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Autore: Enavy    05/04/2012    4 recensioni
Se andassimo al GT, laddove nessuno si è soffermato, ossia la partenza di Goku insieme al drago Shenron, vi proporrei una specie di monologo/storia di Vegeta un anno dopo la partenza del suo rivale. Cosa avrà provocato la scomparsa del suo compagno nell'inflessibile principino? Un' analisi principalmente introspettiva delle emozioni contorte e controverse di un sayan troppo orgoglio, ma anche ormai quasi umano....
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: Buongiono…anzi buonasera, oppure buonanotte visto che sto postando nel bel mezzo di una tempesta notturna! Insomma vedete un po’ come più vi aggrada xD comunque tanti cari saluti =)
Bene bene bene….si nota che non so come iniziare? Perfetto detto questo cerchiamo di scrivere qualcosa di costruttivo. HO RITROVATO LE MIE RACCOLTE DI LAMINCARDS DI DRAGONBALL *-* notizia alquanto importante direivere
visto che per qualche oscuro motivo scrivo in un fandom su dragonball…la mia passione dell’infanzia che mi perseguita (?) anche ora! Ecco direi che è stato emozionante sbandierare tutte queste informazioni estremamente rilevanti e senza cui non si può vi.
Dopo essermi fatta pena da sola e aver dedicato uno spazio costruttivo al nulla posso eclissarmi con orgoglio, come no! Cercando di essere seri, forse per una volta spiego brevemente tutta sta pappardella, che sono stata cordialmente (questa volta) invitata a mettere! Ovvero una delle circa 15 trame, pezzi di storie che avevo buttato giù un mese fa causa una sfida, e che odio vedere mezze finite, o a marcire nel computer. Ok ok mi stringo, la storia come già scritto parla di un monologo di Vegeta fatto un anno dopo la partenza di Goku nel GT, quando se la svigna col caro drago verdognolo! Il problema di tutto ciò? Bhè mantenere un Vegeta IC qui credo fosse estremamente complicato, e di aver sforato nel bho impossibile (?). Oltre a cercare di esprimere dei sentimenti che non ha praticamente mai "mostrato", se non in modo impercettibile e nascosto maledizione, si trattava di descrivere un futuro e un'azione completamente fuori da qualsiasi fine e logica, e insomma la situazione in sé è completamente inventata, quindi bho credo di aver combinato un disastro...
Ora che mi sono demolita psicologicamente posso lasciarvi al testo, che vi consiglierei di leggere ascoltando "Breathless" di Dan Wilsom, io almeno l'ho scritta ascoltando quella canzone, scoprendo poi (ossia dopo averla finita) che cosa dicesse il testo O.ò ok sono pessima ma l'inglese è arabo per me xD
spero vi piaccia, di aver reso tutto bene, ci tengo in maniera maniacale alla cosa *si impicca a causa della sua inettitudine abissale(2)*. Si diciamo che vorrei sprofondare xD
vado a mangiare un panino caramella che amo tanto per distrarmi e non pensare di aver davvero schiacciato il tasto inserisci storia <3 ero sicura? ASSOLUTAMENTE NO!
Infine se avete voglia, sarebbe cortese interessante gentile gradito (e word mi dà un altro migliaio di sinonimi, si se ve lo chiedete da sola non ce la faccio =/) per dire che non dispiacerebbero delle recensioni, costruttive o meno sono sempre commenti xD credo...quindi grazie per essere arrivati fino a qui e buona lettura!





Disclaimer Dragon Ball © Akira Toriyama.
E sta volta mi sono ricordata XD *applausi*









Breathless







        I passi lenti e decisi, senza una vera meta. In realtà il pensiero di un posto dove potersi fermare aveva sfiorato la mente del principe, per poi abbandonarlo quando aveva realizzato che questo luogo non esisteva. Per i morti vi erano le tombe, per i malati gli ospedali, ma per i fuggiaschi, coloro che abbandonano tutto e tutti, non vi era niente.
