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Autore: Beauty    06/04/2012    7 recensioni
Ciao a tutti! Questa storia è una mia personale rivisitazione de "La Bella e la Bestia", la mia favola preferita...
Catherine, diciottenne figlia di un mercante decaduto, per salvare il padre dalle grinfie di un misterioso essere incappucciato, accetta di prendere il suo posto. Ma quello che la ragazza non sa è che nelle vesti del lugubre e malvagio padrone di casa si cela un mostro, un ibrido mezzo uomo e mezzo animale. Col tempo, Catherine riuscirà a vedere oltre la mostruosità dell'essere che la tiene prigioniera, facendo breccia nel suo cuore...ma cosa succede se a turbare la felicità arrivano una matrigna crudele e un pretendente sadico e perverso?
Riuscirà il vero amore ad andare oltre le apparenze e a sconfiggere una maledizione del passato? E una bella fanciulla potrà davvero accettare l'amore di un mostro?
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il mostro e la fanciulla'
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Catherine si sollevò dal pavimento, con uno sbuffo. Aveva mal di schiena e non si sentiva più le ginocchia, ma se non altro ora il pavimento era pulito.

- Siete veramente in gamba, signorina Catherine…- si congratulò Lydia, osservando compiaciuta le piastrelle lucide.

- Pfff!- fece la ragazza.- Sei troppo buona con me, Lydia. Senza di te non ce l’avrei mai fatta…

- No, dico sul serio - insistette la governante.- Sapete esattamente cosa fare, e non lasciate mai nulla al caso. Sarete una perfetta padrona di casa, un giorno, farete felice vostro marito…

- Lydia - l’ammonì Catherine, raccogliendo da terra lo straccio e il secchi d’acqua.

- Beh, che ho detto?- protestò la donna.- Ho detto un giorno. Non vi dovete sposare subito, certo che no, ma prima o poi dovrete farlo…Nessuno vuole restare solo per sempre, no?

- Io non voglio restare sola per sempre, Lydia, ma non voglio nemmeno sposarmi ora - disse Catherine.- Mio padre ha bisogno di me, lo so. E in ogni caso, non mi sposerò se non per amore…

- Se ci fosse qui la vostra matrigna direbbe che le vostre sono tutte sciocchezze…com’è che ha detto l’ultima volta? Ah, sì…stupidi sogni da ragazzina immatura.

- Questo spiega anche la natura del suo matrimonio con mio padre, non credi?

Prima che la povera Lydia si trovasse nella situazione di dover dare una risposta alla pungente domanda di Catherine, la porta d’ingresso si spalancò di colpo.

- Questo posto non è soltanto orrendo, è anche sudicio!- ringhiò Lady Julia, entrando in casa con gli stivaletti infangati e sporcando così il pavimento appena pulito.

Lydia digrignò i denti, trattenendo a stento la sua indignazione.

- Così certo non aiuterete a renderlo più pulito, signora madre - disse Catherine.

Lady Julia dapprima le rivolse uno sguardo di fuoco, poi però assunse subito quella sua solita aria sprezzante coronata da quel sorriso gelido. Squadrò Catherine da capo a piedi.

- Sai, Catherine, quell’abito ti dona proprio - ironizzò.

Quando ancora erano ricchi, la ragazza aveva degli abiti non lussuosi, ma comunque eleganti, benché semplici. Ora, invece, complice sia la tragedia che li aveva colpiti, sia la “promessa” fatta alla matrigna di occuparsi della casa, indossava un vecchio abito prestatole da Lydia, che risaliva forse ad una trentina di anni prima, marrone chiaro, con gli orli strappati e la gonna rattoppata, nascosta in parte da un grembiule bianco pieno anch’esso di toppe.

- Mai quanto la poderosa macchia di fango sul vostro fondoschiena, signora madre - ghignò la ragazza.- L’erba del giardino ha avuto l’onore di attutire la caduta sul vostro regale deretano, vedo…

Lady Julia digrignò i denti; quella ragazzina presuntuosa doveva sempre avere l’ultima parola!

