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Autore: Andy Grim    05/04/2012    3 recensioni
E se i personaggi di Candy Candy fossero vissuti 30 anni più tardi? E se la guerra che incombeva sullo sfondo non fosse stata la Prima ma la Seconda Guerra Mondiale?
E se la collega di Candy - Flanny Hamilton - avesse incontrato una persona speciale mentre faceva la crocerossina?
E se questo capitolo incontrasse il vostro favore e ne seguissero altri, cronologicamente successivi?
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9: Chi non muore si rivede

Guerra e Lussuria: non c’è

 nient’altro che rimanga di moda

(William Shakespeare)

Capitolo 25: Sull’orlo del precipizio

 

UCPFH 25

 

 

“A

ndy… Andy, su… svegliati!”

“Mmmm… sgrunf…”

“Forza, generale… siamo in ritardo!!”

“Cinque minuti…”

“Neanche cinque secondi. In piedi…!”

L’asso degli assi dovette alla fine dar retta a quella vociaccia, nettamente dissimile dal timbro affettuoso della sua dolce metà, pur essendo ugualmente perentoria. Il generale di divisione James Patrick Stone, Capo di Stato Maggiore della Decima Forza Aerea, dovette però anche dargli alcuni energici scossoni, per costringere il suo diretto superiore ad aprire gli occhi.

“Jim… sei tu…?”

“Già… non sono Flanny, mi dispiace!”

L’altro grugnì di nuovo, volgendo il capo verso il comodino: “Che ora è?”

“L’ora che ti dia una strigliata, mandi giù una tazza di caffè e ti precipiti in Sala Operazioni: abbiamo il briefing fra dieci minuti!”

“Cosa??!” l’affermazione del suo vice spazzò di netto il torpore dal corpo di Andy “Oh, cavolo… devo aver dimenticato di caricare la sveglia!” affermò, schizzando fuori dal letto e dirigendosi verso la toilette, mentre si sfilava la casacca del pigiama.

“Secondo me non l’hai proprio sentita, invece!” ipotizzò il suo secondo.

“Dici…?” chiese Andy, fra uno scroscio d’acqua fredda e l’altro.

“Dico. Ti sei imbottito di sonnifero anche ieri sera o sbaglio?”

“Non sbagli…!” bofonchiò il collega, dopo essere uscito dalla doccia, mentre si strofinava coll’asciugamano.

“Se tua moglie viene a saperlo, sono guai!”

“Dimmi qualcosa che non so…” rispose Greason, abbottonandosi la camicia.

“Ciò che non so io” replicò il collega allungandogli i calzoni “è perché ti ostini a non avere un attendente!”

“Per non fare l’aristocratico nei confronti di mia moglie. Lo sai come ragiona” spiegò l’amico, calzando infine le scarpe “a parte che anche Candy mi prenderebbe in giro…”

“L’ho sempre saputo che avevi un debole per lei!”

“Finiscila” lo guardò brutto Andy, allacciando il cinturino del cronografo; poi guardò il quadrante “miseria… neanche il tempo di radermi!”

“Ehi, ti senti bene?” gli chiese seriamente James, stringendogli una spalla “Non hai una bella cera!”

“Infatti sto da cani. Che c’è di nuovo? Su, andiamo!”

“Ok…” sospirò l’altro.

***

Durante tutto il briefing il maggior-generale Stone non cessò di tener d’occhio il proprio comandante in capo, impensierito dall’aspetto teso che mostrava. Era da soli dieci giorni che il tenente-generale Greason era rientrato in servizio operativo. Quando il dottor Dumfryes gli aveva rilasciato l’idoneità al volo, i superiori, i compagni più fidati e in special modo la sua consorte avevano cercato d’indurlo a pazientare ancora per un po’… ma dopo aver compreso che più rimaneva a terra e più si sarebbe agitato, avevano dovuto rassegnarsi.

Il dottor Waxman, primario dell’ospedale St Mary, aveva confidato alla sua coadiutrice che forse c’era il modo di allungare i tempi “alterando” leggermente le diagnosi cliniche e, magari, nel frattempo, la guerra avrebbe anche potuto finire…

“È inutile, dottore” aveva risposto la signora Greason “mio marito tornerebbe in aria anche se avesse perso gambe e braccia. Sarebbe peggio. Ridiamogli il suo giocattolo e così sia!”

“Ma perché?!” aveva obiettato Candy, scandalizzata “Basterebbe che convincessimo il maggiore Dumfryes a suggerire un prolungamento di convalescenza. Magari gli darebbero un incarico al Dipartimento e…”

“Candy” l’aveva fermata la collega, con voce secca “io non farò una cosa simile a mio marito! È chiaro?”

“E quindi dovremo proprio rischiare di perderlo” incalzò l’altra, incapace di trattenersi “non bastavano Stear e Archie…!”

Flanny fissò l’amica con aria fredda e penetrante, che la fece arrossire fino alla cima dei riccioli: “Oh, Flanny… perdonami” mormorò poi, abbassando lo sguardo “non so che mi abbia…”

Mrs Greason s’avvicinò e quando Candy la sentì vicina rialzò a fatica il volto, aspettandosi uno sguardo di fuoco o magari anche uno schiaffo… ma vide solo un bonario sorriso: “Tranquilla… l’ho sempre saputo che avevi un debole per lui…!” le dichiarò apertamente.

Alla bionda gelò la schiena e deglutì faticosamente: “Ti giuro: è solo un fratello, per me…!” balbettò.

“Ne sono lieta per lui: si è sempre crucciato di essere figlio unico!” le rivelò l’altra, mollandole un buffetto. Poi si voltò e si diresse verso la corsia, scuotendo armoniosamente la coda di cavallo.

***

L’apparente stoicismo di Flanny aveva, come sempre, delle ragioni pratiche.

Da quando il tenente Archibald Cornwell era risultato disperso in azione, subito dopo lo sbarco in Normandia, il comandante della Decima FA aveva passato momenti eufemisticamente infernali. Il tentativo di farlo raggiungere dalle forze americane prima che i tedeschi lo “pizzicassero”, suggerendo al comandante supremo alleato - da sempre ammiratore dell’asso - di ordinare una puntata della 4th Infantry Divison verso Pont Hébert, si era purtroppo rivelato fallimentare, poiché la resistenza nemica, dopo l’iniziale sbandamento delle unità costiere, si era irrigidita notevolmente, soprattutto nella zona del Bocage, caratterizzata da una vegetazione lussureggiante che rafforzava fortemente la difesa.[1]

Cosicché, ai primi di Luglio del ’44, il fianco destro del fronte alleato (composto dalla Prima Armata USA di Courtney Hodges) si trovava ancora cinque miglia a nord di Saint-Lô, mentre il fianco destro (quello verso oriente, composto dalla Seconda Armata Britannica di Bernard Montgomery) aveva raggiunto soltanto i sobborghi di Caen, che sarebbe caduta soltanto il 18 Luglio, al termine di una violentissima battaglia.

La povera Annie Brighton Cornwell non aveva quindi avuto più notizie del marito da ben quattro settimane: 24 terribili giorni trascorsi singhiozzando nelle ore diurne e urlando in quelle notturne, molto spesso in preda agli incubi, tanto che era stato necessario ricoverarla in ospedale, dove Candy la teneva sotto stretta sorveglianza nel caso le passasse qualche idea malsana per la testa!

C’era voluto tutto il suo amorevole ascendente per farle recuperare un certo equilibrio, ripetendole decine di volte che, se ancora non si sapeva nulla del suo Archie, non voleva necessariamente significare che fosse morto, ma che, più probabilmente, si era nascosto da qualche parte con l’aiuto dei maquis,[2] giacché oramai, se i tedeschi l’avevano internato in uno stalag, la Croce Rossa internazionale avrebbe già dovuto comunicarlo.

Purtroppo per Andy, la conoscenza personale con la famiglia Cornwell non gli aveva permesso di lasciare che la compagna di Archie venisse informata del suo mancato rientro mediante un freddo comunicato ufficiale: il suo onore di gentiluomo l’aveva obbligato a riferirglielo di persona e, per superare una prova del genere, la sua inflessibile dolce metà aveva dovuto fare un discreto strappo alle regole, lasciando che il generale si scolasse almeno una mezza bottiglia di Bourbon!

“Tu me lo riporterai, vero Andy…? Il mio Archie non può essere morto, vero?! Tu me lo riporterai… ME LO DEVI RIPORTARE!!!” gridava la povera giovane trafiggendogli il petto coi suoi umidi occhi imploranti.

“Certo… sta’ tranquilla, Annie” non poteva che rispondere l’asso “Archie è un tipo in gamba. Come suo…” per fortuna si bloccò in tempo “…cioè… se la sarà cavata senz’altro! Io sono sicuro che è vivo… vedrai, lo ritroveremo!”

