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Autore: LandOfMagic    04/04/2012    3 recensioni
Le sventure sembrano non finire per chi porta il cognome Potter. Come a dire, la storia si ripete... E se anche la piccola Lily Potter subisse lo stesso destino del padre? Come si svolgerà il primo anno ad Hogwarts tra nuovi professori, nuovi amici e vecchie conoscenze?
DAL CAP. 10:
“Non avevo dubbi che sarebbe stata smistata a Corvonero. È una secchiona, forse peggio della madre!” sussurrò Ron all’indirizzo di Harry.
“Ronald Weasley, ti ho sentito sai? Almeno io non ho dovuto Confondere l’esaminatore di guida per ottenere la patente babbana!” lo rimbeccò la moglie.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Prima di lasciarvi al nuovo capitolo ci tengo a fare una precisazione onde evitare incomprensioni.
Per come ho ideato ed immaginato il carattere di Lily, vorrei ricordare che è cresciuta ed ha trascorso la sua infanzia in una città (quella di Ambra) che si è sempre tenuta in disparte e al di fuori dal resto del mondo, senza avere contatti con altri popoli o situazioni diverse da quella che è la normale routine degli elfi. Quindi, casa, campagna, ecc... un ambiente molto chiuso e riservato. Perciò Lily fino ad ora, benchè sia una ragazza molto sveglia, è cresciuta con una mentalità un po' ingenua, non ha le stesse esperienze di vita che potrebbero avere altri ragazzini della sua età, e ama talmente tanto i due elfi con i quali è cresciuta da non badare o comunque da non fare caso alle differenze che ci sono tra loro. Era questo il messaggio che volevo trasmettere sul rapporto di Lily con i Signori Goradiel. Spero di essermi spiegata abbastanza.
Fatta questa piccola premessa, ringrazio tutti quelli che hanno lasciato un commento alla mia storia (mi fa sempre piacere sapere le vostre opinioni) e chi l'ha inserita tra le ricordate/seguite/preferite.
Grazie di cuore e buona lettura.




6.
La scoperta


 
 
Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre,
ma nell’avere nuovi occhi.
Marcel Proust

 
 
 
La cena sul tavolo si era freddata. Il risotto di zucca e zenzero aveva smesso di spandere il suo gustoso aroma speziato per tutta la stanza.
Il cucù in soggiorno scoccò le tre. Un pettirosso uscì dalla sua tana di legno, si leccò le piume ed emise tre forti cinguettii. La signora Goradiel si svegliò di soprassalto. Era rimasta sveglia ad aspettare il marito finché le palpebre le si erano chiuse da sole e si era accasciata sul tavolo da pranzo, un gomito le era finito dentro nel suo piatto di risotto. Sbirciò il vecchio orologio sulla parete di fronte, il pettirosso le strizzò l’occhiolino e sparì di nuovo all’interno. Era molto tardi.
Si levò in piedi con uno sbadiglio e si ripulì la manica del pullover. Sul divano Lily dormiva come un sasso. Cara ragazza, era voluta rimanere a farle compagnia mentre attendevano il ritorno di Esilus. Ma poi il sonno era sopraggiunto anche per lei e si era addormentata lì, quando invece avrebbe potuto godere della comodità del suo letto.
La tuta da contadino mancava ancora dall’attaccapanni, segno che il Signor Goradiel non era più rientrato.
“Molto strano!” si disse Pennetta. “Non ha mai tardato così tanto!” una fitta di apprensione si stava impadronendo di lei.
S’infilò la sua cappa da passeggio e prese una torcia, intenzionata ad andarlo a cercare. Quando appoggiò la mano cicciottella sulla maniglia, udì un distinto bussare alla porta.
“Ti pare questa l’ora di tornare a casa? Dove sei stato?”
Ma quando aprì non era il Signor Goradiel quello che si trovò di fronte.
“AAAAAAAAH!” Pennetta urlò per lo spavento. “CHI E’ LEI? COSA CI FA QUI?”
