Note
della traduttrice: e infine eccoci qua, l’ultimo capitolo. Quasi non mi sembra
vero. Colgo l’occasione per fare un po’ di ringraziamenti.
Grazie
ai 59 che hanno messo la storia tra i preferiti;
Grazie
ai 51che l’hanno messa tra le seguite;
Grazie
ai 7 che l’hanno messa tra le storie da ricordare.
Grazie
anche ai 3 che hanno messo l’autrice tra i preferiti.
Grazie
davvero a tutti, spero che quest’ultimo capitolo vi
piaccia.
Buona
lettura
Lory
stava tremando.
Lui
non aveva mai gridato contro di lei,
prima. Non aveva mai nemmeno sbottato
contro di lei, non si era mai lamentato di lei, non aveva mai fatto niente che mostrasse una qualche sorta
di dispiacere. D’accordo, aveva cominciato spesso delle litigate con Strawberry,
o aveva sgridato una delle altre ragazze (eccetto Pam: nessuno la contrariava
davvero), ma non aveva mai detto niente del genere a lei.
Perciò
in quel momento, mentre fissava il biondo con gli sbarrati con Kyle che lo
costringeva gentilmente a sedersi, mormorando frasi a caso con cui indubbiamente
sperava di calmare il suo amico, Lory tremava per il complete stupore al vedere
Ryan nel suo stato di massima ira.
Tutto
quello che c’era volute era stato un debole “G-Ghish è…”
In
qualche modo, probabilmente attraverso una combinazione della reazione della
ragazza alla sua telefonata alcuni giorni prima e del suo genio innato, e
probabilmente il nome pronunciato in un modo simile, quelle due parole,
balbettate e sussurrate, furono tutto ciò che servì, e, istantaneamente, il suo
atteggiamento cambiò da un po’ preoccupato e curioso ad uno freddo e stupito. Un
battito di cuore dopo, la ragazza si era ritrovata appena capace di respirare
mentre un’incredibile furia era entrata negli occhi e nella voce di
lui.
Non aveva mai visto quegli occhi azzurri
così offuscati da un crudele tormento…
…per
un attimo si chiese se, forse, quello era lo sguardo che aveva quando i suoi
genitori erano--
E
poi tutti quei pensieri erano spariti mentre la speranza, una qualcunque
speranza di negoziare pacificamente, era volata via, seguita all’istante da
quell’ira nascente.
“Lory.”
Sobbalzò
non per la rabbia rinnovata, ma per il tono dolce con cui era stato pronunciato
il suo nome.
Kyle.
La
ragazza alzò gli occhi per guardare il membro più anziano del Progetto Mew Mew
che cercava di essere gentile con lei, i suoi occhi erano dolci e
silenziosamente imploranti quando catturarono il suo sguardo, e al contempo di
essere risoluto con il suo compagno. Una rapida occhiata a lato e lei poté
vedere come la sua mano esile fosse posata sulla spalla del biondo, le dita tese
in un’ansiosa solidità…
La
fece sobbalzare così bruscamente, che tutto quello che riuscì a dire in risposta
fu un balbettante “S-sì?”
Strano,
inquietante, quanto la sua voce fosse calma: l’esatto opposto della filippica
stravolta di Ryan di un minute prima.
“Dove
sono adesso?”
In
qualche modo, il suo tono mise ordine nei suoi pensieri. Deglutì piano, prima di
raddrizzarsi con crescente risoluzione.
“Stanno
venendo qui. Dovrebbero…” riportò lo sguardo sulla mano di Kyle: i suoi muscoli
si erano flessi di poco in risposta all’appena visibile contrazione che Ryan
aveva avuto alle parole “venendo qui”. “Dovrebbero arrivare presto.” Lei deglutì
di nuovo, quasi nello stesso momento in cui il biondo fece come se stesse per
alzarsi, solo per essere spinto di nuovo giù, nuovamente zittito da quello
sguardo quasi disperato…
In
qualche modo, quella piccola serie di movimenti produsse una crescita di
coraggio nella ragazza, e, prima che se ne rendesse conto di cosa stava
accadendo, sentì la sua voce balzare dalla sua gola stretta mentre le sue mani,
appena tremanti lungo i suoi fianchi, si stringevano e si
aprivano.
“Ryan,
se solo—”
Gli
occhi blu del ragazzo si fissarono nei suoi.
Lei
si riprese dall’esitazione.
“Ti
prego, forse, se solo ascoltassi, solo per un momento,
potremmo—”
“Non
hanno mai voluto negoziare prima. Cosa ti fa pensare che possa funzionare
ora?”
Entrambi
gli uomini e Lory si voltarono verso la nuova voce, perché Pam aveva colto
l’opportunità di entrare, senza dubbio faceva le veci di una
pseudo-ambasciatrice per le alter due Mew Mew che ascoltavano non così nascoste
alla porta (quando Lory era arrivata, tutte le altre tre Mew Mew erano al caffè;
quando aveva chiesto, ognuna aveva detto di aver sentito il bisogno di essere lì
in quel preciso momento. Lory dedusse che il legame tra loro era diventato molto
forte). La ragazza osservò la scena con i suoi occhi sempre privi di
espressione, le braccia incrociate e la testa inclinata appena di lato,
apparendo curiosa quel tanto che il suo freddo contegno lasciava
vedere.
Forse
fu la freddezza, la profonda apatia, di quello scuro sguardo blu ardesia che
spronò una vibrante ondata di coraggio nella ragazza focena. Qualunque cosa lo
fece, Pam e gli uomini si trovarono a fissare Lory un po’ stupiti quando la sua
voce si innalzò più forte che poté, con gli occhi che brillavano di una passione
che immobilizzò tutti e tre per un istante.
In
effetti, Pam e Ryan erano i più shockati del trio: Kyle la stave guardando con
un misto di curiosità e... osava pensarlo?... orgoglio?
C’era,
senza dubbio, qualcosa della convinzione nello sguardo di Lory che ispirava un
deciso senso di soddisfazione nell’uomo, e che diminuì un pochino la sua
incredulità.
C’era
un qualche valore in ciò che stava dicendo? Poteva essere in
effetti…?
“Ma
non gliene abbiamo mai dato la possibilità!”
Le
bastò dire questo per ottenere un dolce “Lory…” appena mormorato dalle labbra
aperte di Kyle.
Pam
e Ryan, a loro volta, si irrigidirono.
Per
un istante, mentre Lory sosteneva il loro sguardo, pensò, solo per un brevissimo
istante, che qualcosa fosse scattato. Gli occhi blu di Ryan
tremolarono.
Poi,
Pam riprese il suo atteggiamento privo di espressione, e Ryan si irrigidì
preparandosi per una confutazione.
Lory
non sapeva cosa avrebbe detto il ragazzo o come lei avrebbe risposto. Ad essere
sincera, di certo non sapeva con cosa
avrebbe risposto, o come si sarebbe riaccesa quella
discussione.
Tutto
quello che sapeva era che avrebbe preferito che ciò
avvenisse.
Invece,
la voce successiva che udì apparteneva ad un incredula ed evidentemente
sconvolta Mina. Non c’erano dubbi su chi era appena entrato dalla
porta:
“Strawberry!”
E
non c’erano su chi doveva essere appena arrivato con lei. La voce insolitamente
tetra di Paddy (era stata stranamente sottomessa dopo che Ryan aveva cominciato
a gridare contro Lory: la scena, combinata con le notizie, sembravano averla
portata in un reame di pensieri profondi che aveva instillato una strana calma
nella ragazza-scimmia) se ne occupò:
“Ghish-…”
Prima
che Lory potesse anche solo registrare cosa stava davvero accadendo, si accorse
che la voce di Paddy si era stranamente interrotta, come se avesse volute
aggiungere qualcosa di più, ma non ne era stata sicura…
Quel
flusso di pensieri durò solo un secondo, comunque, perché quello successivo,
Ryan stava aprendo la porta, con una nuova rabbia a dipingergli il volto. Kyle
stava provando a stargli dietro, con la bocca aperta a gridare il nome del
biondino, la mano allungata, che mancava appena il retro della camicia del
ragazzo nel tentativo di fermarlo.
Pam
rimase lì, le braccia sempre incrociate, gli occhi sempre privi di
espressione.
Di
nuovo, quello sguardo… Lory si ritrovò a seguire Kyle, a sorpassarlo, and aprire
la bocca e:
“Ry—”
Non
era che non avesse la forza di volontà per andare avanti, forse persino di
afferrare la spalla del ragazzo e provare a calmarlo.