- Basta, non sopporto più questo posto!- gridò, avviandosi a grandi passi verso la scalinata.- Lydia, chiama anche l’altra mia figliastra e preparala! E fa’ lo stesso anche con la padroncina di casa, qui!- disse, indicando Catherine.

- E perché mai, signora Kingston?- domandò la vecchia governante, perplessa.

- Il tuo compito non è chiedere, è eseguire gli ordini!- abbaiò la donna.- Ma, se proprio vuoi saperlo, andiamo in paese! Primo, perché non sopporto più questa casa; secondo, perché non mi fido minimamente del lavoro che sta facendo il mio figliastro; terzo, perché qualcuno dovrà pur provvedere a trovare uno straccio di marito alla signorina! A meno che la principessina non sia certa di guadagnarsi un posto come sguattera in qualche bettola!

Detto questo, finì di salire le scale ed entrò nella sua stanza sbattendo la porta.

Catherine volse lo sguardo alle chiazze di fango sul pavimento.

- Lydia, io…- cercò di scusarsi, ma l’anziana balia sorrise.

- Non preoccupatevi, signorina, voi avete fatto anche troppo. Correte a prepararvi, penserò io a tutto…

 

***

 

Benché fosse ormai un mese che si erano trasferiti, era la prima volta che mettevano piede in paese. Beh, pensò Catherine scendendo dalla carrozza al seguito della matrigna, definirlo paese era già un complimento. Un ammasso di neanche cinquanta casupole raggruppate intorno ad una piccola piazza, in cui sorgeva il mercato.

Lady Julia, in un elegantissimo abito viola scuro con i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle, si guardava intorno con aria critica – secondo Rosalie, più che altro schifata – facendo saettare gli occhi neri alla ricerca di qualche giovane ricco e scapolo.

- Come mai ti ha fatto mettere tutta in ghingheri?- sussurrò Rosalie, in un abito di broccato rosso, indicando il vestito verde acqua della sorella, uno dei pochi capi di abbigliamento sopravvissuti alla razzia di quegli avvoltoi dei creditori di suo fratello.

- Perché spera di trovarmi marito - bisbigliò la ragazza di rimando.

- Ancora?!

- Purtroppo temo di sì…

- Ma non l’ha ancora capito che tu non ti sposerai mai?

- Evidentemente no.

Presto, la matrigna si allontanò da loro, lasciandole libere di girovagare come volevano.

- Dov’è Henry?- domandò Rosalie.

Henry aveva avuto il compito di vendere al mercato la merce sopravvissuta al naufragio, in modo che le finanze della famiglia si risollevassero minimamente. Ma, per quanto Catherine detestasse ammetterlo, per una volta era d’accordo con la matrigna.

Neanche lei si fidava di Henry.

Fece saettare lo sguardo in tutta la piazza, alla ricerca del banco dove teoricamente avrebbe dovuto esserci il fratello. E infatti eccolo lì: il bancone di legno con sistemati sopra in bella vista le balle di seta e i gioielli. Mancava soltanto una cosa: suo fratello!

- Dannazione, ma dove è andato a cacciarsi?!- sbottò Catherine, dirigendosi di corsa in direzione del banco, prima che qualche spiritoso decidesse di far sparire tutto quel poco che gli era rimasto.

- Ma che fine ha fatto?- ansimò Rosalie, non appena ebbe raggiunto la sorella.

- Non lo so, ma appena lo trovo lo rivolto come un calzino…

Catherine, vedendo che il fratello non si decideva a farsi vivo, si rassegnò a condurre lei stessa le vendite.

La mattinata passò così in questo modo; la ragazza concluse qualche affare, non molti, ma comunque abbastanza proficui. Certo, il fatto che la matrigna se ne restasse fuori dai piedi aiutava parecchio.

