Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: lilla thea    30/03/2012    9 recensioni
Edward e Bella, sono loro i protagonisti di questa storia.
l'amore, quello con la A maiuscola fa da sfondo.
tutto si svolge attorno ad una bimba dagli occhietti tristi che cambierà la vita ad entrambi e forse (dico forse) darà all'amore un significato puro e lo renderà colmo d'infinito.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buonasera a tutte voi.
Volevo innanzitutto scusarmi per non aver postato prima, mi ero ripromessa di farlo ma non ho avuto un minuto. Sorry!

Mi sa che vi ho riempito la testa di domande con lo scorso capitolo, non so se questo risponderà a tutte, ma magari ne chiarirà alcune.
Volevo premettere che di norma non amo molto le storie viste da diversi punti di vista, però più scrivevo questo capitolo visto da Bella più non lo sentivo adatto. Quando ho provato a scrivere dal pov Edward invece, tutto mi è venuto scorrevole e semplice. Vi dico con certezza però che non ci saranno pov di altri personaggi oltre a loro.
Fatemi sapere se questo stile non vi piace, ci tengo, cercherò di migliorare!
Grazie sempre per le fantastiche recensioni e per l'affetto che mi dimostrate! Vi abbraccio!




6 – Ricordi

 

POV EDWARD
 
Eravamo arrivati a San Francisco da tre mesi e già odiavo quella città.
Mi mancava casa mia, mi mancava la mia famiglia e soprattutto mi mancava il mio pianoforte. Nell’attico iper moderno di Tanya avrebbe stonato e quindi non era stato possibile metterne uno. Mi mancava la mia musica, potermi rilassare e vivere nel mio mondo.
In realtà non mi sentivo più nel mio mondo da tanto tempo ormai.
Quella mattina avevo dovuto seguire la mia ragazza in giro per mezza città. Erano solo le dieci ed ero già stufo.
Quando mi propose di andare a trovare una coppia di suoi amici accettai. Carmen ed Eleazar erano gli unici a starmi davvero simpatici, erano brave persone, semplici senza troppi grilli per la testa. L’esatto contrario della mia ragazza. La mia famiglia non era felice che io stessi con lei, dicevano che non era adatta a me e sapevo che avevano ragione ma egoisticamente me la facevo andare bene. Sapevo di sbagliare nei suoi confronti, forse la stavo solo usando e illudendo ma avevo bisogno di non pensare e lei mi aiutava. Mi riempiva la testa di cose inutili e discorsi stupidi che nemmeno ricordavo ma la riempiva. Faceva in modo che gli altri pensieri, quelli dolorosi venissero sopraffatti dalla sua voce. E per ora andava bene.
Qualunque cosa era meglio del silenzio, di quel silenzio che urlava ricordi e dolore.

Faceva caldo quella mattina quando arrivammo da Carmen. Suo padre non era in casa ed era un peccato perché quell’uomo era un vero spasso, completamente folle, ma simpatico.
Ci fecero accomodare offrendoci da bere e quando arrivammo in giardino vidi una ragazza bruna e un bambina, Carmen sussurrò a Tanya che era la nipote di un’amica di suo padre in difficoltà con l’ex marito per la bambina, e suo padre si era offerto di ospitarla.

La bambina era piccola e minuta ed era aggrappata alla madre come una piccola scimmietta. Mi fece sorridere, anche lei lo faceva.
Cercai di scacciare il ricordo ma non funzionò molto. Era inutile, ogni volta che vedevo una bambina i miei pensieri scattavano a lei; non importava che fossero bionde o more, che avessero gli occhi scuri o azzurri, in loro vedevo lei e il mio cuore perdeva sempre un pezzetto. Quella bambina poi aveva anche lo stesso colore di capelli e forse quasi la stessa età, per cui il pezzetto che se ne andò fu ancora più grosso.

Quando la ragazza parlò la sua voce mi ricordò quella di un angelo. Non che ne avessi mai visto uno ma se li immaginavo pensavo avessero quella voce.
La bambina non si staccò un attimo da sua madre, nascondeva il viso nell’incavo del suo collo e la stringeva forte, Tanya con la sua solita delicatezza chiese se fosse timida. Che genio! Stava attraversando un momento difficile già così piccola. Non era facile affrontare la separazione dei genitori, soprattutto se c’erano problemi come avevo capito, che importanza aveva che fosse timida o semplicemente spaventata?
Non so perché lo feci ma raccolsi un piccolo fiore rosa e glielo offrii. Sperai di poter vedere il suo viso ma non sollevò la testa.