“Me lo devi giurare…!” lo incalzò lei, stritolandogli i polsi con le sue mani in apparenza così delicate.

“Annie… ti prometto che farò il poss…”

“GIURAMELO!!!” gridò la pupilla di Candy, perforandogli i timpani.

Profondamente scosso dalla disperazione che vedeva nel suo sguardo, il povero Andy aveva dovuto dichiarare, in un soffio: “Te lo giuro!”

Non può quindi stupire se la First Lady della Decima Air Force aveva preferito che il marito riprendesse servizio, ritenendo giustamente che rientrare nel suo elemento lo avrebbe distratto da quella terza esperienza traumatica[3] che lo costringeva a imbottirsi di sonnifero per dormire, quand’era costretto a fermarsi alla base. Non che dormire a casa gli desse comunque un sollievo maggiore, quasi che il sentirsi colpevole nell’aver separato quella coppia di amici gli proibisse di godere del conforto della moglie.

Meglio era quindi, anche per Flanny, risapere il suo uomo in azione, piuttosto che vederlo consumarsi quotidianamente dagli scrupoli; se non altro si sarebbe scongiurato il pericolo che l’aviatore chiedesse un trasferimento in fanteria per andare personalmente in Francia a cercare il marito di Annie! Infine, specie dopo quella folle picchiata su Eiserfeld, la signora Greason sentiva nella pelle che fino alla fine della guerra, il posto più sicuro per il suo compagno sarebbe sempre stato quello stesso aeroplano massiccio sul quale loro due si erano uniti nel cielo della Costa Orientale[4]

***

Rispetto all’energica signora Greason, il buon vecchio James era invece un po’ meno tranquillo mentre guardava il suo amico e comandante esporre ai piloti della sua unità “personale” i dettagli della missione in programma. La 10a Squadriglia Caccia avrebbe scortato una sezione di ricognitori fotografici A-26 su Villedieu-les-Roeles, dove risiedeva il comando della 7a Armata tedesca. Allo SHAEF[5] occorrevano precise informazioni sull’effettiva entità delle forze che il nemico avrebbe potuto scagliare contro l’Armata di Hodges, per impedirgli di superare il fiume Vire.

Mentre il generale parlava si notava nel timbro della voce una palpabile tensione e l’aspetto nient’affatto rilassato del suo viso non trasmetteva quell’usuale e carismatico entusiasmo che sempre aveva caricato come molle tutti i membri del reparto.

“Bene, ragazzi, è tutto. Ci vediamo sul piazzale!” concluse Andy, dopo aver fatto sincronizzare gli orologi.

I sei piloti della squadriglia si levarono dalle sedie per uscire dalla baracca e più d’uno, durante il tragitto, si girò  per sbirciare verso il capo che riponeva le carte nautiche nella cartella. Un’atmosfera indubbiamente diversa da quando il briefing si chiudeva con le solite battute scaramantiche, i fischi e le pacche sulla schiena. Tutto questo non faceva che aumentare l’apprensione di Stone.

“È tutto OK, Andy…?” tornò a chiedergli, una volta che furono all’aperto.

“Certo che sì!” fu la risposta laconica.

“Sicuro?”

Andy sbirciò curiosamente il suo vice: “Sinceramente, ho un discreto mal di testa… ma appena in volo, come sempre, passerà subito tutto!”

“Meglio così. Dopotutto hai ripreso da poco e…”

“Ti preoccupi troppo, Jim” lo interruppe il collega, mollandogli un leggero e affettuoso cazzotto sul braccio “lo sai che, per me, volare è un toccasana!”

“Lo so, lo so… è per il tuo Jug che mi preoccupo: è in convalescenza pure lui!”

“Con un medico come Carling, il mio aquilotto passa direttamente dall’infortunio alla guarigione” sogghignò Andy “non è vero, vecchio mio?”

“Comandi, signore. Diceva?”

“Scusa l’impudenza, amico. Ma il compare qui presente vorrebbe rassicurarsi sull’efficienza del nostro apparecchio!”

“È al 100%, signore” rispose il capo-meccanico “cerchi solo di non forzarlo troppo nelle picchiate…”

“Tranquillo, Nat: lo sai che vado sempre coi guanti di velluto!”

“Certo, come no?” ribatté ironico James “Bah… ci vediamo di sopra.”

“Buon decollo, Jim…!” concluse l’asso, indossando l’imbragatura del paracadute, aiutato da Carling. Montò poi sull’ala sinistra del Thunderbolt ed entrò nell’abitacolo. Dopo i soliti controlli di prammatica contattò la torre, che gli diede subito il via.

“Contatto…!” annunciò il pilota.

“Buona caccia, come sempre, signore!” gli augurò Carling col pollice alzato sul braccio teso. Andy accennò un salutò e spinse la manetta, mandando al massimo il motore: “Ruggisce che è un piacere… cockpit chiuso!” gridò al suo specialista, prima di far scivolare il tettuccio fino alla posizione di blocco.

Lo Yankee Eagle, trainato dalla possente Hamilton Standard, abbandonò la piazzola di stazionamento per rullare lungo il raccordo che immetteva nella pista n° 1 dell’aerodromo di Grant Field, subito seguito dal Patty Ann II di Stone. Non molto distanti, le due Sezioni della 10a Squadriglia, precedute dal Dallas Blonde del capitano John Maxim (CO) e dal Down for Double del 1° tenente Hank Oaxley (2° capo-sezione) uscivano anche loro dai parcheggi per raggiungere le posizioni di decollo.

Come da prassi, dopo aver posizionato il ruotino di coda sulla linea mediana della pista, Andy chiese conferma alla torre di controllo, dopodiché comunicò ai suoi capi-sezione: “Bravo 761 ad Alpha 008 ed Echo 906: decollo immediato. Stabilizzarsi a 12000 piedi, come da istruzioni.”

“Roger, 761!” risposero le voci di Maxim e Oaxley.

Quando la formazione di caccia ebbe raggiunto l’altitudine prescritta, la voce del comandante tornò a farsi sentire: “Assumere formazione in scalata sulla rotta due-zero-sette. Manetta in crociera economica. Jim, prova a contattare la pattuglia di Harper…”

 “Roger” rispose il secondo “qui Eagle chiama Buzzard… Eagle chiama Buzzard… mi sentite, Buzzard? Over!”

Dopo pochi secondi e qualche scarica, la voce del 1° tenente Malcolm Harper, leader della 2a Pattuglia dell’88a Squadriglia di Appoggio, risuonò negli auricolari della 10a da Caccia: “Hallo, Eagle: qui Buzzard Two. Stiamo raggiungendo il punto Beta. Dovreste reperirci da un momento all’altro.”

L’Aquila Americana aguzzò la vista, non tardando a scorgere il luccichio provocato dal sole sulle argentee superfici degli Invader: “Ricognitori a ore due, quota 10000… vi vediamo, Mal: vanno bene i nuovi giocattoli?”

“Sono perfetti, signore: delle vere libellule. Anzi, delle vespe, visto l’armamento: non vediamo l’ora di provarlo!”

“Smorzate i bollori, ragazzi: oggi servono le foto, non altre svastiche sulla carlinga. Semmai, a quelle, provvederemo noi. Eagle a Buzzard, chiudo!”

“Wilco, generale. A dopo!” concluse Harper.

Le due sezioni di caccia, precedute dai due capi-formazione (Andy e James) si posizionarono ai fianchi della pattuglia degli A-26, tenendosi la sezione di Maxim a una quota maggiore e quella di Oaxley ad una minore, così da garantire la massima copertura.

Il volo sulla Manica fu privo d’incidenti e, una volta sorvolato il litorale all’altezza di Port-en-Bessin (i cui moli trasudavano tuttora di veicoli, derrate e munizioni scaricate dalle Liberty)[6] la formazione della Decima Air Force raggiunse ben presto la zona dell’obiettivo.

“Target a due miglia” annunciò Andy “potete scendere per le vostre foto, Buzzard. Noi rimaniamo su a coprirvi il sederino!”

“Buzzard Two a Eagle One: wilco. Scendiamo in planata, Jeffrey” dispose quindi il tenente Harper al suo gregario “camere pronte!”

“Roger, Mal!” rispose il sottotenente Ripper.

I due Invader sorvolarono quindi il terreno sottostante, mentre le fotocamere K22 facevano scattare gli otturatori attraverso le finestrature dei portelli di stiva. I loro protettori della 10a Squadriglia non vedevano che una folta vegetazione circondare i sobborghi di Villedieu, ma sapevano che un attento esame degli specialisti avrebbe rivelato la presenza dei carri tedeschi, ben mascherati sotto il fogliame e le reti mimetiche.

