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Autore: _hurricane    31/03/2012    15 recensioni
Quando Blaine viene assunto da un ricco signore per dare ripetizioni a suo figlio, non sa ancora che la sua vita cambierà.
Non sa ancora che conoscerà un ragazzo misterioso e bellissimo, la pelle bianca come la neve e troppo fragile per sopportare i raggi del sole. Non sa ancora che si innamorerà di tutti i segreti nascosti nell'abisso dei suoi occhi azzurri.
Questa è la storia di Kurt e Blaine, e di come si sono amati.
"Preoccuparsi della vita di Kurt, del dolore che si nascondeva dentro i suoi occhi, lo aveva fatto sentire per la prima volta come se avesse una missione, un motivo per cui svegliarsi ogni mattina. Ma allo stesso tempo, gli aveva fatto capire chiaramente che prima questo motivo non c’era, e non era un bene.
Non era forse un rischio, un rischio inutile, quando poteva benissimo vivere sereno tra le mura accoglienti della Dalton e lasciare quel ragazzo allergico al calore del sole ai suoi problemi, alla sua vita? Lasciare che passasse il resto dei suoi giorni nel buio, ma quello del cuore e dell’anima?"
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cosmico amore incontrato tra le stelle, ravviva l’incanto di quella fanciullezza, linfa d’un raggio di sole.

- Nicola Costantino

 


La sera dopo, Kurt conobbe finalmente i genitori di Blaine, invitandoli a casa sua per cena insieme ovviamente a Rachel, della quale Blaine gli aveva parlato raramente nonostante il grande affetto che nutriva nei suoi confronti. Anche lei stava frequentando la NYADA, ma a differenza del fratello sarebbe tornata al più presto nella Grande Mela per finire gli studi, cercando allo stesso tempo di farsi un nome con piccole parti secondarie nei musical di Broadway. Non era ancora riuscita ad ottenere più di quello, ma era molto determinata a sfondare, cosa che fu abbastanza chiara più o meno dopo venti minuti di cena.

“…e allora io gli ho detto ‘Con chi credi di parlare? Io ho vinto una gara di canto quando avevo nove mesi, per la miseria!’”

“Nove mesi?” chiese Kurt con aria divertita, la mano di Blaine che gli accarezzava languidamente il ginocchio sotto il tavolo mentre se ne stavano in silenzio ad ascoltare il lungo monologo di Rachel su un regista emergente che voleva limitarsi a farla ballare sullo sfondo del suo spettacolo.

“Avevo un grande senso musicale” rispose lei con un cenno di assenso del capo, prima di voltarsi verso i suoi genitori. “Mia madre e mio padre mi facevano ascoltare Barbra Streisand mentre ero nella pancia, giusto mamma?”

Rose e Greg si scambiarono un’occhiata divertita, poi la donna rispose con affetto: “Esatto, tesoro.”

“E come mai a me non avete fatto ascoltare nessuno?” sbottò Blaine in tono fintamente offeso, mentre le dita di Kurt scivolavano lentamente tra le sue. La sua maschera di finta stizza si addolcì all’istante, trasformandosi in un timido sorriso nella sua direzione.

“A te avranno fatto ascoltare Elton John” rispose Rachel prima che i suoi genitori potessero dire qualcosa, facendo scoppiare tutti a ridere compreso Burt, che non era abituato a ricevere ospiti a cena e inizialmente era stato leggermente freddo e scostante. Kurt gli lanciava occhiate di tanto in tanto, per assicurarsi che fosse a suo agio nonostante fosse di natura una persona piuttosto silenziosa. Sembrava ben felice di godersi la conversazione, invece di entrarvi attivamente. In fondo, non era lui a stare al centro della scena e del giudizio degli Anderson.

“Ha davvero una casa bellissima, signor Hummel” disse Rose, includendolo direttamente nel discorso come se avesse capito che qualcuno avrebbe dovuto farlo al posto suo. Lui trasalì lievemente, ma le sorrise con gentilezza e sembrò rilassarsi nel risponderle.