        Poteva sembrare una punizione, una specie di vendetta, ma in realtà rappresentava solamente un ulteriore mancanza per le persone che si era lasciato dietro. Esse vagavano nella cieca speranza di trovare un posto che desse loro la pace, dove ritrovare l'essenza seppur effimera di coloro che hanno amato, o a cui hanno voluto bene.
       Era partita tutta così, con quell’insulso scopo di ritrovarlo, quella passeggiata in una città rasa al suolo, dove nessuno poteva vederlo, né sentirlo, se avesse parlato e urlato al mondo tutto l'odio e l'astio che provava per quell'essere così idiota eppure terribilmente forte, quale era Kakaroth.
       Era passato un anno. Un fottutissimo anno dalla partenza del suo rivale. E questa volta era definitiva. Aveva preso e deciso di punto in bianco di unirsi con uno stupido drago in un misterioso tour ai confini di chissà cosa.
       E Vegeta si era sentito tradito, avrebbe azzardato anche di aver provato un certo sentimento di abbandono. E in più non sapeva cosa avrebbe comportato quella scelta per quel sayan di terza classe.
       Avrebbe ottenuto l'immortalità? In questo caso non si sarebbero mai più rivisti...
       Sarebbe mai tornato indietro? Se fosse tornato vivo, lo avrebbe ucciso; se fosse tornato morto, lo avrebbe fracassato di botte per non essersi fatto uccidere da lui.
       Perché lo aveva fatto? Ecco a questa interrogativo non aveva saputo dare una risposta accettabile o sensata, perché non capiva egli stesso la necessità della domanda. In fondo si era sempre convinto di non dover provare nulla per Kakaroth che non fosse avversione, disprezzo e una profonda ostilità. Riconduceva tutto il casino e la scempiaggine di quella partenza al cervello bacato impiantato in quel corpo, alto e possente che stava iniziando a sfumare nei suoi ricordi. Non aveva nessun reale motivo per andarsene e separarsi da lui, e dalla sua famiglia.
       Rimaneva una figura lontana e indistinta, e questo lo faceva adirare. Era in atto una collerica tempesta dentro il suo corpo minuto, che non poteva essere placata.
       Tutta quella messa in scena, quell'addio, lo avevano turbato. Per quanto cercasse di farsene una ragione non la trovava. Inoltre quell'ultimo saluto era stato odiosamente generale, e lui non riusciva ad accettarlo. No non poteva, o forse non voleva. A causa di quell’ebete era diventato quasi umano, provava emozioni e sentimenti, persino per lui, anche se cercava invano di negarlo. E dopo anni che quella relazione, che doveva rimanere un segreto andava avanti, oltre a tutto quello che aveva passato e subito a causa sua, gli era stato negato un vero saluto. E questo lo irritava, specialmente perché si era esposto, mettendo in gioco parti di se stesso, quei frammenti che custodiva gelosamente per via della loro soavità, e non aveva mai mostrato a nessuno, se non vaghe volte al suo acerrimo nemico, ormai diventato il suo compagno non solo di allenamento, ma anche di letto.
       Gli capitava spesso di rimirare il cielo, ricercando un qualche segno della sua presenza.
       Il suo nome era diventato un tabù, nessuno osava più pronunciarlo davanti a lui. A volte gli scatti di rabbia, di ira e di disperazione si verificavano violenti se il ricordo di Goku riemergeva.
        Loro due, gli unici sopravvissuti all'estinzione della razza sayan, gli unici purosangue; loro due gli unici veri guerrieri, dentro i quali la smania di combattere imperversava rendendoli schiavi di un codice genetico che non poteva essere cambiato.
       Che fine avevano fatto i giorni gloriosi? Dove si era annidata la sua indole? Vegeta si sentiva recluso in quel mondo, in quella realtà che gli aveva fatto conoscere Kakaroth, o come ormai era solito chiamarlo: Goku.
       Qualcuno iniziava a considerarlo un buon padre, anche affettuoso. La figlia che lo teneva ormai al guinzaglio, facendogli fare qualsiasi lavoro o azione, anche le cose più basse e assolutamente inappropriate per quel principe che era stato, e di cui tutti si erano quasi dimenticati. Forse anche lui. Era il suo conflittuale rapporto con Goku che glielo faceva rimembrare, ed ora senza di lui tutto sembrava superfluo.