All’improvviso un vero putiferio di traccianti si sollevò dalla verde coltre della campagna, dimostrando che lo stesso ragionamento era stato formulato dalla concorrenza: a quel punto era meglio impedire che quei rulli di pellicola ripassassero il Canale della Manica!

“Buzzard 1 a Buzzard 2” trasmise Harper al suo secondo “ridiamo manetta e filiamo, prima che la Flak ci faccia a pezzi…!”

“Non me lo faccio ripetere, Mal!” rispose subito Ripper.

Gli ottomila cavalli di potenza complessiva sviluppati dai quattro Pratt & Whitney Double Wasp sollevarono di nuovo i due ricognitori verso la quota di sicurezza. Per fortuna gli stanati reparti nemici non disponevano di contraerea pesante.

“Quei timidoni se la sono presa, a quanto pare!” commentò burlescamente il generale Greason, quando l’aereo del tenente Harper si riavvicinò al suo Thunderbolt.

“Forse non si sentivano molto fotogenici” stette al gioco il leader della 2a Pattuglia “ma quando arriveranno qui sopra quelli del 45°, rimpiangeranno le nostre fotografie!”

“Parole sante” commentò Andy Greason “e vedremo se…”

“Eagle Five a Eagle One: banditi a ore cinque!!” lo interruppe bruscamente la voce del capitano John Maxim.

Il comandante trasalì e, puntato lo sguardo nella direzione segnalata, non tardò a discernere quattro puntini che ingrandivano progressivamente nel suo campo visivo: “Qualcosa mi diceva che non avremmo sprecato benzina per niente… c’è lavoro per noi, Jim!”

“Wilco, Andy” rispose Stone “Johnny, vienci dietro e lascia i tuoi con i recco!”[7]

“Roger, Eagle Two” rispose Maxim “Hank, resta con Buzzard. Charlie e Jerry a rinforzo con Eagle Eight!”

“Roger, captain” confermò il suo gregario, sottotenente Charles Jones “fateli neri, mi raccomando!”

“Puoi contarci!” replicò il texano, inforcando gli occhiali e spingendo la manetta del suo Dallas Blonde.

Mentre i ricognitori si allontanavano sulla rotta di ritorno assieme alla loro scorta, i tre veterani della Forza Aerea si diressero con decisione contro i nemici, pienamente fiduciosi di sistemarli, pur essendo in leggera inferiorità. Spirito sportivo a parte, avevano lasciato cinque caccia cogli A-26 per non lasciarli troppo sprotetti.

“Sono 109” annunciò Andy, dopo avere aguzzato la vista “attenzione a non farvi mettere il sale in coda.[8] Nel caso, muso in giù a tutta manetta!”

“Roger…!” risposero i compagni.

La schwarm di Messerschmitt si divise in due rotte, la seconda delle quali picchiò risoluta verso il gruppo degli Invader, che aveva probabilmente avvistato per prima; la pattuglia di punta rimase invece in quota, sdoppiandosi a sua volta per scompaginare la formazione avversaria.

“Ah, vogliono giocare?” si chiese il nostro asso “Bene, li accontenteremo! Eagle One a Eagle Two: io curo l’aereo di testa, tu segui il gregario. Guardaci le spalle, Eagle Five!”

“Conti su di me, signore!” rispose Maxim.

Lo Yankee Eagle si gettò quindi sulla scia del 109 che aveva guidato la formazione tedesca, mentre il Patty Ann II di Stone si metteva sulle tracce dell’altro. Cosa strana: mentre la distanza diminuiva, grazie all’accelerazione superiore del suo caccia, lungi dal provare l’usuale eccitazione da pre-combattimento, Andy Greason si sentiva pervadere da una strana ansietà, accompagnata da uno leggero struggimento…

*Che mi succede? Non avrò mica la tremarella?!* commentò, con un sorriso forzato.

Il 109, che lo aveva visto, eseguì subito una virata imperiale per invertire la direzione guadagnando quota, ma Andy scosse il capo, beffardo: “Mossa inutile, kamerad: il tuo aquilone somiglierà allo Zero, ma il mio non assomiglia al P-40…!”

Spingendo a fondo la manetta, Andy eseguì una larga virata in leggera salita, che se anche non annullava il vantaggio in altezza, almeno lo portava fuori tiro. I due caccia si ritrovarono ben presto su rotte convergenti, iniziando una gara di minor velocità: chi l’avesse perduta sarebbe finito diritto nel mirino dell’altro!

“A te la precedenza, amico!” dichiarò quindi Andy, abbassando completamente i flaps, dopo aver tirato la manetta indietro. Ma quando sembrava proprio che il Messerschmitt stesse per sfilargli davanti al muso, il pilota tedesco eseguì un superbo tonneau,[9] che precluse allo yankee la possibilità d’inquadrarlo.

“Cavolo, è un Emil… e ci sa fare, il ragazzo!”

Per non superare il mancato bersaglio trovandosi a sua volta col culo per terra, il generale spinse la barra in una picchiata, ben sapendo che, se avesse imitato la manovra del Messerschmitt, a quella velocità il suo pesante P-47 avrebbe rischiato di andare in stallo.[10] Livellato l’aereo quasi all’altezza delle cime degli alberi, Andy fece una virata a semicerchio per tornare sui suoi passi, scrutando attentamente il cielo sopra di sé: “Eccoti lassù, crucco bello… ti gira un po’ la testa per quel numero da circo, vero? Ora te la faccio passare io…!”

Ritirò i flaps, mise il passo dell’elica al minimo e ridiede tutto gas, dopo avere arricchito la miscela. Con un possente rombo lo stellare a diciotto cilindri fece vorticare le pale della Hamilton a 50 giri al secondo, riportando lo Yankee Eagle verso la quota precedente. Quando l’altimetro gli segnalò di trovarsi a circa 1000 piedi teorici sopra il nemico, tornò ad invertire la rotta per cercare di mettersi in coda al tedesco, che non tardò a individuare un poco più in basso, mentre teneva una traiettoria cautamente serpeggiante.

“Sei meno stupido di quanto pensavo, amico… non mi trovi più, eh? E dire che ho ancora le invasion stripes[11] ad aiutarti… peggio per te!” disse, infine, gettandosi in picchiata, dopo avere regolato il mirino.

Tuttavia, un istante prima di riuscire a inquadrarlo, l’agile Emil si tolse repentinamente dalla linea di tiro del Thunderbolt eseguendo una mezza rollata…

“Son of a bitch…!!”[12] imprecò il nostro asso, colto di sorpresa, mentre le otto scie dei suoi traccianti si perdevano nel vuoto. È inutile dire che, dopo pochi secondi, l’aereo di Andy si ritrovava il Messerschmitt allineato alla sua coda!

“Ti piacerebbe, eh?!” disse il marito di Flanny, scostando violentemente la cloche per eseguire a sua volta un tonneau, essendo adesso la sua velocità sufficiente per non stallare. Ma il caccia tedesco, facilitato dal miglior rapporto fra peso e potenza,[13] imitò la manovra, mantenendo la posizione di vantaggio.

“Okay, bastardo, ho capito che sai volare” sbottò lo yankee, osservando i traccianti sfiorargli la cabina e qualche colpo da 20 mm bucherellargli le estremità delle ali “sarà meglio che tolga il disturbo…!”

E così, rovesciato com’era in quel momento, alzò ancora la barra per verticalizzare il muso in una candela ma, prima che potesse portarsi fuori dalla mira dell’avversario, avvertì uno schianto secco provenire da dietro le spalle e notò subito dopo una preoccupante scia biancastra fuoriuscire dallo scarico ventrale. A conferma di quanto avvenuto, il pilota notò azzerarsi sul cruscotto la lancetta del sovralimentatore…

“Maledizione: m’ha fottuto la turbina!!”

Con 300 cavalli di potenza in meno, il massiccio P-47 si trovava davvero in braghe di tela nei confronti del leggero 109… la più elementare prudenza consigliava all’americano di disimpegnarsi subito, sempre che vi fosse riuscito! Ma purtroppo il nostro eroe, frustrato dall’essere stato toccato per la seconda volta,[14] preferì dare ascolto all’orgoglio, richiamando l’aereo per trasformare di nuovo in altezza la velocità.

Forse era stata la provvidenziale presenza d’una nuvola a spingere l’asso verso quella mossa da sciocco novellino: in caso contrario il pilota del Messerschmitt avrebbe potuto tagliargli tranquillamente la virata e castigarlo duramente per la sua ingenuità. Protetto invece da quella coltre bianca, Andy riuscì a sfruttare la sua comunque maggior velocità per allontanarsi dal tedesco, riguadagnando la quota perduta.

