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Autore: lelle31    04/04/2012    3 recensioni
Che succederebbe se una ragazza appena arrivata in città si trovasse invischiata nel caso Kira? E se la stessa ragazza fosse entrata a contatto con un Death Note in precedenza? E se, come se non bastasse, fosse già morta una volta? Potrebbe spezzare l'apparente quiete di una persona, cambiando non solo il suo destino, ma anche quello di molti altri? Leggete e scopritelo.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 POV SELENA
 
Me ne stavo sdraiata sul divano, fissando il soffitto color crema, mentre cercavo di riordinare le idee.

A qualche metro di distanza, abbandonate per terra, facevano bella mostra di sé le scarpe tacco dodici che mi erano state regalate il Natale precedente e che avevo indossato fino a cinque minuti prima. I miei piedi avevano praticamente tirato un sospiro di sollievo, liberi da quelle favolose trappole. Tuttavia, nonostante l’ambiente lanciasse un tacito invito a mettersi comodi, i piedi erano l’unica parte rilassata del mio corpo.

Azzardai uno sguardo teso in direzione di Ryuzaki, che attendeva pazientemente di conoscere il motivo per cui era stato trascinato lì, facendosi fuori, nel frattempo, la dose di dolci che una persona comune avrebbe impiegato un mese per mangiare.  A prima vista, quell’attività sembrava interessarlo molto di più di ciò che una diciannovenne qualsiasi poteva aver voglia di condividere con lui, ma il modo in cui i suoi occhi si fissarono nei miei, mi comunicò che non era così.

E, per l’ennesima volta, mi diede  i brividi. Se di terrore o di piacere,  però, avrei dovuto chiarirlo in un altro momento. 

Adesso dovevo concentrarmi per essere in grado di enunciare di fronte al ritratto della razionalità, ciò che appariva persino a me completamente assurdo.  Ecco perché, dopo aver chiuso gli occhi e inspirato profondamente in cerca del coraggio necessario, esordii con il più lapalissiano dei dati di fatto “Tu vuoi qualcosa da me”.

Ryuzaki sollevò nuovamente lo sguardo sulla sottoscritta, interrompendo temporaneamente la selezione delle caramelle, che stava dividendo in tre gruppi a seconda del colore. Bene, ora ero sicura che mi stesse ascoltando.

“Delle risposte” chiarii, qualche secondo più tardi, intenzionata a scoprire tutte le carte in tavola “Vuoi sapere come facevo a sapere tanto di Eisuke Tanaba, pur non avendolo mai incontrato prima”.

Deglutii. Eravamo arrivati alla parte complicata. Stringendo i pugni, mi preparai psicologicamente agli effetti che la frase che stavo per pronunciare aveva buone probabilità di causare. Poi presi fiato.

“Ebbene” dichiarai, con l’eco di Melinda Gordon* che affermava “Io posso vedere gli spiriti” di fronte all’inconsapevole e incredula vittima della puntata, in testa “Io credo proprio di averglielo letto nella mente”.

Seguì un attimo di assoluto silenzio, durante il quale, osservando l’espressione indecifrabile del mio interlocutore, mi pentii di essere stata così diretta. Dovevo correre ai ripari. “Okay, aspetta solo un secondo” lo pregai, alzandomi senza un apparente motivo e portando le mani avanti in un gesto difensivo “Prima di tacciarmi di essere una bugiarda, di avere problemi mentali, di volerti solo far perdere tempo o chissà che altra cosa, stai a sentire ciò che ho da dire fino in fondo. Per favore. E’ importante”.

Ryuzaki mi guardò un po’ sorpreso, quasi come se quelle tre possibilità, fossero le prime che aveva scartato nella pianificazione della sua prossima mossa. “Non intendo fare niente del genere” mi rassicurò, infatti, con la sua voce fredda e profonda al tempo stesso “Ma penso che dovresti tornare a sederti e calmarti. L’ansia che dimostri è del tutto controproducente alla tua causa”.  