  • Fa bene a non dare confidenza agli sconosciuti signorina. Darò il fiore alla sua mamma così lo potrà mettere in un vaso, va bene?
Sorrisi appena annuì, mi stava ascoltando allora. Faceva solo finta di non volere contatti con noi. Che cosa importava poi?
La madre mi osservò attentamente e quasi mi imbarazzai quando mi fissò negli occhi.
Era molto giovane e bella, doveva aver avuto la bambina a neanche diciotto anni.
Mi persi per un attimo nei suoi occhi color cioccolato e sulle labbra rosse. Aveva il labbro inferiore leggermente più sporgente rispetto a quello superiore e la carnagione molto chiara, quasi lattea. Non so perché la mia mente registrò tutti questi dettagli in tre secondi, non mi era mai successo.
Se cercavo di pensare agli occhi di Tanya, della mia ragazza, mi veniva in mente solo che forse erano chiari, non ricordavo nemmeno il colore. Mi era successo solo un’altra volta di registrare tanti particolari in così poco tempo ed era stato amore a prima vista. Era stato, già.

Dopo avermi fissato qualche secondo prese il fiore dalla mia mano e si allontanò in fretta.
Restai a fissarla mentre si allontanava velocemente. Non ne capii il motivo, sapevo solo che avrei voluto rincorrerla e chiederla cosa fosse successo, chiederle se anche lei aveva sentito lo stesso brivido che avevo sentito io quando le nostre mani si erano sfiorate.
La voce stridula di Tanya mi riportò alla realtà.

  • allora ci stai?
  • Come? Cosa?
  • Edward ma dov’eri finito? Ti stavo proponendo una cenetta romantica in quel ristorante francese che adoriamo.
Veramente era solo lei ad amarlo. Odiavo la cucina francese, tutta scena e niente di concreto in fondo. Ma ovviamente accettai come al solito.
Salutammo Carmen ed Eleazar che ci invitarono a cena il giorno seguente, accettai subito senza ascoltare Tanya che diceva di dover controllare la sua agenda.
Prima di uscire alzai gli occhi verso la facciata della villa e la vidi dietro una tenda che guardava verso di noi. Le sorrisi appena i nostri occhi si incrociarono ma lei chiuse la tenda con un gesto secco e sparì.

Quella sera cenammo al suo ristorante preferito, scegliendo i suoi piatti preferiti, in auto ascoltammo il suo cd preferito e ascoltai tutte le sue chiacchiere infinite e senza senso. Ma qualunque cosa Tanya facesse la mia mente era altrove, concentrata su due occhi color cioccolato e su due labbra rosse che immaginavo morbide e delicate.
Mi accorsi con disgusto che erano le labbra di Tanya che mi stavano baciando e non quelle di Isabella.
L’avevo vista per cinque minuti, come diavolo era possibile che non riuscissi a smettere di pensare a lei e alla sua bambina. Una bambina con i capelli dello stesso colore di…
Allontanai il viso da quello di Tanya e fermai le sue mani che cercavano di sfilarmi i pantaloni.

  • è tardi Tanya. Domani ho molto lavoro da fare all’università.
  • Oh andiamo, non ci vorrà molto, trovo io il modo di farti rilassare. – rilassare?
Ci si poteva rilassare con una che urlava mentre cercava di farti venire pensando che avrebbe reso tutto più eccitante? Non che mi facesse schifo andare a letto con lei. Era brava, in certe cose, ma non era come immaginavo io fosse fare l’amore.
In realtà non avevo mai fatto l’amore in vita mia. Sesso si. Anche del buon e appagante sesso, ma mai avevo avuto qualcosa di intimo in un rapporto. Neppure con la mia ragazza con cui convivevo da tre mesi. Patetico? Certo. Vuoto? Pure. E ovviamente anche squallido. Ma non era l’amore che cercavo, non ne ero degno. Non potevo dare amore e soprattutto riceverlo, ne ricevere fiducia. Non me lo meritavo.

