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Autore: LubyLover    31/03/2012    0 recensioni
2007 - Sembra incredibile, ma finalmente la vità di Abby ha raggiunto una certa stabilità. Fino a quando Luka decide di partire improvvisamente per andare a Vukovar.
Vukovar, se ne rende conto, ha sempre aleggiato su di loro, riempiendo lo spazio che tra di loro si creava.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Abby Lockhart
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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13.

Colpi di tosse da togliere il fiato preannunciano il suo arrivo. Abby, spostando il peso sulle stampelle, si prepara al momento in cui lui le aprirà la porta.

Un paio di minuti ed eccolo: ritto davanti a lei, lo sguardo un po’ appannato, stanco, il colorito pallido ed il corpo gracile, come indebolito. Suo padre.

Lui le sorride subito e la pelle riacquista un po’ di colore. Le spalanca la porta. Abby entra zoppicando, fermandosi sulla soglia a studiare l’ambiente. D’un tratto, chiara le appare l’immagine di suo padre, fermo, per settimane, ad aspettare che lei arrivasse a bussare. È sicura che è andata così. E, incredibilmente, essere andata a sentire cos’ha da dire la fa stare un pochino meglio, perché lei lo sa che suo padre sta morendo e che, nell’attesa di una sua visita, ha sprecato giorni importanti in cui avrebbe potuto fare altro.

Si sente commossa: l’ha aspettata.

 

***

Sale le scale di corsa, decisa a parlargli prima che il treno arrivi. Non voleva rispondergli male; non voleva ferirlo. Deve chiedergli scusa. Arriva sulla rampa e si ferma, con il fiatone. Indirizza un gestaccio al treno che è appena ripartito. Sta pensando di tornare in ospedale e chiamarlo per scusarsi, quando lo vede seduto su una delle panchine. Si avvicina esitamte, la determinazione di prima sparita.

“Luka… mi dispiace”

“Sapevo che saresti corsa qui”

“Hai perso il treno apposta?”

“Di treni ce n’è a centiniaia…”, e di Abby una sola, è la chiusa muta alla sua frase. 

Lei gli sorride, sentendosi come una ragazzina alla prima cotta: “Mi hai aspettato qui, quindi…”

“Ti aspetterei ovunque, e lo sai”

***

 

“Ma cosa hai fatto al piede?”

Sembra sinceramente preoccupato, e la cosa la fa pensare che da quando Luka è partito, Eddie è l’unico uomo rimasto a preoccuparsi per lei. Si sente un po’ patetica.

“Niente. È solo una botta”

“Non dovresti stare in piedi, però. Siediti”, le fa un gesto con la  mano, indicandole una sedia lì vicino. Abby scrolla le spalle, un po’ intimidita: le camere d’albergo le hanno sempre fatto un certo effetto.

 

***

“Buon Natale, bimbi!”

Maggie schiocca un bacio sonoro prima sulle sue guance e poi su quelle di Eric. Abby guarda fuori dalla finestra: nemmeno la neve riesce a rallegrare il triste paesaggio della statale. Proprio un bel Natale, rinchiusi in un motel ad inseguire la pazzia di Maggie.

***

 

Si siede, quasi senza notare che Eddie la sta aiutando.

“Vuoi qualcosa da bere?”, lui sta armeggiando con il frigobar, dandole la schiena.

Lei inarca le sopracciglia, ricordandosi della conversazione avuta poche settimane prima da Ike’s.

“Non c’è molto… e nulla sembra essere particolarmente sano, però, se vuoi, ho dell’acqua, della Coca o una bevanda gassata color arancione…”

Lei sorride. Si è ricordato che lei non beve. Se n’è ricordato davvero.

“Aranciata”

Lui fa una smorfia strana, che, e lei non se lo sarebbe mai aspettato, è la stessa che fa Joe di fronte a qualcosa che non gli piace. La colpisce d’improvviso il fatto che Eddie e Joe sono parenti, che, tutto sommato, dividono parte del patrimonio genetico. Che Joe è, incontestabilmente, parte di Eddie.

“Mah… se la vuoi chiamare così… arancio è arancio…”

In effetti la bibita ha un aspetto piuttosto inquietante, ma Abby decide di berla lo stesso: “Ma sì, che strana bibita arancione sia”

“Sicura?”

“Sì, amo rischiare…”

“Allora siamo in due”

Sorriso imbarazzato, silenzio. L’unico rumore il frizzare delle bollicine gassate nel bicchiere ed il respiro un po' pesante di Eddie.