“Signora Goradiel, si calmi, la prego!” fece Samael, pacato, invitandola a tranquillizzarsi.
“Calmarmi?” esclamò, sbigottita. “CALMARMI?” ripeté, agitata, alzando il tono della voce. “Mio marito è scomparso e uno sconosciuto si presenta a casa mia nel cuore della notte… mi spiega come posso calmarmi?” aggiunse poi, angosciata.
“Mi faccia entrare, Signora Goradiel” rispose lui semplicemente.
“Cosa?” Pennetta, confusa, non riusciva a capacitarsi di quello che stava succedendo. Le sembrava di vivere un incubo.
“Mi faccia entrare” Samael riformulò quella richiesta. “Non posso entrare se non sono invitato!”
“Che storia è mai questa?” il faccione rosso per l’agitazione.
“Pennetta, per favore. Le prometto che le spiegherò tutto” giurò il redivivo.
“Oh, d’accordo!” si risolse alla fine con uno sbuffo, non vedendo alternative. “Avanti, entri pure!” gli fece cenno d’accomodarsi. “Ma come fa a conoscermi?”domandò, turbata, nel realizzare che poco prima quel tipo misterioso l’aveva chiamata per nome.
“Sono dieci anni che vi tengo sotto controllo, Signora Goradiel” fece Samael, come se fosse la cosa più normale del mondo.
“Ma che sta dicendo? COSA SIGNIFICA TUTTO QUESTO?” la voce della donna si era fatta stridula per lo sconcerto.
“Mi stia a sentire, Pennetta” la fissò intensamente negli occhi, come a volersi accertare che la donna potesse ragionare in maniera lucida in quel momento.
“Lily è in pericolo… e lo siete anche lei e suo marito!” lo disse così, secco, senza tanti giri di parole.
Pennetta Goradiel sbiancò all’istante e dovette appoggiarsi saldamente allo schienale della sedia per non svenire e capitombolare a terra. Si udirono dei rumori provenire dal camino di pietra, come se qualcuno stesse tentando di scendere attraverso la canna fumaria.
“E ora che c’è?” Pennetta si voltò di scatto verso la fonte di quel trambusto.
Poco dopo un uomo dal buffo cappello a punta ricoperto di piume si stava pulendo vigorosamente il mantello dalla fuliggine. La Signora Goradiel lo osservò con occhi impietriti. Non aveva mai visto nessuno scendere da un camino.
Sereno Animum levò lo sguardo sui presenti. “Samael, l’hai terrorizzata a morte questa povera signora!” constatò, dando una veloce spolveratina al suo cappello.
“Veramente anche lei con il tuo ingresso non ha scherzato!” replicò il vampiro accennando al camino.
“Oh, era da anni che non lo facevo. Ricordavo che si stesse un po’ più larghi lì dentro” borbottò Sereno. “Devo essere ingrassato un tantino” commentò con una sonora risata. “Salve, Signora Goradiel. Io sono il Preside Sereno Animum” si presentò l’uomo, porgendole la mano destra. Pennetta era troppo confusa per accettare la stretta e contraccambiare il saluto. Nel frattempo tutta quella confusione aveva svegliato Lily.
“E tu devi essere Lily!” si rivolse alla ragazzina che si era alzata dal divano.
“Che sta succedendo?” fece lei, trattenendo uno sbadiglio.
“Siamo venuti a prenderti” esclamò Samael.
“Per portarmi dove?” replicò, senza paura.
“Al sicuro… Ad Hogwarts!” le aveva risposto con voce decisa ed inflessibile. “La migliore scuola di magia che si possa frequentare!” aveva aggiunto strizzando l’occhio al Preside.
“Tu sei una strega, Lily!” Sereno le si era avvicinato e le aveva posato una mano sulla spalla.
“Come? Vi state sbagliando… io sono solo una semplice bambina!”
“Sei molto di più, mia cara! Ti è mai capitato qualcosa di strano alla S.A.S.S.O.? Qualcosa di incredibile, che agli altri bambini non è successo?”
