Anche questo capitolo è una versione riscritta del vecchio
n.6.
Grazie della recensione, Valerie. Auguri per il tuo computer e per la tua fiction. Spero proprio che ti piaccia anche questa puntata. Racconta una leggenda del metamondo sull'origine degli abitanti e della casa reale. E' un po' in contrasto con certi racconti di Kandrakar che narrano della millenaria lotta del bene contro il male... ma, si sa, ogni paese ha la sua mitologia. |
PROFEZIE
Riassunto delle puntate precedenti
Elyon, tornata ad Heatherfield a trovare le sue amiche W.I.T.C.H., racconta loro che è preoccupata per una profezia, fatta da lei stessa, che prefigura una nuova tirannia a Meridian. Inoltre confida di avere grossi problemi ad adattarsi alla mentalità della città di cui è sovrana. Will è preoccupata: l'improvvisa ricomparsa di Elyon può attirare attenzioni inopportune anche su di loro. A Meridian, in un colloquio con la madre adottiva Miriadel e con il giovane Caleb, emergono le aspettative che rendono infelice Elyon: lei sola può porsi al vertice della piramide di controlli telepatici che assicura onestà e fedeltà in tutta la gerarchia sociale. Inoltre, lei sola potrà generare la prossima regina, e questo le rende impossibile sposare Caleb, che non può avere figli. Il giovane ottiene che lei si dimentichi del loro amore con l'aiuto di un filtro, ma resta al fianco di Elyon come amico e attendente. Elyon invita le amiche a cena a palazzo. Nel giardino, Irma e Taranee respirano a pieno il polline di alcuni fiori, i konnestras, subendone strani effetti. Caleb rivela che quello è il luogo preferito da Elyon, soprattutto da quando questa ha ricevuto una misteriosa lettera postuma di sua madre. Si lascia sfuggire anche che la profezia di Elyon prevede che lei stessa sarà il nuovo tiranno. Cornelia giudica che i konnestras la influenzano negativamente, e dovrebbero essere estirpati. |
Cap.6
Racconti dopo cena
(versione riscritta dell’Ottobre 2008)
Meridian, sala da pranzo di Elyon
“La mia modesta sala da pranzo”, dice Elyon con malcelato orgoglio,
fermandosi per un attimo accanto alla porta aperta per lasciar guardare
le amiche.
La grande stanza, a forma di fetta di torta, occupa buona parte del
piano della torre.
Le ragazze entrano lentamente, osservandosi intorno. La grande tavola
imbandita, la finestratura dal pavimento al soffitto, i marmi ed i legni
lucidi, i ritratti ed i paesaggi sembrano tutti raccontare storie di regine
e re antichi, di ambasciatori ed ospiti illustri, e di decisioni prese
in pranzi di lavoro che hanno lasciato tracce importanti nella storia della
città.
“Modesta come la sua padrona”, fa Irma, per niente impressionata, dopo
una rapida occhiata attorno. Sono altre le cose che la interessano in una
sala da pranzo. Si dirige sicura verso il tavolo, sedendosi sulla sedia
dallo schienale più alto, che dà le spalle alla finestratura.
“Cosa vuoi dire?”, le chiede la Luce di Meridian inarcando un sopracciglio,
scoprendosi anche defraudata della sua sedia preferita.
“Che Irma si sentirebbe più a suo agio nella mensa della servitù”,
risponde Cornelia per lei. “Se vuoi farla accompagnare, Ellie, poi noialtre
mangeremo più tranquille”.
“Ehi!”, si ribella Irma. “Bionda, parla per te!”.
Will si stringe nelle spalle con aria rassegnata, ma segretamente divertita
dallo scambio di punzecchiature. “Elyon, conoscevi queste due già
da prima di me. Non dovresti meravigliarti più”.
“Infatti…”, annuisce lei sorridendo. “Sai, Will, Mi sembra di conoscerti
da tantissimo, eppure, se fai i conti, dal nostro primo incontro due anni
fa abbiamo passato assieme solo poche ore”.
“Brevi, ma intense”, aggiunge Taranee sorridendo. Non le sembra gentile
ricordare in che circostanze lei ha goduto, più di Will, della compagnia
di Elyon.