       Aveva smarrito la bussola, ora che l’unica strada che avesse mai voluto percorrere si era interrotta così bruscamente e in modo imprevisto. Non gli era mai passato per la mente di perdere il senso delle cose, e vivere per un ricordo che non afferrava e lo tormentava impetuoso, facendogli rivivere i suoi errori e le sue mancanze.
       La sua vita era costituita da una monotona routine, da gesti e azioni che si ripetevano, e che gli lasciavano un senso di incompiutezza alla fine di ogni giornata. Continuava ad allenarsi, ma con un ritmo che andava calando a ogni tramonto. E quando questa consapevolezza si rifletteva nello specchio, dove la sera si guardava, sentiva l'ombra di Goku affiancarsi al suo corpo. Meditava vendetta e rivendicava una vittoria su quello che ormai era un fantasma?
       Non riusciva ad accettare la sua partenza, per quanto ci provasse era un perdono che non riusciva a concedere. Non gli importava quasi più di provare un sentimento tanto forte per un essere così straordinariamente stupido, fastidioso, irritante e snervante; per un uomo che era riuscito a diventargli amico, e a sconvolgere anche il più piccolo aspetto di sensatezza e di fierezza che gli erano rimasti.
       Era così diventato l'unica balia di quell’esiguo numero di sayan che erano nati e si erano stabiliti sulla terra, invece che continuare la grande tradizione di malvagi guerrieri. Mano a mano che erano cresciuti avevano abbandonato il combattimento, le lotte, lo spirito controriformistico, e si erano uniformati con quel pianeta, lasciandosi andare alla loro parte umana.
       Bambocci, sfaticati, ecco cosa erano diventati, e Vegeta sentiva di iniziare ad assomigliarci. Il solo pensiero gli infiammava le membra, stringendo a sé quella che gli uomini chiamavano anima, ormai ridotta a un pugno di cenere. Non riusciva ancora a capacitarsi dell'essere che era diventato, di come la sua vita fosse cambiata, e di come il passato fosse ormai un ricordo impalpabile.
       Ma ora il suo passato da sayan, per quanto continuasse a perseguitarlo, lo lasciava indifferente, il suo sguardo era volto verso quel giovane reietto che voleva con tutte le sue forze superare. Ora non c'era più; non lo disturbava con quel continuo movimento di labbra, quel suo parlare irritante e fastidioso, quei suoi modi di fare svogliati e provocanti.
       Eppure era riuscito a farselo piacere, a farsi rubare parte della sua dignità, del suo essere.
       Con le mani in tasca di quei jeans, secondo sua figlia così fuori moda, stringeva le spalle, calciando qualsiasi cosa gli capitasse a tiro, o che riteneva gli ostruisse la strada.
       Gli mancava la sensazione che provava prendendo a pugni Kakaroth quando urtando i suoi fragili nervi lo faceva arrabbiare, a causa delle cose anche più stupide e sciocche che continuamente diceva, come una macchina a cui si era rotto il tasto stop.
       Le sue nocche contro le guance, il naso, il mento e la fonte di quell’essere inferiore, erano il maggior gesto di affetto che dimostrava frequentemente. E ora gli mancava. Qualcuno con cui sfogarsi, che potesse competere con lui; una persona come lui, per la quale la guerra, le battaglie, i combattimenti erano l'unico modo di dimostrare chi e cosa fossero.
       «Come hai osato lasciarmi qui! Da solo». L'urlo squarciò il silenzio in quella città morta, dando libero sfogo a tutto quello che si teneva dentro. Sentiva di poter scoppiare da un momento all'altro, e non poteva sopportarlo, per una volta voleva dimostrare autocontrollo, mostrarsi superiore non solo a quel maledetto di Kakaroth, ma anche a se stesso. In fondo se lo doveva, sottostare a così tante limitazioni aveva significato il progressivo sgretolarsi di quello scudo di freddezza e imperscrutabilità che aveva fin da bambino.