Una volta risbucato nel cielo libero, lo Yankee Eagle fece una nuova virata a semicerchio e il pilota si rimise a scrutare lo spazio circostante, quando lo raggiunse un messaggio di Stone: “Eagle Two a Eagle One… mi ricevi, Andy?”

“Ti ricevo, Jim… situazione?”

“Quei krauts ci hanno bucherellato un po’, ma ce ne siamo liberati. È stata dura, però: erano davvero in gamba. Fra un momento saremo da te!”

“Negativo, Eagle Two: raggiungete gli altri sulla rotta di rientro. Siamo già a corto di carburante!” ribatté il capo, dando un rapido sguardo al televel.

“Ma se tu…”

“Non preoccupatevi per me… sistemo il mio kraut e arrivo. Passo e chiudo!”

“Andy, non fare fess…” provò a ribattere James, imprecando contro quel maledetto spirito da rompicollo che tornava sempre a far capolino nel suo superiore nei momenti meno opportuni “Eagle Two a Eagle Five: prendi tu il comando, Johnny: vado a dar man forte a quel matto!”

Ma il capitano Maxim, prim’ancora di poter dare il ricevuto, dovette a sua volta segnalare un’altra improvvisa emergenza: “Altri quattro krauts a ore due, vice-leader!”

“Dannazione eterna…!!” replicò, sgomento, Stone.

Con la morte nel cuore, il capo di stato maggiore della Decima Air Force dovette quindi rimanere coi compagni per fronteggiare la nuova minaccia e lasciare che il suo comandante rimanesse a sbrigarsela da solo…

***

Dopo aver richiuso la comunicazione con James, Andy non aveva tardato molto a rintracciare nuovamente il suo avversario, il quale procedeva guardingo, oscillando sempre le ali per eliminare gli angoli morti.

“Eccoti, furfante… visto che non riesco a venirti in coda, vediamo come te la cavi in un attacco frontale!” concluse, ridando manetta e puntando direttamente sul Messerschmitt.

Senza dubbio il generale Eaker, attuale comandante della Quindicesima Air Force e suo ex istruttore alla scuola di Spanner Field, lo avrebbe preso per entrambe le orecchie prima di rifilargli un cicchetto da levargli il contropelo: una mossa del genere poteva rivelarsi una sciocchezza incomparabile contro un caccia armato di tre cannoni, anche se Andy poteva contare sulla rapidità delle sue otto Colt-Browning rispetto alla bassa cadenza degli Oerlikon dell’Emil;[15] ma un tiro a deflessione zero avrebbe annullato questo vantaggio, senza contare che il caccia tedesco poteva integrare (e correggere) il tiro con le due Rheinmetall MG17 sincronizzate sul muso…[16] ma tant’è: anche i campioni possono sbagliare, specialmente se irritati dall’aver trovato un osso più duro del solito da rosicchiare, preoccupati dei compagni impegnati a distanza e infine pervasi da un vago presentimento che cresceva man mano con l’impressione che quel 109 aveva in effetti qualcosa di familiare. Impressione mutatasi in certezza all’ennesimo tonneau effettuato da quest’ultimo, consentendo all’acuta vista dell’aquila americana di riconoscere i contrassegni che portava in fusoliera…

“SCHULTZ…!!!” gridò lo yankee, con un sussulto, rincuorandosi al contempo di averlo mancato, a parte qualche foro superficiale.

Disgraziatamente il tiro del tedesco era stato più fortunato e diversi rumori poco rassicuranti si fecero sentire nel vano motore, seguiti quasi subito da sinistre quanto dense scie di fumo grigio provenienti dai flabelli della NACA…

“Cristo santo… m’ha beccato…!!”

***

“Aaargh…!!”

“Flanny… stai bene?!”

Quel grido improvviso e il successivo sinistro clangore di ferri fecero accorrere l’infermiera White verso la bruna collega, che si era portata rapidamente la mano su un fianco lasciando cadere il vassoio con l’attrezzatura che stava riportando al magazzino.

“Mmm…” gemette la responsabile del reparto paramedico dell’ospedale St.Mary, curvandosi da una parte mentre si massaggiava la parte sofferente.

“Cara, che ti succede…? Siediti, presto!” esortò l’amica bionda aiutandola a obbedirle, mentre l’altra cercava di riprendersi eseguendo profonde inspirazioni.

“Ti gira la testa?” s’informò ansiosamente Candy “Forse è meglio che ti stenda…”

“No… m’è passato. Vorrei solo un po’ d’acqua…”

“Te la porto subito!”

La compagna di lavoro s’affrettò a riempire un bicchiere al vicino lavabo per poi tornare precipitosamente a porgerglielo. Mentre l’altra beveva non resistette però all’impulso di riprenderla: “Dovresti riguardarti meglio, nel tuo stato! Hai avuto un mancamento, vero?”

Flanny scosse la testa: “Ho sentito una fitta fortissima al fianco…”

“Una fitta?! Non dirmi che…”

“Ma figurati, sono appena al secondo mese!” ribatté la mora, con un pizzico d’ilare sconcerto.

“E allora?”

“Mah… forse uno strappo muscolare… spero!”

“Flanny, vuoi capirlo che adesso devi lavorare di meno? E come sarebbe a dire spero…?”

L’amica rivolse alla bionda uno sguardo da stringerle il cuore: “Spero che… il motivo non fosse psicologico…!”

Tante volte, quand’erano allieve alla Mary Jane o tirocinanti al Santa Johanna di Chicago, Candy aveva fortemente desiderato che fra lei e la compagna s’instaurasse una maggiore comprensione. Adesso la dolce biondina era invece angustiata che ve ne fosse perfino troppa: “Andy è in missione, stamani…?” chiese, con un po’ di titubanza.

“Sì…!” rispose la signora Greason, con un filo di voce appena.

***

“Finalmente l’ho preso!! Zum Teufel[17]… è stata dura!” esclamò con sollievo l’expert a bordo dell’Emil, osservando la figura dello Jug mentre si allontanava picchiando, lasciandosi dietro una densa scia di fumo.

“Complimenti, herr oberst” udì nella cuffia la voce del suo secondo “un altro uccellino yankee ad arricchire la sua collezione!”

“Lascia perdere, Kurt… ce l’ho fatta per miracolo. Era un vero demonio!”

“Un demonio temerario” giudicò il mayor Kurt Henskel, capo del 1° Jagdstaffel e vice-comandante del 234° Jagdgeshwader “per affrontare un 109 con un P-47 in combattimento manovrato!”

“Ach so…  non doveva essere molto saggio! Proprio come… oh, scheisse!!” sussultò all’improvviso l’oberstleutnant Schultz von Heindrich, comandante  dell’intero Stormo. Un atroce sospetto gli era balzato nel cervello, scaricatosi dalla tensione dello scontro.

*Himmel, non può essere… mein Gott, fa che non sia vero!!* pregò il povero asso della Luftwaffe ridando piena manetta e spingendo la cloche per fiondarsi all’inseguimento di quel Thunderbolt, con intento ben diverso dal precedente.

“Schultz, ma dove vai?!” gli gridò dietro Henskel.

“Riporta i kinder alla base, Kurt... io torno appena posso!”

“Aspetta: vengo con te!”

“Negativo: il carburante è misurato al millilitro. Tornate alla base, è un ordine!”

“Già… invece il tuo Daimler va anche a pipì, buono a sapersi!” sospirò il maggiore Henskel, non osando, come ogni buon tedesco, disobbedire al proprio superiore. Rientrato nei ranghi, trasmise ai due colleghi: “Rotta verso casa, jungen. Il capo ha un affare urgente!”

“Non dirmi che vuol prendersi un souvenir dal suo bersaglio. Chi si crede, il Barone Rosso?” motteggiò l’oberstleutnant Gunther Schroeder.

“Se è successo ciò che penso io” intervenne l’altro gregario “stasera si festeggia alla grande!”

“Turati quella bocca da nazista, Helmut” ribatté Kurt con tutta la rabbia spuntatagli in corpo “per Schultz sarebbe terribile… specie dopo quel che è successo ad Eiserfeld, l’Aprile scorso!”

“Coi buoni sentimenti non si vince la guerra!” insistette il tenente-colonnello Muller.[18]

“L’abbiamo già persa la guerra, testa di cappero!” sentenziò il maggiore Henskel, prima di chiudere bruscamente il contatto.

Subito dopo il fedele secondo di Schultz si concentrò sulla rotta di rientro, pregando di cuore che il suo comandante non avesse davvero abbattuto per sbaglio il suo  “amichevole nemico” americano!        