Lily ripensò alla strana conversazione con l’Omino Giallo nel bosco e alle orecchie d’asino che erano spuntate come per magia ai suoi tre compagni.
“In effetti…”
“E’ così, Lily. Tu sei una strega… e con una grande dote, per giunta!” confermò il vecchio.
“Io… io so fare magie…” bisbigliò la ragazzina, cogliendo la verità.
“Non solo. Tu sai parlare la lingua di tutte le creature magiche” continuò l’uomo.
“Lily, tesoro, ma che stanno dicendo questi signori?” intervenne Pennetta, ancora scombussolata.
“E’ vero, mamma. Sono una strega!” ammise la ragazzina, più con se stessa forse.
Era arrivato il giorno che la Signora Goradiel aveva temuto di più in tutti quegli anni. Quello in cui avrebbe scoperto che la figlioletta che avevano cresciuto era completamente diversa da loro.
“In cuor mio l’ho sempre saputo” piagnucolò Pennetta, dispiaciuta. “Sapevo che non eri una di noi.”
“Cosa intendi, mamma?”
“Io non sono la tua vera madre” le confessò tra le lacrime. Esilus ed io ti abbiamo trovata quando eri molto piccola. Qualcuno ti aveva abbandonata davanti a casa nostra, così abbiamo deciso di tenerti.”
“Il tuo vero nome è Lily Potter e la tua madre naturale, una strega molto brillante, è morta per salvarti la vita una notte di dieci anni fa!” spiegò Sereno Animum, trattenendo un brivido di dispiacere al ricordo di quel giorno.
“Per salvarmi da cosa?”
“Dall’essere più crudele e malvagio che sia mai esistito. Molti hanno persino paura di pronunciare il suo nome, per questo lo chiamano Tu-Sai-Chi.”  
“E mio padre?”
“Tuo padre è il famoso Harry Potter. Ti aspetta in un luogo sicuro, presto lo incontrerai” intervenne Samael.
“Ora dobbiamo sbrigarci… le forze oscure si stanno risvegliando” ingiunse il Preside con premura. “Porteremo con noi anche la signora” continuò.
Samael aggrottò la fronte.
“Ma lei non ha poteri! Non può venire ad Hogwarts!”
“Non voglio insegnarle ad usare la magia…” ribatté Sereno Animum“… voglio solo proteggerla dal pericolo. Se rimanesse qui da sola, sarebbe la prima a morire se Tu-Sai-Chi riuscisse a risorgere. Ed io non voglio altre vite sulla coscienza!” bisbigliò all’orecchio dell’amico.
“Come vuole” rispose il vampiro abbassando lo sguardo fiero in segno di accettazione.
“E mio marito? Non è ancora tornato a casa! Io non vengo da nessuna parte senza di lui!” si impuntò Pennetta con fare deciso.
“Signora Goradiel, Samael resterà qui di guardia. Non appena vedrà suo marito, provvederà prontamente a raggiungerci insieme a lui” le assicurò il Preside. “Ora, la prego, voglia seguirmi!”
Lily fissò con apprensione la madre, che era rimasta alquanto stordita dagli ultimi avvenimenti. Si aspettava di vederla svenire da un momento all’altro. Ma la Signora Goradiel era una donna di grande forza d’animo, oltre che di fisico, e non si lasciò abbattere da quegli stravolgimenti.
“Forza, seguitemi!”
Pennetta lanciò un ultimo triste saluto a quella che era stata la sua casa per tanti lunghi anni. E con la speranza che il marito stesse bene e tornasse presto, seguì lo stregone senza fiatare. “Stai all’erta, Samael. A presto”.
“A presto, Signor Preside”.
Sereno Animum uscì dalla porta ed estrasse da sotto il mantello un affare di metallo molto simile ad un fischietto. Se lo portò alle labbra e vi fischiò dentro tre volte. Tre prolungati fischi acuti lacerarono il silenzio di tomba di quella notte. Poi si udì un fruscio nell’aria e a breve avvistarono una scopa che sfrecciava alta nel cielo. Volava nella loro direzione e si arrestò esattamente ai loro piedi.