Poi: “Quand’eri piccola adoravi l’arancione. Tua madre sempre lì a farti vestire di rosa, ma tu volevi mettere solo quella tua maglietta arancio…”, Eddie tiene gli occhi fissi sul liquido, conscio di stare attraversando un terreno dissestato. È una vita che non vede più la sua bambina e non vuole sprecare la possibilità che lei gli sta dando.

Abby appoggia il mento su una mano, studianto l’espressione titubante dell’uomo; ancora una volta pensa a Joe.

“Non me lo ricordo. Credo sia passato troppo tempo”. Sospira, stanca. Joe si ricorderà del fatto che si addormenta stringendo la coperta con i pugni, nello stesso modo in cui fa Luka? Oppure che mangia le carote solo se tagliate a rondelle?

“Vuoi vedere una foto di Joe?”

Eddie si illumina. Avvicina la sedia a quella della figlia e spia curioso la fotografia. Il bambino ritratto sta ridendo felice, in braccio all’uomo che, Eddie lo riconosce, è il compagno della figlia.

“Joe”, pronunciato come un dato di fatto.

“Come Joe Frazier”

 

***

Le sue dita stanno ancora accarezzando i capelli di Luka, cercando di trarne conforto. Non riesce a staccare gli occhi dal video che ritrae bambino che si muove nell’incubatrice. Il loro bambino, che già deve affrontare una sfida più grande di lui.

“Joseph”

Luka emette un mugugno indistinto, come svegliandosi da qualche sogno sgradevole. Per un secondo, ma un secondo soltanto, pensa a quanto ne possa uscire devastato lui, se il loro piccolo… no, ma non deve pensarla così.

“Non ricordo molto di mio padre, ma ricordo che amava la boxe ed in particolare Joe Frazier, perché dceva che era un lottatore puro”

Perché un lottatore puro era quello che avrebbe dovuto essere il loro Joe.

***

 

Eddie rimane in silenzio, assaporando il fatto che la sua bambina ha pensato a lui in un momento tanto importante. Intanto, però, si maledice anche, perché in un momento tanto importante lui non c’era. La sua bambina è dovuta diventare una donna da sola.

“Mi dispiace”

Per la prima volta da quando lo dice, lo capisce e lo pensa davvero. Non è solo perché ci si aspetta che lui lo dica o perché sta morendo o perché che altro può dirle, ma è perché è veramente dispiaciuto. Abby è lì, davanti a lui, una donna bellissima e completa, con uno stupendo bambino e lui non l’ha seguita. Lui se l’è persa. E brucia; più dei suoi polmoni malati. Si asciuga gli occhi.

Abby lo guarda, leggendo nel suo sguardo e comprendendo quello che c’è dietro. Abbassa un attimo gli occhi, incrociando di nuovo quello disgustoso intruglio arancione, e poi fissa Eddie.

“Sai, è inutile pensare a ciò che non si è fatto. Tanto indietro non si torna. Luka dice che…”, il discorso muore. Pensare a Luka è sempre difficile.

Di nuovo silenzio. Abby non vuole farsi vedere triste ed abbattuta, non è andata da lui per quello.

Eddie osserva lo sguardo basso della figlia, sospirando: aveva indovinato, la volta scorsa, quando aveva intuito che potesse essere successo qualcosa tra loro due.

"Lo so, non ne ho alcun diritto, ma forse..."

"No, per piacere, è complicato. Non posso spiegartelo. Sarebbe come tradirlo"

Si trova a pensare che, però, in un certo senso, lo sta già facendo: non ha mai spiegato a Luka chi fosse Eddie, non ce n'è stato il tempo.

"Lui non sa di te... non sa chi sei", mentre lo dice segue il profilo del bicchiere, attratta in qualche modo dalla bevanda che sembra lanciare strani bagliori aranciati.

Eddie percepisce l'imbarazzo di Abby. Le accenna un sorriso, per cercare di tranquillizzarla. "Ed io non so di lui. Quasi pari, eh?"

Abby scuote la testa, quasi divertita dal tono usato dall'uomo. Non può fare a meno di pensare che Eddie, tutto sommato, le piace. Sta cercando di farla stare meglio facendola divertire. E non è da tutti.

 

***

"Mongo?", non riesce a guardarlo negli occhi, ma scorge il suo bel profilo a tre quarti, intento a studiare i battiti cardiaci del loro bambino.

"È un nome molto poplare in Croazia"

Abby vorrebbe non crederci, ma Luka è troppo serio. Sarà costretta a chiamare suo figlio Mongo Kovac. Non è possibile. Ma poi, nota il sorriso furbo dell'uomo seduto accanto a lei: di nuovo l'ha presa in giro e lei, di nuovo, ci è cascata.

Che stupida. E pensare che è tipicamente da Luka cercare di farla ridere per stemperare la tensione...