“Questo non è un self service, vero?”, chiede Irma, notando
che non c’è nessun servitore nella stanza, né, soprattutto,
alcun cibo.
“No di certo!”, la rassicura la padrona di casa, ammiccando. “Aspetta
e vedrai!”.
Mentre le amiche si siedono, Hay Lin cammina lungo le pareti, persa
nei dipinti che le adornano. “Elyon, sono bellissimi. Questa scogliera…
Il modo in cui sono rese queste montagne… Ma davvero hanno questi colori,
se viste dal vivo?”.
“Veramente non lo so”, ammette lei. “Me lo ero chiesto anch’io, da
brava pittrice. Se vorrete, un giorno andremo a vedere assieme quei luoghi”.
Hay Lin prosegue fino ad arrivare alla porta da cui sono entrate. E’
chiusa, ed il battente ha un largo pannello di un azzurro ceruleo che attira
la sua attenzione. Le pare che stia diventando via via più luminoso,
e il suo azzurro non sembra più una superficie dipinta, ma come
il riflesso del cielo in uno specchio. Da oltre la porta, le sembra di
sentire uno scampanellio lontano.
“EEK!”. Hay Lin non riesce a trattenere un piccolo strillo di sorpresa
quando ne emerge qualcosa di metallico con appesi dei campanelli d'ottone.
“Ma cosa...”.
Con prudenza, dal pannello fuoriesce un carrello di vivande, ed un
cameriere dalla bella livrea cremisi e dal brutto viso verde si sporge
per metà all'interno della stanza. “Chiedo scusa. Altezza, signorine...ho
spaventato qualcuno?”.
“Avanti, Idriorr. Entra pure”, lo rassicura Sua Altezza. Poi si gode
le espressioni sorprese delle amiche. “Ragazze, non preoccupatevi: quella
porta, quando è chiusa, funge da portale tra la sala da pranzo e
la cucina, che è sul lato opposto del palazzo”.
Taranee fischia sbalordita. “Tutto per non far raffreddare le pietanze
calde”.
“E se qualcuno apre la porta nel momento sbagliato?”, chiede Will.
Elyon ridacchia, e si rivolge al domestico. “Lo spieghi tu, Idriorr?”.
Lui accenna un inchino paziente, sforzandosi di trovare divertente
la cosa. “Sì, Altezza. Succede che mi schianto contro la parete”.
Trattenendo un sospiro, comincia a trasferire i piatti degli antipasti
dal carrello al tavolone.
Irma non perde niente di queste operazioni. Ha negli occhi la luce che
prelude al suo rituale preferito. Resta un attimo indecisa, osservando
che molte pietanze le sono sconosciute.
“Beh, io comincerei da questi spaghetti”.
“Subito, signorina”. Il cameriere gliene riempie il piatto, e lei inizia
ad arrotolarli sulla forchetta con abilità da amatrice.
Elyon annuisce soddisfatta. “Ho fatto preparare qualcosa delle specialità
di Meridian e qualcosa di familiare, tanto per andare sul sicuro”. Poi,
ridacchiando: “Ho fatto escludere cose come gli occhi di bomp ed i ronfarelli
vivi; non mi ci sono mai abituata neanch’io”.
Hay Lin le chiede con naturalezza: “Perché ti guardano con rimprovero,
o perché ti supplicano telepaticamente di risparmiargli la vita?”.
“Perché scappano dal piatto”, risponde la padrona di casa.
Notando qualche smorfia di orrore tra le amiche, Hay Lin minimizza:
“Che c’è di strano? Non avete mai assaggiato gli scorpioni vivi,
come si fa in Cina?”.
Osservando le facce delle altre, si pente subito di avere parlato.
Cornelia le tributa un’occhiata glaciale: “Hay Hey, se credi di fare
una bella pubblicità al tuo ristorante…”.
Irma smette di mangiare e osserva preoccupata gli spaghetti, aguzzando
la vista per capire se abbiano occhi o zampe.
Elyon le tranquillizza: “Ehi, ragazze, non preoccupatevi. Non c’è
niente di troppo esotico in questi cibi” . Si rigira davanti agli occhi
la forchetta con infilzata una specie di cannellone, come se neanche lei
credesse troppo alle sue parole.