“Ce ne andremo a cavallo di una scopa volante?” domandò Pennetta visibilmente allarmata.
L’uomo si limitò ad annuire.
“Ma noi non sappiamo volare!” Lily diede voce alle paure della madre.
“Oh, non serve saper volare” le rassicurò lui. “Questa è una Trasportina!” esclamò indicando la scopa.
Pennetta Goradiel lo squadrò come se avesse appena parlato in una lingua incomprensibile.
“Dunque, una Trasportina non è una scopa qualunque. Ne esistono pochissimi esemplari in tutto il mondo. Non c’è bisogno di sapere come guidarla. Basta salirvi sopra e pronunciare ad alta voce la parola d’ordine. Dopodiché vi verrà richiesta la destinazione da raggiungere. E verrete trasportati dove richiesto in men che non si dica” spiegò. “Forte!” Lily proruppe in una calorosa esclamazione di sorpresa.
“Avanti, salite! Non c’è tempo da perdere”.
“E’ proprio sicuro che non cadrò da questo pezzo di legno?” fece Pennetta nient’affatto tranquilla.
“Non cadrà. Glielo giuro sulla barba di mio nonno!” le rispose Sereno in tono accomodante.
“Ed io come faccio a sapere se suo nonno aveva la barba?” ribatté Pennetta aggrottando le sopracciglia, sospettosa.
“Signora Goradiel, si fidi e faccia come le dico” sbuffò il mago.
“Andrà tutto bene, mamma” la rassicurò Lily prendendola per mano. Il Preside le fece accomodare sulla Trasportina e poi vi salì anche lui.
“Parola d’ordine!” si udì una voce debole, quasi strozzata.
“Chi ha parlato?” Pennetta rabbrividì.
“Potrebbe spostare più avanti il suo ingombrante fondoschiena, signora? Mi sta soffocando!”
“Eh? CHE SCHERZO E’ MAI QUESTO?” strillò la donna alzandosi di scatto.
Tra i fili di saggina della scopa, due occhietti furbi la stavano fissando ed una bocca larga e priva di denti le sorrise con sollievo.
“La ringrazio” la Trasportina le fece l’occhiolino.
“Qu…qu…questa cosa è… è… VIVA?” balbettò la signora con mani tremolanti.
“E’ solo un incantesimo. Si rimetta a sedere!” le ordinò il vecchio in un tono che non ammetteva repliche.
“Parola d’ordine!” ripeté la scopa una volta che tutti furono ai loro posti.
“Cerume di drago” rispose Sereno, serio.
“Che razza di parola d’ordine!” sibilò Pennetta, disgustata.
“Destinazione, prego!”
“Portaci al Paiolo Magico”
La Trasportina si librò alta nel cielo sopra Ambra, sorvolò mari e montagne, deserti e città ed incrociò persino la rotta di un Corcive Spennato. I Corcivi erano una strana quanto rara specie di volatili: incroci tra corvo e civetta, dovevano il becco e le zampe al primo ed il resto del corpo al secondo con la sola particolarità di non possedere nemmeno una piuma. Uccelli scontrosi e solitari, vivevano come eremiti al riparo di antri bui o sulle vette più alte della montagne nelle Terre del Nord, lontani da anima viva. Si diceva uscissero dalle loro tane solo quando erano attirati dall’odore del cibo ed il loro avvistamento era considerato un cattivo presagio visto che i Corcivi si cibavano di ossa di cadaveri umani.
“Quel Corcive è diretto ad Ambra” mormorò Sereno. “E può voler dire solo una cosa” aggiunse, pensieroso.
“Che cosa?” gli chiese Lily, incuriosita.
“Niente di buono, purtroppo” sospirò, sconsolato.
“Quanto vorrei che il Signor Esilus fosse qui” esclamò Pennetta pensando al marito.
