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Autore: Anakina    21/04/2004    2 recensioni
(RIEDIZIONE RIVEDUTA E CORRETTA) "Questa storia parla di un amore. Un amore che a volte si vede e a volte no, a volte è un'illusione e a volte la pura verità, un amore mai iniziato e mai finito. Un amore strano, contorto, incerto. Un amore che fa soffrire… Ma pur sempre amore."
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ormai erano passati almeno una decina di giorni dall’inizio della scuola, ma ancora non facevamo molto; c’era una specie di pr

Ormai erano passati almeno una decina di giorni dall’inizio della scuola, ma ancora non facevamo molto; c’era una specie di programma chiamato “accoglienza”, gestito dalla prof. d’ italiano, che prendeva parecchie ore e ci permetteva di conoscerci un po’ tutti. Quel giorno però ci sarebbe stato il test d’ingresso di matematica, e io, visto che con la materia non vado molto d’accordo, ero agitatissima! Specialmente dopo che mia madre il giorno prima non aveva fatto altro che ripetermi che i professori mi avrebbero giudicato e dato fiducia da come mi presentavo all’inizio dell’anno. Niente di più vero, ma a mio avviso poteva tranquillamente risparmiarsi dal ricordarmelo.

Salii nell’autobus col naso incollato alle pagine del libro di matematica, per cercare di fare un breve ripasso dell’ultim’ora, anche se sapevo che il compito non sarebbe stato valutato. Dentro però era pieno di gente, riuscii a malapena a reggermi in piedi tenendo una mano sul corrimano all’inizio dell’autobus. Chiusi il libro e un po’ a fatica lo rimisi nello zaino, era inutile continuare a studiare con quella folla…

La fermata successiva fu anche peggio! Fui ancora più spiaccicata da almeno una decina di persone che entravano da lì… Riuscii a malapena ad alzare lo sguardo, e vidi Simone che anche lui arrancava per aggrapparsi a qualcosa… ed era a due millimetri da me.

Io cercai di spostare la mia mano per fare un po’ di spazio alla sua sul corrimano; lui colse al volo l’occasione e si tenne stretto. Mi sorrise con un sorriso di circostanza, e io ricambiai il suo sguardo. Eravamo praticamente attaccati l’uno all’altra…

A quel punto, abbastanza a disagio, mi sembrò d’obbligo almeno salutarlo. In fondo era un mio compagno di classe…

-Ciao- gli dissi.

-Ciao- rispose lui.

Avete presente quando siete in ascensore con qualcun’altro e dovete per forza fare conversazione per non cadere vittime di imbarazzanti silenzi? Beh, più o meno la scena era quella. Mi sforzai di pensare a qualcos’altro da dire. Anche lui sembrava nelle mie stesse condizioni. Strano. Altri ragazzi di solito se ne sarebbero fregati di fare conversazione con me…

-Allora, come va?- esordii nuovamente dopo una manciata di secondi.

-Diciamo bene…

-Preoccupato per il test?

-Oddio, un po’ sì, ma tanto non lo valuta…

Ancora silenzio.

-Come ti trovi a scuola?- questa volta fu lui a riprendere il discorso.

-Sembra carina… speriamo che adesso però non comincino ad ammazzarci di compiti!

-Già… purtroppo però penso che lo stiano già facendo…

Ci guardammo per una frazione di secondo appena, e continuammo con questi discorsi senza capo né coda per tutto il tragitto.

 

Appena scesi mi dissi che era il momento buono per riprendere il ripasso dell’ultim’ora, così ritirai fuori il libro e ricominciai a leggere, senza nemmeno guardare la strada.

Subito avanti a me c’erano Simone e Giada, anche loro si conoscevano un po’ di vista, e anche loro parlavano del più e del meno. Ma non li stavo a sentire, persa nei meandri del “fantastico” mondo della matematica. Tranne quando, ad un certo punto, mi giunse all’orecchio un pezzo della loro conversazione. Credo che stessero parlando di film horror e affini, infatti Simone stava dicendo:

-…Perché tu non hai mai visto X-Files…

Accidenti, X-Files era tra i miei telefilm preferiti! Stranamente incredula di avere qualcosa in comune con lui lasciai perdere la matematica ed esclamai:

-…X-Files?! Io adoro X-Files!

Lui si girò sorpreso:

-Davvero?

Io annuii energicamente e con un largo sorriso. Così, ricominciammo a parlare, questa volta di X-Files e con maggiore interesse alla conversazione da parte di entrambi. Alla fine giungemmo alla conclusione che lui mi avrebbe prestato la cassetta con i primi due episodi della serie, ed io un paio di giochi per la Playstation che nulla avevano a che fare con la serie tv, non ho idea del motivo.