Obbedii, consapevole che aveva ragione.  In quel modo mi stavo soltanto rendendo ridicola. Che cavolo avevo in testa?

La risposta corretta era il casino più totale. Un miscuglio di emozioni confuse unite al desiderio crescente di scappare in camera, seppellirmi nelle coperte e fingere che  tutta quell’imbarazzante situazione non si fosse mai verificata. Purtroppo, però, la vita non sembrava così clemente da accontentare una simile fantasia.  Altrimenti sarebbe stata troppo facile. E le cose troppo facili, si sa, non piacciono a nessuno. A me per prima.

Quindi forza e coraggio,  mi spronai, con rinnovata energia, Levati questo peso dal cuore.  

“D’accordo” ricominciai decisa, guardandolo dritto in faccia “ Cominciamo dal principio.

Sono stata adottata quando avevo quattro anni e fino a circa tre anni fa non sapevo molto sui miei veri genitori, specialmente per quanto riguardava mio padre. Poi c’è stato l’incidente, il coma, l’amnesia … e io mi sentivo così persa e confusa che iniziai ad indagare. Non è stato facile. In generale, la gente pensava che mio padre fosse   pazzo, ma loro conoscevano solo la facciata della verità. Alcuni uomini potenti e senza scrupoli, invece, avevano scavato più a fondo e scoperto ciò che lui in realtà riusciva a fare.

E … Ryuzaki, io non se crederci del tutto, però da quando assunsero mio padre , la rendita delle loro imprese andò alle stelle. Le voci che ho sentito dicono che lui riuscisse immancabilmente a interpretare le intenzioni dei rivali e a trovare i loro punti deboli, favorendo moltissimo  i suoi capi. Ovviamente loro lo pagavano fior di soldi, sebbene questo non lo abbia protetto dalla pallottola che gli trapassò il cranio, uccidendolo”.

Indirizzai un’ occhiata eloquente al detective. Certi giri non si abbandonano come nulla fosse, purtroppo.

“Quando successe, io e mia madre non vivevamo più con lui da tempo ormai” continuai, dopo una corroborante sorsata di tè verde “ Tuttavia, i suoi assassini, sapevano di noi. In particolare erano interessati a me, perché supponevano che avessi lo stesso dono di mio padre. Fu per questo che i Clark, mi presero con sé, portandomi in America. In quanto amici di mia madre, collaborarono con lei, nel tenermi al sicuro. Ma non riuscirono ad impedire il suo omicidio”.

Ricordavo bene la sera in cui li avevo convinti a raccontarmi quella triste storia, il dolore che avevo letto sui loro volti, il forte abbraccio di mia sorella, la quale, a sua volta, non era mai stata messa al corrente dell’intero svolgimento dei fatti. Erano immagini che nemmeno un’altra amnesia avrebbe potuto cancellare. Sarebbero rimaste scolpite dentro di me per il resto della mia vita.

“Li hanno mai presi?” domandò Ryuzaki, che evidentemente non era andato così indietro nelle sue ricerche sul mio conto.

“No” risposi cupa “Sono il genere di persone abbastanza influenti da assoldare sicari scrupolosi nel non lasciare tracce. E comunque è passato troppo tempo. Trovarli sarebbe impossibile. Figuriamoci incriminarli”.

Ryuzaki non replicò, tornando a dedicarsi alla sua torre di dolciumi. Però sapevo cosa stava pensando.

Lui li avrebbe acciuffati e sbattuti in galera in tempo di record. Ed io non ne dubitavo affatto.

Ma avevo questioni più importanti in ballo, al momento.

“La mia famiglia è convinta che quella gente mi stia ancora cercando” gli rivelai, un po’ combattuta “Era uno dei motivi per i quali non volevano che stessi lontano da casa così a lungo. L’FBI ci copre le spalle a Los Angeles.  Però non avevo più voglia di starmene rintanata come un topolino ad aspettare che succedesse qualcosa di brutto. Avevo bisogno di staccarmi da quell’ambiente, di dimenticare le esperienze negative … e così eccomi qui. Naturalmente incontrare Tyler Miles, lo psicopatico fratello del mio ex Chris, non era nei piani”.

