Gentilmente betato da Mary aka Mary_Sophia_Spurce
Regola
numero tre.
– Una
volta a settimana? – le sue urla mi avevano fatto venire il
mal di
testa. – Non può andarsene da uno psicologo se ha
dei problemi?
–
Spero tu stia scherzando...
– Assolutamente no. Perché deve
assillarti in questo modo? –
Non faceva altro che strillare e
la cosa mi urtava parecchio.
– Non mi assilla, mi chiede solo
qualche consiglio.
– Bel modo di chiederli, Elena.
Il suo
camminare avanti e indietro per la cucina mi rendeva ancora
più
nervosa
– Allora, secondo il tuo ragionamento, non dovrebbero
esistere gli amici.
– Non quelli come lui.
Mi trattenni
dall'urlare anch'io perché ero davvero stanca di sentirgli
dire
quelle cose. Non riuscivo a spiegarmi il perché non capisse
il mio
punto di vista, perché non riuscisse a vedere la purezza nel
rapporto d'amicizia tra me e Damon.
– Cos'ha lui di diverso
dagli altri? – sospirai rassegnata sedendomi sul divano.
– Io
lo vedo come ti guarda, come ti sfiora e sorride. Non è una
semplice
amicizia è... qualcos'altro.
Scossi il capo. – Non so davvero
in che altro modo dirtelo... Siamo. Solo. Amici. – ribadii il
concetto scandendo bene le parole, fosse mai che stavolta Stefan
capisse.
Mi raggiunse sedendosi accanto a me – Mi dispiace ma
non è quello che vedo io – mi prese le mani
stringendole –
Vorrei tanto Elena perché ti amo e non voglio perderti ma
sento che
accadrà.
– Ti sbagli – asciugai in fretta una lacrima
traditrice.
– Allora non vederlo, ti prego.
– Non puoi
chiedermi questo, io non ti ho mai proibito di uscire con i tuoi
amici soprattutto con Klaus.
– Sai bene che non è la stessa
cosa.– Lasciò le mie mani e riprese a camminare su
e giù per la
cucina. – Lui è un ragazzo.
– Non ne voglio più parlare. –
ero esausta.
– E' assurdo, adesso ti arrabbi pure? Sono io
quello che dovrebbe essere in collera.
Avevo esaurito ogni
argomento per fargli capire che si sbagliava, ormai avevo perso la
battaglia; Stefan era un bravissimo ragazzo con milioni di pregi e
pochissimi difetti, uno di questi era la sua testardaggine: quando si
metteva in testa qualcosa niente e nessuno poteva fargli cambiare
quell'idea.
– Non può trovarsi un altro con cui risolvere
questa misteriosa situazione?
– Tu andresti mai a raccontare i
fatti personali a un tuo amico qualsiasi che non sia Klaus? –
sottolineai quel nome con una smorfia. Non sopportavo quel ragazzo e
lo stesso era per lui.
– Il modo in cui lo difendi è
incredibile.
– Perché lui ha sempre difeso me! Oddio mi sembra
di impazzire; mi ha vista nascere, crescere, litigare con i compagni
di scuola e mi è stato accanto in ogni momento: è
il mio migliore
amico non potrei mai e poi mai rinunciare a lui.
Asciugai un'altra
lacrima, quella discussione mi stava corrodendo l'anima.
–
Spero, un giorno, di essere almeno un quarto tanto importante per te,
rispetto a lui.
-Ma che...
Provai a fermarlo mentre si dirigeva
verso la porta ma riuscì lo stesso ad uscire e andare via.
Jeremy
mi trovò sul letto della mia camera sommersa dal piumone.
–
Sembri una crisalide.– sentii il letto abbassarsi, segno che
s'era
seduto accanto a me. – Solo che tu non diventerai una
stupenda e
bellissima farfalla.
– Lo so – tirai su il naso e mi
abbracciò, nonostante l'enorme piumone a dividerci.
– Perché
lo sei già, scema. – tirai fuori gli occhi e il
naso per poter
vederlo e respirare meglio. – Hai litigato con di nuovo con
Stefan?
– Sì. E' geloso marcio e mi ha chiesto di non
vedere Damon, a
modo suo, ma l'ha fatto.