“Grazie. Ma prego, chiamatemi Burt. In fondo, presto saremo consuoceri.”

Nonostante fosse ben chiaro a tutti il motivo di quella cena, fu come se parlarne così apertamente ad alta voce lo avesse reso istantaneamente più reale, più drastico. Il padre di Blaine si tese come una corda di violino sulla sedia, e Kurt e Blaine strinsero d’istinto la presa l’uno sulla mano dell’altro, percependo il cambiamento di tono mentre un inquietante silenzio si impossessava lentamente della stanza.

Burt, gli occhi leggermente sgranati nel domandarsi cosa avesse detto di male esattamente, stava per aggiungere qualcosa quando Rachel prese il controllo della situazione: “A proposito: Kurt, Blaine, dove avete intenzione di sposarvi?”

Ignorando la mascella serrata di suo padre e lo sguardo di sua madre, affettuoso e comprensivo ma leggermente triste, Blaine rispose: “New York è ad un’ora di aereo da Columbus, quindi pensavamo di partire da qui nel tardo pomeriggio per riuscire a tornare prima dell’alba.”

Rachel gli rivolse un piccolo sorriso e gli scoccò un’occhiata d’intesa; era l’unica della sua famiglia a non aver mai mostrato il minimo disappunto per la sua decisione, e dopo aver conosciuto Kurt, anche se per poco, sembrava ancora più convinta. Era palese che si amavano, e da buona amante di Broadway e delle commedie a lieto fine, credeva fermamente che quella fosse l’unica cosa che contasse nella vita.

Conosceva suo fratello, ed era la prima volta in assoluto che vedeva quello sguardo nei suoi occhi. Pura incredulità, quasi meraviglia, ogni volta che si voltava per guardare Kurt con la coda dell’occhio. Era come se stesse assistendo ad un miracolo ogni volta che lui apriva bocca per parlare, e lo stesso valeva al contrario, era chiaro anche non conoscendo bene Kurt. E sapeva che anche i suoi genitori lo avevano notato.

“Sembra fantastico, non è vero?” disse in tono esageratamente entusiasta, voltandosi verso di loro con un’espressione di lieve aspettativa.

“Signori Anderson” esordì improvvisamente Kurt, salvandoli dall’imbarazzo e attirando la loro attenzione. Blaine sussurrò il suo nome in tono leggermente preoccupato, stringendogli la mano, ma lui lo ignorò. “So benissimo cosa state pensando. E credetemi, lo capisco. Pensate che questo non sia un bene per Blaine, e l’ho pensato anch’io tante, troppe volte. Volevo che fosse felice e per permettergli di esserlo non ho fatto altro che farlo soffrire ancora di più, oltre che far soffrire me stesso. Noi-“

Si interruppe per guardare Blaine e rivolgergli un sorriso, prendendogli la mano per spostarla sopra il tavolo insieme alla sua e accarezzarne il dorso con il pollice, il gesto delicato ed affettuoso che colse l’attenzione di tutti in quel temporaneo silenzio. Si voltò di nuovo verso Greg e Rose.

“Noi non possiamo stare l’uno senza l’altro. Ci abbiamo provato e ha fatto troppo male, non avete idea. E so che un giorno” - si interruppe ancora, inspirando per un attimo – “so che un giorno non potrò più esserci. Ma il tempo che abbiamo sarà abbastanza, io- io me lo farò bastare. So che non è questo che vorreste, nessuno lo vorrebbe, ma io posso promettervi che amerò Blaine tutti i giorni, sempre, perchè non posso smettere, non saprei neanche come farlo. Non è forse questo che conta più di tutto?”

Kurt” sussurrò Blaine con aria incredula, gli occhi lucidi mentre Kurt si ricomponeva dopo la sua dichiarazione e si voltava per incontrare il suo sguardo, le persone intorno al tavolo che scomparvero all’istante. Kurt sbattè le palpebre e gli sorrise con dolcezza, lasciandogli la mano per alzare la sua e accarezzargli la guancia.

“Sempre” ripetè, catturando con il pollice una piccola lacrima che stava per lasciare le ciglia di Blaine e avvicinandosi per lasciare un rapido bacio sulle sue labbra.

