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Autore: Vanderbilt    02/04/2012    15 recensioni
Edward e Bella sono due ragazzi normali, che vivono la loro storia d'amore intensamente. Entrambi hanno fatto dei sacrifici per stare insieme, eppure i problemi in una coppia sono all'ordine del giorno. A volte con l'amore si supera ogni cosa, altre volte quando un vaso si rompe è inutile rimettere insieme i cocci. Sarà il loro caso?
La verità è una battaglia di percezioni. Le persone vedono soltanto ciò che sono in grado di affrontare. (cit. Revenge)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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I wanna love you. You already know

 

La verità è una battaglia di percezioni. Le persone vedono soltanto ciò che sono in grado di affrontare.

Revenge

I periodi di crisi erano costanti in tutte le coppie. Era una realtà concreta, senza invenzioni. Quale coppia riusciva a passare anni insieme andando sempre d'accordo su ogni singola cosa? Era impossibile.

Una recente ricerca affermava che almeno il novanta per cento delle coppie andava in crisi almeno una volta. A volte la soluzione era rompere il rapporto, altre cercare un compromesso. Fatto sta che mai nessuno poteva affermare in una relazione che non ci fosse mai stato un momento particolare in cui tutto stava andando in malora.

Questo succedeva nei matrimonio, nelle convivenze o anche nelle relazioni di pochi mesi. Non significava nulla se una relazione era lunga o corta, succedeva e basta.

Fu ciò che capitò a me, Isabella Swan, ed Edward Cullen, il mio fidanzato o ex - questo era ancora da decidere.

Eravamo due ragazzi al primo anno di college. La pressione si fece sentire fin da subito e si crearono tensioni anche tra di noi. Appuntamenti cancellati per mancanza di tempo o per la preparazione di un esame; litigi causati dalla stanchezza, dalla preoccupazione per qualche corso... Tutto ciò ci portò ad un punto di non ritorno. Io non me la sentii più di portare avanti la situzione ingestibile che si era creata e lui non era poi molto in disaccordo con me. Ma non ci eravamo lasciati in modo definitivo, l'avevamo definita una pausa. Eppure si sapeva come finivano le così dette pause: con l'allontanamento delle due persone in questione e infine con la rottura.

Mi faceva paura pensare di non poter stare più con Edward, non godere più della sua dolcezza e della sua allegria, ma ancora di più sapere di non ricevere più il suo amore e di non occupare più un posto speciale nella sua vita e nel suo cuore.

Era stupido pensare a tutto ciò dopo. Forse se almeno uno dei due ci avesse pensato prima che il rapporto si rovinasse, non saremmo mai arrivati fino a qui.

La nostra pausa durava da una settimana e a me sembravano essere passati mesi dall'ultima volta in cui lo avevo visto, stretto a me e baciato. Mi mancava e non potevo negarlo.

Poiché lui frequentava un indirizzo di studi diverso era difficile incontrarsi in un campus così grosso come la Vanderbilt University. Da una parte era meglio così, vedendolo sarei stata ancora più male, ma era anche vero che almeno una sbirciatina avrei tanto voluto dargliela. Volevo sapere se stava bene, se come me pensava continuamente a noi.

Però questo lasso di tempo da sola mi stava facendo bene. Mi concentravo di più sullo studio senza sentirmi in colpa per sottrarre tempo che dentro di me avrei voluto dedicare a Edward. Uscivo con le poche amiche che in quei tre mesi di college ero riuscita a farmi, passavo ore piacevoli in loro compagnia ed era un po' come tornare al liceo con le mie vecchie amiche. Qui avevo trovato Alice, una ragazza piena di energia e formidabile. In poco tempo era diventata la mia amica più stretta. Lei riusciva a capirmi, perché aveva smesso di frequentare da poco il suo fidanzato e ancora non si era ripresa del tutto.

«Alice? Andiamo o faremo tardi!», rimproverai Alice. Era la mia compagna di stanza ed era una dormigliona, come ogni mattina dovevo urlare mezzora prima che si decidesse ad alzarsi e prepararsi. Dopodiché andavamo a fare colazione alla caffetteria del campus e anche l'unica.

«Ti prego, lasciami in pace. Perché devi sempre urlare, se arrivo in ritardo non è la fine del mondo», mi rispose Alice, con la voce attutita dal cuscino.