***

Pur continuando ad andare a benzina, il DB601 ruggiva disperato per tirare verso terra il piccolo Emil dell’oberst von Heindrich, i cui occhi brucianti fissavano sbarrati lo Yankee Eagle fatalmente ferito dalle raffiche dei suoi Oerlikon. Senza distogliere lo sguardo dal suo malcapitato bersaglio, supportato dalla propria consumata esperienza, l’expert smanettava contemporaneamente sul quadretto della radio per mettersi in contatto col pilota: “Andy… Andy… mi stai sentendo?” domandò con voce strozzata “Rispondimi, ti supplico… sono Schultz…!! Mi ricevi…? Passo…”

Dopo le solite scariche, la voce del collega raggiunse gli auricolari del tedesco: “Mi venisse un accidente!! Eri tu, allora, diavolo d’un mangiakrauts…!”

“Sì, Andy… perdonami… non volevo… non ho fatto in tempo a riconoscerti… sei ferito?”

“No, tranquillo. Non angosciarti, sono cose che ca… MA PORCA D’UNA BALDRACCA, SCHULTZ: hai scoperto un’altra delle nostre frequenze??!”

Il tedesco sospirò. Solo Andy poteva alterarsi d’un tal particolare mentre stava picchiando verso terra con l’aereo fuori uso!

“Al diavolo le frequenze, Andy… salta giù da quell’aereo, prima di precipitare!”

“Scordatelo: atterrerò tranquillamente. Non mi aggiungerai alla tua collezione!”

“Pazzo indemoniato d’uno yankee” esclamò aspramente l’altro “vuoi fare felice von Kruppen solo per il tuo stupido orgoglio del cavolo?”

“Schultz, quest’uccellino m’ha salvata la buccia troppe volte perché lo lasci diventare un ammasso di rottami. Non temere, ce la farò! Stammi vicino, se vuoi…”

“Sai bene che non ti mollerei in nessun caso, scapestrato divoratore di pop-corn…!”

“Dankeschön, mein freund!”[19] sorrise l’americano, profondamente commosso.

“Bitte… e adesso bada bene a ciò che fai!”

Andy alzò il pollice con fare deciso, quindi staccò i contatti e mise l’elica in bandiera. Quasi subito le scie di fumo calarono d’intensità, mentre il bestione continuava a scendere. Tenendo sempre d’occhio l’anemometro per non rischiare uno stallo, il pilota azionò i flaps per contenere l’accelerazione, mentre scrutava attentamente il terreno sottostante.

“Quella radura fa proprio al caso mio: Juggy non dovrebbe risentirne troppo!”

“Cerca di pensare anche per te” puntualizzò il tedesco “e attento a non finire contro gli alberi!”

“Figurati: eseguivo i miei primi atterraggi, quando tu facevi ancora il chierichetto!”

“Modesto come tutti gli yankies…!” borbottò Schultz.

Ormai esperto in atterraggi di fortuna e nient’affatto preoccupato che quello fosse il terzo che affrontava, Andy indirizzò il velivolo sulla lunghezza d’un campo coltivato, facendo abbassare la coda a circa trenta metri dal terreno. Dopodiché sbloccò il tettuccio e lo fece scorrere all’indietro, premendo infine i dischetti del laringofono per mandare all’amico un ultimo saluto: “Sto per toccare, Schultz… ora puoi anche andartene o attirerai l’attenzione su di me!”

“Prima voglio vederti sgambettare fuori da quel Thunderbolt… cerca piuttosto di non farti prendere, perché stavolta non ci sarò io, a salvarti il culo!”

“Il vecchio Otto non mi avrà. Al prossimo crucco abbattuto da me, saprai che me la sono cavata.”

“Sbruffone…  in bocca al lupo!”

“Crepi… alla prossima, mio affezionato kraut!”

I sessanta secondi successivi furono i più lunghi nell’avventurosa esistenza dell’oberst von Heindrich, che per fortuna poté finalmente osservare il voluminoso caccia posarsi sul terreno dopo un paio di balzi contenuti. L’unico inconveniente era la seconda Hamilton da sostituire[20]

Ringraziando il suo paracadute, che gli aveva fatto provvidenzialmente da cuscino, Andy sbucò fuori dall’abitacolo e rimase in piedi sull’ala destra, massaggiandosi un braccio che aveva urtato la console laterale. Come s’accorse del collega, ancora sopra di lui, si levò il foulard dal collo, sventolandolo allegramente: “Uno a zero per te, Schultz! Spero che adesso i tuoi superiori siano soddisfatti e non ti rompano più l’anima…” commentò l’asso, senza troppo rimpiangere la sua perduta invincibilità.

“Con quel culo che si ritrova, scommetto che i nostri non riusciranno nemmeno a grattargli l’aereo” commentò il tedesco, quasi avesse letto i suoi pensieri “così non passerò nemmeno alla storia per aver buttato giù l’aquila americana…!”

Non era in effetti costume, per un serio professionista come lui, farsi accreditare una vittoria senza esibire una prova dell’avvenuto abbattimento; il rammarico di arricchire il suo curriculum proprio con l’aereo del suo “amichevole nemico” rimaneva un fatto puramente secondario. O forse no?

 

***

“Ti senti meglio, Flanny…?” domandò a quest’ultima la voce premurosa dell’amica.

La mora annuì con la testa: “Credo di sì. Le fitte sono cessate di colpo.”

“Cosa può esserti successo?” domandò Natalie, che aveva dato man forte a Candy nel costringere la signora Greason a prendersi mezz’ora di riposo, con le buone o con le cattive “Il dottor Waxman ha detto che era tutto regolare…”

“Evidentemente la piccola Lucy comincia ad essere impaziente di venire al mondo!” commentò, sorridendo, la collega lentigginosa.

“Lucy non c’entra niente” obbiettò la mora scuotendo la coda di cavallo “sarà piuttosto quell’incosciente di suo padre ad averne combinata una delle sue!”

Anche Candy avvertì una stretta al cuore, accompagnata da uno di quegli sguardi che facevano arricciare il naso a Terence quando la sua fiamma correva col pensiero all’amico acquisito. Più d’una volta il talentuoso attore aveva meditato di dare un calcio al suo antimilitarismo per arruolarsi nella RAF… ma sapeva che, anche in uniforme, le alte sfere lo avrebbero piazzato nel settore ricreativo per galvanizzare il personale con la sua oratoria shakespeariana, piuttosto che affidargli uno Spitfire e per questo aveva desistito.

“Stai tranquilla, Flanny” le disse la bionda “lo sai che non esiste nessun pilota tedesco che potrebbe abbattere tuo marito!”

“Candy ha ragione” s’affrettò a ribadire Natalie “l’unico che forse potrebbe tenergli testa, sappiamo bene che non lo farebbe mai!”

“Vi ringrazio del conforto, amiche mie” sorrise mestamente la loro mentrice “ma purtroppo, in guerra, non si può mai sapere…!”

 

***

Quando l’aereo di von Heindrich scomparve definitivamente all’orizzonte, Andy Greason smise di gesticolare nella sua direzione, si diede una grattatina al mento, già lievemente irsuto, per poi battere le mani, come a volersi destare da uno stato di tranche: “Bene: e adesso che ci siamo divertiti, vediamo di pensare al da farsi…!”

Volgendo lo sguardo intorno, adocchiò subito un capace covone poco lontano e cominciò ad applicare la sua prima risoluzione. Affondò le mani nella paglia e ne trasportò una manciata presso il suo caccia, lasciandola cadere su un’ala: “M’aspetta un bel lavoraccio! Avessi almeno una pala…”

Un altro, al posto suo, si sarebbe messo in cammino senza indugio verso le linee alleate, senza correre il rischio d’essere pescato da una qualche pattuglia tedesca. Con una produzione media di 326 esemplari al mese,[21] la Republic Aircraft Corporation poteva garantire all’USAAF un rimpiazzo praticamente immediato, ma il nostro eroe non avrebbe giammai sostituito il suo fedele Yankee Eagle con un gemello qualsiasi e tantomeno lo avrebbe lasciato in balia dei crucchi, che lo avrebbero magari portato a von Kruppen come trofeo personale! Sudando copiosamente sotto il sole estivo, Andy impiegò quasi tre ore a ricoprire l’apparecchio e quando si lasciò cadere sull’erba a riposarsi, era già pomeriggio inoltrato.

“Auff… e anche questa è fatta! Cinque minuti di fiato e mi metterò in marcia…” trangugiò di gusto la tavoletta di cioccolato della sua razione K e appoggiò la schiena al covone “contraffatto” da lui stesso realizzato.

*Se spuntano i crauti, non farò altro che cacciarmi anch’io sotto la paglia!* pensò, fiducioso.