Proprio come restare implicata in un caso di omicidi seriali, farmi un’amica che scambiava inquietanti sms ai miei danni con un altrettanto inquietante sconosciuto/a, spendere un’esorbitante quantità di denaro in scarpe … Ah no, questo l’avevo previsto, dimenticavo. Dopotutto come avrei potuto soggiornare in una delle capitali mondiali della moda e non approfittarne?

“Sei sicura che fosse Tyler Miles il ragazzo che è venuto all’università oggi?” chiese all’improvviso Ryuzaki, interrompendo la lotta contro i sensi di colpa per essermi abbandonata alle spese folli.

Lo guardai accigliata, prima di ribattere “ Okay che ho perso una bella fetta di memoria, ma una persona che mi è stata con il fiato sul collo per mesi, minacciandomi più volte di rendere note le mie facoltà speciali, di certo la riesco a riconoscere!”.

Le mie stesse parole mi stupirono. All’epoca non avevo voluto ammettere nemmeno lontanamente la fondatezza di quelle accuse, sebbene nel profondo sapessi che quel bastardo ci aveva visto giusto. Ora invece proclamare la verità era diventato un atto spontaneo. Davvero un ammirevole passo in avanti.   

“Sono curioso” fece il detective, in un tono che avrei definito quasi perplesso, portandosi  il pollice alle labbra “Mi hai parlato di poteri sovrannaturali in cui io francamente non credo, tuttavia vorrei sapere come funzionano”. 

“Non lo so” fu la mia poco illuminante, ma onesta risposta  “Ho passato la mia intera adolescenza ad essere scettica quanto te e a negare a me stessa che questo genere di cose potessero realmente verificarsi.  Tutto ciò che posso dirti è che a volte mi è capitato di intuire cose riguardo alle persone che in teoria non avrei potuto indovinare senza conoscerle abbastanza bene. E non mi riferisco solo a pensieri o sentimenti. Spesso riesco a percepire la loro natura … Se hanno intenzioni buone o malvagie. Ma è più complicato di così. E temo che dovrò scoprirne le regole da sola”. 

In un angolo del mio cervello, ancora mi chiedevo dove avessi trovato il coraggio di parlare di queste cose ad alta voce. Sembrava tutto così surreale. Eppure era vero. Speravo soltanto che le conseguenze non fossero disastrose.

“Quindi” dedusse Ryuzaki, assottigliando lo sguardo “ Se lo volessi, potresti conoscere l’identità delle persone, direttamente dalla loro mente?”.

Ah, ecco. Mi pareva strano che il discorso non prendesse questa piega. Ora il mondo era tornato a girare intorno al proprio asse.

“Probabilmente sì” ribattei, sentendo l’irritazione rispuntare “ Ammesso che io capisca come usare le mie doti a piacimento. E,  sicuramente, se fossi Kira, un’abilità mi farebbe molto comodo. Ma  cerchiamo di essere seri. Ho alle calcagna un gruppo di uomini assetati di potere e senza scrupoli che sanno della mia esistenza e non vedono l’ora di costringermi a lavorare per loro. C’è un idiota mentalmente instabile, venuto qui nella speranza di convincermi a fare chissà cosa per lui . Non credi che, se avessi potuto, avrei già eliminato tutta questa gente, invece di creare così tanti problemi alla mia famiglia e a te?”.

Ryuzaki rimase impassibile. “Magari stai solo aspettando il momento più opportuno” suggerì, in un tono di voce basso e, mio malgrado, sensuale. Wow. Rimani collegata alla realtà, mi ingiunsi con forza.

“Certo” sbuffai sarcastica, rivolta sia a me stessa che a lui. Alzai gli occhi al cielo. Ero esasperata nei confronti di entrambi!

