Forse
le parole avevano perso importanza con il tempo, quando si era accorta che non
servivano poi a molto. Ne usavano così tante, in giro. Le spargevano come se ne
avessero riserve illimitate, come se pronunciarle non significasse esporsi,
tirar fuori qualcosa. Se si tira fuori così tanta roba ogni giorno, cosa rimane
dentro? E per questo la gente le sembrava vuota, perchè aveva usato tutte
quelle parole con leggerezza. E si era svuotata.
Forse
in realtà non aveva mai saputo usarle come gli altri. Era rimasta ad osservare,
perchè così poteva diventare invisibile e carpire dettagli che nessuno avrebbe
mai notato. Nessuno si era mai curato molto di lei, se non per guardarla come
se fosse un fenomeno da circo. Le era sempre andato bene, perchè non le piaceva
essere notata.
O
forse semplicemente le conservava, per quando sarebbe stato il momento di
usarle. Per quando ne sarebbe valsa la pena.
Lui
era l’unico che sembrava talmente pieno da essere incapace di svuotarsi.
Anche
se nessuno l’avrebbe creduto, Seifer le parlava spesso. Era facile parlare con
lei, che rimaneva paziente ad ascoltare anche quando dalla sua bocca uscivano
frasi inquietanti. Fujin pensava che Seifer le parlasse perchè sapeva che,
qualsiasi cosa avesse detto, lei avrebbe capito. Chiunque altro l’avrebbe
rimproverato, gli avrebbe intimato di calmarsi, di considerare le cose
razionalmente, o di crescere. Lei voleva solo ascoltare, guardare le labbra
muoversi e cogliere il senso che c’era al di là delle parole. Non capiva perchè
la gente non potesse solo fermarsi ad ascoltare, invece di lottare per
rispondere. Ogni conversazione era un duello. Avrebbe vinto chi sarebbe
riuscito a dire le cose più belle, più profonde e assennate.
Fujin
capiva il fascino che Squall esercitava sulle ragazze. Anche lei l’aveva
guardato con interesse, nel segreto della sua mente, perchè Squall taceva e chi
tace sembra nascondere dei segreti. Come resistere ai segreti, se stavano
dentro ad un corpo così invitante? Eppure, crescendogli accanto, si era accorta
che in Squall non c’era alcun segreto ma solo un grande caos, e che rimaneva in
silenzio non per conservarsi ma perchè, in fondo, non aveva nulla da dire.
Seifer,
invece, urlava.
Era
così ogni suo gesto. Ciò che era veniva fuori dal suo modo di combattere,
veloce e preciso, o dai sorrisi amari che faceva quando si sentiva in
difficoltà. Anche lui era capace di suscitare interesse fra le ragazze, ma poi
tutte lasciavano perdere perchè Seifer sembrava cattivo. Il tipo d’uomo che non
cresce, che ha sempre bisogno di dimostrare qualcosa.
E
se pensavano così, era perchè non avevano mai provato ad ascoltare.
Era
arrivata l’estate, ed era un’estate di cambiamenti. Il gruppo dei SeeD famosi
era ormai disperso, con Irvine e Selphie a Galbadia, Quistis con Kiros ad
Esthar, e Zell in giro per tutti i Garden. C’erano nuovi insegnanti e nuove
matricole, l’aria era diversa, gli adulti lasciavano il posto ai più giovani
che iniziavano le loro avventure. Tutti trovavano il loro posto nel mondo, e si
dimenavano per renderlo comodo.
E
lei, lei era ancora lì seduta sul bordo della fontana centrale del Garden, con
Rajin, a vigilare sui ragazzini che infrangevano le regole perchè era nella
loro natura farlo.
“Quello
secondo me ci darà problemi. Glielo si legge in faccia.”
Rajin
era così semplice, così banale. Le piaceva perchè la faceva sorridere. Si era
spesso chiesta perchè rimanesse con lei, quale fosse il suo motivo per non
trovarsi una ragazza e trasferirsi da qualche parte, lontano.
Evidentemente,
almeno una volta, Fujin non aveva osservato abbastanza.
“Ti
ho portato un regalo.”
Le
aveva teso un pacchettino, probabilmente preso in una gioielleria. Fujin
l’aveva guardato, perplessa, poi aveva abbassato di nuovo gli occhi sul
pacchetto.
“Aprilo,
ti piacerà!” l’aveva incalzata Rajin, ridacchiando. “L’ho visto e ho pensato a
te, tutto qui.”
L’aveva
aperto, ed era una collana. Sottile, elegante, costosa. Qualcosa che non
avrebbe mai avuto motivo di indossare.
“Perchè?”
gli chiese, richiudendo il pacchetto.
“Così.
Non ti piace?”