 

Continuammo a parlottare anche una volta entrati in classe, durante le lezioni. Mi stava venendo il torcicollo a forza di girarmi indietro verso di lui!

Entro la seconda ora trovammo già altri punti in comune; ci piacevano più o meno gli stessi generi di libri, film e musica, entrambi amavamo cantare…

Non avevo mai provato una sensazione simile prima, era come riscoprire me stessa guardandomi ad uno specchio. Ero sicura che qualunque cosa avessi detto lui la avrebbe pensata come me. Strano, molto strano…

Tra una chiacchierata clandestina e l’altra, arrivò infine la fatidica ora: quella del test di matematica! Tutti ci staccammo di banco e ci preparammo alla nostra sorte. Ma nonostante cercassi di concentrarmi non riuscivo a pensare ad altro che a questo… Come faceva una persona che non frequentavo più da almeno 10 anni ad essere così simile a me? Che cosa voleva dire? E perché non stavo pensando al compito di matematica…

 

Alla fine dell’ora, finalmente consegnai il compito. Ragazzi, che mal di testa… Mi succedeva sempre così, dopo che finivo una verifica. Appoggiai una mano sul banco di Giada, che aveva già riattaccato all’altro banco vicino e in quel momento stava riordinando le penne nell’astuccio.

-Beh, com’è andata?- le chiesi stancamente.

-Credo bene, tranne il secondo esercizio che mi sa che ho fatto un casino!

-Sì, credo anche io…

Non riuscì a finire la frase. Mi misi stupita a fissare Simone che stava unendo il mio banco, visto che ancora non lo avevo fatto, a quello di Giada, prendendomi perfino lo zaino e appoggiandolo lì accanto.

Alzò lo sguardo verso di me, che non riuscivo a smettere di osservarlo stupita, e sorrise ancora. Poi disse, con un’aria scherzosamente spavalda:

-Eh… visto che cavaliere?

Io dovetti ricordarmi di respirare, mentre sentivo il sangue salirmi fin sulle guance:

-Ehm… Grazie!- farfugliai, cercando di sorridere a mia volta e sentendomi una scema totale per via del mio viso in fiamme.

 

Alla fine delle lezioni ci eravamo scambiati i numeri di cellulare e già nel pomeriggio avevamo cominciato a mandarci un numero indefinito di squilli al minuto.

Io ancora non riuscivo a crederci… Era davvero un ragazzo simpatico, dolce, gentile, un vero e proprio tesoro! Già… ma perché continuavo a pensarci! Mi aveva rimesso a posto il banco ancora prima del suo… Sì, era proprio un vero “cavaliere”, ma in fondo era solo un piccolo gesto, lo avrebbe fatto chiunque… no?

No…

Nessun altro che conoscessi era così.

Nemmeno il mio ex lo era, quando stavamo insieme.

Luigi… il mio ex…

Amici da tutta la vita, cresciuti insieme, e poi finalmente, l’anno prima, era sbocciato un tenero amore a lungo sognato e sperato.

Ma poi mi lasciò prima dell’estate, litigammo di brutto e ancora dopo mesi ci soffrivo, perché non capivo cosa lo avesse indotto ad abbandonarmi, e stavo male in un modo che nemmeno io credevo possibile. Lo pensavo spesso, specie prima di addormentarmi, pensavo a noi, a tutti i bei ricordi e i momenti in cui passavamo a corteggiarci a vicenda, ricordandoli con un triste sorriso sulle labbra e qualche lacrima fuggevole.

Ma quella notte, e le successive dopo, fu diverso. Con mia enorme sorpresa, c’era solo l’immagine di Simone nella mia mente, per quanto continuassi a scacciarla. La mia mente tornava sempre al suo viso, alla sua voce e a ciò che aveva fatto quella mattina.

Perché ci pensavo! Non dovevo farlo, era solo un amico… Solo un amico… Ma quel suo sorriso… Così, bello, così rassicurante, che avrebbe spiazzato chiunque… Come si faceva a non pensarci, a non pensare alla sua gentilezza, alla sincerità nei suoi occhi, a tutte le cose in comune che aveva con me…

Chissà se anche lui mi stava pensando…

Ogni volta che mi lasciavo andare a queste riflessioni, puntualmente poi mi imponevo di dormire, girandomi su un fianco indispettita con me stessa.

 Era un mio amico… Sì… Era un amico per me, niente di più. Anzi, nemmeno un amico! Un semplicissimo compagno di classe che non potevo neanche dire di conoscere a fondo, ecco cos’era!

Anche se, dovevo ammetterlo, addormentarsi col sorriso sulle labbra solo per aver pensato ad un compagno di classe era piuttosto insolito.

 

  
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