Che Samael non gli avesse ancora fatto giungere notizie dell’elfo non era un buon segno se unito alla passeggiata notturna di quel Corcive, ma l’anziano stregone non ne fece parola con le due passeggere. Non era il momento di metterle al corrente dei suoi gravi presentimenti, almeno finché non fossero divenuti certezze.
“Bene, siamo quasi arrivati” le avvisò, interrompendo una conversazione che poteva avventurarsi su binari spiacevoli. “State pronte a saltare!”
“Cosa? SALTARE?” squittì Pennetta Goradiel spalancando la bocca. “Ho capito male?”
“No, cara signora Goradiel, ha capito benissimo. Ho detto proprio “saltare”. Ecco, vede… la Trasportina non è dotata di sistema di arresto quando trasporta viaggiatori, ma questo è solo un piccolo dettaglio”.
“Piccolo? E perché non me ne ha parlato prima di questo piccolo dettaglio?”
“Perché lei non me l’ha mai chiesto!” rispose semplicemente con un’alzata di spalle.
“Oh, lei è un vecchio… scorbutico… maleduca…” protestò Pennetta, mettendo il broncio da offesa.
“ORA! PRESTO, SALTATE!” gridò Sereno Animum coprendo gli insulti della donna.
L’uomo spiccò un balzo di un’agilità sorprendente a dispetto dei suoi anni ed atterrò comodamente in piedi sul ciglio di Charing Cross Road, una viuzza stretta e buia della Londra babbana. Lily con il coraggio che la contraddistingueva si lasciò andare senza timore e toccò il suolo con un volteggio grazioso. La signora Goradiel, timorosa e con il notevole impaccio della sua stazza robusta, aspettò proprio l’ultimo momento e chiuse gli occhi durante il salto cosicché non si accorse che sarebbe finita su un cespuglio di More Spinate. Il tonfo sonoro della sua caduta fu seguito immediatamente da una serie di strilli doloranti.
“Ohi ohi le mie mani! Ohi ohi le mie ginocchia! OHI OHI OHIIIIII!” piagnucolò.
Era atterrata carponi ed ora aveva le mani e le ginocchia completamente ricoperte di spine.
“AHI AHI AHIIIIII!”
Lily e Sereno accorsero in suo aiuto.
“Perché ha atteso così tanto prima di saltare?”
“Avevo paura. Lei lo sa che cos’è la paura?”
“Oh, spesso la paura è una cattiva consigliera. A volte basta buttarsi, senza tentennamenti, come richiedeva questa situazione. Ora stia ferma. La sistemo io” il Preside estrasse la propria bacchetta e la puntò sulla Signora Goradiel.
“Che vuole farmi?” abbaiò lei, scontrosa.
“La guarisco. O preferisce forse stare a togliersi le spine una ad una?” rimbeccò il mago. Pennetta abbassò lo sguardo avvilito e lo lasciò fare.
“Reparo” Sereno pronunciò in tono fermo e sicuro quella parola. Tutte le spine si staccarono dalle mani e dalle ginocchia di Pennetta e si andarono a conficcare nella corteccia dell’albero più vicino.
“Forte! Imparerò anch’io a farlo?” Lily gioì con un sorriso a trentadue denti.
“Se ti applicherai a dovere, imparerai molto più di questo trucchetto. Ora andiamo però. Ti condurrò all’ingresso del posto dove potrai trovare tutto il materiale che ti servirà per i tuoi studi”.
“E lei non viene?
“No, devo assolutamente tornare ad Hogwarts per discutere di questioni di sicurezza”
“Allora sarò sola?” domandò la ragazzina, preoccupata. “Non so nemmeno cosa devo fare!”
“Oh, no, non preoccuparti. Ci sarà Sir. Pongi ad aspettarti là”.
“Chi è Sir. Pongi?”
“E’ un leprecauno, il mio segretario… non è un tipo molto socievole ma ti sarà d’aiuto, vedrai!” la rassicurò. “Ah dimenticavo, ricordati di non fissare il suo pungiglione… è una cosa che detesta e potrebbe diventare dispettoso!” la avvisò.
Lily annuì. “E mia madre?”