       Formicolavano i muscoli e i ragionamenti si facevano più intricati, tanto da diventare un groviglio indefinito di parole. L'odore acre di quel posto pizzicava le sue narici, e il vento caldo e pesante sembrava posarsi sulla sua pelle. Nemmeno quel posto era esente dal suo ricordo, dal dolore e dalla rabbia.
       Non trovava pace nemmeno in un luogo desolato senza la continua presenza di quella che era diventata la sua famiglia, e di quelli che si consideravano persino suoi amici. Ma Vegeta non voleva che una cosa: rivedere ancora Goku davanti a lui, pronto per battersi e permettergli di sconfiggerlo, dimostrando chi fosse, anche se in quel momento non lo sapeva nemmeno lui.
       Soggiogato da una vita che non gli apparteneva, legato a qualcuno con cui non sentiva legami, se non quello di sangue con Trunks e Bra, che rimaneva comunque esiguo. Ma con Goku quello che si era venuto a creare era più di un relazione, difficile e impossibile da cancellare, ma anche terribilmente affascinante.
       Goku lo sfidava, cercava di fargli vedere cose che non lui non notava, o di cui non teneva conto, ma Vegeta prendeva tutto come un sfida, senza abbassare la guardia e lasciare che le cose prendessero forma.
       E così lui, il salvatore della terra, era sempre così dannatamente preso dalla smania di superare se stesso senza preoccuparsi di quello che lo circondava; se ne era andato, come ogni volta che qualcosa di allettante e emozionante gli si parava davanti. Senza curarsi minimamente del resto era fuggito, inseguendo qualcosa di cui non riconosceva neppure la figura, sfuocata e vaga. Cosa cercava di raggiungere quel sayan? Forse la perfezione?
       Al principe non importava, mentre i resti di quella città cadevano sotto la sua furia, diventata ormai l’unico nascondiglio da quella realtà che lo attorniava. La potenza dei suoi colpi, intrisi di rammarico e profonda disperazione, continuavano imperterriti a frantumarsi sulle pareti degli edifici ancora in piedi o almeno parzialmente.
       Vegeta ostentava sicurezza e un profondo senso del dovere, ma niente riusciva a bloccare la voglia di stritolare quell'infimo essere che se l'era filata, lasciandolo a disfarsi in mezzo a tutto quello che lui un tempo aveva odiato e disprezzato.
       Teneva occupata la mente, per eludere il dolore; nessuno dei suoi colpi sembrava però riuscire a diminuirlo. Il battito cadenzato, che aumentava e aumentava, come quel respiro affannoso determinato da quel continuo sforzo.
       Dentro di sé una voce continuava a mormorare imperterrita, invocando una risposta a una domanda che non conosceva; un chiarimento, anche se sapeva che non gli sarebbe bastato.
       Si lasciò andare cadendo in ginocchio, alzò i pugni per poi sbatterli con violenza sul terreno. Un tonfo assordante si fece spazio intorno a lui. Ripeté la medesima azione fino a quando le sue mani non iniziarono a trasudare sangue.
       Perché gli aveva fatto questo? Non agl’altri, solo a lui. A lui doveva una risposta, Vegeta ne era convinto, e conviveva con quell’idea fin da quando aveva visto dissolversi l’ombra di Goku, e scomparire tra le nuvole la coda di quel grande drago verde che se l’era portato via, e che era stato la causa e l’inizio di tutto.
       «Se solo potessi rivederti, la mia frustrazione svanirebbe ne sono quasi certo. NON TI DISFERAI DI ME. Sono fatto così, e tu lo sai bene!», la forma di quell’afflizione, che consumandolo lo aveva reso debole anche ai suoi occhi, doveva uscire dalle sue labbra per dissolversi e non tormentarlo ulteriormente.
       Il suo cuore era intorpidito, necessitava di pazienza per poter guarire; l'unico modo sarebbe stato voler ricominciare tutto da capo, e contare su Kakaroth, accettare i suoi sentimenti, e provare ad essere forti. Non era però abbastanza in quel momento. Era complicato comprende, c'era bisogno di tempo, ma Vegeta per questo aveva bisogno anche di lui, di Goku.