Se non che, complice la stanchezza per il lavoro compiuto, aggiuntasi all’impegno psicofisico della missione, l’aviatore piombò suo malgrado in un sonno di piombo, dal quale lo strapparono una rude scossa e una perentoria voce gutturale: “Zu fuss! Hande loch, schnell…!!”[22]

Il povero Andy spalancò gli occhi, ritrovandosi a fissare la faccia non proprio amichevole di un tenente della Wehrmacht: “Ehi, ma dico… è questa la maniera di turbare il sonno dei pacifici cittadini? Come vi permettete?”

“Poche ciance” ribatté severo l’ufficiale, passando scioltamente alla lingua inglese “chi è lei? Nome, grado e matricola, avanti!”

“Io… ehm.. Smith… tenente John Smith. Matricola 460921…”

“Cosa ci fa, qui?”

“Ehm… sono pilota da ricognizione. M’hanno abbattuto i vostri caccia. Senza rancore, naturalmente!”

“Capisco” il tedesco mostrò un sorriso mellifluo “non vi dispiace mostrarmi i vostri documenti, bitte?”

“I documenti? Ah, sì, certo! Solo un attimo…” l’americano finse di frugarsi un po’ dappertutto “…toh, ma guarda che testa: proprio stamattina ho dimenticato di mettermeli in tasca… sono davvero spiacente!”

“Herr leutnant: venite a vedere…!”

Purtroppo i soldati della pattuglia non erano sprovveduti e, mentre il loro comandante s’intratteneva amabilmente col pilota nemico, due di loro avevano infilato i Mauser 98[23] nella paglia del covone e un sordo rumore metallico aveva ben presto rivelato quanto si celava all’interno. L’ufficiale s’avvicinò quindi al punto indicatogli dal sottoposto, mentre gli altri tenevano d’occhio il prigioniero e, dopo avere scostato un po’ di paglia, portò malauguratamente alla luce i caratteri dorati che componevano il nome del velivolo, sormontati dall’aquilotto con la testa bianca: “John Smith, eh…?”

Masticando un’imprecazione, Greason raccolse tutta la sua faccia tosta per fare un ultimo tentativo: “Herr leutnant… non crederà davvero che quell’affare sia mio, vero? Io piloto le cicogne,[24] gliel’ho detto. Non saprei nemmeno farlo alzare in aria, quel bestione. Scherzerà…!”

Per tutta risposta il graduato gli si mise di fronte e, senza tanti complimenti, allungò una mano a frugare sotto il foulard della combinazione di volo, da dove estrasse una coppia di piastrine metalliche vincolate a una catenella: “Basta con questa commedia, herr general… la sua faccia riempie di continuo le prime pagine di tutte le testate d’oltreoceano. Crede che i nostri agenti non siano in grado di procurarcene qualche copia?!”

A quel punto il povero Andy ritenne opportuno fare buon viso a cattivo gioco: “Sono nei guai, è vero?”

“Abbastanza. E se vuole evitarne di peggiori, sarà bene ci segua senza troppe storie!”

“Farò il bravo…” sospirò lo smascherato asso degli assi.

“Alla buon ora!” replicò il tenente, facendo cenno ai suoi subordinati.

Due di essi s’affrettarono a perquisire il pilota, per poi metterglisi ai fianchi, mentre il comandante impartiva l’ordine di riprendere la marcia. La pattuglia procedette quindi verso sud, portando seco il prezioso “bottino”, beandosi i soldati al pensiero d’una licenza premio e il tenente alla prospettiva di una promozione o magari della Croce di Ferro!

Assai meno allegri erano i pensieri del prigioniero, che già si vedeva nelle grinfie di Otto von Kruppen. Purtroppo il generaloberst delle SS aveva giurato di fargliela pagare per tutte le azioni di attacco subite dalla sua Quinta Panzerarmee ad opera dei cacciabombardieri della Decima Air Force, dichiarando sovente che, se lo avesse avuto in mano vivo e vegeto, non avrebbe avuto pietà! Solo nel caso fosse rimasto inabile al servizio militare, in seguito a gravi ferite sofferte nel corso d’un eventuale abbattimento, il suo nemico personale avrebbe rispettato le leggi di guerra che vietano d’infierire sui prigionieri. Per von Kruppen gli aviatori alleati erano una sorta di pirati che infierivano codardamente sui tedeschi dal cielo per la loro congenita incapacità di affrontarli alla pari sul campo di battaglia. Come se poi la Luftwaffe non avesse fatto altrettanto su tutti i nemici della Germania, fin quando le sue risorse glielo avevano consentito!

Scappare era l’unica soluzione, ma occorreva agire con il massimo della freddezza: una mossa falsa e quei cerberi dagli stivali chiodati l’avrebbero freddato immediatamente con una scarica dei loro Schmeisser. Andy si risolse quindi ad attendere il calare delle tenebre, ostentando nel frattempo la massima pacatezza per tranquillizzare maggiormente i suoi guardiani.

Le riflessioni di tutti non durarono però a lungo… un lontano ronzio, a malapena percepito, aumentò rapidamente, assieme all’apparire, nel cielo ormai rosso, della minacciosa sagoma di un caccia…

“Achtung…!!” gridò Andy, la cui vista, degna del rapace che lo simboleggiava, gli aveva consentito di scorgerlo prima degli altri.

“In mezzo all’erba, presto!!” ordinò il tenente.

L’americano e gli altri quattro tedeschi non se lo fecero ripetere due volte, tuffandosi con estrema rapidità in mezzo alle piante di grano che coprivano il campo adiacente alla rotabile percorsa. Non fecero nemmeno in tempo a sdraiarsi che udirono il crepitio delle mitragliatrici, seguito dal fruscio delle canne che si tranciavano. L’asso americano, con la faccia spiaccicata sul terreno e le braccia a riparo della nuca, venne scosso dalle vibrazioni trasmesse dai proiettili penetranti nelle zolle circostanti e decise che fare da bersaglio fuori da un aereo era mille volte peggio che non farlo dal suo interno!

Un urlo straziante gli perforò quasi il timpano destro e capì che il soldato tedesco più vicino a lui era stato colpito. Quando gli parve che il rumore del caccia diminuisse, Andy s’azzardò ad emergere dalle spighe e scorse l’elegante figura di uno Spitfire stagliarsi netta nella luce serale mentre s’allontanava virando.

*Figurati se non era un inglese* pensò, sarcastico *ma allora ditelo, che ce l’avete con me…!*

Subito dopo rivolse la sua attenzione allo shutzen[25] che si lamentava contorcendosi: il povero ragazzo, nemmeno ventenne, s’era beccato un proiettile da 303[26] nella schiena. Cercando spasmodicamente di raggiungere la ferita con le mani, la sua imberbe e lacrimosa faccia terrorizzata ben poco si confaceva con lo stereotipo dell’invitto guerriero appartenente alla razza eletta. La sua modesta erudizione medica (derivata dalle lezioni della moglie) fece comprendere ad Andy che, continuando in quel modo, il ferito rischiava di sollecitare la pallottola, provocando dei danni magari peggiori.

“Sta fermo, stupido” gli gridò, afferrandolo a corpo morto, mentre gli altri si avvicinavano. Si rivolse poi all’ufficiale “tenente, il suo uomo ha un proiettile nella schiena. Bisogna levarglielo, prima che danneggi la spina dorsale!”

“Brutto affare” commentò il capo-pattuglia dopo aver biascicato un’imprecazione “non abbiamo medicamenti, con noi!”

“Se mi lasciate tornare al mio caccia posso prelevare il pacco di sopravvivenza…”

Il tedesco lo guardò in modo strano: “Ottima idea… ma, se permette, vi accompagneranno i miei uomini!”

“Naturalmente.” rispose, asciutto, il pilota.

“Gut… fate presto. Kranz, Beier…!”

I due soldati scattarono prontamente, scortando quindi il prigioniero sul luogo del fortunoso atterraggio, dove, riportato alla luce l’abitacolo, il pilota prelevò quanto serviva. Tornati sui loro passi, Andy aprì il contenitore con la massima tranquillità, sorvegliato attentamente dai tedeschi. Il ferito, già denudato nella parte offesa, continuava a lamentarsi sommessamente per il dolore, pur cercando d’imporsi un contegno: “Prima di procedere sarà meglio praticargli un’iniezione di morfina… ho la sua autorizzazione?”

Dopo avere esitato un secondo, l’ufficiale assentì, fiducioso: “Faccia pure, herr general. Non è solo la Luftwaffe a considerarla un galantuomo!”