Era
solo che la rabbia di Ryan (e chi poteva davvero biasimarlo? Lory provò
visibilmente orrore al ricordare come il passato del ragazzo stesse ovviamente
influendo sulle sue azioni) era molto più forte.
La
voce di Lory fu interrotta dal grido infuriato “Razza di idiota!”
Provò
di nuovo, non ricevette risposta, e non si prese la briga di farlo una terza
volta. L’attenzione di Ryan era solo per l’alieno e la rossa che stavano davanti
a lui.
I
suddetti alieno e rossa guardarono…
L’espressione
di Strawberry rispecchiava quello che chiunque avrebbe potuto prevedere:
spaventata, ansiosa, eppure segnata da una scintilla di volontà che
preannunciava un scoppio se le cose fossero continuate in quel modo.
Ghish…
Lory poté vedere solo una cosa nei suoi occhi Dorati: la determinazione di
proteggere, di custodire. Certo, la ragazza non aveva dubbi sul soggetto a cui
era rivolta quella determinazione. A parte quel bagliore, rimaneva stranamente
inespressivo, fermo, e la ragazza focena di accorse che aveva intenzione di
restare così.
Almeno
finché la ragazza gatto non avesse fatto la prima mossa.
Sì,
entrambi i ragazzi stavano aspettando che Strawberry reagisse, Ryan puntava
specificamente contro di lei, Ghish la guardava cautamente e lasciava che ciò
accadesse… dipendeva tutto da lei.
E
sembrava che Strawberry volesse
parlare, discutere, litigare persino. Il fuoco era là, fremente sotto le sue
iridi rosa-marroni, ma qualcosa la stava trattenendo dal
farlo.
Paura?
Preoccupazione
per il ragazzo alieno che stava poco dietro di lei? Quasi terrore, perché era
appena uscito da una bizzarra battaglia contro il suo stesso camerata, e lei non
sapeva ancora quali conclusioni trarne?
Preoccupazione
per Lory, che sapeva che la sua espressione non avrebbe potuto essere
incoraggiante?
Ansia
per le reazioni delle altre Mew che, anche se al momento stavano zitte, erano
inevitabili?
Una
combinazione, probabilmente, ma comunque qualcosa che la tratteneva inchiodata
sul posto, con i pugni stretti quasi al punto di ferirsi, il coraggio in
procinto di essere messo in azione, ma intrappolato dietro una tensione
crescente, avvolgente, finché…
Strawberry
non fece niente per romperlo: più che altro ebbe solo la parte di una specie di
vittima per il grilletto: ovvero la mano di Ryan, che si allungò per colpire o
afferrare, nessuno lo sapeva, ma che ebbe come risultato di interrompere non la
paralisi di Strawberry, ma quella di Ghish.
L’alieno
si fece avanti, una mano pallida afferrò il polso di Ryan, le labbra assunsero
un ghigno mentre quella scintilla protettiva esplodeva in una fiamma minacciosa,
e la sua voce attraversò la tensione, con un tono ingannevolmente calmo di
fronte alla furiosa esclamazione del biondino.
“Ora,
sono abbastanza sicuro che tu non voglia farlo, vero? Penso che tu voglia
lasciare la mia gattina—“
La
mano dell’alieno era stretta saldamente intorno al polso di Ryan, e lo stava
lentamente torcendo, muovendolo gradualmente verso un regno in cui la sua presa
sarebbe stata meno difensiva e più offensiva, perché tutti sapevano che, non
importava quanto tranquillo fosse Ghish al suo arrivo, ogni tipo di minaccia
contro Strawberry lo faceva tornare violento, aggressivo.
Ed
ogni tipo di minaccia alla sua stessa persona ispirava quella stessa reazione in
Ryan. Digrignò i denti istantaneamente, con i muscoli che si tendevano mentre si
preparava a scagliare un pugno contro il ragazzo dai capelli verdi, che in quel
momento sembrava pronto per un’altra battaglia.
“Tu—!”
Il
ringhio del biondino ottenne come risultato una serie di grida: da Kyle, una
preghiera di smettere, un paio da Mina e da Paddy, entrambi strozzati e
shockati, e infine, uno da Lory:
“Strawberry!”
La
ragazza focena era l’unica a sapere con esattezza cosa dire, a chi appellarsi,
per avere una speranza di porre rimedio alla situazione. Fu l’unica che riuscì
ad attirare lo sguardo della rossa ed a lanciare la sua preghiera a lei
Funzionò.
Il
grido successivo fu “Fermati, Ghish!” e Ryan si fermò in preda al più puro
stupor quando le braccia di Strawberry si avvolsero intorno alla vita
dell’alieno, tirandolo indietro, terminando la lotta prima che cominciasse. Dal
suo canto, Ghish abbandonò il suo atteggiamento confuso per uno un po’ confuso,
anche se mantenne la sua capacità di parlare.
“Strawberry…”
Tutto ciò che riuscì a dire, tuttavia, fu il suo nome.
Non
aveva importanza. Fu tutto quello di cui la ragazza ebbe bisogno per rompere la
dica che tratteneva la forza che le era cresciuta dentro durante tutte le prove
degli ultimi giorni.
Fece
qualcosa che stupì Ryan a tal punto da farlo cadere in un silenzio
strozzato.
Sorrise.
Proprio
verso l’alieno che, con prudenza, cautamente, sorrise di rimando.
Beh,
non c’è bisogno di dire che Ryan era rimasto a bocca aperta. Altrettanto era
accaduto alle Mew Mew, ovviamente, eccetto una.
“Ghish,
penso che sarebbe meglio se tu—“
Lory
non ebbe bisogno di terminare la frase. In qualche modo tra gli occhi imploranti
di Strawberry e la voce dolce della ragazza focena, Ghish comprese rapidamente
il concetto di “allontanati, così che possiamo assicurarci che il nostro genio
biondo preferito non abbia la possibilità di decapitarti.” Perciò, si
teletrasportò istantaneamente accanto a Lory che, anche se momentaneamente
sorpresa dal rapido movimento, proseguì velocemente con il suo piano per
permettere a Strawberry di avere il complete dominio della situazione
cominciando a guidare l’alieno nella stanza sul retro.
“Sei
pazza? Se pensi che io—! I- i
computer sono di là e—!”
Ryan
si riprese subito dal suo shock e cominciò a gridare ogni frammento dei suoi
furiosi pensieri contro Lory, con la mente che correva freneticamente ad
avvertimenti sul nemico e su un mostro e… ed una volta, solo una, al fuoco….
Comunque,
quella fugace visione di fiamme color arancio fu tutto quello che gli occorse
per decidere di voltarsi e provare ad inseguire la
ragazza-focena.
Questa
volta, Strawberry non fece in tempo a raggiungerlo ed a
fermarlo.
La
strada del ragazzo fu bloccata da Kyle, ed il ragazzo perse quasi immediatamente
il suo impeto.
“Non
pensi che dovresti almeno ascoltarla Ryan?”
Il
biondo farfugliò qualcosa, con la volontà smorzata dal tono stranamente calmo
che Kyle aveva usato.
“Penso
di aver sentito abba—”
“Strawberry
è evidentemente incolume, e lo stesso vale per Lory. Non pensi che questo voglia
dire che loro—”
“Un
trucco! Non può essere altro che un trucco, e solo perché questa idiota è
abbastanza stupida da cascarci, non vuol dire che io—!”
L’uomo
più grande stava cercando di fare appello alla logica del biondo, ma la rabbia
di Ryan stava rendendo quel compito insopportabilmente
difficile.
Quello,
ed il fatto che Kyle sapeva che non avrebbe potuto essere così persuasive. La
verità era che credeva pochissimo in quello che stava dicendo, riusciva a
comprenderlo appena…
…ma
sapeva che non era sbagliato. Lo sapeva dal momento in cui gli occhi di Lory si
erano fissati in quelli di Ryan e lo avevano pregato di ascoltarla, dal momento
in cui Strawberry era arrivata con un Ghish che appariva così completamente differente, in abiti umani, niente meno,
che qualcosa di drammatico era
accaduto, ed il genio biondo era indubbiamente
nell’errore.
Quei
pensieri, anche se erano stati efficaci per convincere Kyle, non avevano quasi
avuto effetto su Ryan. Questi prese semplicemente un altro respiro, pronto a
ribattere al suggerimento di Kyle con più rabbia.
Non
riuscì nemmeno ad esalare.