       Non sopportava che quel cuore si fermasse ogni volta che ripercorreva il tempo passato insieme, a bisticciare e a scambiarsi effusioni, dalle quali cercava con tutte le sue forze di evadere. Che principe era quello che sottostava a dei simili soprusi?
       Ma ora che importava? Kakaroth non esisteva più, almeno non in quel pianeta, in quella galassia. Non poteva toccarlo, sfiorarlo, sentirne l'odore, specchiarsi nei suoi occhi. Tutto ciò che aveva odiato ora ritornava placido e fulmineo, elidendo ogni barriera e facendosi spazio diveniva un desiderio, una pulsione che non trovava soddisfazione e appagamento.
       Cosa era servito essere orgogliosi? L'astio, la vergogna, la sete di vendetta non avevano fatto che accrescere quel lato oscuro, dal quale baby aveva attinto forza e preso possesso di lui. E ancora una volta Goku era lì pronto a sistemare la situazione, a liberarlo da se stesso e dal male che aveva causato.
       Si sentiva perso, il mondo intorno a lui continuava a girare e a muoversi, andava avanti mentre lui rimaneva inchiodato intorno a quel vuoto, venutosi a creare con la mancanza di Goku.
       Lo accecava quel barlume di pazzia che si espandeva in lui come un morbo senza cura.
       Gl’occhi spenti, il colore era stato risucchiato in quel vortice di aura che faceva evaporare ogni sentimento puro e positivo, facendo così scaturire l’animale che era in lui. Ringhiava e sbraitava come se fosse stato incatenato contro il suo volere, e tentasse disperatamente di scrollarsi di dosso quelle catene che gli rigavano e graffiavano impercettibilmente la pelle.
       Sentiva il disperato desiderio di espellere tutto ciò che provava, svuotandosi e rimanendo nel nulla, solo lui con se stesso, nessun Kakaroth che potesse sconvolgerlo o farlo confondere.
       Il respiro si mozzava mentre delle piccole lacrime andavano a colpire i pugni stretti, posati sul terreno sbriciolato dalle sue spinte. Gli occhi chiusi che all’aria sarebbero apparsi arrossati, docili e limpidi come poche volte erano stati.
       Le emozioni che aveva tanto temuto ora lo guidavano al delirio più totale, determinando la perdita di ogni inibizione.
       Quelle lacrime che fuoriuscivano dai suoi occhi erano senza controllo, un gesto involontario le lasciava andare e fare il loro corso, rigandogli il viso. Era questo il prezzo per aver dovuto custodire un segreto tanto bollente da sciogliere persino il suo orgoglio?
       «Non sfuggirai da me. Non ci riuscirai», sospirò nascondendo il singhiozzo che bloccava l’uscita di quelle parole, così tante volte ripetute a colui che non avrebbe più potuto sentirle.
       Aprì l'arcata delle possenti braccia, un alone dorato lo circondò, gl'occhi scuri divennero di un azzurro intenso e penetrante. Lasciò che l'energia del super sayan lo invadesse, si sentiva potente, ma non abbastanza per poter guardare in faccia Goku.
       Voleva che quell’energia arrivasse fino a lui, che lo colpisse fino a insidiarlo e lo perpetuasse nel profondo sconvolgendo quell’insulso stato di costante ed irritante allegria.
       Odiava dal profondo quel lato di Goku che lo faceva apparire così superficiale, a volte anche disinteressato. Guardava avanti a lui come un esploratore, non sapeva cosa stesse cercando, ma era convinto che potesse trovare qualcos'altro, cosa non era importante. Aveva trascurato così tante cose a causa di questa sua tendenza, di questa sua smaniosa curiosità. Ma mai lo aveva abbandonato, era sempre tornato per lui, o almeno era quello che gli aveva sempre fatto credere.
       Voleva che provasse la stessa sensazione di chi respira sott'acqua, di chi sente i polmoni farsi pesanti e impregnarsi di quel liquido trasparente, di chi non riesce a parlare pur volendolo .