Tuttavia, né Catherine né Rosalie poterono fare a meno di notare che tutti, in paese, le guardavano in modo strano, ostentando una curiosità a volte anche imbarazzante.

Catherine si sforzò di non pensarci, concentrandosi sulla vendita della merce e sulla tortura migliore da infliggere a Henry quando si fosse fatto vivo.

Era quasi mezzogiorno; la gente cominciava ad allontanarsi, i clienti diminuivano sempre di più, non c’era traccia né di Lady Julia né di Henry, e Catherine cominciava a perdere le speranze di riuscire a concludere ancora qualche affare.

Un gruppo di ragazzini aveva preso a giocare a pallone al centro della piazza.

Uno di loro calciò il pallone sin dall’altra parte delle bancarelle, esultando poi per il tiro.

-  No, Luke, questo non vale!- protestò un biondino, andando a raccattare la palla.

- Vale eccome, invece!- protestò Luke. - Piuttosto sei tu che sei una schiappa!

- Ah, sì? Te la do io, la schiappa!

Il biondino diede un violento calcio alla palla, scagliandola in direzione del banco di Catherine. Gli altri ragazzini emisero un gemito di delusione. La palla colpì in pieno un panno di seta, facendolo cadere a terra. Catherine si precipitò a raccoglierlo, gemendo alla vista della stoffa impregnata di fango.

- Vi dispiacerebbe fare un po’ più di attenzione?- gridò, rivolta ai ragazzini.- Questa è roba di valore, avete idea del danno che avete fatto?

Il biondino, anziché mostrarsi dispiaciuto, la guardò con un sorrisetto superiore.

- Scusateci, signorine tanti-soldi!- le sbeffeggiò.- Ci dispiace di aver rovinato i vostri begli abitini!

- Bada a come parli!- saltò su Rosalie, che aveva sempre detestato sentirsi dare della riccona snob.

- Io parlo come mi pare e piace!- gridò il biondino.- Soprattutto con due figlie di papà che un pallone non l’hanno mai visto neanche da lontano!

Il gruppo di ragazzini scoppiò in una risata frenetica; a Rosalie, colpita nel segno, cominciarono a salire le lacrime agli occhi.

Catherine non fece una piega; si diresse lentamente verso il pallone caduto poco distante; lo sollevò con entrambe le mani. I ragazzini ammutolirono. La ragazza lanciò la palla in aria; nel contempo sollevò la gonna dell’abito, lasciando intravedere le gambe. Palleggiò tre o quattro volte con le ginocchia, lanciando infine il pallone in aria. Quando tornò giù, Catherine fu pronta a riceverlo con il capo, tenendolo in equilibrio sulla fronte per qualche secondo.

Infine, sotto lo sguardo esterrefatto dei ragazzi, lasciò cadere la palla, facendola scivolare lungo il corpo e fermandola alla fine con una gamba. La ragazza tenne in equilibrio il pallone nell’incavo fra il piede e la caviglia.

- Allora, signori, che ne dite?- gridò poi sorridendo, rivolta ai ragazzini che la guardavano a bocca aperta.- Cosa avete da dire riguardo a questo? Mi sa che siete voi quelli che non sanno com’è fatto un pallone!

Dopodiché, con un calcio lanciò indietro la palla, che atterrò proprio ai piedi del biondino. Il ragazzino la raccolse, sconcertato.

- Ehm…scusate, noi…- provò a dire.

- Ci dispiace - concluse Luke.

- Che ne dite, vi va di fare una partita con noi?- propose un terzo.

- Che dici, Rose?- fece Catherine, ammiccando verso la sorella.- Accettiamo la sfida?

- Certo!- esultò Rosalie.

La ragazzina si precipitò a calciare il pallone, seguita da Catherine, che prese a correre, con la gonna sollevata fino alle ginocchia, ridendo come una bambina.

- Ehi, altro che signorine, queste ci massacrano!