“Lei verrà con me. È vietato a chi non ha poteri aggirarsi in quel luogo. Il suo soggiorno ad Hogwarts è già uno strappo alla regola. Non posso concedere di più, mi dispiace. Ma vi rivedrete presto”.
Lily stava rimirando la fatiscente facciata di un piccolo pub. Paiolo Magico, recitava un’insegna sbiadita.
“Ma dove siamo finiti? Non c’è nulla qua intorno!” si lamentò la signora Goradiel.
Lily lanciò un’occhiata confusa al Preside.
“Lei non lo può vedere perché non è una strega. Il Paiolo Magico è protetto da Incantesimi Dissuasori dello sguardo, per cui chi non possiede dei poteri non fa caso alla sua presenza” le spiegò l’uomo. “Pennetta, lei mi aspetti qui fuori mentre io accompagno Lily dentro”
“Stai attenta, bambina” Pennetta Goradiel riuscì ad infilarle in tasca un po’ di soldi e a darle un bacio in fronte prima di vederla sparire dietro la porta d’ingresso.
Il vecchio Sereno pensò che il Paiolo Magico era rimasto tale e quale ai tempi in cui ci aveva messo piede per la prima volta.  
Era ancora un locale buio e dimesso, che affittava camere malconce che non sarebbero state degnate nemmeno di una stella neanche sulle più scadenti guide turistiche babbane. Gli parve di vedere le stesse vecchie sedute in un angolo a sorseggiare bicchierini di sherry e l’omino col cappello a cilindro che parlava con il barman, completamente calvo. L’unica cosa che era cambiata era il proprietario. Quello vecchio, Tom, si era suicidato quando aveva visto il locale precipitare a picco dal momento che la maggior parte degli avventori aveva smesso di frequentare il quartiere dopo il sinistro ritorno di Lord Voldemort.
La nuova padrona, una certa Mary Flower, donna florida e zelante, non aveva apportato consistenti modifiche, se non per la tappezzeria interamente punteggiata di crisantemi, che non faceva altro che aggiungere tetraggine all’atmosfera già di per sé cupa e plumbea di quel motel.
“Preside Animum, che piacere vederla da queste parti! Le posso offrire qualcosa?”
La lugubre luce dei lumini del candelabro che pendeva dal soffitto puntava direttamente sulla testa del cameriere. Sotto quel riflesso pareva una grossa palla da bilardo perfettamente levigata e lucida.
“Magari più tardi. Ora devo mostrare alla piccola Lily il passaggio per Diagon Alley”.
Lo sguardo del cameriere si posò sulla bambina accanto al vecchio Preside.
“Ah, così tu sei la famosa Lily Potter. Si sta parlando molto di te in questi giorni. Perbacco, sei la fotocopia di tua madre!”
“Oh, Signorina Potter, quale onore averla qui nella mia umile locanda!” si fece avanti la proprietaria, aggiustandosi gli occhiali da vista per metterla meglio a fuoco. “Questo posto ha ospitato anche suo padre per qualche tempo e sarò lieta di applicare uno sconto generoso alla tariffa standard qualora volesse intrattenersi in una delle nostre stanze al primo piano”.
“Che mi venga un colpo, hai gli stessi occhi della povera Ginevra!” esclamò un vecchio mago molto grasso e con dei baffi enormi. Si alzò dalla sedia ed abbandonò sul tavolo una fetta di ananas candito alla quale poco prima stava prestando la sua più famelica attenzione.
“Professor Lumacorno, ben trovato!” Sereno Animum gli si fece incontro e gli strinse la mano.
“Lily, ti presento Horace Lumacorno. Sarà il tuo Professore di Pozioni ad Hogwarts”
“Piacere, Professore. Sono Lily Potter!”
“Oh, mia cara, non c’è proprio bisogno delle presentazioni. Sei tale e quale a tua madre… Sai, lei era una mia studentessa, una maga nelle fatture orcovolanti”.
“Cos’è una fattura orcovolante?” chiese la ragazzina, curiosa.
