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Autore: bambi88    02/04/2012    5 recensioni
Una breve raccolta - momentaneamente incompleta ed ovviamente Nerissima - sulle note di canzoni un po'...démodé.
1 - C'era una volta una gatta
Il moro gettò la cicca sul pavimento annerito, sgranchendosi le gambe.
- si torna a casa, gattaccio – disse poi, laconico, camminando lentamente, una mano ben piantata nella tasca del pigiama
– e se questo vuol dire incontrare quella seccatura della tua padrona…- deglutì rumorosamente – bhe, sono pronto –

Un piccolo omaggio la Black Week.
Roberta
Genere: Commedia, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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c'era una volta una gatta

Se avessero potuto chiedere a Shikamaru Nara cosa fosse la cosa più fastidiosa al mondo, in quel momento, lui avrebbe risposto senza alcuna esitazione.
I gatti.
E non sarebbe servito a nulla parlargli dei loro teneri musetti, o delle loro dolci fusa, meno che mai del loro verso simpatico.
Vi avrebbe guardato in cagnesco, prima di infilare la testa sotto il cuscino e mormorare con voce assonnata un – seccatura, sono le tre del mattino

Shikamaru aprì un occhio, sbadigliando.
-          dannato gatto – biascicò, alzandosi di scatto – strepiti peggio di mia madre –
Si rigirò tra le lenzuola, chiedendosi a cosa fosse servito andarsene a vivere in un sottotetto a cento chilometri da casa, quando c’era sempre qualche seccatura a svegliarlo nel cuore della notte.
-         
un altro miagolio e ti stendo – sibilò poi, voltandosi verso la porta a vetri, scorgendo nel buio la sagoma affusolata del micio.
Un attimo di silenzio raccolse la sua intimidazione, prima, almeno, che un nuovo miagolio rompesse l’aria ferma della notte.
-          mi vuoi far impazzire – decretò il moro, rigirandosi – ma non credere che Shikamaru si faccia mettere sotto da un gatto così minuscolo –
Le ultime parole famose.

Come Shikamaru si fosse ritrovato sul terrazzino, con il gatto tra le braccia, non avrebbe saputo spiegarlo.
Con una Lucky Strike che bruciava tra le dita, fissava inespressivo l’orizzonte in una posa assorta.
O in coma.
Molto più probabilmente in coma, dato che il gatto aveva iniziato a leccargli un dito senza ottenere il rantolo di disappunto sperato.
Il moro gettò la cicca sul pavimento annerito, sgranchendosi le gambe.
-         
si torna a casa, gattaccio – disse poi, laconico, camminando lentamente, una mano ben piantata nella tasca del pigiama – e se questo vuol dire incontrare quella seccatura della tua padrona…- deglutì rumorosamente
– bhe, sono pronto –


Se Temari non avesse avuto la netta sensazione che Shikamaru non stesse davvero per gettarle il gatto dal terrazzo, probabilmente lo avrebbe lasciato fuori per tutta la notte.
Più per sadico divertimento che per altro, che sia chiaro.
E, seppur fosse certa che gatto e Nara si fossero affezionati più tra loro di quanto lo fossero a lei, decise comunque di aprire la finestra.

 

- ehi, sono le tre e mezza del mattino, la gente onesta dorme – disse, appoggiandosi allo stipite della grossa finestra, lasciando che la spallina del pigiama le scivolasse sul braccio.
Shikamaru sbadigliò appoggiandosi al davanzale,annoiato – per questo avevo la certezza di trovarti ancora in piedi -.
La bionda si imbronciò, lottando con la propria forza di volontà – vattene, prima che decida di lanciarti alla scoperta della gravità – rispose, gli occhi stretti a fessura rivolti alle sue spalle, oltre l’inferriata che separava il ragazzo da un volo di qualche metro.
Shikamaru si stiracchiò, osservando il gatto entrare languido nella stanza della padrona, ondeggiando il muso dalla grossa macchia nera.
-          mi ha fatto passare il sonno – sbuffò poi, rovistando alla ricerca di una sigaretta nella tasca.
-          Non credevo che il mio gatto facesse miracoli, piagnone – Temari ghignò,le braccia serrate sotto al seno.
         Seccatura –




Se avessero potuto chiedere a Shikamaru cosa fosse la cosa più seccante del mondo, in quel momento…bhe, lui non avrebbe potuto rispondere.
Soprattutto perché avrebbe dovuto chiedere a Temari di smettere di baciarlo e alle sue mani di accarezzarlo.
E quello era qualcosa di troppo ardito, per un tipo così.
Forse per un attimo avrebbe anche smesso di chiedersi come quel gatto riusciva ogni sera a intrufolarsi fino in camera sua.
O perché finiva sempre per riportarlo lui, a zonzo sul quel terrazzo in riva al mare.
E forse una risposta se l’era già data.
Forse quando Temari aveva appoggiato la testa sulla sua spalla la prima notte, lasciandogli un bacio sulla pelle sudata.

 

Già, forse era così.

 

 

C’era una volta una gatta
Che aveva una macchia nera sul muso e
Una vecchia soffitta vicino al mare
Con una finestra
A un passo dal cielo blu.

 

 

 

 

  
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