«Già, infatti non eri tu quella che la settimana scorsa è stata sbattuta fuori dall'aula perché ti eri presentata quasi a fine lezione, vero?», dissi ironica. Finii di indossare il maglioncino di lana blu e le scarpe. Poi aspettai che Alice si alzasse come una furia per correre in bagno e prepararsi alla velocità della luce, che nel suo caso significava con la lentezza di un bradipo. Per fortuna che i vestiti se li preparava alla sera, altrimenti sì che erano guai, prima di due ore non si sarebbe schiodata dalla camera!

«Fatto», disse una Alice sorridente. Prendemmo i cappotti e uscimmo dalla camera.

Controllai distrattamente il cellulare. Non so cosa mi aspettavo da una settimana circa, forse una sua chiamata oppure un messaggio...

«Smettila», disse Alice. La sua voce tagliente mi sorprese.

«Di fare cosa?», chiesi scocciata a mia volta.

«Di aspettare sempre qualcosa che dubito avverrà se non succederà qualche evento che stravolgerà la vostra "pausa"». Non vedeva di buon occhio la nostra decisione e il fatto che mimasse sempre le virgolette per ripetere quella parola e il tono sarcastico che usava erano un chiaro segno di quanto non ci credesse.

«Non è vero, stavo...». Non riuscii a continuare, perché non mi venne in mente nessuna valida scusa che supportasse il mio comportamento.

«Alice, non posso semplicemente cancellarlo dalla mia vita, non ce la faccio e non voglio. Lui è troppo importante. Lui è Edward, capisci? Il mio primo bacio, il mio primo amore, il mio primo tutto! Senza di lui mi sembra tutto così strano, diverso». I miei sussurri non passarono inosservati al suo orecchio teso.

Mi strinse una mano in segno di conforto e mentre continuavamo a percorrere i corridoi diretti alla caffetteria, espresse per la prima volta quello che pensava realmente su me ed Edward: «Tesoro, io non penso tu debba dimenticarti di lui o eliminarlo per sempre. Voi due siete la coppia più innamorata e perfetta che io abbia mai conosciuto alla nostra età. Penso che la vostra pausa sia una cavolata, perché dovete risolverli i problemi, non accantonarli. Ma è anche vero che questa settimana ti sta servendo per riflettere. A questo punto dovresti prenderti ancora qualche giorno e poi confrontarti con Edward. Solo così saprai come continuare la tua vita: con lui o senza di lui».

I miei occhi lucidi risposero per me. Aveva ragione, su tutto. Avrei seguito il suo consiglio e speravo si risolvesse tutto. Volevo lui e nient'altro.

«Grazie», le dissi dandole una strizzatina alla mano.

«E a cosa servo, altrimenti?», buttò lì ridendo. Era questo che mi piaceva di lei, risollevava il mio morale con semplici parole e passava dalla persona seria a quella esuberante nel giro di qualche secondo.

 

Girammo l'angolo che portava alla caffetteria e parlammo di un ragazzo che aveva chiesto ad Alice un appuntamento. Lei aveva rifiutato categoricamente, dicendo che lui non lo aveva colpito, ma a mio parere non era ancora pronta per una relazione, o forse non aveva incontrato il ragazzo giusto per buttarsi a capofitto in una relazione.

«Bella, che ne dici se andiamo a lezione? E' già tardissimo! Uh, guarda, non possiamo proprio rimanere», esclamò Alice. Cercò di tirarmi dal lato opposto all'entrata di quel luogo paradisiaco dove finalmente avrei bevuto la mia tazza di caffé mattutino.

«Alice, non pensarci nemmeno! Da domani ti svegli prima, ma non pensare di potermi far saltare la colaz...», le mie parole caddero nel dimenticatoio appena mi accorsi di chi c'era vicino alla porta d'entrata.

Edward stava parlando con una ragazza dai lunghi capelli neri. Non vedevo molto bene di chi si trattava, ma anche da lontano non si poteva negare che non fosse brutta.

Vederlo anche solo parlare con lei mi ferì. Capire di non sapere nulla della sua vita attuale, di chi frequentasse... Chissà, magari aveva già trovato una ragazza interessante. Dio, non potevo pensare queste cose! Ero masochista!

«Bella, non pensare subito al peggio», mi consigliò Alice, attenta anche lei ad osservare la vicenda.