Nel mentre, dal portale arriva un secondo cameriere con un carrello
di bevande.
“Grazie, ho proprio sete”, dice Cornelia, facendosi versare nella coppa
un nettare giallino e spumeggiante.
La Guardiana dell'Acqua volge lo sguardo vendicativo verso di lei.
'Troppo facile, Cornacchia!', si dice tra sé.
L'espressione disinvolta di Cornelia si muta in stupore ed imbarazzo
quando il suo gesto di bere viene accompagnato da abbondanti schizzi, versamenti
ed un orrido rumore di risucchio.
“IRMA!”, ruggisce infine, con il suo sguardo più feroce ed il
viso ancora grondante.
“Siii?”.
Un’oretta e molte portate dopo, Irma annaspa combattuta davanti ad una
torta di chisacosa che sembra una vera delizia. Perché proprio ora
il suo stomaco deve chiudere i battenti? Eppure il messaggio da dentro
è chiaro: o il cibo, o l’aria.
La ragazza deve declinare il dolce con un cenno accompagnato da un’occhiata
piena di rimpianti, come ad un amante che non rivedrà mai più.
“Irma, non ti riconosco!”, le dice Cornelia con voce mielata. “Lasci
nel piatto proprio questa torta? E’squisita!”. Le sorride con scherno.
Lei ha conservato un po’ di posto per il gran finale.
Finito il dolce, Elyon propone: “A Meridian, per tradizione, dopo una
cena si raccontano storie. Chi conosce qualcosa?”.
Tutti gli sguardi si volgono verso Hay Lin. Will parla per tutte: “Hay,
conosci qualche leggenda cinese, per caso?”.
“Che non sia ancora quella dei quattro draghi”, precisa Cornelia.
“Sì, a dozzine”, annuisce un po’ svogliatamente la cinesina
davanti al suo piatto della seconda portata, ancora mezzo pieno. L’inalazione
del konnestras non ha ancora finito di esigere il suo tributo di nausea.
Cerca di assumere un’aria ispirata, e inizia: “Un giorno, ad un fattore
sfuggì il suo cavallo dal recinto. L’uomo era abbattuto, ma il vecchio
padre gli chiese: ‘Sei sicuro che sia un male?’. Lui, però, non
capì cosa intendesse”.
“Neanche io”, commenta Irma con una scrollata di spalle.
“Zitta, grazie. Tempo dopo, il cavallo ritornò al recinto portando
con sé una cavalla. Il fattore era raggiante, ma il vecchio padre
gli chiese: ‘Sei sicuro che sia un bene?’. Infatti, tentando di domare
la cavalla, l’uomo fu disarcionato e si fratturò un braccio. Mentre
il poveretto gemeva per il dolore, il vecchio padre chiese ancora: ‘Sei
sicuro che sia un male?’”.
“Ma certo, Hay!”, la interrompe ancora Irma, stringendosi a denti serrati
il braccio destro. “Quando è successo a me, mi ha fatto un male
boia!”.
“LASCIAMI CONTINUARE, GRAZIE!”, alza la voce Hay Lin, poi si sforza
di riprendere il contegno. “Dunque, dicevo: in breve, scoppiò una
guerra, e molti paesani furono obbligati ad arruolarsi, tranne l’uomo con
il braccio rotto, che era ben contento di questo. ‘Sei sicuro che sia un
bene?’, chiese ancora il vecchio padre”. Hay Lin ci pensa un attimo, poi
conclude: “La storia potrebbe andare avanti all’infinito, ma io no. Sono
esausta”.
Torna a puntellare il mento con gli avambracci.
“Siamo sicuri che sia un male?”, chiede Irma un po’ imbronciata.
Per qualche attimo, al disotto del piano del tavolo viene combattuta
una guerra segreta fatta di calcetti, pizzicotti e gomitate.
“RAGAZZE!!”, si impone Will, dopo che un calcio fuori bersaglio si
è abbattuto sul suo ginocchio neutrale. “La vogliamo finire?”.
Cornelia annuisce innocentemente, e si volge verso Elyon. “Magari tu
saprai qualche bella leggenda del metamondo”. Ha già capito che
l’amica non aspettava altro.