Strawberry,
libera dalla preoccupazione che Ghish e Ryan potessero uccidersi a vicenda
immediatamente, aveva recuperato un bel po’ di coraggio, e la sua voce decisa
arrivò rapidamente in aiuto di Kyle. La recentissima battaglia contro Pai
l’aveva riempita di energia, anche se non ne aveva parlato. Le cose erano già
abbastanza complicate. Quello poteva attendere per un bel
po’.
“Non è un trucco. Non sai nemmeno cos’è successo, e stai
già—“
Strinse
i denti quando lui sbuffò.
“Lory
è stata così gentile da fornirmi i dettagli. E non posso farci niente se sei
così stupidamente idiota da non
capire quando il nemico ti sta usando.” Concluse con un tono così freddo, così
definitivo, che gli occhi di
Strawberry si riempirono di lacrime.
Stava
tremando in quel momento, e sapeva che avrebbe pianto, e piangere avrebbe
peggiorato le cose di molto.
Improvvisamente,
la ragazza desiderò che Lory non se ne fosse andata. Desiderò anche che le altre
Mew non fossero sparite su per le scale per ascoltare non viste; persino la loro
nervosa presenza avrebbe diminuito la tensione tra lei e Ryan in qualche
modo.
Le
lacrime si formarono nei suoi occhi, offuscandole la visuale, mentre la sua
mente si affrettava a trovare un modo per ribattere, per recuperare la sua
proverbiale posizione.
Alcune
immagini si formarono nella sua mente.
Lampi
di sentimento la colpirono.
Momenti
e sprazzi del suo tempo passato con l’alieno, ma un ricordo si fece avanti
contro le accuse del biondo.
Poté
improvvisamente sentire un fantasma toccarle il polso, il ricordo, che si faceva
sempre più forte, del momento in cui l’aveva pregata per avere un ultimo bacio
prima di morire, che riluceva brillante nei suoi pensieri
caotici..
La
sua morte.
Lui
aveva pensato che sarebbe morto.
Lei
aveva
pensato che sarebbe morto.
Morire…
Il
ragazzo…
Il
ragazzo era quasi… morto per
lei.
Per
lei.
Quei
giorni e quelle notti che aveva passato in agonia… un
trucco?
Quei
baci, bugie?
Quelle
parole, mere fiabe?
Quegli
occhi…
“Sei
tu lo stupido.”
Sia
Kyle che Ryan si gelarono per lo stupore.
La
sua voce aveva perso il suo tono stridulo e frenetico. Un tono con la più pura
tranquillità ne aveva preso il posto.
Per
un momento, Kyle si accorse che c’era una luce nei suoi occhi che aveva già
visto, in quelli di Lory.
Era
la luce della dolce saggezza.
E
in quel momento, Kyle seppe chi aveva vinto.
Strawberry
sorrise a Ryan, ed il biondo sentì che la sua voce era
sparita.
“E’
già cambiato e non c’è niente che tu possa fare.” Alzò lo sguardo su di lui,
guardò I suoi occhi spalancarsi appena.
“Gli
ho già fatto una promessa,” fece una pausa, e poi aggiunse in un flebile
sussurro, ornato con un dolce sorriso, “e lui ne ha fatta una a
me.”
E
in quel momento Ryan si rese conto di chi aveva vinto. Non
lottò.
Il
ragazzo sbatté le palpebre una volta, poi due, prima di produrre un rumore che
era un mezzo sbuffo ed un mezzo sospiro. In ogni caso, era un rumore di debole
accettazione, e in quel secondo, Strawberry sentì il suo cuore proteso verso di
lui. Sapeva cosa significava quella sconfitta per lui, cosa richiamava dentro di
lui.
Richiamava
quell’immagine di fiamme devastanti…
Ma
non ebbe la possibilità di dirlo a voce alta, perché prima che se ne rendesse
conto, lui si era voltato ed aveva cominciato a salire le scale, ignorando Kyle
che chiamava debolmente il suo nome, non prestando attenzione a Mina e a Paddy
che lo fissavano con curiosità, o a Pam che permise al suo sguardo di seguirlo
impercettibilmente prima che sparisse nella sua stanza.
E
questo, si rese conto Strawberry con un balenio un po’ divertito, un po’
sollevato, era tutto.
Beh,
forse non del tutto, ma era più o meno tutto quello che avrebbe visto al
riguardo. Più tardi, Kyle sarebbe probabilmente andato di sopra ed avrebbe
provato a calmare il ragazzo, le avrebbe provate tutte in modo che Ryan potesse
sentire un qualche parvenza di pace.
In
quel momento, comunque, sembrava che il bruno più grande avesse occhi solo per
la situazione attuale. Strawberry fu sorpresa dalla repentinità con cui il
ragazzo la spinse a continuare, non era rilevante quanto gentile e
tranquillizzante fosse il suo tono.
“Penso
che ci sia molto di cui discutere, Strawberry.”
Questo
riuscì a coglierla di sorpresa, ma la ragazza si ricompose velocemente.
“S-sì.”
“Forza
allora.”
Si
giro e cominciò ad andare verso la stanza sul retro. La ragazza lo seguì, lenta
dapprima, e poi prendendo improvvisamente velocità mentre un senso di strana
eccitazione si impadroniva di lei. Si rese conto di aver affrontato Ryan e di essere sopravvissuta. Ed ora avrebbe
potuto dire la buona notizia a Ghish, e forse sarebbe stato così felice,
l’avrebbe abbracciata e—
In
quel momento fu abbastanza ovvio di quanto lontano erano arrivati loro due in
quella relazione, perché quel pensiero era arrivato calmo, con naturalezza, ed
aveva avuto come risultato un forte rossore che le aveva illuminato le guance.
Fu grata del fatto che Kyle sembrasse più preso dallo sforzarsi di andare avanti
e completare il suo nuovo compito piuttosto che dallo
studiarla.
Poco
dopo questa osservazione, i due entrarono nella stanza, la vista di una Lory
nervosa, insieme a quella di un Ghish altrettanto nervoso che cercava di
alleviare la sua ansia giocherellando con una tazza di tè che la ragazza focena
doveva avergli dato, incontrò i loro occhi. Un momento più tardi, gli occhi
dorati di Ghish furono catturati dallo sguardo di Strawberry, e l’alieno sorrise
in automatico. Il fatto che quella paura nauseante fosse sparita dagli occhi
della ragazza fu abbastanza da dirgli chi era il vincitore, e si alzò dalla
sedia con un sorrisetto che gli tirava lentamente le labbra, pronto ovviamente
ad acconsentire immediatamente alla fugace piccola fantasia di
Strawberry.
Si
congelò di nuovo, comunque, alla voce di Lory. Si era alzata anche lei stava
rivolgendo a Kyle la sua totale, compassionevole
attenzione.
“Kyle…
Ryan è…?”
Strawberry
trasalì visibilmente a quel nome, e Ghish camminò a grandi passi per porsi con
fare protettivo accanto a lei, il sorrisetto a metà della sua formazione si
trasformò in uno sguardo di preoccupazione.
Kyle
se ne accorse. Vide quel gesto molto velocemente, ed anche se sapeva che avrebbe
dovuto rispondere cupamente, poiché il nome del suo compagno era un grilletto
sicuro per la tristezza, non poté evitare di sentire una scintilla di interesse
per il legame che sembrava essersi instaurato tra la leader delle Mew Mew ed il
suo (ex, suppongo…) nemico. Perciò,
invece di reagire in un modo che Lory si sarebbe aspettata, le rivolse un
sorriso rilassato, tranquillizzante.
“Starà
bene. Gli parlerò più tardi. Ora,” si voltò verso Strawberry ed un Ghish con un
volto incuriosito, “Credo che ci siano cose leggermente più importanti di cui
discutere.”
La
mezz’ora seguente sembrò volare ad una velocità che aveva del ridicolo, ed ogni
momento portò una nuova piccola sorpresa per Strawberry, la maggior parte delle
quali concerneva quanto civilmente Ghish stava riuscendo a comportarsi davanti
ad uno dei capi del progetto Mew Mew. Ascoltava, annuiva, si controllava
magnificamente, senza il minimo sorrisino o accenno ad un commento maligno.
Presto, sia Strawberry che Lory furono così ipnotizzate da questo che rimasero
fuori dalla discussione, restando invece a guardare mentre Kyle e Ghish
discutevano di varie questioni, affrontando dapprima un rapido riassunto degli
ultimi eventi (Kyle, sempre gentile, si prese qualche minuto per offrire
l’attrezzatura medica del laboratorio, proposta a cui Ghish rispose, con un
cenno negativo della testa, ugualmente gentile... ed un rapido, incantevolmente
grato sguardo rivolto alla ragazza-gatto), procedendo poi ad una piuttosto tesa,
ma fortunatamente breve menzione di Pai (e di Tart, ma Ghish ci passò sopra così
rapidamente che Kyle comprese di non doverlo pressare: ovviamente, l’alieno
stava ancora meditando sulla situazione del più giovane del trio), ed arrivando
infine al rischioso argomento di cosa sarebbe accaduto in
seguito.