  • dai tesoro, lasciati andare… ho voglia di te. – mi disse strofinando la sua mano sui miei boxer.
  • Tanya basta!
  • Ma che diavolo hai oggi si può sapere? È tutto il pomeriggio che sei strano.
  • Sono solo stanco, ok? Domani sarà una giornata pesante e voglio dormire. È così difficile da capire?
  • Vaffanculo Edward! Buonanotte!
Non le risposi nemmeno. Che si incazzasse pure. Non avevo voglia di stare dietro alle sue crisi isteriche.
Dormii poco e male quella notte. Rivedevo quella scena, quel maledetto giorno si ripeteva all’infinito nella mia testa e non riuscivo a farlo scomparire.
 
Tanya dormiva ancora quando uscii e ringraziai il cielo di quel dono inaspettato.
La giornata fu frenetica.
Il corso che mi avevano chiesto di tenere all’università fu molto affollato. C’erano molti studenti che mi riempirono di domande. Per fortuna c’era anche qualcuno che non mi chiedeva il numero di telefono o se fossi single.
Sapevo di essere un bell’uomo, non tanto perché lo credevo ma perché lo vedevo negli occhi delle donne che mi guardavano. Non dico che non mi facesse piacere ma era fastidioso a volte.
Soprattutto se volevi toglierti dai piedi la professoressa in minigonna e tacchi a spillo che cercava in ogni modo di avere un contatto con te. Di solito mi aiutava mia sorella in quei casi. Mi aspettava fuori dall’aula fingendosi la mia innamoratissima ragazza ma questo non succedeva più da… da quel maledetto giorno.
Arrivai trafelato a casa consapevole di essere in ritardo per la cena da Carmen.

  • ce l’hai fatta finalmente! – mi salutò Tanya.
  • Scusami ma è stato un casino. Mi faccio una doccia e andiamo.
  • Se vuoi rimandiamo. Carmen capirà…
  • No. Cinque minuti e sono pronto. – la interruppi.
 
Lei mi fissò per un attimo sospettosa.
Non ero mai stato entusiasta di andare a cena fuori e non capiva tutta questa mia improvvisa voglia di socializzare. Non la capivo nemmeno io a dire il vero, l’unica cosa a cui pensavo in quel momento erano quegli occhi color cioccolato e i boccoli biondi della piccola Amy.
Arrivammo a casa di Carmen con quindici minuti di ritardo e cercai di scusarmi in tutti i modi.

  • tranquilli, siete in perfetto orario. Mio padre è appena rientrato e la cena non è ancora pronta. Abbiamo ancora tempo per bere un drink e rilassarci prima di cena. – mi disse Carmen.
Lei e Tanya cominciarono a spettegolare su un’amica piuttosto che un’altra raccontandosi le ultime novità mentre io continuavo a guardarmi attorno.
  • cosa cerchi? – mi chiese Eleazar. Già, cosa cercavo?
  • Niente di particolare. mi guardavo attorno. Non avevo mai notato tutti questi libri. Alcuni sono molto antichi. – osservai.
  • Ti piace leggere?
  • Moltissimo. Mi manca il tempo ma appena posso un buon libro è la compagnia migliore.
  • Oh allora andresti molto d’accordo con Isabella. – sussultai appena pronunciò il suo nome. Con la coda dell’occhio vidi che anche Tanya aveva sollevato lo sguardo su di me.
  • Isabella? Perché? – chiesi facendo finta di niente e sperando che il battito del mio cuore non fosse udibile da altri esseri umani. Che diavolo mi prendeva? Cos’era quest’ansia, questa voglia di rivederla?
  • Oh lei ama molto leggere. Pensa che in una settimana ha fatto fuori almeno quattro libri. E non parlo di libriccini striminziti ma vere e proprie enciclopedie. – Isabella amava leggere. Come me. Basta Edward!
  • E anche la piccola Amy non scherza!
  • Sa leggere anche la bambina? - chiesi sorpreso.
  • Non proprio. Isabella le sta insegnando ma per ora preferisce farsi raccontare le fiabe dalla madre. È una bambina molto intelligente. Peccato per quello che stia succedendo, povera piccola.
  • Cosa c’è che non va? Ho capito che Isabella ha problemi con l’ex marito.
  • Si. Pare che lui voglia portarle via la piccola. Gustave dice che è un uomo molto potente e che non deve sapere dove si trovano, altrimenti sarebbero in pericolo.
 