Quando entrambi si voltarono, ricordandosi che c’erano altre persone a guardarli, trovarono Rachel con una mano sul cuore quasi sull’orlo della commozione, Burt che sorrideva verso di loro con espressione orgogliosa, e i genitori di Blaine pietrificati sulle sedie, le bocche dischiuse come se cercassero qualcosa da dire. Anche Rose Anderson sembrava sul punto di piangere, mentre il marito, la scorza protettiva più spessa della moglie, stava palesemente tentando di mostrare autocontrollo, il corpo teso e rigido ma qualcosa di diverso negli occhi, rispetto a poco prima. Qualcosa di caldo e affettuoso, diretto verso suo figlio e il ragazzo che aveva in mano il suo cuore.

“Ve lo chiedo ufficialmente, anche se è stato Blaine a chiederlo a me” disse Kurt, approfittando del silenzio per concludere il suo discorso. “Posso avere l’onore di sposare vostro figlio?”

I genitori di Blaine sbatterono le palpebre e si guardarono; Rose sorrise a suo marito e fece un impercettibile cenno di assenso, rivolgendogli un’occhiata di incoraggiamento. Greg inspirò e chiuse gli occhi, poi li riaprì e parlò.

“Sì, Kurt. Hai la nostra benedizione.”

“Grazie” rispose Kurt sorridendo.

 


 

Essendo pratico di New York, fu Blaine ad occuparsi di fare le telefonate che servivano per organizzare il matrimonio, lasciando Kurt ignaro di molte cose. Nel giro di qualche settimana fu tutto pronto, e Kurt, Blaine, Burt, Flint, i signori Anderson e Rachel si ritrovarono tutti all’aeroporto una volta che il sole fu calato nel cielo, pronti a prendere il volo delle otto.

Kurt si rese conto che quella era la prima volta in assoluto che lasciava la sua casa. Sarebbe potuto uscire di sera tutte le volte che voleva, in realtà, ma prima di Blaine non aveva nessuno con cui farlo e anche dopo averlo incontrato continuava a non volersi fare vedere in giro, per non destare l’ovvia curiosità delle persone nel domandarsi da dove fosse magicamente sbucato. La sua casa gli aveva sempre offerto tutto ciò di cui aveva bisogno, la musica, l’arte, persino la natura e la quiete notturna del cielo stellato. E una volta avuto anche Blaine, non c’era nient’altro da cercare lì fuori, in quel mondo troppo vasto e spaventoso abitato da persone che non avrebbero mai capito cosa volesse dire essere Kurt Hummel.

Ma per quell’occasione speciale, fu felice di farlo. Quel dato di fatto le dava un’importanza ancora maggiore, rendendo tutto ancor più solenne e significativo. Per la prima volta non provò paura nell’abbandonare il suo piccolo mondo, perché quando ci sarebbe tornato lo avrebbe fatto per condividerlo con un’altra persona.

Il volo fu breve e tranquillo, Kurt e Blaine accoccolati accanto ad uno dei finestrini a guardare silenziosamente il cielo scuro che ora li circondava, oltre che sovrastarli. Nuvole bianche oscuravano di tanto in tanto la visuale quando l’aereo vi passava attraverso, e sotto di loro potevano scorgere le luci lontane delle città che stavano sorvolando.

“Vedere l’alba da quassù dev’essere bellissimo” disse Kurt in tono riflessivo, la testa appoggiata alla spalla di Blaine mentre lui gli circondava le spalle con un braccio e gli accarezzava pigramente i capelli. Blaine si mise un po’ più dritto per inclinare la testa e guardarlo.

“Non sai quanto mi dispiace che tu non possa vederla” gli rispose, baciandogli teneramente la testa prima di appoggiarvi sopra la guancia. Kurt rimase in silenzio per qualche attimo.

“Descrivimela” disse poi, accoccolandosi di più contro di lui e facendo scontrare le loro ginocchia.

“Come?”

