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Autore: sberio    04/04/2012    3 recensioni
Una Bella fisioterapista ed un Edward suo paziente alle prese con un problema di amnesia. Riuscira' lui a ricordare la loro breve ma intensa storia d'amore?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Era ormai trascorsa gia’ una settimana, da quando avevo iniziato la terapia con Edward. Ogni pomeriggio trascorrevamo circa un paio di ore fuori nel parco della clinica e tra un esercizio e l’altro, chiacchieravamo tra noi.

Parlavamo di tutto, Edward mi raccontava ogni nuova sensazione che si trovasse a provare mentre continuava questa ossessiva ricerca di se’ stesso.
Aveva un modo di parlare a volte molto forbito, segno che i suoi studi dovevano essere stati di alto livello, ma a lui piaceva parlare di ogni cosa. Aveva iniziato a guardare la tv quando era i camera e a leggere i giornali che gli venivano quotidianamente recapitati. Cercava di non estraniarsi dal modo gia’ piu’ di quanto la sua condizione gli imponesse.
Spesso poi mi chiedeva di raccontargli qualcosa su di me, sogni, aspirazioni...aneddoti passati.
In quella settimana mi resi conto che Edward era veramente un ragazzo speciale, bello, intelligente e molto colto, ma anche sensibile e gentile....era difficile non affezzionarsi a lui. Scoprimmo insieme per caso che gli piaceva la musica, il pianoforte in particolare, e credo che fosse anche un bravo pianista, perche’ spesso mi diceva che quando ascoltava un brano, gli veniva spontaneo muovere le dita come sui tasti di un pianoforte.
Gli consigliai, appena ne ebbe avuto l’occasione, di provare a suonare, magari l’avrebbe aiutato a ritrovare i suoi ricordi.
Un pomeriggio eravamo come al solito seduti sulla nostra panchina ed Edward era completamente rilassato con gli occhi chiusi, mentre io continuavo a flettergli la gamba, quando senti’ qualcuno venire verso di noi.
Entrambi ci voltammo al quel suono afrettato di passi e riconoscemmo una delle infermiere del reparto.
“Sig. Masen, sig. Masen” lo chiamo’ con voce concitata
“Si, cosa c’e’?” chiese lui non appena l’infermiera ci raggiunse
“Suo padre la sta cercando”
“Mio padre?” Edward si rizzo’ subito a sedere e si irriggidi’
“Si, suo padre e’ appena arrivato e non trovandola in camera ha cominciato ad agitarsi”
“Capisco.” poi si giro’ verso di me che ero rimasta ancora immobile ad ascoltare questa conversazione
“Bella, credo che la nostra seduta oggi si concludera’ prima del previsto. Sara’ meglio che mi riporti in camera mia”
“OK Edward” risposi io riprendendomi  un attimo “ma non capisco, che problemi ci sono se siamo venuti qui?”
“Tu non conosci mio padre....e le sue assurde regole” disse Edward con sguardo rassegnato
“Sig. Masen” si intromise l’infermiera “la prego, rientri nella sua camera, suo padre e’ gia’ andato a protestare in direzione sanitaria”
“Ma..ma non capisco...cosa..” balbettai io
“Bella” Edward mi rivolse uno sguardo dolcissimo “tranquilla, tu non hai fatto nulla di male, non verrai in alcun modo rimproverata di nulla....adesso pero’ credo che sia meglio rientrare” mi rispose.
Non dissi piu’ nulla e feci come lui mi aveva chiesto. Lo aiutai a sedersi sulla sedia a rotelle e cominciai a spingerlo verso l’ingresso.
Arrivati nella sua camera, la trovammo vuota come l’avevamo lasciata. Edward si sedette sul letto e vedendomi esitare disse “Bella, credo che sia meglio che tu vada ora. Sarebbe meglio che mio padre non ti trovasse qui al suo ritorno.”
“Ma Edward, l’idea di uscire fuori e’ stata mia e, anche se continuo a non vederci niente di male, non vedo perche’ debba prendersela con te”
“Bella, ti ringrazio, ma ti assicuro preferisco cosi’. Non conosci mio padre...non potrei sopportare che il tuo lavoro subisse delle ripercussioni . L’idea e’ stata tua e’ vero ma sono stato io ad accettare. Ti prego Bella ora va...” mi disse e mi strinse la mano tra le sue.
“OK...Edward, come vuoi...” dissi io rassegnata.
Uscii dalla stanza con un groppo in gola, avevo paura di aver messo Edward in una posizione scomoda anche se , per quanto mi sforzassi, non riuscivo a capirne il motivo.
Perche’ un ragazzo come lui doveva starsene tutto il giorno rinchiuso nella sua stanza? che male c’era se usciva un po’ all’aria aperta , considerando sopratutto quello che gli era successo?