Passati i due secondi necessari a schiarirmi le idee, dissi, senza distogliere i miei occhi dai suoi “ Senti, Ryuzaki, pensa quello che ti pare. Ma sappi questo. Io adesso dovrei essere morta, o quantomeno intubata e completamente dipendente da una macchina . Lo stato in cui l’incidente mi aveva ridotta, prevedeva che non mi risvegliassi mai più. Invece, sono qui, con le mie facoltà intellettive intatte e senza aver riportato danni irreparabili. In pratica, mi è stata donata una seconda possibilità. Non è una cosa che negherei a nessuno, neanche al peggiore dei criminali, credimi”.

Per qualche istante ci limitammo a fissarci in silenzio, riflettendo sulle mie precedenti affermazioni.

Poi Ryuzaki dichiarò, senza alcun preambolo “Tyler Miles è morto”. 

“Cosa?!” strillai sconcertata, sotto il suo sguardo indagatore . Meno male che ero già seduta, perché dopo una notizia del genere, non ero sicura che le gambe mi avrebbero retta.

“Tre mesi fa, in un ospedale psichiatrico. E’ stato ucciso da altri due pazienti” mi informò, tornato al solito contegno freddo e apatico, mentre controllava qualcosa sul pc.

Accidenti, grazie per aver detto anche a me che Tyler era stato spedito nel posto dove meritava di stare, pensai turbata, rivolta a chiunque dei conoscenti che avevamo in comune, O per avermi invitata al funerale.

Il fatto che mi sentissi offesa non aveva alcun senso, ma tale constatazione non bastò a farmi passare la stizza. Uno si faceva un viaggetto e gli altri dimenticavano del tutto la sua esistenza. Che ingiustizia.

Fortunatamente, prima che lo shock potesse far affiorare qualche altra stupidaggine, recuperai abbastanza lucidità da decidere di agire. Di slancio, mi alzai dal divano e mi sistemai alla meglio sul bracciolo della poltrona di Ryuzaki.

“Fammi vedere” ordinai, indicando il computer. Lui per un attimo sembrò davvero contrariato, ma poi aprì un documento, affinché potessi leggerlo.   

Era un verbale della polizia che spiegava per filo e per segno come un certo Alex Collins e un’altra sconosciuta, Rosalie McCole, avessero tagliato la gola a Tyler, utilizzando dei pezzi di vetro di un lampadario che avevano rotto. Ingegnoso.

Scorsi la pagina e per poco non feci cadere il mouse. Mi ero imbattuta nelle foto dei due assassini. Ma non fu questo a lasciarmi senza parole.

“E’ Margaret” sussurrai, portandomi una mano davanti alla bocca. Non c’era alcun dubbio. La ragazza bionda e stralunata che appariva nell’immagine, non poteva essere che lei. L’altro ragazzo, invece, assomigliava in maniera impressionante a Tyler, anche se nella foto aveva i capelli neri. E poteva benissimo essere il tipo che avevo visto quel pomeriggio. Ma che diavolo stava succedendo?

D’un tratto, iniziai a mettere insieme i pezzi. Margaret, o Rosalie, o comunque si chiamasse, non portava avanti la sua crociata contro di me da sola. Qualcuno stava collaborando con lei. Qualcuno che aveva passato un bel po’ di tempo insieme a Tyler, che poteva quasi essere suo fratello gemello …

“Oh, merda” esclamai, sbigottita “Sono nei guai fino al collo!”.

Aggiornai Ryuzaki sulla mia improvvisa illuminazione, condividendo le mie ipotesi riguardo a ciò che quei due stavano tramando alle mie spalle.

Quando ebbi finito, mi sentivo seriamente esausta, ma per niente sollevata.

Lo osservai riflettere, per un po’, poi chiesi stancamente “Che si fa adesso?”.

“Li rimandiamo da dove sono venuti” affermò, con uno strano luccichio negli occhi neri. Evidentemente mi ero persa la parte eccitante della faccenda.

“Non ti pare di avere già abbastanza lavoro da sbrigare?” gli feci presente, sporgendomi un poco in avanti, per enfatizzare il concetto.