Non
è che non le piacesse. Non era sua. Non era una cosa che avrebbe mai
desiderato. Ma spiegarlo sembrava troppo complesso. “Mh.”
“Mh?
Io ti compro un regalo e tu mi rispondi mh? Non è carino, scusa!”
Fujin
sapeva cosa significasse quel gesto. Non era la prima volta che qualcuno le
rivolgeva simili attenzioni. Di solito aveva stroncato la cosa con la
freddezza, o con una brutta risposta. Ma lui era Rajin e ciò rendeva tutto più
difficile.
La
notte portava strani sogni, strane visioni. Spesso rimaneva sdraiata, il corpo
che premeva sul materasso come se pesasse troppo, il fresco dalla finestra
sempre aperta.
Non
le era mai piaciuto dormire in una stanza chiusa, non riusciva a respirare.
Quando
Seifer era entrato spalancando la porta, era scattata a sedere.
“Hanno
perso una matricola.” aveva annunciato lui, senza nemmeno accendere la luce.
“Rajin sta russando come un cretino e io devo cercarla, muovi il culo e
aiutami.”
Fujin
odiava far parte del comitato di sicurezza, con tutte quelle matricole che non
riuscivano a non perdersi, che si ferivano mille volte al giorno, che avevano
sempre qualche problema. Si alzò con un balzo, afferrò la giacca e seguiì
Seifer fuori dalla stanza.
Era
stato lui a decidere di farne parte, per primo.
Gli
era venuta l’idea all’improvviso, una di quelle idee che all’inizio seguiva con
passione per poi stufarsene un po’.
Il
primo mese era stato assurdo, con lui convinto di essere il padrone del Garden
e lei e Rajin a seguirlo come cagnolini, a divertirsi come matti nel
rimproverare tutti.
Poi
Seifer si era scocciato ed il lavoro più noioso era rimasto a loro, ma non
aveva importanza. Lui ne era felice, lo riteneva importante.
E,
quindi, anche lei.
“Non
è tornato in camera, oggi.” disse Seifer mentre camminavano. “Pensavo fosse
nella zona segreta a scoparsi qualcuna, ma non c’è. Forse è uscito ed è rimasto
ferito in combattimento.”
“Ok.”
”Quindi usciamo e ci dividiamo, lo troviamo, lo mandiamo a fanculo e torniamo a
dormire.”
“Ok.”
“Dormivi?”
le chiese senza guardarla, camminando.
“No.”
”Bene.”
Arrivati
all’esterno, Seifer scambiò qualche parola con la guardia e poi si divisero. La
notte era fresca, chiara. Fujin alzò il viso per guardare le stelle.
Aveva
cercato in qualsiasi buco, nei punti più nascosti, negli angoli in cui di
solito le matricole si rifugiavano dopo aver avuto la bella pensata di uscire
senza armi. Non c’era nessuno.
Era
strano, in fondo. Se avessero cercato così ogni notte, di certo avrebbero
scoperto un sacco di gente che usciva per non essere osservato. La zona segreta
era ormai storia vecchia, troppo affollata, il primo posto dove cercavano, ed i
ragazzi si erano fatti furbi. Anche la guardia era un essere umano, e i soldi
comprano chiunque. Cambia solo il prezzo.
Stanco,
Seifer si era seduto appoggiandosi ad un masso e aveva chiuso gli occhi un
istante.
Che
ci faceva lì?
Che
stava facendo lì?
Aveva
senso, essere lì?
Domande
che cercava sempre di evitare, perchè non avevano risposta.
Semplicemente,
non esisteva un posto per lui nel mondo.
Si
era lasciato cullare dai rumori della notte, e dopo un po’ si era addormentato
senza accorgersene.
Aveva
aperto gli occhi quando il sole l’aveva raggiunto. Si era sollevato, parandosi
gli occhi con una mano. Oh, perfetto, aveva passato una notte fuori come un
barbone, magnifico. Quella matricola poteva andare a farsi fottere, anzi,
sperava che qualcosa l’avesse divorato vivo.
“Seifer!”
Fujin
lo raggiunse di corsa, gli si fermò davanti appoggiandosi sulle ginocchia per
riprendere fiato.
“Trovato!”
disse, alzando il viso e sorridendo.
Lui
aggrottò la fronte, mise le mani sui fianchi. “Vuoi dire che hai continuato a
cercarlo fino ad ora?”
Fujin
annuì, come se fosse una cosa scontata. Forse per lei lo era.
Seifer
le restituì il sorriso, e la seguì dentro.
Quando
si era ricordato della sua infanzia alla casa di Edea, era rimasto stupito
della sua assenza. Era convinto di conoscerli da sempre, quei due. Erano sempre
stati una squadra, no? Com’era iniziato?
Eppure
non c’erano, nei suoi ricordi.
Dopo
aver fatto rapporto al preside sull’accaduto, entrarono in ascensore.