“Descrivimi l’alba” insistette Kurt, sfiorandogli l’incavo del collo con la fronte come per voler assorbire un po’ del suo calore. Chiuse gli occhi e sospirò, aspettando di risentire la voce di Blaine mentre lui rifletteva su come accontentare una richiesta così particolare.

“Il cielo si fa più chiaro e si riempie di mille colori” esordì in un sussurro, come se gli stesse confidando un grande segreto. Guardò distrattamente fuori dall’oblò, immaginando di vederla all’orizzonte in quel momento. “A poco a poco il sole spunta dalla linea dell’orizzonte e sale verso l’alto e le stelle diventano sempre più difficili da vedere, finchè non scompaiono. E’… difficile da definire. C’è rosso, giallo, rosa, arancione più che altro. Ma è sempre diversa. E’ questo il bello.”

Kurt rimase silenzioso per qualche attimo, come se stesse cercando di immaginarla nella sua mente, e dopo un po’ Blaine pensò di aver sentito l’accenno di un sorriso contro la pelle del suo collo, dove le labbra di Kurt vi erano poggiate sopra.

“Credo di aver capito com’è” sussurrò Kurt, prima di baciarlo dolcemente sotto il mento e ritrarsi per guardarlo. Blaine sbattè le palpebre incuriosito, capendo che Kurt stava per aggiungere qualcos’altro, qualcosa di importante, a giudicare dal modo in cui lo stava fissando. Era proprio come un tempo, in un certo senso; come se stesse cercando di decifrare qualcosa di lui che gli sfuggiva, con la differenza che Blaine aveva smesso di sentirsi vulnerabile e scoperto quando lo faceva. Ormai lasciava semplicemente che Kurt avesse quello che voleva, che lo studiasse e lo analizzasse, donandosi completamente al suo sguardo indagatore.

Vide un altro sorriso espandersi sul suo volto, come se dopo quel breve e rapido studio fosse arrivato alla conclusione che si aspettava all’inizio, soddisfatto del risultato.

“E’ come i tuoi occhi” disse Kurt, e Blaine pensò di aver appena avuto un leggero giramento di testa causato dal modo in cui lo stava praticamente adorando con lo sguardo.

“I miei occhi?” chiese, sgranandoli leggermente e permettendogli così inconsapevolmente di guardarli meglio.

“Sì” rispose Kurt, appoggiando la tempia al sedile con aria quasi sognante e continuando a guardarlo. “Non sai quante volte ho provato ad imitarne il colore, ma non ci sono mai riuscito. Pur sapendo quali tinte usare, pur avendole mischiate in tutte le combinazioni… è impossibile, non si può spiegare. Come l’alba.”

Blaine non seppe che altro fare se non colmare la breve distanza tra loro e baciarlo, coprendogli la guancia non appoggiata al sedile con il suo palmo e accarezzandogli le labbra con la lingua, prima di incontrare quella di Kurt e avvolgerla languidamente in un bacio quasi pigro, rallentato, flemmatico. Finchè Kurt non fece una sorta di sospiro strozzato e lo intensificò ancora, afferrandogli il colletto del maglione per tirarlo verso di sé e staccandosi dalle sue labbra per baciargli il collo. Quando iniziò a succhiare un punto ben preciso, Blaine dovette utilizzare tutta la forza di volontà che aveva per mettergli le mani sulle spalle e costringerlo a ritrarsi, il respiro affannoso e le pupille dilatate.

“Kurt, i miei genitori sono qui dietro” disse a bassa voce, tastandosi il collo e sperando che Kurt non avesse lasciato un segno troppo visibile. Kurt arrossì lievemente, assumendo la tinta di uno dei tanti colori dell’alba, e soffocò una risatina portandosi la mano sulla bocca.

“Ops” disse, ricevendo una leggera spallata da parte di Blaine e una finta occhiataccia di rimprovero. Quando entrambi ripresero a respirare normalmente, si rimise nella posizione iniziale appoggiato alla spalla di Blaine e sospirò.

“Ci pensi che tra poche ore saremo sposati?” disse, il tono improvvisamente serio.