Infatti si illumina. “Ma certo, Corny. Ce ne è una che racconta
le origini degli abitanti. La ho un po’ rielaborata di mia fantasia”.
Intreccia le dita, sorridendo con l’aria dolce di una nonna che racconta
una fiaba ai nipotini.
“Fin da prima che esistesse la vita, il Metamondo e la Terra sono stati
uniti tra loro da un portale naturale che, passando al difuori dello spazio,
congiungeva questi due mondi separati da distanze astronomiche.
Vi erano occasionali passaggi di esseri viventi tra i due mondi: animali,
semi di piante. Talvolta morivano, talvolta sopravvivevano e si adattavano
all’ambiente diverso, evolvendosi in modi differenti”.
Elyon guarda fissa davanti a sé. Le ragazze intuiscono
che sta vedendo ambienti lontanissimi ed estranei, popolati di piante aliene
e mostriciattoli di ogni forma.
“Più di trentamila anni fa, l’Europa era ancora popolata da
una umanità diversa. Ora questi esseri verrebbero chiamati Neanderthaliani,
ma loro non lo sapevano. Nel frattempo, una nuova popolazione ostile stava
migrando nei territori in cui vivevano. I discendenti di questi ultimi
avrebbero riservato per sé il nome di Sapiens Sapiens”.
“Sapiens sapiens….”, medita seria Irma. “Avevano forse a che fare con
l’Oracolo?”.
“No, cara”, le spiega pazientemente Cornelia. “E neanche con te”.
“Ehm…”, si schiarisce Elyon. “Se posso… Bene, questi nuovi erano
entrati in concorrenza con gli abitanti originali per le scarse risorse
di quella terra fredda e selvaggia. La migliore capacità di costruire
armi, di coordinare gruppi, di pianificare e di parlare erano i loro punti
di forza. Non era possibile alcuna fusione delle due popolazioni: erano
troppo diverse, praticamente due specie distinte. Nell’immaginario collettivo
dei nuovi arrivati, i tratti dei vecchi abitanti erano l’archetipo stesso
della bestialità: l’arcata sopraccigliare prominente, la fronte
e il mento sfuggenti…”.
Cornelia guarda il profilo di Irma con occhio critico. Quando questa
se ne accorge, una nuova guerra sommersa di pizzicotti infuria brevemente
sotto lo schermo discreto della tovaglia.
“Ehm”, si schiarisce ancora Elyon. “Ovunque, la decisione presa dai
nuovi era sempre la stessa: sterminare quegli esseri sub-umani. Le piccole
tribù si coalizzarono tra loro. Iniziarono una lotta senza quartiere
contro gli abitanti originali, che opposero una resistenza disperata e
scoordinata. Questo avvenne in tutto il Vecchio Mondo. Fu la vera prima
guerra mondiale”.
Will ha seguito, attentissima. “Chissà se alcuni nomi della
mitologia, come Ercole o Odino, risalgono così indietro nel tempo?”.
“Non saprei”, dice Elyon stringendosi nelle spalle. “Comunque, prima
che tutto ciò finisse, per alcuni dei vecchi abitanti si aprì
una inaspettata via di salvezza: il portale naturale tra Terra e Metamondo
si portò al livello del terreno, e divenne accessibile”.
“Chi fece questo?”, chiede Will.
Elyon si stringe nelle spalle. “Penso che fu solo un caso. Sapete,
il portale fluttua, si muove lentamente, un po’ come i poli magnetici”.
Riprende l’aria assorta da narratrice. “Non so dove avvenne: le leggende
di qui raccontano solo di un luogo innevato. Comunque il portale naturale
non è né vistoso, né inquietante come quelli che avete
visto voi: può assomigliare, piuttosto, ad un tunnel nella nebbia”.
Will annuisce, catturata dal racconto. “Magari, i preistorici lo percorsero
senza rendersi conto di passare da un mondo ad un altro”.
Elyon annuisce. “Probabilmente no, la prima volta. Erano solo gruppi
di profughi in fuga, ma furono seguiti da bande di guerrieri invasori.