“Fujin.”
”Sì?”
”Come sei arrivata qui?”
Lei lo guardò, perplessa.
“Intendo...
al Garden. Come ci sei arrivata, da piccola?”
”Non ricordo.”
”Proprio niente?”
”Niente.”
Seifer
si passò una mano fra i capelli, sospirando. “E non ti pesa?”
”No.”
“E’
strano non ricordare niente della propria infanzia, no?”
Fujin fece spallucce. “A volte no.”
Sembrava esausta. Seifer ricordò all’improvviso che non aveva chiuso occhio.
Era sudata e spettinata.
“Perchè
hai continuato a cercare? Non era poi così importante.” le disse.
“Me
l’avevi chiesto tu.”
Lui
rise piano. L’ascensore arrivò al piano terra, con un rumore metallico. “Sei la
solita scema.”
Fujin
sorrise, perchè sapeva che era un complimento.
Era
fatta così, lei.
Se
le avesse detto di cercare per sempre, l’avrebbe fatto.
Era
una stupida, in fondo.
Seifer
si gettò sul letto, godendo finalmente qualcosa di morbido su cui rilassarsi.
Stirò la schiena, le braccia, le gambe. Sentiva ogni muscolo contratto, dopo
quella nottata.
Si
era quasi appisolato quando bussarono alla porta.
“Sto
dormendo.” disse, scocciato.
“Scusa,
devo riferirti una cosa...” disse Fujin dall’altra parte. Seifer si alzò
sbuffando, le aprì.
“Non
sei ancora andata a dormire?”
”Il preside.” disse lei, porgendogli un foglio di carta. “Tieni.”
Seifer
lo prese senza guardarlo e lo buttò sul tavolo. “Devi dormire, sei stanca.”
“Ci
sono ancora delle cose da fare.”
“Che
cosa?”
”Scrivere il rapporto.”
”Ma l’abbiamo riferito a voce, non se ne occupa Squall della burocrazia?”
“No.
Tu.”
“Ah
sì?” Seifer rise. “E da quando?”
“Da
sempre.” disse lei. “Lo faccio io per te, poi tu firmi.”
“Ah,
erano quelle le cose che mi facevi firmare?”
”Sì.”
“Cioè,
fammi capire...” Con un gesto la invitò ad entrare, Fujin fece un passo nella
stanza. “Ho sempre pensato che fossero cartacce inutili, e invece le compilavi
tu al posto mio?”
”Sì.”
Lo
diceva con quella semplicità, come se non fosse una bella cosa, ma una cosa
normalissima.
Era
proprio stupida.
“Lo
compilo io, stavolta.” disse Seifer dando un colpetto al foglio. “Vai pure a
letto.”
Fujin
rimase ferma, fissandolo. “Non è necessario, non sono stanca.” Allungò una mano
verso il modulo, ma Seifer la bloccò prendendole il polso.
“Sai
cosa puoi fare adesso per me?”
“Cosa?”
“Un
massaggio!” Le rivolse un sorriso largo, e lei lo guardò con un certo
disappunto. “Dai, sono tutto teso, ho dormito su un sasso!”
Fujin
annuì, e si sedette sul letto.
Era
un sì, pensò Seifer. O almeno così sembrava.
Era
normale, che in tanti anni non si fossero mai toccati davvero?
Sdraiato
sulla pancia, a petto nudo, Seifer aveva chiuso gli occhi sotto le sue mani. Se
avesse saputo che poteva essere così brava, l’avrebbe chiesto prima.
Si
muoveva in silenzio, lenta. Il suo tocco era delicato e preciso. In pochi
minuti era riuscita a farlo sentire come sciolto, a rallentare il respiro.
Era
normale, che non si fosse mai accorto di tutto quel che faceva per lui?
“Potevi
dirmelo, che c’erano quelle cose da compilare ogni volta. L’avrei fatto io.”
”Te l’hanno detto.”
”No, mai.”
”Sì, al corso prima di entrare nel comitato.”
”Ah. Forse non ho ascoltato.”
”Già.”
”Però potevi dirmelo.”
”Ssh... non si parla durante un massaggio.”
Si era voltato a guardarla, sollevandosi sui gomiti.
Il
calore delle sue mani gli aveva fatto venire voglia. Non era per lei, era solo
voglia. E se le avesse chiesto di fare sesso, avrebbe accettato anche quello?
Come avrebbe reagito? Sorrise ad immaginarlo, e si rimise sdraiato.
“Cosa?”
”Mh?”
”Ridevi.”
”Pensavo.”
”Ah.”
”Pensavo a...” Seifer si chiese se fosse il caso. Ma in fondo, importava
davvero? Si girò sulla schiena, e Fujin sollevò le mani perplessa. “Pensavo che
sarebbe bello farlo, adesso.”