       Voleva che soffrisse con tutto se stesso. Era un desiderio viscerale che aveva sempre posseduto, ma che ora era diventato mastodontico e pieno di un sadicità delirante. Non poteva concepire il suo dolore come suo unico personale, Kakaroth gli apparteneva e come tale doveva penare quanto lui, visto che era il fattore che aveva scatenato tutto il male che sentiva avvilupparsi a sé, diventando sempre più invasivo.
       Il petto tendente verso il cielo, l'infinito di quell'universo che aveva da sempre esplorato, e che ora rimaneva solo una delle tante tappe della sua vita.
       Voleva far uscire anche la più piccola briciola di insicurezza e di incompiutezza che si erano stabilite in lui. Crescendo e alimentandosi con tutti i sentimenti controversi che sorvolavano sopra e dentro di lui, aveva appurato che la sua più grande negazione, era in realtà la più grande verità che lo avesse mai accolto.
       Quando tutti gli edifici ancora in piedi intorno a lui crollarono sono la spinta della sua aura, si alzò ricomponendosi. Essersi dimostrato debole, senza quella dignità che dal giorno in cui Goku lo aveva sconfitto cercava di recuperare, lo lasciava spiazzato, adirato in segreto.
       Vegeta reprimeva tutto ciò che lo portava ad essere più umano, o che lo costringesse a mostrare gradimento verso qualcuno o qualcosa.
       Era come nei suoi incubi, dopo che il suo subconscio diveniva preda dei sogni e storie che si creavano nella sua mente, trascinandolo dove nessun potere o forza di volontà riusciva a risollevarlo. Rincontrava Goku, e tutto appariva così reale, a volte anche troppo fiabesco come scenario, ma quando mai la loro vita poteva definirsi normale?
       Goku era sempre lo stesso, uguale a come il suo cervello usava ricordarlo, e il cuore di Vegeta si rilassava inebriato da quella figura così familiare.
       Viveva quei falsi attimi come veri, senza riuscire a bloccare quel circolo vizioso che si era creato. La sua mente non realizzava pienamente la scomparsa di Kakaroth, e per torturarlo ulteriormente glielo faceva incontrare ancora e ancora. E alla fine quando tutto sarebbe dovuto finire gioiosamente com'era sempre stato, con Goku al fianco di Vegeta, lui invece si dissolveva.
       Tutto si faceva buio, sempre più scuro e opprimente, e iniziava così a mancargli il respiro.
       Era allora che spalancava gl'occhi e si ritrovava nel suo letto, il cuscino e le lenzuola impregnate di sudore.
       Sotto il respiro di quel muscolo pulsante nel petto, la luce della notte lo colpiva chiara sul volto minaccioso, impregnato di puro sbigottimento.
       Bulma dormiva a fianco di lui, ma non aveva notato, visto il suo sonno pesante, tutte le notti insonni che Vegeta aveva passato fuori dal loro letto. Meditava sul suo passato, sul suo presente e quel futuro poco allettante che gli si parava davanti.
       Era iniziato tutto solo alcuni mesi dopo che Goku aveva fatto quello che aveva fatto. Al principio tutto sembrava una cosa pressoché normale, lui via per un po' di tempo, impegnato in qualcosa di troppo importante per essere disturbato.
       Ma quando tutto e tutti intorno a lui avevano deciso che era il momento di andare avanti, che non sarebbe tornato, era scattato qualcosa in Vegeta, e si era fermato, raggelandolo in un guscio da cui non riusciva a evadere.
       Si risvegliava ogni notte di soprassalto, in quella stanza fittamente immersa nelle tenebre, e ascoltava l'orologio far scivolare il tempo mentre rintoccava sulla parete.
       L'eco che si produceva dentro di lui, che lo ingannava facendogli sentire una presenza nella stanza che era però solo nella sua testa. Aspettava a lungo che la sua voce si facesse strada in quell'oscurità. E quell'assordante speranza mentre muoveva la mano lungo l'altro lato del letto, ricercando il suo corpo, caldo e fremente di averlo, che lo faceva scalpitare.