“Se
non ho capito male, i genitori di Strawberry saranno di ritorno stasera. E’
corretto?”
Ghish
annuì, Strawberry fece altrettanto.
“Sì”
disse infine lei a voce alta, “ritorneranno verso le
otto.”
“Allora
suppongo che tu non possa rimanere a casa sua, Ghish.”
Il
contegno calmo dell’alieno finalmente si dissolse in un tocco di comprensibile
delusione, ed un leggero broncio gli sfiorò il volto.
“Beh,
non direi—”
“Se
mio padre ti vedesse, ti ucciderebbe, poi gli verrebbe un infarto… poi
probabilmente ti ucciderebbe di nuovo…” Strawberry si interruppe in maniera
piuttosto comica, anche se Ghish comprese immediatamente il senso di quello che
aveva detto. Rimaneva comunque determinato.
“Oh…
andiamo, micetta. Non pensi che potrei convincerlo?” La guardò con un sorriso
speranzoso.
“…non
hai mai incontrato mio padre, vero?”
“Eh…no…”
“Allora
non hai—”
I
due si zittirono, un po’ imbarazzati, al suo di Kyle che si schiariva la
gola.
“Il
punto della situazione è che non penso che tu possa restare
qui.”
Quella
frase fece partire subito Strawberry.
“Ma
Kyle, se non può stare qui, allora…”
Non
aveva davvero bisogno di chiedere perché
non poteva restare. Sapere che il biondo era ancora al piano di sopra era,
ovviamente, la spiegazione. La ragazza non discusse: espresse solo il suo
crescente senso di disperazione. Ghish si accigliò, chiaramente a disagio per
essere improvvisamente un tale peso.
Lory,
decidendo di entrare bruscamente nella conversazione, offrì una proposta. “Forse
lui… lui potrebbe stare con una di noi?”
Kyle
scosse la testa. “Dubito che le altre ragazze siano abbastanza pronte per una
cosa del genere. D’accordo, la villa di Mina è abbastanza grande per
nasconderlo, e Paddy potrebbe riuscire a spiegare la sua presenza ai suoi
fratellini, ma nonostante ciò, non penso che sia giusto chiederglielo adesso. E
non credo che tu sia in grado di nasconderlo alla tua famiglia,
Lory.”
La
ragazza-focena chino la testa. “Io…” Si acquietò. Il ragazzo aveva ragione,
ovviamente.
A
quel punto, Ghish si stava stancando del fatto che si parlasse di lui e fece ciò
che faceva di solito in una situazione del genere: si sforzò di assumere un
sorriso malizioso sul viso ed offrì il suo parere
“esperto”.
“Sai,
micetta, non devo stare in una casa. Posso semplicemente dormire sull’albero
fuori dalla tua finestra. E’ facile nascondercisi, e la vista è
grandiosa.”
Strawberry
si giro bruscamente per lanciargli un’occhiataccia seria. All’inizio, il ragazzo
pensava che lo scopo di quel gesto fosse il solito: una fitta di fastidio al suo
tipico commentino allusivo. Non appena la ragazza aprì la bocca, però, si
accorse che la situazione era diversa.
“Se
tu,” e qui lo colpì con un dito,
facendogli sbattere le palpebre per la sorpresa, e poi cominciare a sorridere
con un po’ di imbarazzo, “pensi di dormire fuori al freddo dopo tutto questo, sei più
stupido di quello che pensassi!”
Kyle
trovò bizzarramente difficile trattenersi dal far apparire un sorriso sulle sue
labbra.
“Allora
suppongo che tu abbia un piano Strawberry, vero?”
Ancora
una volta, la voce di Kyle la fermò. Si grattò involontariamente il mento con un
dito delicato.
“Non
so…”
Gli
altri tre la stavano guardando in attesa. Gli occhi di Lory erano sbarrati
dietro i suoi spessi occhiali; Kyle sembrava aver totalmente focalizzato la sua
attenzione sulla ragazza; Ghish… in effetti, se gli altri fossero stati più
attenti a lui piuttosto che a Strawberry, avrebbero osservato uno dei suoi
affascinanti tratti alieni: le sue orecchie che si contraevano appena per la
profonda curiosità.
Ora,
Strawberry non era una pensatrice particolarmente discreta. Questa era una cosa
che tutti coloro che avevano un po’ di familiarità con la sua mente
semi-addormentata sapevano. Comunque, i suoi pensieri stavano procedendo con una
rapidità impressionante quel giorno, e lei si accorse di un dettaglio molto,
molto rapidamente.
Non
voleva che Ghish se ne andasse. La ragazza non era molto sicura che quello fosse
sorprendente o meno, ma rimaneva il fatto che non voleva che il ragazzo vivesse
da nessuna parte tranne la sua casa, specialmente in quel momento. Dopo tutto quello che
era successo, non riusciva ad immaginare di essere separata da lui così
drasticamente. C’era ancora troppo da fare…
Ma—
Dopo
quella realizzazione, la sua mente corse alla ricerca di un modo per conciliare
quei sentimenti.
Di
nuovo, accadde una cosa davvero incredibile
Trovò
una soluzione.
In
effetti, aveva visto fare quel trucchetto così tante volte nei libri o in alcuni
show televisivi, da essere sorpresa che quell’idea non le fosse venuta
prima.
Un
ampio sorriso le illuminò il volto mentre assumeva la classica espressione da
“Eureka!”.
“Potrei
dire ai miei genitori che è uno studente partecipante ad uno
scambio!”
Sia
Lory che Kyle assunsero un’espressione sconcertata. Ghish appariva semplicemente
confuso.
“Cos’è
uno studente partecipante ad uno scambio?”
Kyle,
riprendendosi, sospirò. “Vuole dire che tu dovresti far finta di essere uno
studente proveniente da un altro paese per stare a casa sua. Ma Strawberry, come
lo spiegherai ai tuoi genitori?”
“Cosa
vuol dire, spiegherai? Potrei semplicemente dir loro che mi sono offerta per far
parte del programma! Non è che potranno mandarlo via.” Il trionfo rimase sul suo
volto.
“E
cosa vorresti fare per…” Lo sguardo di Kyle si piazza chiaramente sulle orecchie
di Ghish, lunghe ed estremamente vistose…. che si contrassero di nuovo.
Evidentemente, era anche curioso di sentire quale sarebbe stata la soluzione per
quel piccolo problema.
A
questo punto, comunque, Strawberry perse il suo sorriso trionfante, esitando
nervosamente. “Ah… beh, potremmo…” Guardò Ghish impotente, e lui sbuffò di
rimando.
“Non
guardare me! Non è che posso ridurle o roba del genere.”
Strawberry
mise il broncio, una reazione normale per fastidi simili.
Fortunatamente,
prima che potesse scoppiare una discussione, Lory si schiarì la
voce.
“Forse
potresti dire ai tuoi genitori che è nato così.”
Ghish
sbatté le palpebre.
“Io
sono nato
così.”
“L-lo
so, voglio dire...”
“Vuole
dire farle passare come un’anormalità dalla nascita. Giusto
Lory?”
La
voce di Kyle le riportò la sicurezza, e la ragazza focena annuì. “N-non è una
grande idea, temo, ma…”
“Penso
che in questo caso andrà benissimo.” Kyle sorrise
incoraggiante.
“Già!
I miei genitori crederanno a qualsiasi cosa. Funzionerà alla grande,” aggiunse
Strawberry, con un sorriso che prendeva il posto che era suo di diritto. Aveva
ragione. Se i suoi genitori credevano al fatto che ogni tanto correva a studiare
a casa di un’amica alle nove di sera (ovviamente, una scusa regolare quando si
verificava un improvviso attacco di un Chimero), probabilmente avrebbero creduto
ad una bugia simile prima o poi.
E
sapeva che avrebbe funzionato.
Doveva. La ragazza si sentiva estremamente irremovibile riguardo il non lasciare
Ghish, ed era lieta del fatto che Lory avesse trovato una soluzione, anche se
rimaneva comunque una incerta. La ragazza aveva temuto di dover supplicare
(sentiva che, in qualche modo, sarebbe finita così), perciò è facile immaginare
il suo sollievo.
“Allora,
ci siamo?”