- Mica male il tiro della biondina!

- E’ di quell’altra che ti devi preoccupare, guarda che roba!

- Gioca come un ragazzo!

- Puoi scommetterci!- rise Catherine, segnando un punto a suo favore.

Il quel mentre, Lady Julia si stava avvicinando, circondata da due o tre signore che, a giudicare dagli abiti e dall’aria annoiata e altezzosa, dovevano essere parecchio altolocate.

- Ma certo, signore, le mie figliastre dovrebbero essere proprio…

Lady Julia ammutolì di colpo.

- Ma…ma cosa…- boccheggiò.- Che…Rosalie…Catherine…

Non poteva credere ai propri occhi. Lì di fronte a lei, in mezzo a tutto quel polverone di terra, le sue figliastre stavano giocando a pallone con un gruppo di ragazzacci di strada; Rosalie correva e rideva come una matta, mentre quella piccola serpe di Catherine stava correndo come una scalmanata, con l’abito sporco di terra, accaldata, i lunghi capelli neri spettinati e la gonna sollevata come la volgare figlia di due vagabondi!

Le signore che l’accompagnavano, capito che ebbero che quelle due scalmanate erano le figliastre di Lady Julia, cominciarono a ridere sotto i baffi, allontanandosi bisbigliando commenti senza dubbio poco simpatici sulla moglie del mercante.

D’un tratto, un calcio un po’ troppo entusiasta di Rosalie scaraventò il pallone lontano dalla traiettoria prevista. Anziché si dirigersi verso il campo nemico, la palla andò in direzione di un giovane uomo che in quel momento stava consegnando il proprio cavallo nero ad uno scudiero. Il pallone finì proprio in una pozza d’acqua ai piedi del giovane, il quale venne subito ricoperto da schizzi di fango.

L’uomo digrignò i denti, osservando rabbioso la propria camicia bianca immacolata ora sporca di terra e acqua.

- Oh-oh…- fece uno dei ragazzini.

Immediatamente, l’intero gruppo di amici si dileguò, lasciando le due ragazze sole al centro della piazza.

Rosalie, tutta vergognosa, si avvicinò lentamente al giovane, raccogliendo timorosa il pallone da terra.

- Ehm…mi dispiace tanto, signore…- balbettò, ricordandosi che il padre le aveva insegnato che bisognava sempre domandare scusa, in quei casi.

- Ma insomma, mocciosa, guarda che hai fatto!- abbaiò il giovane, indicando il proprio abito.

- Vi chiedo scusa…- mormorò Rosalie.- Non era mia intenzione…

- Risparmia le scuse! Sai da dove viene questo tessuto? Da Pechino, hai capito, mocciosa? Cento sterline buttate via per colpa tua e del tuo stupido pallone!

- Io non…

- Ah, ma sta’ zitta, non ti rendi neanche conto…

- Vi ha chiesto scusa, signore - intervenne Catherine, accorsa a dare man forte a Rosalie.

Guardò il giovane con aria truce.

- Mia sorella non l’ha fatto apposta…

- Ma questa camicia…

- Questa camicia, signore, tornerà come nuova, con un po’ di acqua e sapone!

Il giovane fece per ribattere, ma alla fine si calmò. Squadrò Catherine da capo a piedi, riconoscendo che, seppur tutta scarmigliata e con l’abito strappato, era davvero graziosa.

Sorrise in una maniera strana, che Catherine non aveva mai visto; più che un vero e proprio sorriso, era piuttosto un ghigno.

- Beh, sì, forse avete ragione…- disse, con voce suadente.- Forse non è il caso di prendersela così tanto…soprattutto se a domandarmi scusa è la sorella di una fanciulla così graziosa…

Catherine non rispose, ma trattenne a stento una smorfia. Si trattava senza dubbio di un giovane piacente, sui venticinque anni, con un fisico alto e slanciato, dei folti capelli castani che gli circondavano il volto ovale e abbronzato. Tuttavia, alla ragazza non ispirava molta fiducia.

