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Autore: Emrys    06/04/2012    4 recensioni
Ilaria studiò il locale con occhio critico, sulle labbra le apparve un sorriso fugace e per qualche minuto si lasciò cullare dalla musica. Il Blood Moon le trasmetteva sempre una sensazione rivitalizzante, era grande poco più di una quarantina di metri quadri, aveva cupe decorazioni gotiche e praticamente ogni settimana riusciva a riempirsi come una scatola di sardine.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le sue amiche la stressavano da quasi una settimana con la festa della facoltà di economia, Maxwell aveva rappresentato l’ultima scusa per non andare e lui l’aveva tradita dandole il weekend libero. Ilaria era stata costretta a capitolare.  Adesso Emily e Lily l’aspettavano nel piccolo salotto di casa, mentre lei era chiusa nel bagno da una decina di minuti. Aveva il respiro affannato ed entrambe le mani strette attorno al lavandino, il dolore al petto l’aveva assalita all’improvviso ed era riuscita a nascondersi per pura fortuna. Grazie al cielo le fitte stavano diminuendo, di questo passo sarebbe potuta uscire presto, anche se l’ansia per quei malori l’avrebbe certo accompagnata a lungo. Quella sensazione era ormai familiare quanto angosciante, per quante visite avesse fatto nessun dottore le aveva riscontrato problemi fisici o neurologici particolari. A volte quell’incertezza perenne la faceva sentire come se camminasse alla cieca e fosse arrivata sul ciglio di un burrone, anche se sempre più spesso preferiva far finta di niente e ignorarli. Il suono di un bussare leggero la convinse di essere di nuovo in forze e quando Ilaria aprì la porta, si ritrovò davanti a una slanciata sacerdotessa africana con una minigonna blu scura e una giacca di pelle: Lily era splendida e la prese a braccetto per trascinarla fino alla cucina. “Iniziavamo a preoccuparci, però ora che il trio è completo, possiamo finalmente andare a caccia.” Emily le aspettava con un succo in mano, portava pantaloni a vita bassa, un top nero e una giacca elegante. Sembrava una femme fatal dei vecchi polizieschi anni sessanta. “Voi due quanti cuori volete spezzare?” La domanda era innocente, tuttavia i risolini con cui le risposero le amiche trasudavano malizia. “Se qualcuno ha già trovato il principe azzurro, non vuol dire che noi altre dobbiamo restare a bocca asciutta. Perché limitare la ricerca? La perfezione è un obiettivo alquanto duro da raggiungere.” Lily sogghignò e dopo un paio di minuti lasciarono l’appartamento.

La facoltà di economia era stata spostata un paio di anni prima, durante uno dei tanti tentativi di riqualificazione del centro cittadino. Adesso era in un nuovo complesso insieme a quella di giurisprudenza e d’ingegneria. Era significativo che le altre università non fossero state spostate o tantomeno restaurate. In ogni caso, per le feste quelli di economia non avevano a disposizione un cortile o un piano dell’edificio, ma un quartiere in miniatura: la musica era buona e il posto trasudava un’atmosfera simile ai Rave Party. Lily, poi, era uno spettacolo in grado di far rinascere il buon umore anche nell’animo più tetro: adesso ballava flessuosa in mezzo a tre studenti del quarto anno e alternava i partner con grazia e sensualità. Emily invece era seduta a un tavolo sulla sinistra, stava con altri ragazzi ed era arrivata al momento clou di una gara a chi riusciva a bere più birra.

Luke rimase a guardare Ilaria per alcuni minuti, quasi volesse imprimersela a forza nella memoria, poi prese due birre dal minifrigo di fianco a una delle colonne nella piazzola e la raggiunse. Nonostante l’ambiente festoso gli sembrava inquieta. “Com’è che ancora non ti ho visto buttarti in pista? Non c’è proprio nessuna canzone in grado di elettrizzarti?” Ilaria sussultò, lasciò cadere la bottiglia mezza vuota e lo colpì al petto con una gomitata. Poi riconobbe la fibbia Bastard Inside semi nascosta dalla sua camicia azzurro scuro e gli lanciò un’occhiataccia. “Siamo nervosetti?” “Odio essere colta di sorpresa.” Con quel tono imbronciato era davvero buffa, tuttavia lui decise di non infierire e dopo averle passato una birra fresca, si sedette accanto a lei. “Non hai di meglio da fare?” Ilaria aveva un atteggiamento tra l’acido e il sospettoso ma Orsi non se la prese e anzi ne approfittò per buttar giù un altro sorso di birra. “Questo è un posto come un altro per ascoltare buona musica e lasciarsi trasportare dall’energia della festa.” Fece una pausa e si voltò per guardarla negli occhi. “E poi, dove altro potrei studiare così da vicino una musona che cerca in tutti i modi, seppur con scarso successo, di fingere che non ci sia nulla che non va?” Aveva mantenuto un tono neutro, quasi distratto, eppure le sue parole suscitarono in Ilaria un brivido di sorpresa frammista a irritazione: quello stronzo, prima buttava frasi apparentemente casuali e alla fine sganciava la bomba emotiva. Lei una cosa del genere la poteva accettare da Emily, vivendoci insieme da più di un anno le poteva sembrare persino naturale, ma da Orsi le sembrava sempre terribilmente strano. Ai limiti del fuori luogo. “Bastardo.” Davanti a quell’insulto appena mormorato Orsi cominciò a ridere di gusto. “Non credo di averlo mai negato, ci buttiamo?” le porse la mano e nonostante la prima ritrosia Ilaria la afferrò e si rimise in piedi. Un paio di minuti e furono in pista.