– Hai accettato?
– Sei pazzo? –
scattai come una furia mettendomi a sedere sul letto e sciogliendomi
dal groviglio del piumone – Chiedermi di non vederlo
è come
rinunciare ad una parte di me stessa: quella più bella,
più
allegra, più solare e sorridente. Quella migliore insomma.
– mi
rigettai nello sconforto, coprendomi fino alla testa.
– Dovresti
riflettere su quello che hai appena detto.
Chiuse la porta della
mia camera da letto e sbuffai; non volevo rinunciare al mio migliore
amico e non volevo perdere Stefan ma lui era così
testardo... perché
non capiva come mi sentivo io stando insieme a Damon? Perché
non
riusciva a capire che avevo bisogno della mia dose quotidiana del mio
migliore amico per cominciare o continuare una giornata?
Risolvere
quella situazione sarebbe stato impossibile: avevo promesso a Damon
d'aiutarlo, di conquistare Caroline dicendogli le famose dieci regole
un po' per volta; ma come potevo fare senza continuare a ferire il
ragazzo che amavo?
– Quand'eri piccola e avevi qualche problema,
correvi a casa mia e ti nascondevi nell'armadio in attesa che
tornassi dagli allenamenti e potessimo parlare.
– Il buio mi
aiutava a pensare meglio.
– Quando tornavo ti trovavo lì,
rannicchiata in un angolo con gli occhi confusi...
– Non
piangevo perché non volevo distrarmi dal pensare.
– E allora
chiudevo l'armadio, mi sedevo di fronte a te, ti stringevo le mani e
pensavamo insieme ad una soluzione. Abbiamo sempre risolto tutto
insieme.
Con un colpo secco mi srotolò dal piumone, si distese
accanto a me e coprì entrambi: buio e mani intrecciate,
quasi come
quand'ero piccola. – Perché non eri nel mio
armadio?
– Sono
troppo grande per infilarmi là dentro.
Nonostante non lo vedessi
riuscii a sentire il suo sguardo su di me – Sai che non mi
riferivo
all'armadio vero e proprio.
– Ho litigato con Stefan per...
perché è geloso di te. Non volevo correre tra le
tue braccia.
–
Non volevi dirmelo? – la sua risatina mi fece innervosire.
–
Sei qui per prenderlo in giro o per trovare una soluzione.
–
Scusa, continua.
Trascorsi il resto del pomeriggio a sfogarmi come
non facevo da tempo. Amavo stare al buio perché
lì ero sola con me
stessa e pensare era molto più semplice; forse era per
questo che
molta gente ne era terrorizzata.
– Ti ho fatto perdere una
giornata intera.
Mi tirò di più a sé, intrecciammo
anche le
nostre gambe – Non dire sciocchezze: stare con te non
è
assolutamente una perdita di tempo.
– Posso farti una domanda?
Devi promettere, però, che mi dirai la
verità.– Poggiai la testa
sul suo petto mentre me lo prometteva. – Hai mai,
cioè... tu hai
mai fatto pensieri, come dire... o anche sogni; sai no?
La sua
risata mi scosse – Mi stai chiedendo se ho mai fatto dei
pensieri o
dei sogni erotici su di te? – io annuii e lui rise di nuovo,
tanto
che lo colpii per farlo smettere. – Perché me lo
chiedi? Ne hai
fatto uno su di me e vuoi vedere se sono all'altezza del tuo sogno...
fidati, sono molto di più.
– Sei un cretino. Non t'ho mai
sognato, in quel senso. – Gli diedi una gomitata e mi liberai
dal
piumone per scendere da letto. – Adesso non lo voglio
più sapere,
idiota.
Lui intanto non la smetteva di ridere, era senza speranza.
Damon aveva questo potere: quello di farti passare ogni
malinconia e farti tornare il sorriso; era uno dei motivi per cui gli
volevo un gran bene.
Uscii dal bagno dopo una doccia fredda
veloce, stare sotto quel piumone tutte quelle ore mi aveva fatto
sudare tantissimo.
“Puzzi
come una barbona” aveva detto Damon non appena eravamo scesi
in
cucina per bere un po' d'acqua.