Catherine aveva sempre avuto una sorta di sesto senso, nel giudicare le persone, che non l’aveva mai tradita. Non era il tipo che si basava troppo sulle apparenze, ma c’era qualcosa, come un campanello nella sua testa, che suonava avvertendola ogni volta che si trovava di fronte ad una persona di cui era meglio non fidarsi.

L’allarme era scattato la prima volta che aveva incontrato Lady Julia, e non si era sbagliato; ora, di fronte a quel giovane che la guardava come se fosse stata un succulento pasticcino, il campanello era suonato di nuovo.

- Noi…noi dovremmo andare, ora…- disse la ragazza, prendendo per mano Rosalie.

- E perché mai? Perché non vi fermate? Potremmo fare due chiacchiere…

- No, vi ringrazio, ma noi dobbiamo proprio…

- Mi dispiace infinitamente signore!- cinguettò una voce alle loro spalle.

Oh, no!

Lady Julia le raggiunse a passo svelto, ponendosi fra le due ragazze. Afferrò un braccio di Catherine, conficcandole le unghie laccate nella carne.

- Sono costernata…- disse, con la sua voce melliflua.- Le mie figliastre in genere non si comportano così…non so proprio che cosa…

- Non preoccupatevi, signora - disse il giovane.- Io e le vostre figliastre stavamo giusto facendo conoscenza…Con chi ho il piacere di parlare?

- Lady Julia Kingston - squittì la donna porgendogli la mano. - E loro sono Catherine e Rosalie…

- Incantato - ghignò il giovane, baciando la mano a Lady Julia e a Catherine, la quale dovette fare uno sforzo immenso per non ritrarsi.- Il mio nome è Lord William Montrose.

D’un tratto, Lady Julia, che si apprestava a continuare la conversazione, venne interrotta da un gran clamore. Tutti e quattro si voltarono; in paese stava facendo il suo ingresso un vecchio carro di legno trainato da un malandato e macilento ronzino, e scortato da quattro guardie. Su di esso, coperto da un telo bianco chiazzato qua e là di rosso, c’era qualcosa la cui figura era molto somigliante a quella di una carcassa.

Una gran folla cominciò ad accorrere, e i gendarmi ebbero un bel da fare a tenerla a bada. Dovunque si sentivano mormorii sommessi.

- Incredibile!

- Ne hanno trovato un altro…

- Un altro morto…

- Ma chi è?

- E’ il povero Conte DeBourgh…mancava da casa da una settimana…

- Poveretto, ma che gli è capitato?

- Ucciso, mia cara. Morto ammazzato.

- Morto ammazzato?- ripeté Rosalie.- Voglio vedere…

Detto ciò, la ragazzina prese a correre in direzione del carro.

- No! Rose, non voglio che tu…- provò a dire Catherine, cercando di raggiungerla.

Riuscì a bloccarla solo a pochi centimetri dal carro, su cui il corpo del Conte era stato scoperto. Catherine strinse a sé la sorella, impedendole di vedere.

- Ma chi è stato?- chiese una donna.

- E chi lo sa! E’ il terzo morto…

- Il terzo?- fece Catherine.

- Sì, il terzo. Tutti e tre nobili, trovati nella foresta morti ammazzati. Sbranati vivi, si direbbe…

- Ma chi può essere stato?- disse qualcuno ad alta voce.

- Lupi, magari.

- I lupi non hanno delle zanne così grosse…

- Ehi, che succede?

Catherine riconobbe la voce; si voltò, scorgendo suo fratello Henry avvicinarsi barcollando, decisamente alticcio. La ragazza gli andò incontro, furiosa.

- Ma dove diamine eri finito?- ringhiò, anche se già sapeva la risposta.- Saresti dovuto essere al mercato! Dove sei stato in tutto questo tempo?