Questi trovarono non solo i loro odiati nemici, ma anche un ambiente più
favorevole del Nord Europa di trentaerottimila anni fa. Il metamondo era
abitato già da diverse specie intelligenti. Alcune di queste erano
dotate di poteri magici innati, altre erano completamente diverse da ciò
che sulla Terra viene chiamato umano. Vi erano già i primi barlumi
di quelle che avrebbero potuto diventare civiltà. Forse erano già
in competizione tra loro. Comunque, l’arrivo di questi terrestri bellicosi
ebbe l’effetto di un fiammifero in una polveriera. La guerra coinvolse
anche i nativi in un’alternanza di scontri, massacri e alleanze effimere,
mentre sempre nuovi guerrieri e nuovi profughi continuavano ad arrivare
dalla Terra”.
Mentre Elyon fa una sosta per riempirsi un bicchiere, Will la guarda
grave. E’ chiaro che non sta raccontando una semplice favola. “E poi?”.
“E poi…”, riflette lei, cercando di riprendere il filo. “Ah, sì.
Già a quei tempi, nell’universo, esistevano degli esseri superiori,
di cui si sapeva pochissimo. Un loro inviato apparve sul Metamondo, portandovi
per le prima volta il nome di Kandrakar. Essi crearono la muraglia, un
incantesimo su scala planetaria che bloccava il passaggio naturale e impediva
il passaggio di ulteriori invasori. La prima volta che fu attivata, la
muraglia salvò il metamondo dall’invasione umana”.
Hay Lin mugugna, pensando al racconto fatto da nonna Yan Lin quando
spiegò loro il ruolo di Guardiane per la prima volta: “Non è
proprio così che ce l’hanno raccontata”.
“Ssh!”, la zittisce Cornelia. “Sentiamo fino alla fine”.
“Grazie”, dice Elyon. “La storia sta arrivando al climax. Dunque… interrompere
l’arrivo di nuovi invasori non fu sufficiente a rappacificare il metamondo.
Poiché il massacro continuava, Kandrakar fece una potente magia
che rimescolò tutti gli abitanti del metamondo con gli invasori.
L’aspetto di tutti cambiò tanto, da individuo ad individuo, che
non fu più possibile riconoscere le razze e specie originali. Ora
c’era solo un’accozzaglia di esseri diversi. Questi, però, riuscivano
a capirsi qualunque fosse la lingua che parlavano, e potevano incrociarsi
tra loro”.
Will annuisce. “Sembra la storia della Torre di Babele, ma in un certo
senso è alla rovescia”.
“E’ vero”, risponde Elyon. “Ma fu ancora più traumatica. Molti
erano cambiati in qualcosa in cui non si riconoscevano, e si facevano orrore
da se stessi. Molti si uccisero per la disperazione”.
Studia ancora i visi delle amiche. Impietriti. Hay Lin, inquieta, si
porta la mano dietro come per controllare se per caso le fosse spuntata
la coda.
Elyon riprende il racconto. “Alcuni tentarono di ricostruire i clan
aggregando individui dall’aspetto simile, ma si accorsero che anche la
somiglianza fisica non comportava la stessa origine. Solo un piccolo gruppo
ebbe successo nel riunire individui quasi omogenei, ed assomigliavano agli
invasori terrestri. I pochi membri di questo gruppo si isolarono dagli
altri e, unendosi tra loro, diedero inizio ad una discendenza ristretta
ma abbastanza omogenea. Gli incroci tra consanguinei portarono ad accentuare
sia alcune caratteristiche negative per la salute, sia alcune positive,
come i poteri magici sempre più forti. Queste facoltà resero
potente questa stirpe, sempre più ristretta. Col tempo questa divenne
la classe dominante del metamondo, e da qui scaturì la famiglia
reale che pian piano lo pacificò”.
“Gli Escanor?”, chiede Cornelia.
“Non ancora”, risponde Elyon. “Parliamo di parecchie migliaia di anni
fa. Finita l’emergenza, Kandrakar disattivò la muraglia, perché
il portale naturale, nel lungo periodo, era la via per cui si realizzava
una benefica simbiosi tra i due mondi. Molto tempo dopo, un condottiero
terrestre, Escanor, combatté a fianco della famiglia reale in una
delle ultime guerre che insanguinarono questo mondo, poi si unì
alla regina Ontlinor”.