Indossai un vestitino leggero e lo
raggiunsi: era sul divano intento a guardare la tv.
– Come vanno
le cose con Caroline?
– Mh, mh. – mugugnò.
– E' una
cosa negativa o positiva?
– Lena, sto guardando la partita di
beach-volley femminile, sono troppo impegnato per
risponderti.
Assottigliai lo sguardo e spensi la tv. – Adesso
posso avere la tua attenzione?
-Ma... Stefan dovrebbe essere
geloso del mondo intero non di me.
– Come scusa?
– Che
razza di vestito hai addosso?
– E' estivo, fresco, colorato...
–
E' corto. Se ti abbassi ti si vedono le mutande.
– Non ho le
mutande.
– COSA?
Risi come una matta e mi accasciai per terra
nel vedere la sua faccia sconvolta – Ho degli shorts.
– Continuai
a ridere e, non appena mi ripresi, gli spiegai che avevo indossato
dei pantaloncini sotto l'abitino perché sapevo fosse troppo
corto.
Ogni volta però che ripensavo alla sua espressione ridevo
come una
scema.
Quando riuscii a superare la fase di riderella acuta, mi
disse di Caroline: dopo la festa si erano visti qualche volta di
sfuggita ed era stata lei a fermarlo e salutarlo.
– Bene,
potresti chiederle di uscire di nuovo.
– Non saprei... e se poi
non avessimo argomenti su cui parlare?
– Adesso è lei che ti
cerca e che vuole un contatto con te; se dovesse calare l'imbarazzo
vedrai che sarà la prima a cercare un argomento: le
interessi.
–
Tutti questi discorsi seri mi hanno messo appetito, andiamo a
mangiare.
Ebbi il tempo di prendere la borsa con le chiavi di casa
e il cellulare che mi trascinò fuori di peso; da piccoli io
e Damon
adoravamo camminare a piedi e a volte fare delle gare di corsa per
vedere chi fosse più veloce: all'inizio vincevo sempre io,
poi lui
iniziò a fare sport e le cose cambiarono.
Quella sera decidemmo
di onorare una vecchia tradizione e di andare al Mystic Grill a
piedi, per goderci al meglio la pace notturna, per poter parlare in
tranquillità senza farci distrarre dalla radio o altre auto
e anche
per prolungare il tempo da trascorrere insieme.
– Lo fai mai con
lui? – Lo guardai interrogativa – Intendo
passeggiare in questo
modo. Pervertita.
Sorrisi. – No. Non ci ho mai pensato in
realtà, è una cosa nostra.
– Non ne sarei geloso.
– Lo so
ma io non farei altro che fare paragoni nella mia mente e non
voglio.
– Lo fai spesso? – Lo guardai di nuovo. –
Dio Elena!
Sei in astinenza? Parlo dei paragoni.
Dovetti fermarmi per le
troppe risate, come faceva a non capire quando lo prendevo in giro?
– No, siete diversi... sarebbe strano.
– Ti è mai
capitato di aver fatto la stessa cosa con entrambi e di non saper
dire con chi ti è piaciuta di più.
Ci pensai su – No, per
fortuna no.
– Non
sapresti decidere?
Me lo chiese proprio quando arrivammo al
Mystic, ci fermammo davanti la porta d'ingresso perché
dovevo ancora
rispondergli. – Sì e forse è proprio
questo che mi spaventa.
Distolsi lo sguardo dai suoi occhi ed entrai.
Tutte quelle
domande che Damon mi aveva rivolto durante la nostra passeggiata mi
avevano turbata. Aveva la capacità di far passare la
tristezza ma
aveva anche quella di insinuarti un fastidioso tarlo in testa e farti
rimuginare sopra quel pensiero fino a farti scoppiare la testa.
Era
quello che mi stava succedendo: cosa avrei fatto, anzi, chi avrei
scelto?
– Mentre eri nel tuo mondo del 'perché Damon mi ha
fatto tutte quelle domande' ho ordinato il tuo piatto preferito.
–
Mh... e se avessi voluto qualcos'altro?