“Molto obbligato…!” rispose lo yankee, ricambiandogli il sorriso. Prelevò la piccola capsula cilindrica contenente l’antidolorifico e, una volta scoperchiatone l’ago, l’affondò nella carne del ferito, le cui membra, dopo un lieve sussultò, poterono rilassarsi.

“Coraggio, kamerad: è come cavarsi un dente. Chi mi presta una baionetta, bitte?”

Il tenente fece cenno a un soldato che lo guardava perplesso e costui allungò l’arnese all’improvvisato chirurgo, che ci versò sopra un po’ di tintura di iodio, ripetendo l’azione sulla ferita, che esaminò attentamente: “T’é andata bene, ragazzo: un pollice più al centro e addio colonna vertebrale…” con la massima delicatezza, introdusse la lama a intercettare il proiettile e lo fece saltar fuori “…così, invece ti becchi una bella licenza di convalescenza e quando riprendi servizio, magari la guerra sarà già finita. Ce n’è di gente fortunata…!” posò allora il proiettile sul palmo del soldato, stringendogli sopra la mano.

“Danke…!” borbottò lui, con voce flebile.

“Non credo possa camminare” disse ancora Andy, al tenente “ma ho convinto i suoi a portare qui il mio paracadute, così possiamo ricavarci un’amaca. Ha mai visto qualche western, tenente?”

“Ho fatto in tempo a vedere Ombre Rosse, prima che in Germania lo vietassero.[27] Sono lieto di vedere che ci sono yankee in gamba, anche fuori da Hollywood!”

“Già, peccato non ci siano rimasti, eh tenente?” lo stuzzicò Greason, facendogli l’occhiolino.

L’ufficiale alzò le spalle: “Non è dipeso né da lei, né da me. Ora vada e sia prudente!”

“Come dice, scusi…?” chiese l’americano, spalancando gli occhi.

“Le ho detto di andare. Con due dei miei occupati a trascinare quell’amaca non potremmo tenerla d’occhio a sufficienza, giacché si sta facendo buio. Lei una ne fa e cento ne pensa, per cui preferisco non correre rischi. Auf wiedersehen, mein general…!” concluse, battendo i tacchi e salutando impeccabilmente.

“Perdiana… il mio amico Schultz von Heindrich poteva trovare un modo meno rischioso per mostrarmi d’avere degli adepti nella Werhmacht!” esclamò l’asso, tendendo d’impulso la destra al generoso ufficiale.

A buon intenditor, poche parole. L’acuto tenente comprese tante cose e rispose, nello stringerla: “Mi spiace che abbia perso la sua imbattibilità, signore… d’altra parte, se non l’avesse spuntata il nostro miglior pilota, non potrei raccontare un giorno ai miei nipotini di avere stretto la mano ad Andrew Steve Greason. Helmut Dolfmann, onorato!”

“Io pure. Beh, ringrazi Schultz quando lo vede… ma si guardi da un altro suo compatriota che non sarebbe molto soddisfatto di com’è finita la giornata… a buon rendere!” l’aquila americana si portò la mano al berretto e riprese a incamminarsi in direzione nord.

Osservandolo sparire nella calante oscurità, il tenente Dolfmann si lasciò scappare un ghigno: “Quello yankee ha proprio ragione: il generaloberst von Kruppen non sarebbe affatto contento… d’altra parte era un bel pezzo che aspettavo l’occasione di giocare un brutto tiro a qualcuna di quelle miserabili SS…!”

 

***

“Archie… ci sei?” domandò una gentile voce di donna.

“Sono qui, Cathy… che succede?”

“Puoi uscire, cherie… fa già buio.”

Il tenente Cornwell si alzò in piedi,  stiracchiandosi le membra: “Che ore sono ?”

“Quasi le nove. Hai fame?” chiese ancora la francesina.

“Beh, un boccone lo manderei giù molto volentieri!”

“Allora vieni…”

“Eccomi.”

I due se ne andarono in cucina, dove la giovane vedova aveva imbandito la tavola. Al centro faceva bella mostra un bel pollastro, accanto a una ciotola d’insalata. Poco distante una coppa di frutta (mele, pesche, alcune ciliegie) davano un tocco di colore assieme al bottiglione di vino rosso e non mancavano le classiche baguette di pane. La tenue luce delle candele dava a tutta la scena un tocco decisamente intimo.

“Caspita, che meraviglia” esclamò stupito l’americano “sembra quasi un banchetto d’addio!”

La donna ebbe un fremito: “I boches sono andati avanti e indietro tutto il giorno. Qualche ora fa si sentivano anche le cannonate. Credo che il fronte si stia avvicinando…”

“Sì, anch’io le ho sentite” confermò Archie, versandosi da bere “può darsi che i nostri, domani, saranno già qui…”

“Già…” sospirò la biondina, spezzando il pane, mentre lo guardava cupamente.

L’uomo la imitò, per poi rivolgerle un caldo sorriso: “Su, Cathy, non ti angustiare… dove sta scritto che non ci rivedremo più? I tedeschi si stanno ritirando, lo sai… magari per Natale la guerra sarà finita. Allora lo zio Sam ci metterà tutti in libertà e…”

“…e tu tornerai a casa!”  concluse la francese, con accento acre.

Archie rimase interdetto un istante: “Non necessariamente” disse poi “potrei rimanere a Parigi, trovare un impiego alla nostra ambasciata. Tu potresti tornare a insegnare laggiù e…” s’interruppe per portarsi alle labbra il bicchiere.

“…e tua moglie?”

Il Pernod gli andò di traverso e lo yankee cominciò a tossire. Quando riprese fiato, la fissò con decisione: “Ci penseremo con calma…”

“Archibald Cornwell Andrew” ribatté la donna, stingendo i pugni “io non voglio essere solo la tua amante. Sono stata chiara?!”

“E chi ha mai detto questo, Cathy?”

“Mi chiamo Catherine… credevo di avertelo detto!”

Intuendo la velleità battagliera dell’amica, l’aviatore contò mentalmente fino a dieci, prima di rispondere: “Okay… va bien” si corresse “senti, lo so che voi europei - e voi francesi, in particolare - ci considerate una specie di barbari, ma io sono un gentiluomo! E ti assicuro che, se ti amo al punto da avere una relazione con te dietro le spalle di mia moglie, ti amo abbastanza per chiederle il divorzio. Per me, il male è lo stesso!”

Lei distolse lo sguardo verso la finestra: “Il male… certo!”

“Cerca di capirmi, cherie: anche se il mio è stato un matrimonio d’interesse e non sono mai stato veramente innamorato di Annie, le voglio comunque bene. Non posso scaricarla così, a freddo! Mi serve un po’ di tempo, per riflettere…” appoggiò la mano su quella di lei e cominciò a carezzarla.

Catherine lo guardò profondamente, mentre i suoi occhi s’inumidivano: “Oh, amore… hai ragione, sono una sciocca egoista! Non so cosa mi sia successo…” singhiozzò “…dopo aver perso Philippe credevo di non potermi innamorare mai più… poi sei arrivato tu e…”

“Lo so” rispose lui, accentuando la stretta della mano “anch’io credevo che la vita non mi avrebbe mai offerto un’opportunità come questa… anni fa, quando capii che la ragazza di cui ero innamorato sul serio non mi avrebbe mai ricambiato, decisi d’assecondare il sentimento della ragazza che i miei genitori avevano scelto per me. Ciononostante, l’ho sempre considerata una specie di sorella, pur impegnandomi a farla felice…”

“Ma lei ti ama…?” s’informò Catherine, con una certa ansietà.

“Molto” dovette ammettere lui “ed è anche molto buona. Come se non bastasse, è anche l’amica del cuore di Candy!”

“La ragazza che mi assomiglia?”

Non ti assomiglia: è il tuo ritratto sputato avrebbe voluto precisare lui. Ma si limitò ad annuire: “Per Annie è una specie di sorella maggiore. Infatti sono cresciute insieme, all’orfanotrofio… questo per dirti che, se farò a mia moglie una cosa del genere, saranno in due a volermi morto!”

“Non dirmi che, adesso, anche quella Candy ti…”

“No, no” negò il pilota, con gesto deciso “lei è persa dietro il suo Terence Grenchester, figurati…!”

“Chi, l’attore? Il celebre interprete shakespeariano di Broadway?”

“Sì, lui…!” confermò Archie, con una smorfia, ricordando la loro vecchia ruggine, mai del tutto estintasi.

Cathrine rimuginò per un attimo: “Io e Philippe andammo a vederlo, durante una tournee parigina della Stratford Company… è indubbiamente bello e bravissimo! Credevo però che fosse scapolo…”

“Infatti non si sono mai sposati, per quanto si amino. Troppo testardi e indipendenti di carattere per legarsi così ad un’altra persona. Dopotutto sono liberi, loro…!”