       Si sentiva inghiottire mentre quegl'ansiti pieni di timore e paura sfiorivano sulle sue candide labbra, che ricercavano nei sogni quelle di Kakaroth.
       Cercando di trattenere il respiro, mentre il muscolo toracico si faceva sempre più rapido e sempre più forte a ogni attimo. Posava una mano sul cuore e ve la teneva per lunghi minuti, fino a che non riprendeva il suo battito abituale.
       Recuperare se stesso era il suo tentativo di quelle notti insonni, passate a camminare avanti e indietro per la capsule corporation. Raramente ritornava nella stanza gravitazionale, e riprendeva gli allenamenti come aveva fatto molti anni prima, mentre si allenava per la venuta dei cyborg. Ma dopo essersi reso conto che quel metodo di distrarsi lo faceva ancora più accanire contro quell'abominio di terza classe, evitava di farlo.
       Doveva riuscire a controllare le sue passioni e le sue reazioni ponderandole, ma dopotutto ogni volta che succedeva qualcosa e c'era di mezzo Kakaroth, Vegeta non poteva che perdere le staffe.
       Quel ricordo di un passato felice che creava angoscia, e l'agonia dell'oggi che lo trafiggeva, e tutte quelle sensazioni che si riannodavano le une alle altre per riuscire a sorreggerlo. E il suo spirito intorpidito cercava di procedere senza indugio.
       Ricomponendosi, riprendendo così coscienza di sé, ritornò quello sguardo sul suo viso freddo e serioso che da sempre lo caratterizzava.
       «Ascoltami bene Goku! Ovunque tu sia, razza di decerebrato che non sei altro, fatti arrivare la mia voce! Che sia in questa o in un'altra vita ti giuro che ci rincontreremo e ti batterò, facendoti patire le pene dell'inferno per aver lasciato il nostro conto in sospeso aperto».
       Alzò il volto al cielo come per lanciare un cenno, un messaggio che sperava giungesse al destinatario. Si girò dando le spalle a quella città, a quell'esperienza e alla stessa persona, o meglio essenza, che aveva sperato di incontrare o di avvicinare.
       Sollevò una mano, un ultimo saluto di quelli che solo lui sapeva dare. E mentre la mano si muoveva, nel volto rilassato si fece spazio un sorriso, delicato e forse anche leggermente soddisfatto. Avrebbe affrontato i suoi demoni a testa alta, come sempre, ma questa volta il suo nemico era anche l'unica persona che si era reso conto di aver amato.
       Di una cosa era certo, le sue orecchie avrebbero continuato a udire un rumore sommesso, soffocato che si avvicinava ogni volta che egli cercava di liberarsi di lui e del suo pensiero. Era il battito del suo cuore, quel suono che aveva sentito e amato tutte le volte che, addormentatosi sul suo petto, lo aveva cullato fino a farlo calmare di tutti quei furori che lo percuotevano dall'interno. Si, lo avrebbe accompagnato, perché se chiudeva gl'occhi e si lasciava lentamente andare, il rumore di quel cuore lo avviluppava, stringendolo forte a sé.
       Aveva rinunciato a tutto per poterlo battere, e più volte questo istinto lo aveva perseguitato, come ora il suo stesso ricordo faceva. Com’era curioso il corso delle cose, come tutto potesse cambiare con un solo unico incontro.
       E così mentre camminava e il sole sbatteva sulla sua schiena, per un attimo pensò di aver visto la forma della sua ombra, dei suoi capelli spettinati, ma non si era girato, aveva continuato a procedere fiero e sicuro.
       La sua immaginazione lo tradiva e lui non voleva dargliela vinta perché se si fosse lasciato andare, correndo incontro a qualcosa che non esisteva quasi più avrebbe anche dovuto ammettere a Goku che gli voleva bene, e che era innamorato di lui.

“Forse te l’avrei detto quello che volevi sentire, ma te ne sei andato….ti odio, non immagini nemmeno quanto. Stupido di un Kakaroth…Goku!”
  
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