Tremai a quelle parole. Ma che razza di uomo poteva comportarsi a quel modo. Un padre poi! Si sarebbe solo dovuto preoccupare di tenere sua figlia al sicuro invece di farle passare l’inferno. Avrebbe dovuto curarsi di lei e della madre, non farle avvicinare da sconosciuti, non perderle mai di vista, non vederle gettare in un fiume gelido sotto i suoi occhi…

  • Edward tutto bene? – la voce di Eleazar mi riportò alla realtà. – stai bene? Stavi tremando.
  • Si, tutto bene. Scusami. Devo solo… posso usare un attimo il bagno?
  • Certo, è la seconda porta a sinistra.
Uscii dalla biblioteca rassicurando Tanya che andava tutto bene. Stavo per aprire la porta del bagno quando sentii una voce dalla stanza accanto. Avrei riconosciuto quella voce tra mille. L’avevo sentita mille volte in tv, era il suo cartone preferito. Trilly. 
Quando aprii la porta non c’era nessuno. Mi accorsi solo dopo che Amy era rannicchiata sul divano che dormiva. Mi avvicinai istintivamente a lei e la coprii con la copertina che era caduta a terra.

  • tutto bene? – mi chiese la voce più melodiosa del mondo. Isabella era davanti alla porta e mi fissava.
  • Si. Ho sentito le voci del cartone e sono entrato. Poi ho visto la bambina dormire e l’ho coperta. Non volevo essere invadente, scusami. – la sentii rilassarsi e si sedette accanto alla figlia.
  • Non preoccuparti. Non lo sei stato. Grazie per averla coperta. Scalcia come una matta quando dorme. Non riesce a stare coperta per più di cinque minuti. – guardò la bambina con profondo amore e le accarezzò la testolina. Dormiva a pancia in giù con il visino nascosto nel gomito.
  • Capita a molti bambini. Con l’età migliorano, di solito.
  • Hai figli? – mi chiese ma io mi irrigidii subito. Non ne avevo e non ne avrei mai voluti. Non sarei mai stato un buon padre.
  • No. – risposi forse troppo duramente. Lei arrossì e si scusò.
  • Scusami tu se sono stato brusco, non volevo. – mi scusai io a mia volta. Idiota!
  • Sono stata invadente è colpa mia davvero. - continuò. 
  • No sono io che… - la fissai e scoppiammo a ridere contemporaneamente.
Isabella accarezzò la testa della figlia ed io restai incantato a guardarle. Lei muoveva delicatamente le dita affusolate tra i boccoli biondi della figlia, il suo sorriso però si spense e sospirò.
  • va tutto bene? – le chiesi preoccupato.
  • Si, si. Tutto bene. – cercò di sorridere ma il suo sorriso non raggiunse mai gli occhi.
  • Senti Isabella, lo so che non sono affari miei, ma ho saputo che hai problemi con il tuo ex marito. Non voglio farmi gli affari tuoi ma il mio migliore amico è un avvocato molto bravo e magari potrebbe…
  • Non preoccuparti Edward. Risolverò tutto. Grazie comunque. – si affrettò a rispondere. Troppo in fretta.
Ignorai il mio cuore che aveva raddoppiato i battiti al sentirle pronunciare il mio nome e tentai di aprire la bocca.
I miei occhi si posarono sulla bambina e spalancai la bocca. Sul collo aveva una piccola voglia. Un piccolo triangolino rosso che ricordava un cono alla fragola.
 
Anche Alice ce l’aveva e anche lei.
 
Istintivamente avvicinai la mano ai suoi capelli e le scoprii il collo.

  • che stai facendo? – mi chiese duramente Isabella.
  • Quella voglia… io…
  • Lasciala. – mi intimò subito Isabella. Prese tra le braccia la bambina che si svegliò.
Quando sollevò il visino verso di me e aprì gli occhi restai basito.
Non era possibile. Non poteva essere. Lei, non poteva essere lei. La bambina sbattè le palpebre un paio di volte e si strofinò gli occhietti.