“E tu non lo sei…” concluse la donna, malinconica.

“No” confermò lui, riempiendo e tracannando un altro bicchiere di Pernod “ma vorrei esserlo…!”

La francese lo guardò con occhi semichiusi: “Non è detto che tu non riesca a diventarlo…”

“Mah… ne dubito!”

“Dopotutto non sei certo un debole, col mestiere che fai…”

“Direi di no… ma forse è più facile volare con quegli ammassi di ferraglia, sparare con le mitragliatrici e mollare bombe, piuttosto che prendere le decisioni giuste nel corso della vita! Certe volte non ce la fai proprio a decidere, Catherine... e allora scappi” contemplò per un momento il vino nel bicchiere “forse anche mio fratello era scappato, tre anni fa… e ci ha rimesso la pelle!” concluse, vuotandolo.

“Ma tu non devi scappare” ribatté la donna, stringendogli anch’essa la mano “devi affrontare il problema e fare la scelta giusta!”

Archie le lanciò uno sguardo languido: “E quale sarebbe la scelta giusta…?” le chiese, con soffusa ironia.

“Quella che ti indica il cuore…!” rispose lei, quasi sussurrando, avvicinandosi poi per mettergli le mani sulle spalle.

Lui sospirò: “Vorrei tanto riuscire a farlo, Catherine!” 

“Puoi farlo…” ribadì lei, con convinzione, avvicinando le labbra alle sue.

“Da… davvero…?” domandò Archie, sentendo come un lieve capogiro. Il suo profumo era inebriante, mentre i 13 gradi del vino facevano il resto.

“Davvero…!” confermò la giovane, baciandolo infine con ardore.

Da lì in poi, fu tutto un precipitare… dopo essersi scambiati altri due o tre baci roventi, i due si alzarono e, tenendosi per mano, raggiunsero la camera da letto, dove si sfilarono rapidamente gli abiti, per poi infilarsi sotto le coperte…

“Sei bellissima…!” mormorò il tenente Cornwall, contemplando i suoi boccoli biondi che le contornavano il viso lentigginoso.

“Come lei…?” mormorò la giovane, maliziosamente.

“No” scosse la testa l’uomo “come te…!”

Lei si avvicinò, stringendolo in un dolce abbraccio. Lui la baciò ancora, carezzandole la chioma dorata. Il contatto della loro pelle calda li stava facendo impazzire…

“Ti amo… Cathy…!” dichiarò lui.

“Allora prendimi… Archie…!” lo pregò lei.

Improvvisamente, un attimo prima di mollare i freni inibitori, la porta si spalancò… scampati per miracolo a un infarto, i due amanti improvvisati rimasero a fissare quell’intruso, che indossava la combinazione di volo dell’aeronautica statunitense.

“Ops… scusatemi!! Niente paura, sono un amico… americain… je suis americain!”

Per nulla rassicurati, i due “reprobi” continuavano a scrutarlo con terrore, specialmente l’uomo, che esclamò ad un tratto: “Signor generale…!”

Al suono di quella voce, Andrew Steve Greason sgranò tanto d’occhi: “Tenente Cornwell… cosa diavolo ci fa qui?!”

Prevenendo il suo partner, incapace anche solo di riordinare le idee, la padrona di casa prese in mano la situazione e replicò, indignata, tirandosi le lenzuola fino al mento: “Lo vede bene cosa stiamo facendo, scostumato! Ci spieghi piuttosto cosa fa lei, in casa mia…”

“Sono mortificato, madame” rispose il comandante della Decima Air Force, senza più nessuna traccia d’imbarazzo “ero entrato per sfuggire alle pattuglie tedesche. Ho visto i resti della cena, al piano terra e credevo che la casa fosse stata evacuata… scusatemi se vi ho interrotto!” concluse, rivolgendo un’occhiata significativa al suo subordinato.

“Non era ancora successo niente, generale…!” si giustificò il tenente, alzatosi a sedere.

“Lasci perdere, Arch: non è a me che dovrà fornire giustificazioni! L’aspetto di sotto, fate con comodo…” si portò due dita alla fronte “…di nuovo le mie scuse, madame…!”

Andy Greason richiuse l’uscio, con discrezione. Il povero Archie Cornwell si lasciò allora ricadere sul cuscino col volto disfatto, mentre la sua aspirante seconda moglie affondava la faccia nel proprio, soffocandovi disperatamente i singhiozzi…                                                                                                                                                                                             

 

 

 

 



[1] Gli appezzamenti della Normandia erano circondati da folte siepi, cresciute su compattissimi terrapieni, che nemmeno i veicoli corazzati riuscivano a sfondare. Questo costringeva le fanterie ad attraversare i campi senza poter contare sull’appoggio ravvicinato dei carri armati, subendo perdite molto gravi dal nutrito fuoco dei difensori. Anche i genieri che tentavano di aprire varchi nei terrapieni facendovi brillare delle cariche esplosive, venivano spesso falciati dal tiro delle micidiali  Spandau tedesche.

[2] I partigiani francesi.

[3] La prima era stata la morte di Stear, in Cina e la seconda l’incontro con la sua fidanzata, a New York (vedi capitoli 4 e 15).

[4] “Finché me lo riporta indietro, non m’importa di dividere il mio uomo con quell’aeroplano: alla fine, ingombrante com’è, in camera da letto non può portarselo!” aveva detto una volta Flanny, facendo sbellicare le sue smaliziate colleghe (e arrossire la pudica Candy).

[5] Il Comando Supremo Interalleato.

[6] Le Liberty erano mercantili formati da sezioni realizzate in precedenza da diverse fabbriche, anche lontano dalle coste e infine assemblate nei cantieri navali per rendere il montaggio più rapido rispetto a quello delle navi tradizionali. Dal 1941 al 1945 ne vennero varate più di 2700, contribuendo a neutralizzare il blocco navale da parte degli U-Boat tedeschi.

[7] Ricognitori (da Reconnaissance).

[8] Intende dire di non farsi raggiungere da dietro…

[9] Vite orizzontale.

[10] Rallentando cioè al di sotto della velocità di sostentamento.

[11] Letteralmente Strisce di Invasione: alla vigilia dello sbarco in Normandia, su tutti gli aerei alleati (qualunque ruolo e dimensione avessero) vennero dipinte cinque strisce di identificazione (tre bianche e due nere) per evitare casi di fuoco amico sia dall’aria che da terra.

[12] Figlio di…” beh, si sarà capito!

[13] Con un peso al decollo di 2010 Kg e una potenza di 1050 HP nel motore, la versione E del Messerschmitt 109 (detta Emil) aveva un rapporto peso/potenza di 1,91 Kg/HP, mentre il P-47 D, con un peso di 8000 Kg e un motore da 2000 HP ce l’aveva di 4,4 Kg/HP, che calavano a 3,83 grazie all’apporto  di 300 HP a parità di quota, fornito dal turbocompressore.

[14] La prima era successa in Cina, da parte di un Nakajima Hayabusa giapponese, incidente grazie al quale aveva conosciuto la sua futura moglie (vedi cap. 1).

[15] La Colt-Browning M2HB sparava 13 proiettili da 12,7 mm al secondo, contro le 6 da 20 mm dell’Oerlikon MGFF; quindi, per ogni secondo di tiro, il P-47 di Andy poteva “innaffiare” l’avversario con una “rosa” di 104 proiettili, mentre il Me 109 gliene avrebbe tirati solo 18, anche se di calibro maggiore.

[16] Mitragliatrici leggere da 7,92 mm con una cadenza di tiro di 18 colpi al secondo (15 se sincronizzate).

[17]Al diavolo!

[18] Amico personale di Otto von Kruppen e deciso censore dell’amicizia fra Andy Greason e Schultz von Heindrich.

[19]Grazie, amico mio!

[20] Finché si tratta dell’elica…

[21] Dato stimato dal sottoscritto, ricavato dalla produzione totale di 15683 P-47 dal 1941 al 1945. 

[22]In piedi! Mani in alto, presto…!

[23] Fucile a ricarica manuale, in dotazione standard all’esercito tedesco.

[24] Monomotori leggeri, ad ala alta, impiegati per il trasporto di persone singole o la ricognizione. Fra i modelli più celebri del tempo c’erano il tedesco Fieseler Fi156 Storch, l’americano Piper L4 Grasshopper e il britannico Westland Lysander Mk.I.

[25] Soldato semplice.

[26] Trecentotre millesimi di pollice, pari a 7 millimetri e 7 decimi: il calibro delle mitragliatrici leggere della RAF.

[27] Ombre Rosse, di John Ford, col celebre attore John Wayne, girato nel 1939.

  
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