§§§

Il suono del campanello le fece rimbombare il cervello e per l’ennesima volta Ilaria si disse che per quanto alla fine si fosse divertita una notte sfrenata non era certo consigliabile se il giorno seguente aveva un turno al Caravan. Il cliente appena entrato era un uomo sulla sessantina, indossava un paio di pantaloni di velluto scuri, mocassini lisi e una casacca rossa scura. Aveva il volto stanco e i capelli grigio argento. Josia gli si avvicinò veloce, sfoderando subito il suo aplomb di venditore, ma uno sguardo fermo del vecchio fu stranamente sufficiente a fermare la sua carica. Per quanto si sforzasse di ricordare Josia era capace di vendere sua madre per una cifra adeguata, eppure con questo tipo si era bloccato e stava girando i tacchi a tutta velocità. Era un avvenimento che meritava di essere sondato. Lasciò il libro di fianco alla cassa e si avvicinò al signore con la sua migliore aria professionale. “Mi perdoni. Serve aiuto? Cerca un titolo in particolare?” Riuscì a mantenere un tono professionale e ne approfittò per studiare con più attenzione il volto dell’uomo: sembrava che avesse sempre un sorriso bonario sulle labbra e questo gli dava un che di fanciullesco, mentre le rughe che gli solcavano le guance evidenziavano un contrasto invisibile tra quello che era e quello che ancora si sentiva in grado di fare. “La ringrazio, ma forse lei è troppo giovane per … Non importa.” Estrasse da una tasca un foglio ingiallito, senza preoccuparsi di finire la frase, e Ilaria lo prese aspettandosi quasi che le si sbriciolasse tra le mani. Scorse con attenzione i titoli di una decina di volumetti e poi rialzò lo sguardo sul cliente. “Se può aspettarmi un momento, credo che la sorprenderò.” La cordialità era l’arma migliore del venditore, Josia lo ripeteva sempre, tuttavia aveva sempre interpretato le sue parole come un qualcosa di falso. Invece con quell’uomo le veniva naturale. Andò nel retro e aprì la botola sulla cantina.

Perché Josia non si decideva a far rivedere quelle dannate scale? Era mai possibile che il suo capo fosse talmente tirchio da preferire che lei si rompesse il collo su quegli scalini piuttosto che rimetterli a nuovo? Cercò di non pensarci e arrivata in fondo andò al piccolo indice che aveva compilato durante le prime settimane di lavoro. Quel testone forse non aveva altro a cui pensare e poteva ricordarsi tutte le locazioni a memoria, ma lei aveva una vita normale. Ci mise una decina di minuti e riemerse con una quantità industriale di polvere sulla faccia, oltre a una decina di volumetti cartonati risalenti al 1944. Lo sguardo che le rivolse il signore fu un’indicazione più che sufficiente: aveva fatto centro. Riuscì appena a posarli sul bancone che l’uomo sfiorò ogni copertina con mani tremanti, quasi avessero una vita propria. “Li sto cercando da più di dodici anni, ti ringrazio.” Ilaria notò una lacrima scendere sul volto dell’uomo, ma non disse niente e gli fece il conto: 144,00 euro. Lui le passò i soldi e con una delicatezza infinita infilò i volumi nella busta, poi le strinse la mano e ci fece scivolare una banconota da cinquanta. “Mia moglie li leggeva quando ci siamo conosciuti, ora che è morta è come se con essi una parte della mia Magda fosse ancora al mio fianco. Grazie, grazie ancora.” Ammiccò e dopo averle rivolto un sorriso, lasciò la libreria. Ilaria mise in tasca la banconota e lo osservò fino a quando non girò l’angolo: quel signore bislacco le faceva tenerezza e forse anche un po’ d’invidia per il sentimento che lo legava ancora così intensamente alla donna amata. Forse tra lei e Steven un giorno sarebbe stato così, sperare in fondo non costava niente.
 

§§§

Hello ! Sono in ritardo ma ecco il nuovo capitolo ! Che ne pensate ? Alla prossima !!

   
 
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