“Non ho detto che lo farò io” specificò, avvicinandosi a sua volta “Ci penserà la polizia inglese. Li stanno già cercando, hanno solo bisogno di sapere dove si trovano”. Ovvero dall’altra parte del globo. Ma avrei meditato sulla toccante efficienza del sistema di sicurezza degli ospedali psichiatrici britannici, più tardi.

Ora ero troppo occupata a sostenere lo sguardo di Ryuzaki, in una  sfida “a chi si arrende per primo”. E, nel frattempo, cercavo anche di non fare troppo caso al fatto che eravamo talmente vicini, che potevo sentire il suo respiro sul viso.

Nessuno dei due, però, provò minimamente a cambiare la situazione. Non mi era mai capitato di stare a così pochi centimetri da un ragazzo per più di un minuto, senza che uno dei due  tentasse di infilare la lingua in bocca all’altro. Infatti, perché fregarsene delle consuete distanze di sicurezza, se non si voleva che finisse in quel modo?  

Eppure Ryuzaki rimase totalmente immobile, accontentandosi di guardarmi. Questo scatenò qualcosa. Qualcosa di strano, intenso e sbagliato, del tutto sbagliato, si stava diffondendo dentro di me. Qualcosa che non provavo più da tanto tempo, da quando lui era morto …

“ E’ un piacere vedervi finalmente andare d’accordo” commentò Watari contento, interrompendo d’un tratto il nostro contatto visivo e le mie pericolose considerazioni. Grazie a Dio.

“Non ti ci abituare” gli consigliai divertita, cercando di superare il momento di imbarazzo “E’ solo una tregua temporanea” .

Gli avvenimenti delle successive settimane, provarono, tuttavia, che avevo torto.


^^^^^^^^^^


18 Aprile 2007


SELENA POV


Il sole splendeva caldo e fiero, illuminando un cielo azzurro terso in quella piacevolissima mattinata di piena primavera. Ero talmente felice di aver messo via gli abiti pesanti una volta per tutte, che passai facilmente sopra alla violenza con cui l’allergia stagionale mi aveva colpita e ai dolorosi crampi iniziati poche ore prima.

Per qualche inspiegabile ragione,  il ciclo arrivava sempre quando ti predisponevi a passare un bel momento o ti rilassavi dopo settimane di stress. Mai che venisse in contemporanea con quei giorni in cui piove a dirotto e non ti passa neanche per l’anticamera del cervello di combinare qualcosa di più del guardare un film avvolta nella tua coperta preferita.

No, è proprio destino che tu ce le abbia mentre te la spassi, distesa a prendere il sole con le tue compagne di università preferite, senza una sola preoccupazione in testa. Beh, a dire il vero, qualche piccolo problemino nella mia vita era presente, ma in quel preciso istante stavo ignorando bellamente la cosa.

“Margaret non è più venuta” buttò lì Tomoko, sistemandosi gli occhiali da sole. A proposito dei guai a cui non stavo prestando attenzione.

“Mmh, è vero. Chissà cosa le è successo” azzardai,  falsamente noncurante.

In realtà Margaret era stata catturata dalle forze dell’ordine pochi giorni prima. La sua fuga l’aveva condotta fino in Germania, nelle vicinanze di Berlino. Il suo caro amico, però, non si era trovato con lei. Il che significava che si aggirava ancora da qualche parte, macchinando contro la sottoscritta.

Una fitta alla pancia, amplificata dalla paura, mi fece quasi imprecare.

“Stai bene?” chiese subito Rossella, preoccupata. Probabilmente non avevo un gran bella cera.

“Sì” la rassicurai con un sorriso “Sono solo le mestruazioni che colpiscono di nuovo”.

“Capisco” rispose lei, levando gli occhi al cielo come per dire “ Non possiamo farci niente se ci tocca sorbirci questa piaga”. Ero assolutamente d’accordo.