Kyle
annuì e fece per dire un flebile “penso di sì”, fece per cominciare ad andare
più nel dettaglio di cosa sarebbe accaduto poi, quando:
“Già,
ci siamo?”
Il
gruppo, tutti tranne Ghish che aveva già cominciato a farlo un momento prima di
loro, si voltò per vedere una Mina compita ed una Paddy stranamente silenziosa
che stavano sulla porta. Pam non c’era: forse era rimasta al piano di sopra, a
sorvegliare l’angosciato Ryan.
“Mina…”
Lory fu la prima a pronunciare il suo nome, ma Strawberry fu la prima a darle
davvero una risposta. Sfortunatamente, non lo fece con molta gentilezza. Al
vedere Mina per niente rilassata, Strawberry pensò immediatamente al peggio e
replicò con un tono teso, accusatorio. Lo fece così rapidamente che Kyle non
ebbe nemmeno il tempo di intervenire. Ghish rimase in
silenzio.
“Ti
crea qualche problema,
Mina?”
Si
aspettava che la ragazza scattasse contro di lei, o che cominciasse a discutere.
Invece, gli occhi di Mina si fecero smorti, e lei rispose con una voce che
tremava per l’emozione appena controllata.
“Ma
certo che mi crea qualche problema! Non puoi semplicemente entrare qui con lui (Ghish trasalì quando quegli occhi
accusatori ricaddero su di lui, ma sentì che alzare la voce per difendersi non
era l’idea migliore), ed aspettarti che lo accettiamo! Voglio dire… Strawberry
ti sei scordata di cosa hanno fatto?”
La
ragazza sbatté le palpebre, colta alla sprovvista.
“Mina…”
“Voglio
dire, ti sei scordata di cosa dovremmo fare noi? Abbiamo un mondo da
proteggere!, Perché noi vai a dire ai tuoi amici, ai tuoi genitori che hai
deciso che… che lui vale più di
loro!”
A
quel punto era ovvio che Mina aveva perso il suo auto-controllo. La ragazza
stava fissando Strawberry e Ghish a turno in malo modo, con gli occhi che si
riempivano lentamente di lacrime.
E
ciò che preoccupava di più Strawberry era che Paddy se ne rimaneva in silenzio
durante tutta quella discussione, ancora immersa profondamente in chissà quali
pensieri che la stavano turbando.
“Io…”
Non
osò guardare verso Lory o Kyle in cerca di aiuto, perché sapeva di cosa si
trattava. Negli ultimi giorni, aveva imparato a riconoscere quei momenti per ciò
che erano: il suo personale test di convincimento. Considerò anche questo come
tale.
Calma,
composta, rassicurante, calda e premurosa, la sua voce lotto contro l’angoscia
saliente di Mina.
“Ho
giurato, Mina. E l’ha fatto anche lui.” L’ultimo pezzo fu un sussurro. Poi, la
sua voce ritornò: “E… e dobbiamo cambiare tutto questo ora. Troveremo un modo.” Mentre parlava,
sorrise, e mentre sorrideva lanciò uno sguardo con la coda dell’occhio a Ghish,
che prima guardò lei, poi Mina, e si irrigidì. Si accorse, molto, molto
bruscamente, che era il suo turno di dimostrarsi degno di
fiducia.
Per
la prima volta, Ghish alzò lo sguardo per incontrare gli occhi di Mina senza
alcun desiderio di farle del male o di stuzzicarla. I suoi occhi non mostravano
alcuna cattiveria. Erano seri, pensierosi, persino… contriti. E poi rivolse lo
stesso sguardo a Paddy, e a Lory e, infine a Kyle.
La
ragazza-uccello si prese un momento per assorbire quello sguardo, quei chiari
occhi Dorati, prima di deglutire nervosamente ed irrigidirsi. Dapprima, mentre
lo faceva, Strawberry languì per la delusione, pensando ad una reazione
indubbiamente negativa.
Dopo
alcuni secondi, però, Mina rilasciò un respiro.
“Vado
a fare una passeggiata.”
Nessuno
ribatté quando si voltò per lasciare la stanza.
Dopodiché,
Strawberry si accorse che era il momento di lavorare con
Paddy.
“Paddy,”
cominciò lentamente, con dolcezza, ancora sotto lo sguardo attento degli altri
tre, “stai bene?"
Passatono
dei momenti fino a che la ragazzina sollevò la testa e non guardò Strawberry, ma
Ghish. A coronare il tutto, si
rivolse persino a lui, e non nel modo che Strawberry avrebbe ritenuto
convenzionale.
“Ghish?”
Tutti
rimasero sorpresi e ci volle un po’ a Ghish per riprendersi dal suo stupore e
risponderle.
“S-sì?”
“Questo
vuol dire che Tart può dormire a casa di Paddy?”
Il
gruppo decise in quel momento che era molto chiaro quale fosse il pensiero di
Paddy sull’intera questione.
Le
ragazze, e persino Kyle, cominciarono a ridacchiare e a ridere, non solo perché
l’espressione cupa di Paddy era sparita, e la bambina stava ora sorridendo
radiosamente all’indirizzo di Ghish, ma anche perché il suddetto alieno sembrava
combattuto tra l’essere totalmente confuso dalla sua richiesta e trovare dei
modi per canzonare Tart nel futuro su questa piccola
richiesta.
L’allegria
continuo quando la ragazzina cominciò a parlare tra sé e sé, facendo già una
lista delle cose che stava morendo dalla voglia di provare con il piccolo
alieno.
“…e
potremmo fare dei biscotti, e giocare alla casa, e guardare i film dell’orrore,
e—“
“Paddy.
Perché non vai avanti e ti scrivi tutto su un foglio?” Kyle, perennemente calmo,
provò a riportare un po’ di ordine così che la discussione potesse
continuare.
“Ma
Paddy ha una grande memoria! Sta’ a vedere, posso elencare tutto dall’inizio:
nascondino, ce l’hai, sal—“
“Tart
ha una memoria terribile. Puoi scriverle per lui.”
Paddy
si fermò, sbatté le palpebre, e sorrise di nuovo.
“Allora
Paddy andrà a cercare della carta, e una matita, e…” la bambina di interruppe,
si voltò e saltellò fuori dalla porta.
Non
c’è bisogno di dire che Kyle non fu il solo che fissò Ghish con incredulità.
Il ragazzo alieno si trovò con tre
paia di occhi puntati su di lui e si accigliò davanti allo sguardo sbalordito di
Strawberry.
“Che
c’è? Come se avessi voluto voglia di ascoltare una cosa del genere… e come Tart
dopo che ha mangiato un qualche centinaio di quegli affari di
zucchero…”
Quello
riaccese le risate.
La
successiva ora e mezzo di piani e decisioni passò molto più rapidamente di
quella precedente. Quando Ghish e Strawberry si rimisero i cappotti e si
avviarono alla porta, Paddy aveva ritrovato la sua allegria, Lory stava
sorridendo timidamente in approvazione come suo solito, e
Kyle…
C’era
del calore che brillava nei suoi occhi marroni che fece ingrandire ancora di più
il sorriso di Strawberry mentre la ragazza salutava rapidamente e si tirava
dietro un Ghish in qualche modo meditabondo fuori dalla
porta.
Ma
prima che riuscisse a trascinarlo fuori completamente, l’alieno lanciò un rapido
sguardo verso l’interno del caffè, ed i suoi occhi ebbero modo di scorgere
qualcosa che nessun altro vide: un breve sprazzo biondo in cima alle
scale.
Voltandosi
verso una Strawberry improvvisamente impaziente, copià il suo sorriso, ed i due
si incamminarono verso casa.
Avevano
camminato per circa dieci minuti in una sorta di gioioso e sollevato silenzio,
quando Strawberry decise che il suo momento di auto-controllo era
terminato.
Gridando
“Yatta!” e con un urlo di puro giubili femminile, Ghish si ritrovò disteso in un
mucchio di neve, con una Strawberry che ridacchiava bloccandolo al suolo e
premendo la guancia contro la sua in un vero, folle
abbraccio.
Non
c’è bisogno di dire che il ragazzo ricambiò il sorriso, l’abbraccio tronca ossa
con uno dei suoi, e decise felicemente che non gli dispiaceva molto della neve
fusa che gli stava lentamente entrando nella maglietta.
Non
gli dispiacevano nemmeno quei momenti di ansia strizza-stomaco al caffè, la
nausea che gli era venuta per gli sguardi di così tanti occhi accusatori.
Nor did he mind those moments of stomach-clenching anxiety in the
café, the nausea brought by the stares of so many accusing
eyes.
No,
decise.
