XVII.
Il giorno dopo quei deliziosi siparietti, ripresi a lavorare tranquillamente come se niente fosse successo. Il tempo avrebbe guarito tutto, il tempo avrebbe cancellato tutto anche se mi rimaneva ancora un po’ di amaro in bocca, una sensazione che non riuscivo a spiegare. Da quella notte sulla panchina passarono due mesi e mezzo. Ogni tanto pensavo a lui, ogni tanto avevo voglia di correre alla Bakery e di trascinarlo a fare l’ennesima colazione insieme, ma poi tornavo in me e pensavo che se avesse avuto voglia di sentirmi il modo per contattarmi l’avrebbe trovato, come mi ha contattata la prima volta quando mi aveva mandato la foto. Rimpiangevo soprattutto la mia sciarpa, era un regalo cui tenevo molto e volevo riprendermela. In quei due mesi avevo pensato molto a come fare, magari potevo limitarmi a contattare uno degli altri membri ma sicuramente loro poi avrebbero parlato con Guy e ci avrei fatto la pessima figura della ragazza immatura che ha paura di affrontare i problemi. Quindi un sabato mattina mi svegliai di buon ora, mi preparai con calma, mi vestii molto semplicemente e mi incamminai verso la Bakery. Stranamente quel giorno c’era il sole e si stava parecchio bene, mi piaceva la sensazione del sole sulla pelle dopo quei mesi di pioggia interminabile. La speranza che quel giorno non avrebbe piovuto mi diede un po’ più di sicurezza. Arrivai lì che per strada non c’era quasi nessuno, la Londra silenziosa del sabato mattina era un sogno. Erano quasi le nove e mezza, suonai nella speranza che dentro ci fosse qualcuno.
Il giorno dopo quei deliziosi siparietti, ripresi a lavorare tranquillamente come se niente fosse successo. Il tempo avrebbe guarito tutto, il tempo avrebbe cancellato tutto anche se mi rimaneva ancora un po’ di amaro in bocca, una sensazione che non riuscivo a spiegare. Da quella notte sulla panchina passarono due mesi e mezzo. Ogni tanto pensavo a lui, ogni tanto avevo voglia di correre alla Bakery e di trascinarlo a fare l’ennesima colazione insieme, ma poi tornavo in me e pensavo che se avesse avuto voglia di sentirmi il modo per contattarmi l’avrebbe trovato, come mi ha contattata la prima volta quando mi aveva mandato la foto. Rimpiangevo soprattutto la mia sciarpa, era un regalo cui tenevo molto e volevo riprendermela. In quei due mesi avevo pensato molto a come fare, magari potevo limitarmi a contattare uno degli altri membri ma sicuramente loro poi avrebbero parlato con Guy e ci avrei fatto la pessima figura della ragazza immatura che ha paura di affrontare i problemi. Quindi un sabato mattina mi svegliai di buon ora, mi preparai con calma, mi vestii molto semplicemente e mi incamminai verso la Bakery. Stranamente quel giorno c’era il sole e si stava parecchio bene, mi piaceva la sensazione del sole sulla pelle dopo quei mesi di pioggia interminabile. La speranza che quel giorno non avrebbe piovuto mi diede un po’ più di sicurezza. Arrivai lì che per strada non c’era quasi nessuno, la Londra silenziosa del sabato mattina era un sogno. Erano quasi le nove e mezza, suonai nella speranza che dentro ci fosse qualcuno.