A quel punto, Tomoko sospirò. E io iniziai ad avere una pessima sensazione, riguardo al mantenimento della tranquillità della giornata.

“Vorrei tanto averle anch’io” si lamentò la pettegola del gruppo, a bassa voce, togliendosi gli occhiali.

Perché? fu la prima incredula domanda che mi attraversò la mente. Poi mi vennero un paio di idee e mi augurai di essere nel torto.

“Che succede?” domandò Rossella a Tomoko in tono prudente.

L’interessata si stava torturando le dita delle mani a disagio.

“ Ecco io … Ho un ritardo” annunciò alla fine, guardandoci  imbarazzata. Oh, cavolo.

“Sarai stressata, tesoro” suggerii immediatamente, perché non volevo nemmeno contemplare altre possibilità. Rossella annuì solidale, ma non mi sembrava convinta.

“Veramente, c’è la seria probabilità che io sia … incinta. Ma non so proprio come dirlo al mio ragazzo” replicò Tomoko, sospirando sconsolata.

Io e Rossella ci scambiammo uno sguardo allibito. Stavamo pensando la stessa cosa.  Da quando Tomoko esce con qualcuno?

Credevo di aver ricevuto già abbastanza shock ultimamente, ma questo li superava tutti.  

“Hai fatto il test?” si informò Rossella, sforzandosi di essere pratica.

“No” Tomoko scosse la testa, sempre più afflitta “ L’ho comprato, però non posso farlo a casa mia. Se i miei genitori mi beccano, è la fine”.

Avevo letto che la società giapponese era ancora piuttosto rigida in merito a certe cose, quindi potevo immaginare la scomoda posizione in cui si era ficcata. Forse. “Perché non lo facciamo adesso e cerchiamo di capire se c’è davvero bisogno di agitarsi?” proposi decisa, alzandomi in piedi.

“Mi sembra un’ottima idea” disse Rossella, tirandosi su, a sua volta. Tomoko esitò, ma alla fine ci raggiunse.

“Promettimi che, qualunque sia il risultato, lo terrai per te” aggiunse, rivolgendosi  a me “ Il padre di Light Yagami conosce il mio e se ti fai sfuggire qualcosa con il tuo ragazzo, di certo la voce gli arriverà”.

Oh, beh, questo non era un problema. A parte il fatto che Light e Ryuzaki non erano esattamente amici, nessuno di loro era il tipo da spargere una simile notizia.

“Sarò muta come una tomba” promisi comunque, per tranquillizzarla.

Matsuda, pregai nel frattempo, se stai assistendo a questa scena, per favore fai altrettanto!  



Venti minuti dopo, nel bagno delle ragazze
 


“Allora? Ancora niente?” domandò un’agitatissima Tomoko, mentre aspettavamo  il risultato.

Guardai Rossella in maniera eloquente e lei le si sedette vicino, cercando di confortarla.

“Devi avere ancora un po’ di pazienza” ripetei un’altra volta, lanciando una serie di insulti mentali alle aziende produttrici di test di gravidanza.

Se mai avessi sospettato di aspettare un bambino, sarei andata dritta dal ginecologo perché non avrei tollerato di passare di nuovo un momento come quello. Men che meno, se mi fossi trovata al posto di Tomoko.

Sbuffai. Avevo un terribile mal di testa, accompagnato da un bruttissimo presentimento, che non aveva a che fare con la situazione presente. Era qualcosa che stava per succedere. E non sarebbe stato positivo.

“ Ci siamo?” chiese Rossella, speranzosa, fraintendendo la mia espressione.

“No” sospirai dispiaciuta “ Questo affare mi sta davvero mettendo alla prova”.

Tomoko si prese la testa tra le mani, vittima della tensione.  Rossella si alzò e fece due passi per ammazzare il tempo. Io mi appoggiai al muro, con gli occhi chiusi. Due secondi dopo, il mio cellulare squillò.

 “Sì?”risposi seccata, portandomelo all’orecchio.

“Ho bisogno che tu e Matsuda torniate subito” disse una voce nota e profonda. Ci mancava solo questa.