La
dolce risata della ragazza che gli solleticava l’orecchio in sollievo totale, il
suo cuore che batteva così vicino al suo, il suo sorriso così genuino, così
diverso da com’era stato prima, compensò totalmente tutte quelle
cose.
Compensarono
così bene, che lui le baciò il collo nella sua propria espressione di euforia, e
questo fece solo sì che l’abbraccio si facesse più
stretto.
Non
si alzarono per altri cinque minuti. La felicità era davvero troppo
grande.
Dio,
se ne era valsa la pena.
“C-come…”
Lui
sorrise.
“C-cosa
hai…”
Il
suo sorriso si fece più ampio: una bianca zanna splendente brillò di riflesso
negli occhi spalancati della ragazza.
“…..”
Lui
ridacchiò.
Alla
fine, Strawberry pronunciò le uniche parole che erano davvero in grado di
rappresentare la situazione:
“E’
stato fantastico.”
Ora,
a cose normali, non si sarebbe complimentata con Ghish per la sua astuzia e la
sua scaltrezza: erano due caratteristiche che le facevano arricciare il suo
metaforico pelo, in particolar modo quando utilizzate come metodo per manipolare
lei.
Comunque,
quello che il ragazzo aveva appena fatto, quello che lo stava facendo sorridere
così tanto e con compiacenza mentre si sedeva sul letto della camera degli
ospiti, mentre si sfaceva i lacci tra i capelli preparandosi alla doccia che
avrebbe fatto, meritavano decisamente un elogio.
In
poche parole era accaduto questo:
1.
I genitori di Strawberry erano tornati a casa.
2.
Il padre di Strawberry aveva immediatamente scorto l’innegabilmente carino, bel
ragazzo alieno seduto innocentemente sul divano del suo
salotto.
3.
Il padre di Strawberry si era comportato nel suo modo abituale. Si era gonfiato
per la rabbia. Aveva preso fiato per un adorabile attacco verbale. In effetti
era sembrato a tutti, persino alla sua confusa moglie, un pesce
palla.
Ora,
è necessario prestare attenzione al piccolo sviluppo che era seguito, dato che
era precisamente ciò che aveva meravigliato così tanto la ragazza-gatto per un
po’ di tempo dopo l’evento:
Ghish
era sopravvissuto.
Aveva
fatto molto di più che sopravvivere, in effetti.
La
ragazza non aveva mai sentito un discorso così educato e sofisticato fluire dale
labbra intelligente dell’alieno.
In
qualche modo, utilizzando la sua sorprendente abilità di suonare miracolosamente
intelligente di fronte al padre sbalordito di lei, Ghish aveva eloquentemente
spiegato il suo status di studente partecipante ad uno scambio, aveva lodato la
generosità di Strawberry per avergli permesso di stare a casa sua (che,
aggiunse, conquistandosi rapidamente Sakura, era spaziosa e decorata con gusto),
era in qualche modo riuscito a convincere i genitori di Strawberry che le sue
orecchie erano parte di una qualche condizione di pelle esotica (la ragazza si
era paralizzata in questa parte: si era brevemente chiesta se non stesse
sognando), ed aveva concluso così splendidamente, con così tanti complimenti che
suonavano sinceri, che Strawberry si sentì decisamente stordita e che l’ira
patriarcale di Shintaro si dissolse gradatamente in accettazione.
Strawberry
si era ripresa appena in tempo per annuire alle parole di
Ghish.
Subito
dopo, Ghish aveva scusato entrambi per andare a farsi un bagno prima di andare a
letto, e Strawberry si era trovata a fissare, a bocca aperta, appena in grado di
evocare una frase, un alieno estremamente compiaciuto.
Alla
fine, Ghish interrupe il semi-torpore di Strawberry.
“Che
c’è, pensavi che dopo tutto quello che è accaduto sarei stato inseguito da tuo
padre?”
Strawberry
poté solo sbattere le palpebre.
“Ed
io che pensavo che tu sapessi già che ho il grande dono del
fascino.”
Eppure,
tutto quello che Strawberry riusciva a fare era fissarlo mentre un pensiero
assai interessante le correva attraverso la mente:
Come
diavolo aveva fatto Ghish a cavarsela
quando suo padre aveva minacciato di uccidere Mark, che poteva essere descritto solo
come la quintessenza della perfezione in un ragazzo?
Qualcuno
stava cercando dirle che…?
“Oi,
Strawberry? Straw—”
“Se
non ti dispiace… penso che faro la doccia per prima.”
Lo
disse con una voce così sussurrata, così distaccata, che il ragazzo rimase così
sbalordito da zittirsi mentre annuiva lentamente, stupefatto, essendosi davvero
aspettato un qualche commento sarcastico, oppure che sarebbero stati impegnati
in un qualche gioco che li avrebbe fatti divertire per almeno qualche minuto.
Invece non riuscì nemmeno a provarci di nuovo che Strawberry, improvvisamente
cupa e silenziosa, lasciò la stanza ed andò verso il
bagno.
Si
accorse bruscamente, mentre giocherellava con uno dei suoi lacci per capelli,
con i lineamenti che si accigliavano lievemente, che quel piccolo incidente con
il padre della ragazza, anche se era finite decisamente bene, l’aveva portata a
pensare a molte cose.
Fu
per questo che, non importava quando desiderasse saltare in piedi ed andare
dalla ragazza per rassicurarla, per lasciare che le sue braccia la cullassero
mentre lei lottava con la sua battaglia interiore, rimase seduto sul suo letto a
disagio.
Strawberry
doveva farlo da sola.
Ghish,
che giocherellava con ansia sempre crescente con i suoi lacci per capelli, e con
il volto che si piegava sempre di più in un mezzo ringhio frustrato, Strawberry,
che si era chiusa in bagno ed aveva cominciato a spogliarsi, con il labbro
inferiore catturato tra i denti un po’ stretti, entrambi sapevano che la prova
doveva essere affrontata solamente da Strawberry, perché era giunto il
momento.
Era
stato provocato da quello stupido piccolo commento riguardante Shintaro, e non
poteva essere ulteriormente rimandato, non da uno di loro.
Ghish,
con un sospiro tremolante nel tentativo di allontanare il disagio crescente, si
stese e decise di rinunciare alla sua doccia fino al mattino.
Strawberry
entrò sotto il getto fisso della doccia e lasciò che la accecasse e la rendesse
sorda al resto del mondo.
Eppure,
anche se cercavano di far finta di non essersene accorti, mentre Strawberry
scivolava nel calmo piacere di una doccia calda, mentre Ghish lasciava che il
torpore lo sopraffacesse, entrambi pensarono lo stesso pensiero, ed entrambi
seppero, dentro di loro, che l’altro stava provando la stessa identica ansia,
perché il giorno seguente…
Il
giorno seguente, Strawberry avrebbe incontrato Mark.
Si
svegliò presto. Le sei del mattino, per essere precisi.
Si
vestì in silenzio, facendo attenzione come mai prima di allora a non sfiorare
nemmeno il suo tavolo o la sua sedia. I suoi passi erano ovattati come quelli di
un felino; le assi del pavimento, che di solito scricchiolavano sotto il suo
peso, non mossero alcuna protesta, mentre finiva di legarsi i capelli ed
attraversava la stanza, aprendo la porta con la massima delicatezza, e si
avviava per il corridoio.
Un
minuto più tardi, era scesa dalle scale ed era uscita dalla porta, dopo aver
frettolosamente scritto un biglietto per dire ai suoi genitori che era uscita
per una rapida corsetta mattutina.
Non
si preoccupò di scrivere qualcosa per Ghish.
La
maggior parte della sua preoccupazione, in effetti, era stata rivolta
all’evitare che si svegliasse e la incontrasse prima che lei
uscisse.
La
ragazza non voleva distrazioni. Non voleva altre difficoltà.
La
prospettiva di rivedere il suo volto, quegli occhi dorati così profondi, così
spontaneamente imploranti mentre guardavano nei suoi prima che lei se ne
andasse, era troppo, perciò pronunciò una silenziosa preghiera di gratitudine
mentre andava al cancello d’ingresso, grata di non averlo dovuto
vedere.
Ovviamente,
ciò che mancò di notare fu che, solo perché non l’aveva incontrato, ciò non
voleva dire che lui non fosse lì.
Mentre
la ragazza andava verso il parco dove sapeva che Mark faceva le sue corsette
mattutine, non si accorse dell’ombra, tenue nella crescente luce dell’alba, che
guizzava dentro e fuori tra le ombre degli alberi al fianco della
strada.