Ritornai di malavoglia al mio lavoro, e il mio stato d’animo era abbastanza evidente tanto che i miei pazienti successivi si accorsero subito che qualcosa non andava, anche se io cercai di mascherare la cosa il piu’ possibile.
Terminata la mia giornata lavorativa, non sapevo se fosse il caso di passare da Edward prima di andare via, per sapere se era tutto a posto. Ero ancora indecisa sul dafarsi, quando sentii alcune mie colleghe parlottare tra loro e non mi ci volle molto per capire che si stavano riferendo proprio a lui.
Mi avvicinai e chiesi cosa fosse successo e loro mi raccontarono che nel reparto non si parlava d’altro.
Pare che il padre di Edward si fosse chiuso in camera con lui sbraitando per quasi un’ora ma che il tono della voce era tale che l’avevano sentito tutti.
A quanto pare suo padre lo aveva riproverato per il fatto di essersene andato tranquillamente in giro per la clinica, trasgredendo alle sue precise disposizioni, che erano peraltro anche note al resto del personale.
Edward si era addossato tutta la colpa, rispondendogli che era stata una sua idea e che non poteva certo pretendere che se ne restasse chiuso in quelle quattro mura per tutto il tempo, neanche fosse un carcerato.
Suo padre aveva risposto allora che , stando cosi’ le cose, avrebbe prese le dovute contromisure e se ne era poi andato dopo aver sbattuto la porta come al solito.
Dopo aver sentito tutto cio’ ero ancora piu’ intenzionata a passare da Edward, come minimo per scusarmi per averlo messo in quella scomoda situazione, ma sfortunatamente dovetti desistere da questo mio proposito poiche’ venni a sapere Edward era in seduta privata con il dott. Cullen.
Rassegnata all’idea, me ne tornai a casa, con la piu’ ferma intenzione di passare da lui l’indomani ad inizio turno.
Il giorno dopo passai la mattinata in ospedale come al solito, ma il mio livello di attenzione era molto basso. Avevo bisogno di parlare con Edward, per scusarmi e per assicurarmi che stesse bene, prima di riuscire a trovare un po’ di pace con me stessa.
Nel primo pomeriggio, giunsi in clinica, mi cambiai velocemente e mi precipitai subito nella stanza di Edward prima di cominciare il mio turno.
Arrivata davanti alla sua porta, bussai piano e attesi...ma non sentii alcuna risposta.
Bussai un po’piu’ forte ma anche in questo caso non ricevetti risposta.
Forse si e’ spostato per qualche visita, pensai, e allora mi decisi ad aprire la porta lentamente.
Sbirciai al suo interno ma non vidi nessuno. Aprii completamente la porta e vidi che la stanza era vuota.
Forse e’ dal Dott. Cullen, pensai e feci un passo dentro la stanza.
Mi guardai attorno e fu allora che realizzai: la camera era in perfetto ordine, il letto rifatto ma....non c’erano piu’ le sue cose in giro. Questo non poteva che significare una sola cosa: se ne era andato.
Era stato dimesso e io non avevo neanche avuto la possibilita’ di salutarlo.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime e dovetti fare un enorme sforzo per trattenerle, non volevo che nessuno mi vedesse piangere, cosa avrei detto?
Uscii di corsa dalla stanza senza neanche curarmi di richiudere la porta. Entrai nel primo bagno che trovai e dopo essermi chiusa a chiave dentro, diedi sfogo a tutta la mia tristezza.
Dopo circa 20 minuti di lacrime e singhiozzi mi sentivo svuotata ma un po’ piu’ calma. Decisi allora di voler andare in fondo a questa storia e presi coraggio e salii su al reparto di neurologia.
Arrivata davanti alla porta del dott. Cullen, esitai un attimo ma poi mi decisi a bussare.
“Avanti” mi rispose prontamente una voce.
Aprii la porta e mi affacciai sulla soglia. Il dott. Cullen era seduto alla sua scrivania intento a leggere dei documenti.
Alzo’ gli occhi e mi guardo’ con un aria un po’ stupita, per lui ero una perfetta sconosciuta.
“Si, mi dica signorina, posso fare qualcosa per lei?”
“Buongiorno dott. Cullen, scusi se la disturbo...io..avrei bisogno di parlarle un’attimo...le rubero’ solo pochi minuti..”
“Prego” mi fece cenno di entrare sorridendomi “signorina...?”
“Mi chiamo Isabella Swan, lavoro giu’ in fisioterapia e...”
“Bella!” escalmo’ lui interrompendomi “finalmente! entra pure, ti stavo aspettando....”
 

  
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