  • Alice… - sussurrai piano.
La bambina aprì gli occhi e mi fissò.
  • Ali? – chiese.
Alle orecchie di qualcun altro poteva sembrare un suono qualunque ma non alle mie. Solo io e Jasper chiamavamo Alice in quel modo e la prendevamo in giro perché non le piaceva.
Non poteva essere un caso e poi i suoi occhi e il suo viso.
Era uguale ad Alice. Aveva il suo stesso nasino all’insù e la forma degli occhi. Aveva gli occhi verdi, come lei, come me. Mi presi la testa tra le mani. Non era possibile. Io l’avevo vista cadere. Lei era finita in acqua. Lei era… non poteva essere lei.

  • Edward stai bene? – mi chiese spaventata Isabella. Sua madre. La madre della bambina che continuavo a fissare come se avessi visto un fantasma.
Sussultai quando poggiò una mano sulla mia ancora ferma a mezz’aria e vidi che mi guardava preoccupata. Fu la voce di Tanya che interruppe quel contatto.
  • Edward? Che succede? – chiese stizzita. Isabella ritirò subito la mano e si allontanò.
  • Edward vuoi rispondere? Che… - si bloccò guardandomi. Si, dovevo sembrare davvero pazzo.
  • Oh mio Dio! Che gli hai fatto? – chiese urlando a Isabella. Subito la bambina si nascose tra le braccia di sua madre, forse fu quel gesto a farmi riprendere.
  • - sto… sto bene Tanya. Va tutto bene. – cercai di dirle.
Lei si inginocchiò accanto a me e prese la mia mano tra le sue. Non sentivo ciò che diceva ma la rassicurai dicendole che era stato solo un capogiro. Non parve convinta, anzi guardò ancora in direzione di Isabella che coccolava Amy che tremava. Scostai Tanya e mi avvicinai a loro.
  • scusate se vi ho spaventate, non volevo. Mi è solo… mi è venuta in mente una persona che non… non vedo da tanto tempo. Scusatemi. – Isabella annuì, mentre la bambina restava rigida tra le braccia della madre.
  • Hei, piccolina. Mi scusi pure tu se ti ho spaventata? Non volevo. Mi perdoni? – le chiesi.
Lei sollevò la testolina e annuì restando comunque aggrappata alla camicia della madre.
Mi sentii un pervertito quando i miei occhi si posarono sulla scollatura della camicia che Amy aveva aperto aggrappandosi ai bottoni. Probabilmente ne aveva fatto saltare uno regalandomi quello spettacolo inatteso. Distolsi subito lo sguardo imbarazzato e mi alzai per andare a tavola.
Sulla porta Gus mi osservava attentamente con quel suo particolare sguardo che sembrava volesse leggerti dentro.
Mi offrii di aiutare Isabella ad alzarsi dal divano visto che aveva ancora la bambina in braccio ma lei rifiutò e si alzò da sola.
Tanya mi afferrò per mano e mi portò in sala chiedendomi ancora una volta se tutto andasse bene.

Per tutta la cena non riuscii a staccare gli occhi dalla bambina.
Non riuscivo a chiamarla con il suo nome, mi sembrava così sbagliato, l’unico nome che mi veniva in mente era… dovevo smetterla se non volevo sembrare pazzo.
Tanya non faceva che attaccarsi a me come una cozza baciandomi ed accarezzandomi ogni minuto come a voler marcare il territorio mentre Isabella non mi guardò per tutta la cena.
La bambina invece... Amy. Si chiama Amy, Edward. Me lo dovevo ficcare in testa, che mi piacesse o meno.

Amy mi fissava in continuazione con quei suoi occhioni verdi così simili ai miei. Ogni tanto le vedevo corrugare la fronte come se si sforzasse di fare qualcosa.
Dopo cena Isabella si congedò da noi adducendo come scusa un forte mal di testa. Non avrei mai voluto lasciarla andare ma non potevo fare nulla.
Restai a fissarle mentre salivano le scale finchè Amy si fermò, si girò e mi sorrise. Mi salutò agitando la manina e io feci altrettanto. Spostai lo sguardo su Isabella che mi guardava e decisi che l’avrei aiutata in qualunque modo.

Non avevo potuto salvare lei, ma avrei salvato quella bambina e sua madre.

A qualunque costo.





Ciaooooooo.... sono preoccupata delle lance che potreste lanciarmi! spero non avervi fatto uscire di testa! so che non ho chiarito molto ma, se leggete tra le righe, ho detto più del dovuto!
Basta, non dico più nulla! muta come un pesce °o°

Spero di leggervi presto, buon fine settimana!
  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: lilla thea