Ghish
si assicurò di rimanere in silenzio come aveva fatto Strawberry mentre la
seguiva nel parco e lungo il campo per la corsa, e non appena vide la ragazza
irrigidirsi, non appena vide una testa di capelli color nero notte ben marcata
nella nebbia e nella neve, si posò su un albero vicino e lasciò che Strawberry
procedesse.
In
quel momento, tutto quello che poteva fare era guardare.
E
aspettare.
E…
sperare.
Strawberry
non sapeva molto bene come procedere. Mentre stava sul bordo del campo, con lo
sguardo, impotente, catturato dalla sagoma di Mark che correva, si chiese
debolmente cosa fare. Doveva andargli incontro?
Dire un ‘salve’? Un saluto? Uno stupido, falso
sorriso?
Avrebbe
dovuto aspettare finché non l’avesse notata? Sarebbe stato troppo imbarazzante?
Diavolo,
non importava come sarebbe stato l’approccio, sarebbe stato
imbarazzante.
Imbarazzante,
e nauseante, e terrificante, e... e imprevedibile. Imprevedibile,
perché stava ferma lì senza un’idea chiara di come sarebbe
finita…
Questo
però non la fece fuggire. Sapeva che
la situazione doveva essere sistemata in quel momento, che quando avrebbe
lasciato il parco, che fossero passati cinque minuti o un’ora, avrebbe saputo
qualche dei due lei—
La
ragazza si morse il labbro, interrompendo quel pensiero. Era ancora troppo poter
pensare con consapevolezza al riguardo, anche quando ci si trovava direttamente
davanti, in attesa di un confronto, pronto per devastare le sue fragili
emozioni.
Ma
doveva essere fatto, e la pura prova
di questo fu Mark che si voltò verso di lei nel mezzo della corsa, alterò la sua
strada e si avvicinò rapidamente a lei.
Non
appena vide quegli occhi color cioccolato posarsi su di lei, Strawberry sentì le
sue ginocchia indebolirsi, il suo stomaco contorcersi, i suoi occhi inumidirsi
per l’ansia paralizzante.
E
non c’era modo di tornare indietro. Fu deciso quando il ragazzo, alla fine, la
raggiunse e non perse tempo ad interrompere il silenzio:
“Salve,
Strawberry.”
Miracoloso,
come potesse suonare così calmo, così naturale, così tranquillo, quando la sola
vaga idea dell’argomento di cui avrebbe discusso faceva sentire Strawberry
pericolosamente stordita. Ebbe come risultato l’opposto rispetto al suo
probabile intento, facendo sentire la ragazza anche più nervosa mentre si
sforzava di rispondere.
Nascosto
al sicuro nel suo albero, Ghish digrignò inconsciamente i denti all’udire il
tremito nella voce di lei.
“S-salve, Mark…”
Come fare? Sarebbe
dovuta andare subito al sodo? Avrebbe dovuto fare un piccolo discorso, girare
intorno al punto focale, cercare di metterlo a suo agio?
O,
piuttosto, provare a mettersi a suo
agio?
In
nome del cielo, perché la stava guardando senza la minima traccia di
preoccupazione nei suoi occhi? Perché poteva stare lì a respirare normalmente,
in piedi alto e saldo e sicuro di sé, quando lei stava facendo del suo meglio,
ed era vicinissima al fallire, per trattenersi dallo strozzarsi con la stessa
aria che respirava, per trattenersi dal tremare senza controllo sotto lo sguardo
in attesa di Mark.
Cosa
fare… come cominciare… cosa dire… dove andare…
“Ti stavo aspettando.”
Solo
l’evidente casualità di quell’affermazione riuscì a sconvolgerla tanto da farla
uscire dal suo disagio paralizzante, e lei batté le palpebre nella direzione del
ragazzo con imperturbata curiosità.
“Co…
cosa?”
“Dalle
cinque di stamani” La ragazza dovette trattenersi dal boccheggiare mentre lui le
sorrideva, le sorrideva davvero con
una gioia da toglierle il
fiato…
“Ci-cinque…?”
“Mm.” Lui cominciò a camminare, lentamente, aspettando che lei lo
seguisse. Lei
cominciò subito a camminare, accorgendosi che lui stava cercando di liberarla
dalla sua paralisi, di calmarla, di riportare sensibilità alle sue gambe. In
effetti cominciò a funzionare: il respiro di Strawberry cominciò a calmarsi,
fino a che lui le fece una domanda che lei non si sarebbe mai aspettata, una a cui non avrebbe mai
potuto prepararsi nelle ore che aveva passato ad allenarsi inutilmente per
questo la notte precedente.
“Lui sta meglio?”
In
quel momento Strawberry boccheggiò visibilmente, strozzandosi un po’, mentre
smetteva bruscamente di camminare, voltandosi, sbattendo le palpebre al suo
indirizzo, stupita.
Non
c’è bisogno di dire che, appollaiato sul suo albero, con gli occhi che non
lasciavano mai la coppia, Ghish provò un identico stupor.
Incapace
di distogliere i suoi occhi da quelli di Mark, la ragazza annuì in una sorta di
stordita confusione, troppo sorpresa per non rispondere.
“Sì…
sta… sta molto meglio.” Cacciò indietro le lacrime che stavano minacciando di
uscire.
Che
diavolo stava facendo
Mark….?
Perché
chiedere… cosa… come… perché…
“Ne
sono felice.”
La
diga si ruppe.
Le
lacrime cominciarono la loro familiare discesa lungo le sue guance rosse; prese
il respiro successivo con un sonoro singhiozzo. Il dolore sorse in lei,
crescendo ancora di più quando sentì le braccia del ragazzo avvolgerla,
stringendola al petto di lui. Un momento più tardi, leu digrignò i denti al
sentire la lieve pressione del mento di lui contro la sua
testa.
“Mark,”
singhiozzò nel suo petto, stringendo i pugni, con forza, e facendo sanguinare i
palmi con le sue stesse unghie nella sua angoscia. “Io-Io…
Io…”
Non
importava con quanta violenza era esplosa, la voce di lui rimase calma e
gentile.
“So
perché sei qui, Strawberry.” Al sentire il suo nome, combinato con la ferma
risoluzione nella sua voce, la ragazza si zittì. Lui sorrise guardandola mentre
lei ricambiava il suo sguardo.
“Voglio
che tu sappia che ti amerò per sempre. Strawberry,” le diede una leggera
strizzata, “non dimenticherò mai i momenti che abbiamo passato
insieme.”
La
ragazza riuscì semplicemente a fissarlo.
Cosa…
cosa era appena successo?
Come
accidenti era arrivato da “sta meglio?” a quella dolce dichiarazione,
quell’amorevole affermazione che, in qualche modo, suonava così definitiva.
Definitiva.
Dio… no…
Fece
disperatamente marcia indietro da quella conclusione a cui lui si stava
evidentemente avvicinando.
“Ti
amo ancora! Mark, ti amo… ti prego! Non voglio che tu—”
Incredibile,
le stava ancora sorridendo.
“Non
potevo crederci, quando ti ho vista con lui. Devo ammetterlo. All’inizio non
riuscivo a capire, ma—”
“No!
Io non… Io dovrei stare cone te! Per
sempre. Mark, siamo noi…”
Lui
continuò come se lei non l’avesse mai interrotto.
“Ora
capisco…” Strawberry si irrigidì nel suo abbraccio, perché non c’era
fraintendimento al proposito del ragazzo, “…quanto lo
ami.”
La ragazza provò a scuotere la testa, provò a negare le sue parole,
ma non ci riuscì. Non
riuscì a negare quella che era stata la verità per quello che pareva un tempo
così lungo…
“Mark…”
“E
lui ama te.”
“Ma…
Io-Io ti amo ancora.” Anche mentre lo diceva, però, il suo respiro si stava
rilassando. In qualche modo, qualcosa sembrava essere diventato più facile dopo
le parole del ragazzo, il suo intento, fissato nella mente di lei. Ancora
disperata per il passato, lottò contro questo. “Io ti
amo—”
“Ti
proteggerà, Strawberry. E ti amerà tanto quanto me. Lo
so.”
Quanto
lui… di più…
Ma
come poteva lasciarla andare così facilmente? Come poteva averlo accettato con
tanta prontezza, quando a lei ci erano volute giorni di agonia per capire quanto
quell’alieno la amava? Perché era così pronto a lasciarla tra le braccia di un
altro?
Per
sopire il suo stupore, la ragazza si ritrovò ad annuire quasi
impercettibilmente, rendendosi conto di due cose:
La
prima, che Mark era più saggio di lei.