***

 

"Sai, Luka fa esattamente come te: quando sono preoccupata, cerca di farmi ridere con qualche battutina. E di solito ci riesce benissimo"

Eddie la ascolta, non volendo perdere i momenti preziosi che sta vivendo.

"È probabilmente vero che noi ragazze tendiamo a scegliere un compagno simile a nostro padre. Anche perché ora Luka se ne è andato e..."

"Aspetta, aspetta... io non credo sia proprio così. Non mi hai detto che è complicato? Non lo conosco, ma non mi è sembrato il tipo d'uomo che abbandona la donna che ama"

Abby alza lo sguardo, fissando Eddie. L'uomo non ha fatto altro che ripetere quello che le stanno dicendo tutti da settimane, ma le fa uno strano effetto sentirlo pronunciare da lui. "E come faresti a saperlo?"

"Ho visto come ti guardava quella sera, in quel locale. Credo di non aver mai guardato la mamma allo stesso modo, nemmeno all'inizio della nostra storia. Non so cosa stia facendo ora, o dove si trovi, ma ho come la sensazione che lo sta facendo anche per te. E per Joe. È diverso dal mio caso"

Abby sospira. Si era aspettata di tutto dal loro incontro, ma di certo non questo. Solo che la nostalgia di Luka è ogni giono più forte e dolorosa. Afferra il bicchiere, portandoselo alle labbra.

"Ne sei davvero sicura?"

Lei si limita a guardarlo, il viso illuminato d'arancione. Quella roba è davvero fluorescente.

"Non sono stato un buon padre, lo ammetto, ma credimi per una volta. Non bere quella cosa"

Abby appoggia il bicchiere. Silenzio.

Il cellulare di Abby bippa. Lei lo prende e guarda il messaggio. Sospira, il tempo a loro disposizione sta per scadere e sente che non hanno ancora chiarito. E' stata solo una chicchierata, per ora.

"Eddie, io dovrei andare..."

"Capito. È il mio momento, vero? Quello che volevo dirti è che non sono mai stato un padre per te e non voglio diventarlo ora. Mi spiace per quello fatto in passato, per non averti cercato prima, per non averti portato via con me. So di avere infranto diverse promesse e posso immaginare che con Maggie sia stata dura, ma..."

Abby fa per dire qualcosa; almeno prima le era sembrato totalmente sincero, ora, invece, le sembra di ascoltare una valanga di banalità.

"... lasciami parlare, per favore. Dopo oggi, probabilmente non ci vedremo più ed io non voglio sprecare la mia ultima occasione. Ti voglio bene e questa non è una banalità. Mi dispiace non averti visto crescere, mi addolora, perché sei diventata una donna meravigliosa e bellissima. Tutti i momenti persi se ne sono andati. E sai cosa mi fa stare peggio, adesso? Che in futuro ci saranno altri momenti e io non ne sarò partecipe. Ma è giusto così. Non sono qui ad implorarti di riprendermi nella tua vita, io me ne sono andato, io lo devo accettare. Mi basta solo sapere cosa sei diventata. Non è stato per merito mio, ma ne sono orgoglioso. Tutto qui.

Volevo solo incontrarti. Ed eccoti qui: bella, determinata. Una roccia. Ed è solo questo che volevo vedere. Sei perfetta ed io ne sono felice. Nient'altro"

Abby rimane ferma ad assorbire le parole di suo padre. Non se lo aspettava. Il suo papà è felice per lei; lei lo ha reso felice. Lo guarda alzarsi e, quasi senza rendersene conto, si lascia abbracciare. Lo bacia su una guancia:

"Devo andare, sai..."

"Già..."

Afferra le stampelle, senza farsi aiutare. Zoppica fino alla porta, la apre e si gira a guardarlo: Eddie è di nuovo lì, seduto, ad aspettare chissà che. Lo sanno che non si rivedranno più, ma Abby è felice di ricordarselo così: fermo, a guardarla con un sorriso. E con un bicchiere di una bevanda arancione accanto.

"Ah, Eddie... me la ricordo, quella maglietta. Me l'avevi portata tu da un viaggio di lavoro. Era davvero la mia preferita"

Eddie allarga il sorriso, facendole un cenno. La sua meravigliosa bambina.

"Ciao, papà. Fai buon viaggio, quando tornerai a casa"

La porta si chiude. Lui prende il bicchiere e brinda a lei. Poi, con una smorfia, butta giù l'intruglio gassato.

Abby è per strada, sollevata. Non c'è più tempo per i sensi di colpa.

È il tramonto. La luce è bellissima, arancione. E dolce.

La luce illumina Chicago, facendola sembrare incantata.

Ad Abby, non è mai parsa più bella.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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