“E’ un incantesimo offensivo, non adatto a degli studenti del primo anno” ci tenne a precisare il Preside.
“Evoca mostruosi esseri svolazzanti, simili a spettri, che attaccano il nemico con lo scopo di rallentarlo e di fargli perdere la concentrazione. Richiede una grande forza di volontà e la cara Ginny era una maestra in questo. Perciò le ho chiesto di entrare a far parte del Lumaclub! Conto di avere anche la tua adesione, giovane Potter!” il Professor Lumacorno si sfregò le mani grassocce pregustando già la piacevole sensazione di aggiungere una nuova cornice alla sua mensola di alunni prescelti.
“LUMACLUB?!”
“Non c’è tempo ora, il Professore sarà lieto di fornirti tutte le spiegazioni una volta arrivati ad Hogwarts” chiarì Sereno con decisione.
“Ma certo, Signor Preside! Ora sono atteso allo Speziale, devo presentare la mia nuova Pozione Rivitalizzante” gonfiò il petto, vantandosi in maniera pomposa delle sue scoperte. “E’ così energetica da resuscitare persino i morti e non è un eufemismo! Ahah!” abbassò di netto il tono della voce, come se stesse rivelando un’informazione potenzialmente pericolosa, da tenere preferibilmente segreta, e si avviò verso il retro del locale.
“Signor Preside, che sorpresa! Permette una domanda?”
Ancor prima che Sereno Animum avesse il tempo di replicare, un’invecchiata ma ancora scaltra Rita Skeeter aveva già estratto il suo taccuino di pelle e la sua inseparabile piuma incantata si muoveva fluida sul foglio.
“Come ci si sente a vivere costantemente nell’ombra del Grande Silente? Le scoccia essere ritenuto la ruota di scorta ad Hogwarts?”
“Signora Skeeter, gli anni passano ma noto che lei conserva la stessa fastidiosa impertinenza di sempre” .
“Dunque… si … scrivi, scrivi…” la giornalista si ravviò un ricciolo bianco ed esortò la sua piuma verde con un cenno impaziente della mano. Al tocco lieve ma frenetico del pennino iniziarono a comparire alcune frasi vergate in corsivo.
Un nodo di dispiacere gli stringe la gola quando ci racconta di essere considerato un Preside di secondo livello…
“ E se mi vuole scusare ora ho cose più importanti da fare che dare adito alle sue fesserie” prese Lily per mano e la condusse verso la porta sul retro.
“La prego… una domanda per la giovane Potter! Solo unaaa…”
La lagnosa voce acuta della Skeeter rimbombò nelle orecchie di Lily finchè non si ritrovarono in un cortiletto angusto dove le erbacce che regnavano sovrane sembravano non aver mai conosciuto la cure di un giardiniere.
“Chi era quella donna?”
“Solo una vecchia scocciatrice!” sbuffò il Preside che sapeva da sempre di non dover dare peso alle parole di quella cialtrona.
Lily si ritrovò a fissare un muro di mattoni. Lo sfiorò con una mano e godette della piacevole sensazione di freschezza e morbidezza del muschio che aveva attecchito sulla parete.
“Tre verticali… due orizzontali…” bofonchiò Sereno. “Sta’ indietro, cara”.
Batté sul muro tre volte con la punta della bacchetta. Il mattone che aveva colpito dapprima si mosse impercettibilmente, poi vibrò e si contorse lasciando apparire una piccola fessura che si fece sempre più grande. Un istante dopo i due si trovarono di fronte ad un arco abbastanza ampio da permettere il comodo passaggio di una persona. L’apertura dava su una strada selciata tutta curve, di cui Lily non riusciva a vedere la fine.
“Forte!” esclamò la ragazzina, eccitata. Era entusiasta per le nuove esperienze che stava vivendo e non vedeva l’ora di arrivare ad Hogwarts e cominciare quella che si prospettava come un’avventura magica.
Proprio tale e quale a sua madre, pensò il vecchio mago quando la vide sparire oltre l’arco, che si richiuse lentamente dietro di lei. 
   
 
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