- Laggiù…- biascicò Henry, indicando una squallida osteria poco lontano, su cui campeggiava l’insegna Il leone d’oro.

- Sei stato lì tutta la mattina?!

- No, io…beh, forse sì…solo per bere un goccetto…sai, mi rende più capace nelle vendite, e…

- Oh, ma sta’ zitto!- sbottò Catherine, tentando di trascinarlo verso la carrozza.

- Ehilà, ci si rivede!- esclamò d’un tratto Lord William.

Catherine si bloccò, stralunata. Henry sorrise in maniera ebete.

- Lord William - biascicò in segno di saluto.

- L’oste del locale mi ha detto che sapete giocare molto bene d’azzardo…- ghignò il giovane.

- Henry…- boccheggiò Catherine.- Henry, non avrai…?

- Zitta, donna!- Henry la spinse malamente di lato. - E’ così, in effetti.

- Per una partitella ci sono sempre…- ammiccò quello.

Catherine afferrò il braccio di suo fratello prima che questi potesse rispondere.

- Grazie, Lord William, ma noi ora avremmo fretta…

Detto questo, si avviò verso la carrozza trascinando con sé Henry e Rosalie.

- Arrivederci, Lord William - cinguettò Lady Julia.

- Lo spero tanto…

 

***

 

Non fecero in tempo a mettere piede in casa che Lady Julia diede completo sfogo a tutta la sua rabbia.

- Ora io e te facciamo i conti!- ringhiò, strattonando Catherine per un braccio, sotto gli occhi esterrefatti di Lydia e Rosalie. La ragazza si divincolò.

- Non ho niente da rimproverarmi e, in ogni caso, non è a voi che devo rendere conto delle mie azioni, signora madre - disse.

- Lo sai chi era quello?! Eh?! Lo sai?!- strillò Lady Julia, fingendo di non averla sentita.

- Lord William Montrose?- ironizzò la ragazza.

- Lord William Montrose, l’uomo più nobile e ricco di tutto il paese!

- Avete fatto in fretta ad informarvi sulle cose che contano…

- Non fare la spiritosa con me! Scarmigliata, sporca, con le gambe in bella mostra come una monella di strada! Avresti potuto accalappiarlo in meno di due secondi, se non fossi così…

- Selvaggia?

- Cattiva! Tu sei perfida, Catherine! Se sposassi un uomo ricco, allora leveresti dai guai tutta la tua famiglia!

- Mio padre non approverebbe mai un matrimonio d’interesse, e comunque, se state ancora cercando di trovarmi un marito, devo avvertirvi che sprecate il vostro tempo!

- Lo vedremo.

D’un tratto, si sentirono dei colpi sommessi risuonare nell’atrio. Lady Julia e Catherine ammutolirono.

- Qualcuno ha bussato alla porta - pigolò timidamente Rosalie.

Catherine colse al volo l’occasione e si precipitò ad aprire.

- Sì?- fece, ritrovandosi di fronte il cocchiere della diligenza che recapitava la posta.

- Una lettera - disse l’uomo, porgendole la missiva.

- Grazie.

Catherine la prese e si chiuse la porta alle spalle, leggendo il nome del destinatario sulla busta.

- Che cos’è?- domandò Rosalie.

- Una lettera per papà.

Lady Julia tese la mano aperta nella sua direzione.

- Beh, che aspetti a darmela?

Catherine nascose la lettera dietro la schiena.

- E’ per mio padre - ripeté.

- Ma io sono sua moglie, ho il diritto di leggerla!

- E’ per mio padre, e sarà lui a leggerla per primo!

Catherine cominciò a salire le scale di corsa, inseguita da Lady Julia, che a sua volta aveva alle calcagna Lydia e Rosalie, allo stesso tempo incuriosite e angosciate.

La ragazza attraversò di corsa il corridoio, sentendo alle spalle le grida di rabbia di Lady Julia.