”Che cosa?”
Le aveva afferrato un braccio e aveva tirato, facendola cadere su di lui. Fujin
non aveva opposto alcuna resistenza.
Gli
era sembrato di sentire il suo cuore accellerare, ma non aveva detto nulla.
Si
era accorto che aveva un seno, Fujin. Sapeva che doveva averlo, ma sotto quei
vestiti non si notava poi tanto. Le aveva fatto scorrere le mani sul petto,
studiandone i contorni. Aveva infilato una mano sotto la maglietta, poi l’aveva
sollevata un po’. La sua pelle era calda, morbida.
Con
un gesto l’aveva spinta sul letto, facendola sdraiare, e le si era messo sopra.
Aveva avvicinato le labbra al suo collo, l’aveva fiutata.
Era
divertente quel momento, lo era sempre.
Lo
eccitava sorprendere le donne in quel modo, saltando loro addosso quando non se
lo aspettavano, creando quella tensione piena di aspettativa e voglia. Le
matricole andavano pazze per quei momenti. Anche a Rinoa era piaciuto,
nonostante sembrasse averlo dimenticato.
Gli
piaceva sentire il loro corpo contratto, la loro paura, il loro desiderio di
provare piacere.
Le
infilò una mano sotto la maglietta, sicuro. Fece forza contro il reggiseno e lo
oltrepassò appena con le dita. Fujin aveva chiuso gli occhi e rimaneva
immobile.
Aveva
mai fatto sesso con qualcuno, lei? L’avevano mai toccata?
Forse
era il primo a godere di quel corpo piccolo e compatto, e la cosa lo eccitava
ancora di più.
Spinse
giù i pantaloni lungo le gambe, tornò a toccarle. Afferrarle.
Aveva
anche un sedere, Fujin. Come aveva potuto non notarlo? Voleva entrarle dentro,
voleva sentirla stretta e calda intorno. Voleva farla urlare ed essere
ricordato come il primo che l’aveva fatto.
Le
sue mani erano diventate più veloci, aveva iniziato a toccarla ovunque, ad
esplorare il suo corpo premendo il viso sul seno, e quando era arrivato a tirar
giù l’elastico delle mutandine Fujin aveva stretto le gambe istintivamente,
senza sapere che quel gesto poteva solo far crescere la sua fame. Le aveva
tirate con forza, ci si era infilato dentro con una mano e l’aveva sentita
fremere.
Era
la prima volta per lei, ne era certo.
Facevano
tutte così, la prima volta.
Aveva
alzato gli occhi sul suo viso e aveva visto che stava piangendo.
“Perchè...
piangi?”
Fujin
si era asciugata le lacrime in fretta, come per cancellarle. Aveva scosso il
capo, si era rimessa come prima, come se quella fosse la posizione giusta.
“...Scusa.”
Aveva
un’espressione decisa e computa, come se stesse per affrontare un compito
ingrato ma dovuto.
Seifer
si era sentito uno stronzo, all’improvviso. Era rimasto a guardarla, lei con
gli occhi bassi, così seria, in attesa.
Si
era messo a sedere, liberandola.
“Non
devi farlo per forza.”
”Non è per forza.” aveva risposto lei a voce bassa. “Se tu lo vuoi...”
Era
così, dunque.
Sarebbe
arrivata fino a quel punto, per lui.
Lui,
che la vedeva come l’ennesima ragazza da scoparsi, come un numero di cui
potersi vantare. Perchè in fondo anche quelle ragazze vedevano così lui, come
una prima esperienza sfolgorante e strana. Lei no.
Lei
lo amava.
“Grazie
per il massaggio.” aveva detto. Si era alzato e si era infilato la maglietta.
“Ora voglio dormire.”
Fujin
era rimasta immobile sul letto, con i pantaloni ancora abbassati.
“Non
hai sentito?”
”Sì!” Si era alzata con uno scatto, si era rivestita.
“Svegliami
presto, domani mattina. Devo compilare quella roba.”
Fujin
aveva annuito, e si era avviata verso la porta. Prima di uscire si era voltata.
“Grazie.”
Gli
aveva sorriso, e a quel sorriso Seifer non aveva saputo rispondere. Aveva
abbassato lo sguardo, seccato, quasi arrossendo.
Lei,
beh, forse era l’unica che poteva capire.
***
Note: Lo so, sarebbe
stato bello se Seifer avesse ricambiato i sentimenti di Fujin, ma io non penso
che sia così. Penso che la piccola albina sia destinata a rimanere non
corrisposta.
So anche che Fujin
nel gioco parla come una dislessica, ma era impossibile renderlo in una
storia... e non ho mai capito per quale assurdo motivo parlasse in quel modo!
O.o Quindi, abbiate pietà, l’ho resa un po’ più normale.