La
seconda, che aveva fatto la sua scelta.
Non
appena Mark ebbe terminato la sua frase, Strawberry si trovò persa nei ricordi
di tutto quello che era accaduto, tutti quei teneri baci, quei caldi abbracci,
quelle dolci carezze, quei momenti che non aveva mai pensato possibili, eppure
di cui aveva goduto ogni istante…
Ed
ecco tutto. Era fatta.
“Mi
dispiace… Mark…” Ovviamente, il resto non era semplice. Almeno, non per
lei.
Il
ragazzo accolse questo con il suo persistente sorriso.
“Finché
la tua felicità è al sicuro, Strawberry, non hai niente di cui scusarti.” Non
stava rendendo le cose più semplici, con la sua dolcezza, e lei sentì il labbro
tremarle. Di nuovo, il ragazzo continuò.
“E
so che questo assicurerà la tua felicità.”
Poi
fece qualcos’altro che la sorprese totalmente:
Guardò
in alto, dietro di lei, tra gli alberi che circondavano il campo, e
chiamò.
“Posso
fidarmi di te, vero?”
“Certo.”
Strawberry
non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che Ghish si trovava poco distante da
lei, con un’espressione immensurabilmente seria, lo sguardo nei suoi occhi era
pi che abbastanza per rispondere alla domanda di Mark.
In
qualche modo, non riuscì nemmeno a dubitare del fatto che fosse lì, o del fatto che Mark lo stesse
guardando, gli stesse parlando, con un livello di fiducia senza precedenti.
Sembrava così… così atteso.
Così
giusto..
Il
ragazzo tornò a guardare lei, con gli occhi dolci, gentili, come quelli di un
cervo.
“Allora
questo è un addio, Strawberry.”
Il
suono del suo nome(*), accompagnato da un dolce bacio sulla fronte, l’ultimo, chiuse la
cosa.
In
pochi istanti, mentre lei se ne stava lì, ancora prigioniera dello stupore,
anche se la sua mente aveva inconsciamente accettato la decisione, lui l’aveva
liberate dalle sue braccia, si era voltato, sempre con grazia, sempre sicuro di
sé in quei movimenti, ed aveva cominciato ad andarsene.
Strawberry
non lo richiamò. Non lo inseguì.
Non
poteva.
Non
gli apparteneva più.
Era
fatta, fatta per sempre e in eterno, e lui non era più
suo.
La
mente della ragazza processò questa situazione, cercò di acclimatarvisi, cercò
di rassicurarsi, che andava tutto bene, che le cose andavano bene, che quella
era la decisione e che i problemi erano finiti, ma era davvero
impossibile.
Con
un nuovo singhiozzo, Strawberry Cadde sulle ginocchia…
…e
subito sentì un altro paio di braccia intorno a lei.
Improvvisamente,
non richieste, il ricordo delle parole del Cavaliere Blu la assalì: Prendila,
proteggila.
Si
voltò, gettandosi letteralmente sul petto di Ghish, le braccia si avvolsero
intorno a lui dimentiche della sua ferita che stava ancora guarendo, la sua
stretta forte come la sua angoscia.
All’alieno
non sembrò importare. Non sussultò nemmeno.
Lasciò
che la ragazza si posasse contro di lui, cullandola lentamente aventi e indietro
mentre lei singhiozzava, boccheggiava, piangeva nella sua giacca. Un momento più
tardi lei lo sentì posare una guancia sulla sua testa mentre anche la sua presa
si stringeva, diventando caldamente accogliente, in un modo che la fece smettere
di singhiozzare abbastanza a lungo da sentire quelle parole terribilmente
familiari:
“Nen nen kororiyo okororiyo, boyawa yoikoda
nenneshina.”
Quel
primo verso fermò le sue lacrime, e lei si appoggiò al suo petto caldo,
silenziosamente ipnotizzata dal suono della sua voce.
“Boyano komoriwa dokoe it ta, anoyama koete satoe it
ta.”
Con
l’orecchio premuto contro la sua giacca, poteva sentire la parole vibrare nel
suo petto, seguendo il ritmo del cuore, del suo stesso cuore, profondo e melodioso,
tenero e miracolosamente forte. Poteva sentire la canzone nella sua gola, nel
suo petto, nelle sue braccia, nelle sue mani aggraziate, nel suo intero essere, scorrere lentamente dentro di
lei, calmandola completamente.
Bellissimo.
Era
davvero così bello, il modo in cui l’aveva calmata, in cui aveva magicamente
asciugato le lacrime, aveva fermato il suo tremore, l’aveva
confortata…
Dio…
proprio come avevano confortato lui pochi giorni prima...
“Sato
no miyage ni nani morata, denden taikoni sho no fue. Sho no fue.”
Quando
le ultime parole raggiunsero l’aria nebbiosa, Strawberry era così profondamente
concentrate sui dolci toni della sua voce, sulla sensazione di ognuna delle sue
dita che premevano contro di lei con un conforto così intenso, sulla pressione,
rassicurante e totalmente gentile, del suo mento posato sulla sua testa, che
l’aveva calmata fino a farla totalmente acquietare.
Quanto
fosse durato quel silenzio, nessuno dei due lo poté davvero dire. Erano troppo
assorti nella percezione dell’altro per contare i secondi prima che Strawberry,
ancora immobile, ancora intenta a sentire quel bel calore,
parlasse.
“Ti
amo.”
Ghish
non ripeté l’affermazione.
Lei
non sentì niente da parte sua, nessuna parola, nessuna ripetizione
dell’affermazione.
Invece,
sentì le sue braccia stringersi intorno a lei, così velocemente, così
intensamente, che non riusciva a respirare, e sapeva che nei giorni a venire,
avrebbe visto dei lividi sulle sue braccia.
Sentì
la pressione sulla testa aumentare con una forza impressionante, e in qualche
modo sapeva che la stava abbracciando, violento e appassionato, vero e sincere e
così pieno d’amore che faceva male,
un dolore buono, benedetto, così che si trovò incapace di cominciare di
nuovo a piangere. She felt the pressure against the top of her head increase with
startling force, and somehow she knew that he was embracing her, fierce and
impassioned, true and sincere and so full of love that it hurt, a good,
blessed sort of hurt, so that she found herself unable to start crying
again.
La
realizzazione che lui fosse così emotivo, così tanto innamorato che gli
mancavano le parole, che riusciva ad esprimersi soltanto stringendola così forte
da farle male, da portare via il
rimpianto, l’orribile tristezza a velocità incredibile e
definitivamente.
Di
nuovo, il tempo scomparve.
E
per il momento non importava.
Non
importava che si stesse facendo giorno e che dovessero ritornare a
casa.
Non
importava che Strawberry, un giorno, avrebbe dovuto spiegarlo ai suoi
genitori.
E
non importava che presto avrebbero dovuto affrontare di nuovo Ryan, insieme a
Mina e Pam.
Non
importava che, in qualche modo, avrebbero dovuto affrontare Pai e
Tart.
Dio,
non importava nemmeno, nemmeno un po’,
che un giorno, presto, avrebbero dovuto affrontare Profondo Blu in
persona.
Non
importava niente, mentre le ultime note della ninna nanna permanevano nell’aria
carica di nebbia, finché quell’abbraccio, quelle sensazioni, quei ricordi
restavano con loro.
Sia
la ragazza umana che il ragazzo l’alieno sapevano che l’avrebbero fatto.
L’avrebbero fatto.
Per
sempre.
E
loro sarebbero stati uniti dalla prospettiva un futuro brillante, sconosciuto,
meraviglioso che si spianava di
fronte a loro.
Un
future che cominciò nell’istante in cui Ghish si risvegliò dalla loro trance, si
risvegliò e prese teneramente il mento delicate di Ghish con la sua mano
gentile, girò il suo volto così
lentamente, con una gentilezza così insopportabile mentre guardava i suoi occhi
chiudersi, lasciando che i suoi facessero lo stesso e, con attenzione, con
amore, premette le sue calde labbra contro le sue.
Con
quel bacio, il future cominciò davvero.
E
con quel bacio, seppero che non importava cosa avrebbero affrontato, sarebbero
sopravvissuti, avrebbero vissuto, avrebbero prosperato, perché da quel momento,
da quella fine e quell’inizio, da quell’immortale simbolo di affetto, l’uno
aveva l’altro.
Per
sempre.
Ed
era tutto ciò che importava.
FINE
(*)
nell’originale venivano utilizzati i cognomi dei personaggi. Nella traduzione,
io ho sempre utilizzato i nomi, quindi concedetemi questa libertà che mi sono
presa.