Ad un tratto non mi sembrò più una semplice conversazione, ma molto di più. Sembrava quasi che stessero... flirtando. Era così che Edward pensava a noi, a me: con altre ragazze.

In quel momento capii che i consigli di Alice non mi sarebbero mai serviti. Non avrei perdonato Edward per questo. Era una maledetta settimana che eravamo in pausa e lui già si metteva a flirtare con altre. Questa a quanto pareva era la solidità del nostro rapporto.

«Tesoro, vieni, andiamocene». Mi tirò per un braccio, ma non mi schiodai da lì. Cosa stavo aspettando?!

Gli occhi mi bruciarono. Arrivare alla consapevolezza che mai avrei potuto rivivere il nostro amore era dura. Faceva male, troppo male.

Lanciai un ultimo sguardo a Edward e in quel momento come a rallentatore lui si girò e incrociò il mio sguardo. Eravamo abbastanza lontani da non leggere le espressioni dell'altro, ma qualcosa mi suggerrì che era sorpresa di vedermi.

Alice mi scrollò nuovamente e questa volta non opposi resistenza e mi lasciai trascinare attraverso lo stesso percorso appena fatto.

Sentii la voce di Edward chiamarmi in lontananza e così accellerai il passo e con me Alice. Arrivammo in camera con il fiatone e riuscii a chiudere la porta un attimo prima che arrivasse Edward.

«Bella, apri, subito!», non risposi. Alice mi fece un gesto per chiedermi se volessi aprire e io scossi il capo negativamente.

Edward continuò a bussare e chiamarmi, arrivando ad implorarmi di aprire. Non lo feci, non mi mossi di un millimetro, stetti seduta sul letto, con Alice che mi abbracciava e mi confortava.

Non era lei la persone che volevo qui con me, a consolarmi, abbracciarmi, era Edward. Mi sentii ancora più male per questa consapevolezza. Lacrime silenziose scesero dai miei occhi, ma non un solo suono uscì dalle mie labbra.

Era così che ci si sentiva quando si aveva la consapevolezza di perdere la persona più importante della tua vita? L'amore che pensavi non finisse mai?

Ero come sotto schock, una bambola immmobile a cui colava acqua dagli occhi. Svuotata di ogni sensazione ed emozione. Non era da me fare scenate, sfogarmi... Reagivo come una statua alla sofferenza, non sapevo come gestirla e quindi la mia difesa era chiudermi a riccio in me stessa.

 

Passarono ore. Ore in cui Edward continuò a tempestarmi di chiamate e messaggi ai quali non risposi.

Alice era stata così cara con me. Aveva saltato le lezioni per consolarmi e non mi aveva lasciata un momento da sola. Aveva persino chiamate una nostra amica per farci portare qualcosa da mangiare, visto che eravamo entrambe a digiuno.

«Stasera usciamo e non voglio sentire un no come risposta!», mi disse Alice. Non rifiutai, volevo uscire da questo capus e svagarmi un po', almeno per qualche ora. Odiavo fare la depressa, non era proprio da me, preferivo nascondere ciò che provavo, anche se mi sentivo a pezzi.

Come da copione la ragazza non-accetto-un-no-come-risposta ci mise un'ora per frugare nei nostri armadi e abbinare i vestiti per la serata. Insisteva nel farmi mettere un vestito alquanto bello, ma sicuramente adatto ad un altro tipo di serata piuttosto che ad un semplice raduno di amici in un locale.

«Alice, questo non lo metto!», mi opposi a qualsiasi vestito, volevo qualcosa di comodo e non mettermi in ghingheri per... be', nessuno!

«Oh, Bella, ma sei davvero la più distruggi-progetti-vestiari che io conosca!». Una che...? Era pazza!

«Alice», la ammonii.

«Oddio, okay, okay, tieni!». Mi passò un paio di jeans attillati e una camicetta sul bronzo.

Pochi minuti e fui pronta per uscire, cosa che non si poteva dire di Alice, la ritardataria del gruppo.

 

La serata al pub fu piacevole: risi e mi divertii senza pensare a quella giornata orribile. Pensai a Edward solo per un minuto, dopodiché lui non fu più tra i miei pensieri. Be', a dire il vero qualche volta il suo viso spuntava tra i miei pensieri, ma nulla che non potessi gestire. Tenere la mente occupata era la giusta precauzione da prendere.

