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Autore: Annaluz    03/04/2012    0 recensioni
Dopo anni passati a leggere e altrettanti a scrivere poesie, è la prima volta che mi cimento nella prosa. L'ispirazione me l'ha data l'Isola di Pasqua, un posto che mi ha lasciato nel cuore più di quanto avrei creduto possibile. E' lì che è ambientata questa storia.
C'è Rapa Nui e ci sono i Moai; c'è l'Ombelico del Mondo e ci sono amore e guerra, sangue e spiriti, famiglia e amicizia.
La storia sarà lunga, non so ancora quanto. E non so se riuscirò ad aggiornarla in maniera sistematica, ma lo spero, come spero che vi piaccia.
Ma, soprattutto, spero di riuscire ad ottenere dei commenti che mi aiutino a migliorarla. Grazie fin da ora a chi avrà voglia e pazienza di leggermi.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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L’aria dentro era satura degli odori più diversi: erbe, acqua salmastra, sudore, terra e attesa. Le mie sorelle più piccole erano distribuite ai margini della capanna e, tutte visibilmente scosse, parlottavano tra loro, mentre la mia matrigna era a terra e teneva alta la testa di mia sorella che sudava copiosamente, stringendo le palpebre e mordendosi la lingua per non urlare. Il silenzio era assordante. Dovevo romperlo se non volevo mettermi ad urlare dall’angoscia.
“Ci stavate aspettando?” dissi col tono di voce più allegro e squillante che riusciì a trovare nella mia gola stretta dall’ansia. Mia sorella non appena udì la mia voce spalancò gli occhi e sospirò; la gratitudine che lessi in quei gesti mi mise addosso una preoccupazione ancora maggiore. Mi avvicinai velocemente a lei, mentre Aniata e la mia matrigna parlavano sottovoce tra loro.
“Come stai Nanihi?” le chiesi dolcemente avvicinandomi a lei e prendendola tra le braccia. Mia sorella era nata tre anni prima di me, ma eravamo diverse come il giorno e la notte, il sole e la luna... ed era decisamente lei il sole di un giorno splendente.
Eravamo le uniche due figlie della prima moglie di mio padre, morta dandomi alla luce. Dopo poco tempo, nostro padre aveva preso una nuova moglie, Tehea. Il capoclan non poteva restare solo, aveva bisogno di una donna al suo fianco, e Tehea era indubbiamente la più bella e la più desiderata del villaggio. Avevano avuto altre tre figlie, ma nessun maschio, e probabilmente, vista l’età di Tehea, non avrebbero avuto altra progenie. Perciò era così importante questa nascita. E lo era per tutto il villaggio, che attendeva l’erede dell’ultimo valoroso Aitu, e che coltivava da tempo la speranza di vedere coi proprio occhi il nuovo sacerdote e dare inizio ai festeggiamenti che si preparavano da mesi.
“Sto malissimo Mahinete, mi sento morire, ho caldo e poi freddo, sono stanca, e ho paura...” si interruppe all’improvviso, piegata da una scossa di dolore troppo profondo per farla anche solo respirare.
 “Non voglio che lei lo sappia...” sussurò al mio orecchio spostando lo sguardo lucido verso Tehea.
“Voglio che stia il più lontano possibile da me e da mio figlio, per favore!”
L’implorazione negli occhi di mia sorella e il suo tono accorato mi convinsero sempre di più che non mi sarei mossa di lì, almeno fino alla nascita del piccolo.
Aniata era rimasta leggermente in disparte, armeggiando con la sacca che avevamo portato, poi venne verso di noi. Mi sorprendeva sempre come sapesse muoversi in maniera aggraziata e leggera, nonostante il suo mondo fosse fatto di sole ombre. Si accucciò vicino a mia sorella e iniziò ad accarezzarla piano, le mise le mani intorno al collo, poi ai polsi e infine sui fianchi. Le accarezzò lievemente la pancia.
“Sta bene ed è forte. Non manca molto Nanihi, respira a fondo e fra poco sarà tutto finito” dopo aver sussurrato dolcemente queste parole all’orecchio di mia sorella tirò fuori dalla sacca alcune foglie, dei semi e la pietra; poi mi chiamò.
“Mahinete, preparale un infuso... lascia che la pietra rimanga sul fondo” mise il tutto nelle mie mani, velocemente.
“No! Voglio rimanere con lei, non la lascio proprio ora, non chiedermelo” il mio tono di
supplica doveva essere evidente, perchè mi rispose con una certa tenerezza.
“Mahinete! Non era una richiesta. Sii veloce e precisa, e poi potrai tornare”
Ubbidiì, ancora una volta. Ero troppo preoccupata per non farlo, ma, soprattutto, non ero in grado di prendere nessuna decisione coerente, se non quella di eseguire gli ordini di Aniata, della quale mi fidavo nella maniera più assoluta.
L’anziana si alzò in piedi, così che tutte potessero sentirla.
“Dobbiamo rimanere da sole, uscite. Tutte” il suo tono perentorio non ammetteva repliche. Nemmeno un minuto dopo eravamo solo noi tre. Tehea non perse l’occasione di incenerirmi con lo sguardo, com’era sua abitudine.. La mancanza di cordialità era reciproca, ma avevo altro a cui pensare e soltanto con un angolo della mia mente presi nota dell’ennesimo sgarbo.
L’infuso era quasi pronto, stavo per togliere la pietra dal fondo quando un ringhio animalesco, cupo e profondo mi fermò la mano.
Mi voltai, terrorizzata, mentre Aniata, mormorando qualcosa che non riuscii a sentire, teneva le mani tra le gambe di mia sorella. Era stata Nanihi ad urlare in quella maniera.
Mi riscossi dal mio torpore e mi avvicinai a loro. Mia sorella sudava, era rossa in viso e aveva gli occhi spalancati, lo sguardo perso e vitreo, con i denti si mordeva le labbra e con le mani artigliava la terra sotto di sé. E dal più profondo del suo essere emetteva suoni lugubri, che non avrei mai nemmeno immaginato potessero appartenere ad un essere umano.
“Mahinete, la pietra, ora!” Aniata allungò la mano e le passai subito la pietra. La posò sul ventre teso di mia sorella, delicamente.
“Tienila, non farla cadere Mahinete” tesi spaventata la mano sulla pietra e, appena la sfiorai, una scarica di energia potentissima mi investì.
Sussultai spalancando gli occhi “Cos’era, Aniata?”
Mia sorella era fuori controllo, le sue urla erano senz’altro udibili fino al villaggio Aifa’.
“Non ora Mahinete” Aniata sudava copiosamente mentre mi intimava il silenzio.
Un borbottio in lontananza ci avvisò che la tempesta era ormai vicina.
E poi tutto finì.
In un attimo che cristallizzò il tempo e lo spazio intorno a sé, in quell’attimo, mio nipote, il nuovo sacerdote, venne alla luce, tra un grido, una lacrima, una pietra e un tuono.
  
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