“Ma mi pareva di ricordare che Escanor fu raggiunto nel metamondo da
sua moglie Leryn”, interviene Taranee dal fondo del suo mal di testa. “Però
non mi ricordo più chi me l’ha raccontato”.
“Forse l’hai letto in un fumetto”, la canzona Irma.
Elyon annuisce. “Oh, certo, certo, si chiamava proprio così,
Leryn. Però esitò troppo a raggiungere Escanor, e, sapete
com’è, lo trovò felicemente accasato con la regina Ontlinor”.
Risolino imbarazzato. “Quello che successe tra le due non viene raccontato
volentieri dagli storici di Meridian, ma alcuni racconti popolari sono
uno spasso per chi si appassiona ai pettegolezzi”.
Cornelia le ammicca. “Se ci sarà occasione…”.
“Ci sarà di certo”. Elyon ricambia il gesto di intesa. “Ora
ci avviciniamo ai nostri giorni. Anche la discendenza di Escanor e Ontlinor
aveva i forti poteri magici innati tipici della famiglia reale precedente,
trasmissibili per via femminile. Come sapete, anche il trono viene tuttora
trasmesso per via matrilineare”.
Will si chiede: “Ma se il potere si trasmette per via femminile,
come mai il nome della stirpe Escanor deriva da un maschio? Non sarebbe
più logico che anche quello venga ereditato dalla madre?”.
“Buona domanda, Will”, fa Elyon un po’ sorpresa. “Prima di Escanor
e dopo di lui, la regina Ontlinor, molto più longeva, ebbe altri
mariti sempre appartenenti alla stessa stirpe reale; inoltre, anche
le sue sorelle e cugine avevano figlie con poteri. Purtroppo i matrimoni
tra consanguinei hanno amplificato dei difetti genetici”. Scuote il viso,
triste. “Molti morivano giovani, o anche in culla. Siccome Escanor portò
un po’ di sangue nuovo nella famiglia, per alcune generazioni i suoi discendenti
furono più sani e ne ereditarono il cognome, finché le unioni
tra consanguinei ricrearono il problema. Ormai siamo arrivati al capolinea”.
“Capolinea?”, chiede Taranee dal suo silenzio ancora un po’ sofferente.
La Luce di Meridian annuisce. “Nel senso che io sono l’unica discendente
della famiglia reale”.
Cornelia inarca un sopracciglio. “Sbaglio, Ellie, o hai corso il rischio
di doverti sposare con Phobos?”.
Elyon si irrigidisce. “Non so se quell’essere, suicidandosi, abbia
fatto più bene a me o più danno a Meridian”. Si rattrista.
“Mia mamma, in sogno, mi aveva raccomandato di vegliare su di lui, perché
era tutto quanto restava della mia famiglia”.
Cornelia la guarda grave. “Pensi che si riferisse a questo discorso?”
“Forse. O forse, ha solo chiesto indulgenza per lui. So che lo amava,
anche se sapeva cosa sarebbe diventato”.
“Per precognizione?”, chiede Will.
Elyon annuisce, grave.
“Vedici il buono, Ellie”, interviene Cornelia. “Ora tu godi di una
libertà in cui tua madre e tua nonna non hanno mai potuto sperare”.
“Libertà…”. La regina storce impercettibilmente il viso un po’
infantile. “Sei sicura che sia un bene?”.
Per qualche secondo, nessuna parla più.
Dopo un po’, il silenzio pesante viene rotto da Irma. “Chi vuole sentire
la barzelletta del cane siamese?”.
Nessuna risponde. Il cane siamese resta con la coda tra le zampe.
“Ragazze, che ora è?”, chiede Will.
Hay Lin risponde: “Tutto ciò che posso dirti è che il
mio orologio fa le dieci di sera. Decisamente ora di tornare a casa”.
“Ragazze, ancora cinque minuti”, dice Elyon, ripresasi dal momento
di tristezza. “Andiamo sul terrazzo a vedere le stelle. Ho una cosa da
mostrarvi!”.
“Modesta anche questa?”, chiede Irma, alzandosi pigramente dalla sedia
più grande.