tra migliaia di ippopotami perché era la più brutta e stupida.

Tornando alla telefonata dopo aver scoperto l’identità dello scorticatore di scroto una parte di me mi suggeriva di riattaccare e tornare a dormire mentre l’altra, probabilmente ancora in fase di dormiveglia, era curiosa di sentire cosa aveva da dirmi Valeria, purtroppo, vinse la seconda.

che vuoi a quest’ora?”

ma quale ora che so le dieci”

Come in un baleno mi ricordai che ieri avevo fatto tardi e che le serrande non facevano passare luce per via della mia fotosensibilità. Ripresi tentando di non far notare la mancanza del mio orologio biologico:

“ah… allora che vuoi e basta”

“niente lorè, volevamo sapere se tu potev…”

“volevamo chi?”

“io e Benedetta”

“no.”

Dopo aver riattaccato mi avviai alla finestra della mia camera e, tirando occhiatacce al cane, alzai le serrande.

“sai benissimo che è colpa tua èh?” le dissi “ieri avevamo concordato che stava a te alzare le serrande stamattina”

Ekips non rispose, un po’ perché sapeva che la colpa era sua e con me nessuna difesa tiene e un po’ perché era un cane.

Dato che al mondo l’idea di lasciarmi in pace non piace affatto il telefono suonò nuovamente, quando risposi mi trovai di nuovo a parlare con Valeria:

lorè, però nun fa cosi,o sai che me pija a male quando me riattacchi senza motivo”

“un motivo c’era, ad ogni modo cosa volevi?”

“volevo solo sapè se eri libero il trentuno ottobre, stavamo a organizzà una pizza per Allouìn

Allouìn è una festa che non appartiene al nostro paese, in quanto non mi sento in obbligo di prendere parte a questi festeggiamenti inutili e poi se proprio devo fare una festa creata per scacciare gli spiriti maligni di certo non la celebro mangiando pizza con uno di loro”

“sei popo cattivo lorè

e tu non sei più fica se parli romanaccio”

Dopo questa frase gli riattaccai, non sono maleducato ma trovo che i convenevoli di saluto siano un privilegio da riservare per chi mi chiama dopo colazione. La giornata era già partita molto male e sarebbe proseguita peggio me lo sentivo, è come il cellulare: quando lo compri nuovo può non cascarti per mesi, ma la prima volta che ti si sfrange per terra sai già che è solo l’inizio di una lunga serie di schianti che lo porteranno a rompersi nel giro di poche settimane.

 

  
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