“Già” rispose Blaine, guardando ancora una volta fuori dal vetro mentre le luci di New York si facevano sempre più vicine. “Sei in ansia? Non è che fuggi all’ultimo minuto come in ‘Se scappi ti sposo’, vero?”

Kurt accennò una risata e alzò il viso per dargli un bacio sulla guancia.

“Sono tranquillissimo in realtà. Non credi sia preoccupante? Di solito le persone sono nervose, lanciano oggetti, hanno le mani sudate o cose del genere.”

“Anche io sono tranquillo. Forse non abbiamo ancora metabolizzato” rispose Blaine con aria pensierosa, increspando le labbra e alzando lo sguardo. Kurt sorrise a quella vista.

“O forse non c’è niente per cui essere ansiosi. Perché è la cosa giusta” disse a mo’ di sentenza definitiva. Blaine si voltò a guardarlo e annuì con convinzione.

“Sì, direi di sì.”

 


 

“Come sarebbe a dire cambiarci in aeroporto?

Blaine si sforzò di non scoppiare a ridere di fronte all’espressione quasi tradita sul volto di Kurt, in piedi davanti alle porte dei bagni con il suo piccolo trolley ai piedi e le mani sui fianchi, come se Blaine gli avesse appena detto di doverli interamente ridipingere o qualcosa del genere.

“Non c’è una stanza sul retro dentro il municipio? Uno stanzino? Un ripostiglio per le scope?”

“E chi ha parlato di municipio?” rispose quindi con nonchalance, rivolgendogli un ghigno malizioso e oltrepassandolo con sguardo fiero mentre trascinava il suo trolley con sé al di là della porta del bagno. Kurt si voltò verso suo padre, anche lui ancora in abiti casual, sperando che lo illuminasse, ma a quanto pareva o non sapeva nulla come lui o lo sapeva ma non voleva dirglielo. Burt alzò le spalle e seguì Blaine, così Kurt si limitò a roteare gli occhi e fare altrettanto.

Per fortuna non era una donna, altrimenti infilarsi un vestito da sposa dentro quei cubicoli sarebbe stato davvero problematico. Kurt indossò il suo impeccabile smoking e poi uscì nella zona comune del bagno portandosi dietro la lacca per capelli, alzandoli verso l’alto con maestria. In quel momento, dal bagno accanto al suo sbucò Blaine con uno smoking quasi uguale, nero ma di una stoffa leggermente più lucida della sua che in qualche modo riusciva a far sembrare i suoi capelli ancora più scuri.

Kurt non potè fare a meno di alzare lo sguardo per vedere il suo riflesso nello specchio e rimase quasi pietrificato, colpito da quanto il total black gli donasse specialmente con quel filo di barba che gli aveva espressamente chiesto di lasciare, uno dei tanti piccoli dettagli che denotavano quanto il tempo fosse passato, quanto i suoi lineamenti si fossero fatti più mascolini e adulti ma lasciando in qualche modo la sua naturale ingenuità da ragazzino, con quegli occhi nocciola da cerbiatto sempre pronti a sbattere le palpebre con curiosità.

Anche su Kurt quei tre anni avevano avuto il loro effetto, rendendolo più alto di qualche centimetro e con i lineamenti più definiti, ma l’assenza di barba e la sua figura snella lo facevano comunque sembrare più piccolo di quanto non fosse.

“Sei bellissimo” disse, guardando Blaine sorridergli attraverso il vetro dello specchio. Lo vide camminare nella sua direzione e avvolgergli la vita con le braccia da dietro, per poi baciargli la guancia.

“Anche tu” gli disse all’orecchio, prima di guardare anche lui verso lo specchio per osservare che aspetto avessero insieme. Sorrisero.

Quando uscirono insieme dal bagno, aspettarono che Burt e le donne si cambiassero, mentre il padre di Blaine e Flint erano già appositamente vestiti dalla partenza. Rachel e sua madre ci misero ovviamente più di loro, ma trattandosi comunque di una cerimonia intima non indossavano vestiti esageratamente lunghi o complicati e i capelli erano acconciati semplicemente con morbidi boccoli all’altezza delle punte e qualche forcina per tenere alzate delle ciocche, scoprendo i loro visi.