Alcuni amici erano accoppiati, anzi praticamente tutti tranne me ed un ragazzo di nome Derek. Alice a quanto pareva aveva fatto colpo su un ragazzo biondo, fratello di una nostra amica.

Ad una certa ora non riuscii più a reggermi in pieni per la stanchezza. Era stata una giornata stressante e iniziava a pesare. Volevo tornare nella mia camera e dormire fino alle undici di mattina. L'indomani sarebbe stata domenica, potevo permettermelo.

«Ragazzi, io torno al campus. Grazie per la serata». Esclamazioni di scontentezza si alzarono dal tavolo. Dopo varie proteste accettarono la mia decisione e io mi alzai stiracchiandomi le gambe intorpidite.

«Okay, andiamo», disse Alice.

«No, tu non ti muovi di qui!», le ordinai perentoria.

«Non ti farò tornare al campus in piena notte da sola!».

«Alice, prendo un taxi, non preoccuparti! Avanti, non è ancora tardi, ci vediamo dopo e mi racconti tutto», le dissi facendole l'occhiolino e indicando il biondino al suo fianco.

Alice si arrese solo quando Derek si offrì di accompagnarmi al campus. A quanto disse anche per lui era stata una giornata impegnativa.

Durante il viaggio di ritorno non provò ad abbordarmi o altro. Fu un ragazzo estremamente gentile ed educato. Sapeva qual era il limite da non superare. Lo apprezzai molto per questo.

«Grazie mille per avermi accompagnata», le dissi mentre ci avvicinavamo alla camera del mio dormitorio.

«Non c'è di che», mi rispose alzando le spalle.

Da lontano vidi una figura seduta contro la mia porta e mi preoccupai. Con un'occhiata più accurata riconobbi Edward.

Derek lo guardò confuso ed Edward si alzò e lo freddò con un'occhiataccia. Non feci nemmeno le presentazioni, non era il caso.

«Ci vediamo Derek, grazie mille ancora!».

«Certo, buonanotte».

Se ne andò e io rivolsi la mia attenzione a Edward, che finora non aveva aperto bocca. Mi fissava arrabbiato e terrorizzato per qualcosa.

«Non ho intenzione di parlare con te!». Infilai la chiave nella serratura della mia stanza con l'intenzione di sbattergli la porta in faccia, invece lui cercò di entrare, così lo bloccai a metà tra la porta e il mio corpo già dentro la camera.

Mi stavo comportando da perfetta stronza, lo compresi dal suo sguardo ferito, non farlo entrare nemmeno in camera era una cosa meschina, ma sapevo anche che se entrava non sarei riuscita a mantenere un certo distacco fin troppo importante in un simile momento.

«Io ho bisogno di parlare con te, Bella, ti prego». La sua voce implorante mi fece sciogliere. No, no, mi ripetei, Bella devi resistere!

Lui era sempre stato il mio punto debole, fin da quando iniziai a vederlo sotto una luce diversa e mi accorsi di provare un sentimento differente dall'amicizia, Edward iniziò e rimase sempre quella parte di me che se toccata crollava. Era colui che mi faceva sentire persa, amata, debole e forte insieme. Una combinazione che faceva a pugni, ma era così, in un momento mi sentivo la persona più forte del mondo, nulla poteva sconfiggermi; un attimo dopo ed ero a pezzi, magari martoriata per una litigata. Quando qualcuno toccava lui era come se toccasse me nel profondo, eravamo legati con un doppio filo indissolubile.

«Non... non mi pare il momento, Edward. E' stata una giornata lunga e sono stanca, non sono in grado ora di sopportare un altro litigio», risposi provata dagli eventi della giornata. Mi sentivo sfinita, come se avessi corso per otto chilometri senza mai fermarmi.

«Non dobbiamo litigare», affermò Edward avvicinandosi di qualche passo. Cristo, come sentivo la sua mancanza! «Se non parliamo chiaro ora, non riuscirò a dormire», continuò. Mi sembrò di sentire anche una frase tipo "non che abbia dormito molto negli ultimi giorni", ma feci finta di nulla e lo feci entrare nella stanza.

Posai le mie cose su una scrivania posta vicino alla porta e mi posizionai al centro della stanza. Mi sentii irrequieta e mi dondolai spostando il peso da una gamba all'altra. Edward mi osservava in silenzio, dalla sua espressione crucciata capii che stava pensando come iniziare il discorso.

