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Autore: AlexCrissColfer    01/04/2012    5 recensioni
Essendo la mia prima FF, ho deciso di costruirla intorno alla mia coppia preferita nel telefilm: Kurt Hummel e Blaine Anderson. Tutta la storia è narrata dal punto di vista di Kurt e parla del suo stato d'animo nel momento in cui si lasciano. Naturalmente ci saranno dialoghi tra i due e diverse situazioni (a momenti quasi imbarazzanti) in cui entrambi si imbatteranno, quindi, sperando di avervi infuso (anche solo minimamente) curiosità, vi auguro una buona lettura chiedendovi anche un minimo di clemenza nelle critiche!
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5: I Am In Misery.
 
Quella mattina mi svegliai agitato. Tutta la mia solita sicurezza si era trasformata in ansia. 
Di lì a poco avrei dovuto rincontrare l’uomo della mia vita per dirgli che non riuscivo a stare lontano da lui nonostante tutto e TUTTI. 
Diciamo che sarebbe stata una delle conversazioni più importanti e decisive della mia intera vita. Volevo essere perfetto in tutto, partendo dai vestiti. Ci misi circa trenta minuti per scegliere il io outfit per quell’incontro, ma alla fine scelsi un maglione in lana di Alexander McQueen(*), una t-shirt bianca con stampa nera sotto, un jeans a sigaretta con risvolto, un mocassino con le borchie a piramide di Christian Louboutin ed una calza volutamente a vista che riprendeva i colori del maglione. Al collo, ma nascosta dal maglione, avevo una collana argentata che mi aveva regalato lui con scritto in piccolo “Courage”. Era quello che mi scrisse nel suo primo sms, era ciò che poi è diventato il mio motto. Quel giorno mi sarebbe servito tanto di quel coraggio da poterne riempire quattro silos. 
 
Come al solito arrivai al Lima Bean con un netto anticipo. Ero sicuro che lo avrei aspettato, ma non mi pesava, anzi, quel tempo mi sarebbe servito per calmarmi, fare mente locale e ripassarmi il discorso partorito in un’intera giornata.
Non feci neanche in tempo a parcheggiare che vidi la sua macchina. - È già arrivato? – pensai a voce alta.  Qualche volta sapeva davvero come sorprendermi ed in quel caso c’era riuscito benissimo. Parcheggiai affianco a lui e capii che non si era accorto di me dal fatto che aveva la testa appoggiata al volante. 
 
Inizialmente mi preoccupai.
 
Pensavo stesse male, ma poi capii. Stava piangendo. Mi fece un’infinita tenerezza, ma capii che dovevo fare qualcosa per farlo finire di deprimersi. L’unico modo che mi venì in mente fu quello di avvicinarmi alla sua machina e di bussare al suo finestrino, così lo feci.
 
Anche se il mio tocco fu molto leggero, lui si spaventò a tal punto da sobbalzare mettendosi con la schiena contro lo schienale. Iniziò a fissarmi sorpreso. Guardai intensamente in quegli occhi. Li riconobbi. Erano gli stessi che mi fecero perdutamente innamorare di lui. Dopo qualche attimo, scese dalla macchina ed imbarazzati ci scambiammo un “ciao” amichevole e sorridente, anche se lui era meno sorridente di me dato lo stato in cui ‘avevo trovato due minuti prima.
 
Ero come paralizzato. Non sapevo cosa fare e dire, ma fortunatamente fu lui a rompere quel silenzio creatosi in quegli istanti. “Beh vogliamo entrare?” 
“si, certo” risposi iniziando a camminare quasi freneticamente fino all’ingresso del bar. Entrammo e sembrò tutto come se non ci fossimo mai lasciati. Ci vedevo seduti al solito tavolo con i nostri soliti caffè a parlare della solita cosa: Il nuovo numero di Vogue. 
 
Vidi che lui era più spiazzato di me, quindi lo presi per un braccio portandolo alla cassa. Quando fu il nostro turno ordinai solo per me, anche se avrei voluto fare come al solito, per fargli capire che nonostante fosse passato un mese e 18 giorni dal giorno in cui mi lasciò, io non avevo dimenticato neanche quel minimo particolare.
Dopo aver entrambi ordinato e preso il caffè, cominciammo a cercare un tavolo dove sederci, che “per combinazione” era il nostro SOLITO tavolo.
Andammo a sederci entrambi imbarazzati, dato che non parlavamo seriamente da moltissimo tempo. 
 
C’era troppo silenzio. Un silenzio dovuto al fatto che io avevo paura di cominciare il mio discorso, mentre lui aveva la testa bassa e beveva caffè. 
Mi decisi a parlare.
“Blaine, ecco, io ti dovrei parlare di questa cosa a cui sto pensando da tanto, ma che non ho mai avuto l’occasione di dirti…”
Lui cominciò a fissarmi con quegli occhi che nonostante il pianto ed il sonno erano sempre così profondi, esattamente come li ricordavo.
“Ok, dimmi” rispose lui un po’ freddo  e distaccato. Sembrava come se sapesse a cosa mi riferissi. Come se poi fosse tanto difficile. 
“Ehm.. io non riesco a fare a meno di te. Mi manca ogni cosa. Dalla più piccola alla più importante. Dal tuo bacio al mattino al tuo messaggio la sera prima di andare a dormire. Lo so che dovrei andare avanti, lasciarti vivere la tua vita e vivere la mia, ma non ci riesco, perchè tu sei la mia intera vita, Blaine”. A quelle parole, vidi che i suoi occhi erano ancor più lucidi e appena bagnati da delle lacrime che stava cercando invano di trattenere. Ad essere precisi, io mentre dicevo quelle parole versai un paio di lacrime, anche se mi ero ripromesso di non piangere per nessun motivo.
 
Qualche secondo dopo trovò il coraggio di rispondere con un “posso farti una domanda?”
Al che io risposi “certo! Dimmi tutto” sperando fosse qualcosa di bello o dolce, ma tutte le mie speranze vennero vanificate a causa di quella domanda: “da quanto tempo non vedi o senti Dave?”. Ci rimasi malissimo in quanto avevo aperto il mio cuore a lui, ma fregandosene mi chiese di Dave. “che domanda idiota” pensai. “l’ho sentito questa mattina, perché?” risposi perplesso e preoccupato. “beh, ti sei risposto da solo, Kurt. Ti lasciai quasi due mesi fa perché ti sentivi e vedevi con Karofsky, non perché non ti amassi più, ma tu continui a vederlo o sentirlo e mi fa male. Ora se permetti, devo tornare a casa. Ci sentiamo” non dandomi neanche la possibilità di replicare, se ne andò.  Sentii come una coltellata nel petto. Non riuscivo a pensare al fatto che potesse essere così bastardo. Le lacrime cominciarono ad accarezzarmi il viso marcandolo con la sua scìa. Decisi che era arrivato il momento di combattere. Non accettavo assolutamente la sua reazione e dovevo farlo ingelosire in modo da farlo tornare strisciando, quindi dopo circa due minuti, finito di bere il caffè, mi alzai e tornai a casa per progettare il piano d’azione.
 
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NDA:
1) Grazie delle recensioni, siete fantastici! :)
2) Scusate se questo capitolo potesse risultare un po’ pesante, ma non riuscivo a smettere di scrivere!
3) Il titolo, se ci fate caso, non è più una frase di “Control”. Questo semplicemente perchè essendo senza lieto fine, penso possa anche minimamente esprimere lo stato d’animo di Kurt.
(in realtà è perchè la stavo ascoltando mentre sceglievo il titolo ahaha)
 
 
Bye! :D 
  
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