All’uscita dell’aeroporto chiamarono due taxi, ma fu Blaine ad avvicinarsi ad entrambi i guidatori e comunicare loro l’esatta destinazione prima che Kurt potesse sentirla.

Quando entrarono finalmente nella vera e propria area metropolitana di New York, Kurt era così curioso di sapere dove si sarebbero sposati da fare pochissima attenzione alla città che scorreva al di là del finestrino, impegnato a ondeggiare il ginocchio quasi febbrilmente.

“Non è normale che io non sappia dove sarà il mio matrimonio!” sbottò all’improvviso, incrociandosi le braccia al petto e scoccando a Blaine un’occhiata stizzita. Blaine, che era seduto accanto a Burt, alzò le spalle come se non fosse un suo problema e gli diede un pizzicotto sulla guancia, ricevendo in risposta un’altra occhiataccia.

“Siamo arrivati” disse il tassista, fermando la macchina davanti ad uno spazio verde che sembrava estendersi praticamente all’infinito. Anche se non ci era mai stato, Kurt non potè fare a meno di riconoscerlo dai tanti film d’amore in cui lo aveva visto.

“Central Park?” chiese incredulo, scendendo dall’auto e rimanendo in piedi sul marciapiede con un’espressione quasi inebetita, un ampio cancello di ferro spalancato davanti a lui e una specie di bodyguard in smoking che lo osservava con un sopracciglio alzato dall’ingresso.

“Una parte di Central Park” lo corresse Blaine, spuntando al suo fianco per cingergli la vita con un braccio. “Visto che tuo padre ci ha praticamente regalato una casa, i miei non hanno voluto essere da meno. Ne hanno affittato una parte tramite un’agenzia di matrimoni superesclusiva.”

Kurt si voltò verso di lui con gli occhi sgranati, le labbra che formavano una piccola ‘O’ per la sorpresa.

“Oh mio dio, Blaine, non ci posso credere!” disse mentre lui lo conduceva lentamente al di là del cancello, facendo un cenno verso il bodyguard che alzò un pollice nella sua direzione. La zona era riservata, ed era parte del pacchetto avere qualcuno che si occupasse di fare passare solo le persone autorizzate.

Con Burt, Flint e la famiglia di Blaine al seguito (insieme ad altri incaricati di occuparsi temporaneamente delle valige), Kurt e Blaine percorsero un ampio viale di ciottoli scarsamente illuminato da piccoli lampioncini finchè non raggiunsero uno spiazzo erboso e pianeggiante sul quale era stato allestito tutto. Non era molto, in realtà: soltanto poche sedie bianche disposte in due file in modo da lasciare dello spazio al centro, e una specie di arco bianco con dei rampicanti intrecciati tra le sue rifiniture dietro un leggio dove il funzionario avrebbe celebrato la breve cerimonia.

Le luci deboli del parco accentuavano il colore chiaro delle sedie e dell’arco, facendolo risaltare rispetto al buio così come facevano con la pelle di Kurt. Le stelle erano a malapena visibili, a causa delle luci troppo intense e affollate della città, ma la luna c’era. La stessa che lo aveva illuminato quando Blaine lo aveva visto per la prima volta, domandandosi se la sua bellezza fosse un’illusione per poi scoprire che non lo era.

C’erano anche degli invitati già seduti; Kurt non li riconobbe finchè non raggiunsero la fila di sedie e poi lo spiazzo centrale, voltandosi per scorgere i loro volti. Erano tre ragazzi: uno incredibilmente alto e massiccio, con i capelli neri e lisci e l’aria da bonaccione; un altro con i capelli castani e lievemente ricci e gli occhi verdi, e l’altro ancora… l’altro ancora era Sebastian.

“Sono stato io ad invitarlo” disse Blaine per precisare quando vide il suo sguardo improvvisamente gelido nella direzione dell’ex-Warbler. Kurt si voltò per guardarlo con incredulità, ma prima di poter replicare fu Sebastian ad alzarsi dalla sedia e sussurrare qualcosa al ragazzo dai capelli castani, prendendolo per mano e portandoselo dietro fino a raggiungerli. Kurt alzò un sopracciglio vedendo le loro mani unite.