«Questa settimana è stata strana, orribile», iniziò Edward.

«Ho notato», sussurrai sarcasticamente.

«Come?», mi chiese sbarrando gli occhi.

«Nulla, nulla, vai pure avanti», feci finta di nulla. Avvertii il peso emotivo tra noi e sentii le mie barriera demolirsi piano, mattone dopo mattone ancora prima che lui iniziasse a parlare.

«Ogni volta che lascio la mia mente libera, torna sempre a te. I nostri ricordi sono incancellabili, Bella. Non ho la forza né il desiderio di stare senza te, non ci riesco. Mi sento solo senza te, perso e non trovo il mio posto nel mondo, capisci? Tu eri e sei il mio unico obiettivo nella vita. Mi rinnamorerei sempre di te, amore, sempre».

Si avvicinò ulteriormente a me, tanto che i nostri corpi quasi si sfiorarono. Mi alzò il volto abbassato durante le sue parole e quando notò i miei occhi pieni di lacrime, con i pollici asciugò le mie guancie bagnate, delicatamente come se fossi il più fragile dei cristalli.

In quegli attimi di silenzio che seguirono, le sue parole rimbombarono nella mia mente ancora e ancora, come un disco rotto.

Non sapevo cosa dire, cosa fare. Ero come bloccata dentro me stessa. Le sue parole... le sue parole erano pressoché perfette, ma io cosa dovevo fare? Lo amavo e su questo non c'erano dubbi. Fino a che non lo vidi quella mattina con la misteriosa ragazza, avevo intenzione di seguire il consiglio di Alic e parlargli, dopotutto mi mancava così tanto. Era assurdo come sentissi un vuoto nella mia vita, era come se tutto fosse scomparso con lui. Era questo che provavano le persone quando perdevano l'amore vero? Non lo sapevo, l'unica cosa di cui ero certa era che non volevo mai più provare un simile senso di abbandono e solitudine.

«E lei?», chiesi in un sussurro a malapena udibile anche alle mie orecchie. Lo guardai negli occhi cercando di comprendere cosa stava succedendo quella mattina.

«Dopo tutto quello che ti ho appena detto tu mi chiedi di lei? E poi... lei chi?», replicò sbalordito e a dir poco confuso.

«La ragazza di questa mattina...», risposi senza guardarlo. Mi vergognai per quelle domande, apparii gelosa e in fondo lui poteva benissimo replicare che eravamo in pausa, quindi non aveva fatto nulla di male. Poteva, certo, ma sperai con tutta me stessa che non lo facesse.

«Jaymes? Lei è solo una ragazza che ho conosciuto ad un corso, non significa nulla!», affermò agitato. Perché lo era? Perché sapeva di essere nel torto?

«Stavate flirtando! Vi ho visti, Edward!».

«Non è così!».

«Oh, certo», dissi in modo sarcastico.

«Okay, ammetto che l'interesse che Jaymes nutre per me non mi è nuovo, ma io non le ho mai dato modo di pensare che potesse interessarmi!».

«Almeno lo ammetti». Nessuno mi toglieva dalla testa che anche lui ci avesse messo del suo quella mattina. Non era una conversazione tra semplici studenti di corso.

«Non mi credi», disse sconsolato.

Girai il volto verso la finestra e cercai di estraniarmi un attimo. Avevo bisogno di riflettere seriamente. Il mio comportamento era sbagliato, lo avevo capito subito. Ero gelosa e pensavo che solo il fatto che avesse conversato amabilmente con una ragazza infatuata di lui fosse un gesto privo di rispetto verso di me, o almeno verso quei sentimenti che lui decantava da venti minuti o per essere più precisi va mezza vita.. Non pretendevo che si cucisse la bocca con tutte le ragazze tranne la sottoscritta, ma... ma la scena di quella mattina per me era inconfondibile.

«Non so come farti capire che non ho fatto assolutamente nulla. Vuoi chiamare Jaymes? Ti porto da lei, non ho problemi! Puoi farti dire tutto ciò di cui abbiamo parlato, ma ti posso assicurare che non ho mai accennato a nulla che potesse farle intendere un nostro possibile coinvolgimento emotivo».

