Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Emrys    28/03/2012    5 recensioni
Ilaria studiò il locale con occhio critico, sulle labbra le apparve un sorriso fugace e per qualche minuto si lasciò cullare dalla musica. Il Blood Moon le trasmetteva sempre una sensazione rivitalizzante, era grande poco più di una quarantina di metri quadri, aveva cupe decorazioni gotiche e praticamente ogni settimana riusciva a riempirsi come una scatola di sardine.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il sole scompariva all’orizzonte e per quanto fosse ancora arrabbiata, doveva sforzarsi di allungare il passo, altrimenti la mamma le avrebbe fatto la solita paternale. Grazia Hollys era stata una stronza e venerdì sera doveva assolutamente fargliela pagare, non poteva mancare alla festa di Rosy. Era talmente concentrata che non sentì il rumore dei passi farsi sempre più vicino,  quando un paio di mani sudaticce le afferrarono il polso, quasi le prese un colpo. Dopo un attimo provò a divincolarsi e gridare, ma altre mani le tapparono la bocca e la tirarono per i capelli: erano in tre, puzzavano di birra e in pochi minuti riuscirono a trascinarla fino a un vicolo. I loro commenti sconclusionati sommati alle palpate sulle natiche lasciavano ben poche speranze sulle loro intenzioni, non sapeva cosa fare e le lacrime cominciarono a solcarle le guance. Le braccia bloccate dietro la schiena le facevano male e per quanto tirasse calci, lì mancava sempre di qualche centimetro: era terrorizzata. Fu schiacciata contro un muro che odorava di stantio e il più fatto dei tre le tirò una serie di schiaffi. Forse voleva che urlasse di più o magari doveva essere una sorta di promemoria sul fare la brava, lei non lo sapeva. Se anche avesse ripreso a urlare non sarebbe arrivato nessuno, era una cosa loro e non le restava che sperare che finissero in fretta. Quando i bottoni della camicetta cominciarono a saltare via, Ilaria aprì gli occhi e si accorse di essere nel proprio letto, ansimante e madida di sudore. Da quella notte infernale erano passati anni, la notte in cui aveva incontrato il suo angelo, eppure non riusciva ancora a ricordarla fino alla fine. Lui era apparso all’improvviso e aveva abbattuto i tre ragazzi come se fossero fuscelli, per poi indicarle la strada con un gesto. Lei era corsa via e dopo una ventina di minuti aveva portato la polizia sul posto, trovandovi ancora i tre privi di sensi. Il suo salvatore però non c’era più, sia i suoi genitori che la polizia avevano cercato di spiegarle che chiunque l’avesse aiutata probabilmente non voleva grane. A lei non tornava, tuttavia dopo le prime settimane aveva deciso di non discuterne più. Quell’evento l’aveva cambiata, in un modo che forse neanche lei capiva a pieno, e per gli amici e i familiari quel cambiamento fu espresso con la nascita di una passione piuttosto bizzarra: angeli, spiriti e ogni genere di storia che riusciva a trovare su di loro. Una piccola parte di lei sognava ancora di conoscere il suo, o in qualche modo di essergli più vicino. Si lasciò sfuggire un sospiro e una volta scesa dal letto, prese dall’armadio alcuni abiti puliti. Allora entrò in doccia e mentre il tepore dell’acqua corrente le rilassava i nervi, cercò di riordinare i suoi pensieri. I sogni su di lui non erano mai smessi, anzi, con il tempo erano diventati sempre più nitidi, ma lei non aveva mai avuto il coraggio di parlarne con qualcuno. L’esperienza della nonna le aveva fatto capire quanto poco ci volesse per avere addosso l’etichetta di pazza del quartiere e lei non era per niente interessata a seguire le sue orme.

Quella notte aveva creduto di morire, eppure era sopravvissuta e aveva preso in mano le redini della sua vita. Angelo o non angelo non doveva dimenticarlo. E se anche lui non era più riapparso, aveva la perenne sensazione di averlo vicino, un custode che la faceva sentire come avvolta in un calore protettivo quanto rassicurante. Si fermò davanti allo specchio per darsi una strigliata ai capelli recalcitranti, lasciò l’asciugamano sul letto e le sue labbra disegnarono un sorriso derisorio. “Chissà, se lo raccontassi a Steven, magari sarebbe geloso.” Pensarci era divertente e in più riusciva a darle una scarica di adrenalina. Indossò velocemente un paio di jeans sdruciti, una felpa rossa con il disegno di Snoopy sulla parte anteriore e un paio di scarpe da ginnastica scure. Poi salì su un motorino grigio argento e s'immerse nel traffico.