“Ho saputo del matrimonio dagli altri ex-Warblers che devono ancora arrivare, così ho chiamato Blaine per fargli i miei auguri. Non credo che contasse di invitarmi, inizialmente” esordì, guardando per un attimo Blaine e poi riportando gli occhi su Kurt. “Gli ho detto che mi sarebbe piaciuto poterli fare anche a te. So bene che non potrà mai correre buon sangue tra noi, ma… volevo dirti che sono felice per voi, Kurt. Davvero.”

Kurt riflettè per un attimo sulla possibilità di cacciarlo in malo modo, ma avrebbe soltanto scaldato gli animi e compromesso l’atmosfera della serata, e per cosa? Sembrava come se tutto fosse successo a distanza di una vita, e Sebastian aveva uno sguardo diverso negli occhi, sembrava sincero. Kurt non potè fare a meno di guardare il ragazzo che aveva al suo fianco, domandandosi se fosse stato lui a cambiarlo a tal punto.

“Oh, lui è Harry, il mio ragazzo” disse Sebastian intuendo il suo pensiero, ed Harry fece un timido sorriso e allungò la mano libera in direzione di Kurt.

“E’ un piacere, Kurt. Spero non vi dia fastidio che Seb mi abbia portato con lui, voleva che ci incontrassimo” disse il ragazzo, la voce delicata e quasi musicale, e Kurt non potè fare a meno di pensare che Sebastian in un modo o nell’altro continuasse ad essere attratto da ragazzi più fragili e insicuri di lui, o almeno così sembrava.

“Piacere mio. E no, non è un problema” gli rispose, stringendogli la mano. Poi si voltò verso Sebastian, abbozzando il sorriso migliore che potè. “Grazie per gli auguri, Sebastian.”

“Kurt! Kurt, lui è il mio ragazzo, Finn!” squittì all’improvviso Rachel, trascinandosi dietro l’altro ragazzo sconosciuto che doveva quasi piegarsi per poterle tenere la mano. Sebastian ed Harry ne approfittarono per tornare silenziosamente ai loro posti, ma Kurt potè scorgere lo sguardo di tenerezza che si scambiarono una volta seduti prima di riportare l’attenzione sulla nuova conversazione.

“Piacere, Kurt” disse sorridendo, stringendo la mano di Finn.

“Finn” rispose il ragazzo, un sorriso imbarazzato sul volto come se si stesse domandando cosa ci facesse lì esattamente.

“Stavo giusto dicendo a Finn che ho consigliato io quell’arco a Blaine. Bello, vero?” disse Rachel, prendendo Finn sotto braccio e appoggiandosi alla sua spalla con un enorme sorriso.

“E’ fantastico” le rispose Kurt con gratitudine. Quando si voltò, percependo solo in quel momento l’assenza di Blaine al suo fianco, lo ritrovò a pochi passi di distanza accanto al leggio, dietro il quale era spuntato un funzionario senza che lui se ne fosse neanche accorto. Blaine gli tese la mano e Kurt lo raggiunse, mentre tutti i presenti – i Warblers intanto avevano fatto il loro arrivo – si misero a sedere tranne Finn, che avrebbe fatto da testimone a Blaine, e Rachel, che lo sarebbe stata per Kurt e che quindi si mise dietro di lui, le braccia incrociate dietro la schiena.

“Sei pronto?” chiese Blaine in un sussurro, intrecciando le loro dita e conducendolo davanti al leggio mentre a poco a poco calava il silenzio, i suoni della città ovattati dalla distanza mentre quelli della notte, delle foglie scosse dal vento e della vita tra gli alberi, li sovrastavano.

“Sì” rispose Kurt, trattenendo il fiato.

Dio, Blaine brillava come il sole.

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

Nel prossimo capitolo:

Il matrimonio di Kurt e Blaine, Parte 2.

 

 


   
 
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