Mi guardò scettico e
poggiò i gomiti sul tavolo, incrociando le mani sotto il
mento –
E' sempre la stessa storia: prendi il menù, lo sfogli
quattro volte,
storci la bocca in una smorfia strana, leggi qualcosa che
può aver
attirato la tua attenzione e quando viene Matt per ordinare prendi il
solito hamburger senza cetriolini con patatine, poco piccante e con
cipolla a parte.
Incrociai le braccia al petto offesa – Oggi
non volevo le patatine.
– D'accordo lo chiamo e glielo dico.
–
No no no. Stavo scherzando – Il suo sorriso mi
infastidì –
Potresti smetterla?
– Non sto facendo nulla.
– Neanche
Stefan conosce il mio piatto preferito. – mi morsi la lingua
non
appena mi accorsi di averlo detto ad alta voce, era l'inizio della
fine. – Cioè...
– Ti conosco da ventitré anni, sarebbe
strano non saperle queste cose.
– Cambiamo discorso? Ti
prego.
Mangiammo i nostri hamburger alternando il silenzio a
discorsi stupidi e senza senso, più volte però
pensai alla frase
detta in precedenza; mi ero sempre ripromessa di non fare paragoni
tra il mio migliore amico e il mio fidanzato, di non cercare i
difetti di uno nei pregi dell'altro: ma allora perché avevo
quella
strana sensazione che tutto stava per cambiare, meglio dire, per
precipitare?
Ci alzammo per andare alla cassa e Damon pagò per
entrambi, mi opposi chiedendogli almeno di prendere i soldi della mia
parte ma non volle sentir ragioni.
–
Hai
appena imparato la terza regola. – dissi uscendo dal Mystic.
–
Sarebbe?
– “Pagare la cena non è per le
donne un segno di
emancipazione! Offrire la cena o il pranzo la prima volta che si esce
insieme è molto importante ed anche galante, si acquistano
molti
punti.”
– Quindi la tua era una messa in scena?
–
Idiota – Lo spinsi leggermente – Mi dispiace quando
spendi dei
soldi per me.
Scosse la testa rassegnato mentre tornavamo verso
casa mia – Chi sarebbe l'idiota adesso?
Sorrisi e restammo in
silenzio per il resto della passeggiata. Quando arrivammo a casa le
luci del portico erano accese, segno che Jeremy era rientrato.
–
Posso darti un consiglio? – mi voltai per ascoltarlo.
– Dovresti
chiamare Stefan e dirgli che vuoi passare del tempo con lui. Posso
cavarmela senza di te per qualche giorno, non sono così
grave.
–
Non è questo...
– Potreste andare nella casa al lago dei tuoi
genitori. Una settimana di puro amore e vedrai che tutto si
sistema.
– Non voglio abbandonarti, ti ho promesso di
aiutarti.
– So che ci sei sempre per me ma non voglio che
litighi con lui a causa mia, ancora.
Lo abbracciai forte: questo
era un altro dei motivi per cui lo adoravo e non potevo fare a meno
di lui.
– Grazie.
Rientrai e chiamai Stefan proponendogli
quello che mi aveva consigliato Damon; accettò dopo qualche
minuto
di tentennamento: quella settimana sarebbe servita per fargli capire
che lo amavo e che Damon era solo un amico.
********
Buooooooona
Domenica, buona Domenica delle P(p)alme (non so se si scrive grande
ma per sicurezza l'ho scritto in entrambi i modi!) Buon pesce
d'Aprile.
Come state e che mi raccontate di bello?
Ah beh, io
nulla di che... è sempre la soooolita vita. Studio, esami,
scrivo,
litigo con Youtube. Ok la smetto.
Che dire su questo
capitolo?
Elena e Stefan hanno litigato pesantemente, maledetti
fidanzati che non capiscono il significato dell'amicizia. Damon ed
Elena si sono avvicinati ancora di più e le domande di Damon
hanno
fatto sorgere in Elena qualche dubbio, non sui suoi sentimenti ma su
un'ipotetica scelta. Le scelte sono sempre una brutta cosa.
Devo
dire che oggi non è una bella giornata e lo si capisce anche
da
queste note orrende che sto scrivendo.
Ringrazio chi ha aggiunto
la storia tra i preferiti, seguiti e ricordati e chi ha commentato.
Siete meravigliose.
Alla prossima!
Un bacio, Alessia.