§§§

Il lavoro part-time al Caravan era nato per caso, ma aveva dato un sostanzioso aumento alle sue finanze. Anche se, sommato alle ore al Blood Moon, non era proprio un toccasana per il sonno. Superò un camioncino in curva e dopo aver oltrepassato la circonvallazione, posteggiò a una ventina di metri dall’entrata. Si tolse il casco, dette un’ultima sistemata ai capelli e varcò la soglia con passo veloce. Il Caravan era una piccola libreria in una delle stradine del centro storico e la prima volta c'era capitata per puro caso, innamorandosi di un romanzo con la copertina macchiata che faceva bella mostra nella vetrina. Amava la tranquillità di quel posto e a oggi quel romanzo era ancora nella top ten dei libri che l’avevano colpita di più. Il solo lato scadente della piccola scoperta era rappresentato dal proprietario: Josia. Quel viscido era sicuramente uno dei più grandi esperti di libri che avesse conosciuto, tuttavia aveva la pessima abitudine di provarci con ogni femmina della specie, compresa lei e l’altra sfortunata commessa. Come se qualcuno che poteva essere suo padre e possedesse la personalità di un mollusco fosse ai suoi occhi anche solo lontanamente attraente. “In orario. Non posso crederci, forse oggi cadrà una cometa sulla libreria ?” Sbuffò e senza darle il tempo di rispondere aggiunse: “Veloce ragazzina, il tempo è denaro !” Il suo tono petulante era come al solito pedante e fastidioso, ma questa volta Ilaria sembrò sentirci anche una nota di divertimento.

§§§

Il suono di un miagolio scocciato lo richiamò improvvisamente alla realtà: quando era salito su quel tetto, si era assicurato di essere solo, ma adesso aveva compagnia. E non si trattava soltanto di quel gatto troppo cresciuto. “Così hai già ripreso a spiarla ? Come fai a non renderti conto di quanto sia monotona la vita di quella femmina ?” Il suo interlocutore finse uno sbadiglio e proseguì: “Anyel ha perdonato le tue precedenti intromissioni, ma solo perché ha preso in considerazione i tuoi meriti passati. E da allora te la stai cavando giusto perché non ho ancora riferito le tue abitudini voyeuristiche.” Si umettò le labbra e visto che l'altro non reagiva, continuò. “Non fraintendermi, ci spalleggiamo da secoli e non è certo da me criticare gli estimatori della bellezza, tuttavia noi guardiamo e non tocchiamo. È così da sempre.” La voce melodiosa che cercava di rabbonirlo apparteneva a un uomo con i capelli castani, un’espressione gentile sul volto e degli occhi che mantenevano il colore del cielo in tempesta. Era vestito con un paio di pantaloni di lino scuri e dei mocassini, una giacca e una camicia chiara: lo stereotipo del perfetto uomo d’affari. “Abbiamo fatto altre volte questi discorsi,: non è compito nostro interferire, non dobbiamo impicciarci, il nostro dovere è osservare mantenendo l’obbiettività. Sono sul serio solo io ad avere l’impressione che sia tutta una grande recita ?” Castar arricciò il naso, ma non lo interruppe. “La tua mente è sveglia quanto la mia, se non di più, sappiamo entrambi quanto sia stupido seguire dettami che da millenni hanno bisogno di essere aggiornati. L’ordine è mantenuto con il pugno di ferro, lo so bene, ma è sbagliato !” Riprese fiato e sulle sue labbra apparve un sogghigno, mentre l’amico si guardò intorno con gesti furtivi e gli fece subito cenno di tacere. “Sei più testardo di un mulo accadico! Inizio a credere che ti ficchi volontariamente in queste situazioni.” Il suo interlocutore scomparve e gli apparve alle spalle. “Castar, amico mio, hai forse dimenticato che so badare a me stesso?” “Quando si tratta di lei no, sei diverso! E non dimenticarti della Francia.” “Vero, mi hai salvato dall’ira di quel pessimo imbrattacarte di Robespierre. Non l’ho dimenticato.” La sua bocca formò un sorriso tra il nostalgico e il divertito. “C’è chi fuma, chi va nei night umani e chi si concede decine di altre tentazioni. Anyel e gli altri sono soltanto dei maniaci dell’apparenza, quindi lasciami il mio piccolo hobby e se mai ci saranno problemi, li affronterò come ho sempre fatto.” Sparì in un alito di vento e dopo un minuto scarso Castar sospirò frustrato. Eric voleva davvero fargli credere che il suo fosse solo un hobby ? O semplicemente cercava di convincere se stesso ? Eric era conosciuto come una creatura controllata e pronta ad eseguire ogni tipo di ordine, tuttavia quando fissava quella ragazza era come se il gelo del suo animo si sciogliesse. Rischiava di diventare incontrollabile e se non si decideva a cambiare strada, persino lui sarebbe stato costretto a prendere provvedimenti. Scosse la testa e saltò giù dal tetto, in un attimo fu inghiottito dalle ombre sottostanti.

°°°°°


Ringrazio le veterane che hanno messo subito la storia tra i preferiti (Arib, Sacu, ISA83, Criss) e la rinata Lalaila che ha fatto capolino per segnarla tra le seguite. Per i lettori silenziosi, ricordo che un commentino è sempre ben accetto , eh ? Spero sinceramente che anche in questo capitolino ci siano pochi errori ma ne dubito. (L’antipatia a Palle sarà difficile da dimenticare:-p) Baci e alla Proxima !!
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Emrys