Mi sedetti sul letto, inerme e confusa come mai prima d'ora. Perché era così difficile accettare le parole di Edward e cercare di ricucire il nostro rapporto? Avevo paura, una fottuta paura che non riuscissimo a risolvere i nostri problemi. Se ci avessimo riprovato e poi saremmo tornati al punto di partenza? Non sarei riuscita a risollevarmi, la distruzione della mia persona sarebbe stata l'unica cosa che sarebbe uscito da tutto ciò.

Edward era così importante per me. Ripensare a tutti i nostri momenti mi faceva sorridere e illuminare gli occhi di quella luce che solo pochi sapevano riconoscere, perché solo pochi lo avevano provato profondamente: l'amore.

Come potevo solo pensare di spezzare il nostro legame? Andare avanti senza di lui sarebbe stato impossibile, per tutta la vita avrei sentito un vuoto. Certo, prima o poi si andava avanti, come tutto nella vita andava superato, ma a volte c'erano cose che non potevano essere superate del tutto, un punto nero in mezzo a tutto quel bianco che non se ne sarebbe mai andato per sempre. E io non volevo proibire ad entrambi il nostro amore. Insieme stavamo bene, non ci mancava nulla e se lo stress ci aveva portato a rivalutare il nostro rapporto, solo noi potevamo mettere via tutto ciò che non c'entrasse con la nostra relazione e tornare a pensare solo al nostro amore.

Gli avrei concesso quella possibilità, l'avrei concessa ad entrambi.

Mi alzai e mi posizionai di fronte ad Edward. Il suo sguardo era teso e spento. Alzai un braccio e posai la mano all'altezza del suo cuore. Strinsi la sua maglietta e m alzai sulle punte. Lui rimase sempre immobile ma i suoi occhi spalancati rivelarono la sopresa del mio gesto. Senza smettere di guardare i suoi occhi verdi avvicinai il mio viso al suo. Le sue labbra si dischiusero appena e dopo una lunga e intensa settimana, respirai nuovamente da lui. I miei polmoni si riempirono davvero dopo quei sette giorni. Fu un bacio agognato da entrambi, dolce e di ritrovo. Eravamo di nuovo noi.

«Edward?», lo chiamai.

«Mmh?». Una sua mano si posò sui miei capelli e l'altra mi accarezzò in modo lento il collo, scendendo verso il basso.

«Ti amo», gli dissi finalmente.

«Ti amo anch'io. Ti amavo allora, lo so adesso e lo saprò sempre, perché sei sempre stata tu l'unica per me».

«Sul serio?», chisi emozionata con mille brividi in tutto il corpo.

«Lo sei da sempre».


 

Buonasera a tutti! Come state? Ormai mi sono talmente abituata ad aggiornare qualcosa il lunedì che ho deciso di postare questa os. E' una storia che ho iniziato a scrivere parecchi mesi fa insieme ad un'altra (che pubblicherò a breve), ma l'ho terminata solo qualche settimana fa grazie all'appoggio di Tea, che mi ha incitata a terminarla. Grazie tesoro *-*

Non sono convinta, forse ho fatto male a postarla, non ne ho idea, ora sono nelle vostre mani! Aspetto i vostri pareri (se ce ne saranno >.<).

Vorrei precisare che comunque la os non ha assolutamente nessun tipo di pretesa; come avrete notato è una storia semplice, senza tradimenti o triangoli (okay che non scrivo mai di queste due cose xD), parla solo di una coppia in crisi come succede conitnuamente nella vita reale, solo che non tutti riescono a ricucire il rapporto. A volte si possono concedere anche delle seconde possibilità, ma tutto dipende dai casi.

Le ultime tre battute sono prese dall'ultimo episodio di Everwood. Per caso ho rivisto l'ultima puntata e una volta che mi sono decisa a finire questa os ho pensato che fosse perfetta per loro due.

Vorrei solo dire una cosa: questa os è nata dallo spunto di un'altra mia os Resta anche domani, dove descrivo una piccola parte che qui ho ampliato e modificato contesto e caratteri dei personaggi.

Basta, mi fermo qui con le note altrimenti è la fine, grazie a tutti coloro che mi lasceranno un loro commento, risponderò a tutti!

Se volete fare un salto ho in corso anche altre long: Scusa se ho aspettato la pioggia e Rules of attraction.

Buona serata!

Kiss

Jess 

   
 
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