“ Sicuro? Sto gestendo una crisi in stile La vita segreta di una teenager americana qui”.

“E si tratta di una cosa urgente?” ribatté il detective, che non aveva capito la mia battuta.

“Abbastanza” replicai “ In effetti, se mi lasci risolvere, poi … Oddio. E’ positivo!” urlai, notando l’improvvisa apparizione di una stanghetta rosa sullo stick.

“Che cosa?”, “Davvero?” e “ Di che parli?” furono le reazioni contemporanee di Tomoko, Rossella e Ryuzaki al mio annuncio.

Uno alla volta, supplicò il mio cervello sovraccaricato dall’emicrania e dalla confusione del momento.

Prima che riuscissi a elaborare una frase coerente, Rossella prese il test dalle mie mani e lo passò a Tomoko. Ottima mossa.

“Non so cosa stia succedendo, ma cercate di fare in fretta” si congedò Ryuzaki, chiudendo la comunicazione. Visto e considerato che una delle mie amiche era in stato di shock, avrei fatto del mio meglio.

“Moko, guardami” le ordinai con fermezza, prendendole il viso tra le mani “Andrà tutto bene, ok? Te lo giuro. Ma tu adesso devi respirare e non cedere al panico. Troveremo una soluzione”.

Quando iniziò ad annuire, leggermente più colorata in volto, mi rivolsi a Rossella.

“ Il mio ragazzo ha voluto provare l’ebbrezza di scaldare una pentola di metallo nel microonde e adesso ha bisogno del mio aiuto per ripulire la cucina” inventai, vergognandomi un poco di quanto ormai  mi venisse naturale “Credi di riuscire a tenere le cose sotto controllo qui da sola?”.

“Nessun problema” mi assicurò lei, senza scomporsi “Ma tieni il tuo ragazzo alla larga dai fornelli” .

“Lo farò” promisi, abbracciando entrambe e andandomene.

Mi sentivo talmente in colpa che per un attimo considerai di ignorare la richiesta di Ryuzaki.

Poi, vidi qualcosa di completamente inaspettato.

“Ciao sorellina” mi salutò Kate, saltata fuori dal nulla “Da quanto tempo”.

E adesso come avrei spiegato a lei la situazione?   
 









* mi riferisco alla protagonista del telefilm Ghost Whisperer, interpretata da Jennifer Love Hewitt. Per chiunque non l’avesse mai visto, parla di una donna che vede i fantasmi, intrappolati sulla Terra perché hanno dei conti in sospeso  e li aiuta a risolvere le loro questioni con i vivi, così che possano “passare oltre”.
 


L’angolo dell’autrice
 
Dopo un ritardo impressionante, finalmente ce l’ho fatta ad aggiornare! Mi scuso tanto, ma sto studiando moltissimo e per le prossime due settimane circa, dovrò continuare a sgobbare. In questi momenti odio profondamente l’università.

Comunque, tornando a noi, questo è un capitolo di semi - passaggio che mi serviva per chiarire un po’ di tutto il mistero a cui vi ho sottoposto e riallacciarmi alla storia di Death Note. Dal prossimo capitolo, si ritorna sui binari della vicenda principale.

La seconda parte di questo capitolo c’entra poco con la prima, lo so, però, dopo quell’insieme di nuove informazioni, ho ritenuto necessario un “rilassante” episodio di vita quotidiana. Niente paura avrà tutto un suo senso all’interno dell’intreccio.

Bene, vi lascio a domandarvi cosa succederà adesso che la premurosa sorella di Selena, ha deciso di presentarsi di persona. Si accontenterà ancora delle mezze verità o andrà in fondo alla faccenda? E, soprattutto, migliorerà o peggiorerà il casino in cui sono immersi i personaggi?

Questo ed altro nel prossimo capitolo.

Ringrazio come sempre i miei lettori e chi mi ha messo nelle preferite, seguite, ricordate.

Un bacione, lelle31
 
 

  
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