- Papà!- chiamò, battendo il pugno contro la porta dello studio del padre.- Papà, apri!

- Piccola serpe! Qualcuno dovrebbe curarsi di darti una bella frustata, ogni tanto!

- Che succede?- il mercante, con il viso stanco, si affacciò alla porta.

Catherine scivolò nello studio, seguita da Lady Julia che riuscì ad evitare per un pelo di beccarsi la porta in faccia.

- Che succede, si può sapere?- ripeté il mercante.

- Una lettera per te - ansimò Catherine, porgendogli la busta.

- Caro, io ho cercato di leggerla, così avrei potuto riferirti il contenuto!- frignò Lady Julia.- Ma tua figlia me l’ha impedito! E’ sempre così cattiva, con me!

- Sì, come no! Riferirgli il contenuto, dite? La vostra è solo curiosità, niente di più!

- Ragazze, non litigate…- borbottò il mercante, leggendo attentamente la missiva.

D’un tratto, quand’ebbe finito, il suo volto s’illuminò. Sembrava quasi ringiovanito di vent’anni.

- Ma è meraviglioso!- esclamò, interrompendo per un momento gli sguardi d’odio che intercorrevano fra la figlia e la moglie.

- Che succede, caro?- chiese Lady Julia.

- Buone notizie?- incalzò Catherine.

- E’ un mio vecchio amico, il mercante Von Rubens. Vuole concludere un affare con me…vuole comprare una balla di seta d’Arabia…e ad un prezzo…- il mercante si bloccò, incapace di contenere l’entusiasmo.- Tesoro, Catherine, provate a pensarci: con quel denaro riusciremmo finalmente ad uscire dalla povertà…potrò riprendere i miei affari…potremmo tornare a casa…

- Oh, amore, è meraviglioso!- cinguettò Lady Julia, battendo le mani.

Catherine abbracciò suo padre con slancio.

- Sono così contenta per te, papà…

- Grazie, piccola mia…devo partire immediatamente…

- Partire?!- fece Catherine, incredula.- Come sarebbe a dire che devi partire? Pensavo che avreste concluso l’affare in termini burocratici…

- Beh, anch’io lo preferirei, Catherine, ma Von Rubens vuole incontrarmi di persona. Vive a parecchie miglia da qui, se mi metto in viaggio subito dovrei riuscire ad arrivare lì entro domani sera…

- Oh…beh, se devi proprio…

Il mercante sorrise, dandole un bacio sulla fronte.

- Non preoccuparti…sarò di ritorno entro una settimana…

 

***

 

- Fa’ buon viaggio, papà…- disse Catherine, sollevando lo sguardo sul mercante, in sella al suo cavallo grigio.

- Grazie, Catherine.

- Il paese dove abita il mercante Von Rubens è famoso per i suoi allevamenti di gatti soriani…- sospirò Rosalie.

- E anche per le sue torte di mele - aggiunse Lydia.

Il mercante rise bonario.

- Facciamo così. Quando sarò di ritorno, porterò a te, Rosalie, un bel gattino bianco, e a te, Lydia, una di quelle ottime torte. Che ne dite?

- Sì! Che bello, un gattino…- esultò Rosalie.

- Troppo gentile, signore - sorrise Lydia.

- A te, mia adorata, ho già promesso un collier di brillanti - disse il mercante rivolto alla moglie, che in quel momento si stava impegnando come non mai per mostrarsi più addolorata possibile.- E a te, Catherine, cosa vuoi che ti porti?

La ragazza sbuffò.

- Non voglio nessun regalo, papà, non preoccuparti.

A me basta solo che ritorni presto, sano e salvo.

- Ma qualcosa dovrò pur prenderti! Avanti, dimmi quello che desideri, così non correrò il rischio di sbagliarmi clamorosamente, come quella volta in cui ti ho regalato quel vestito di pizzo a fiori…

- Regalale un libro!- saltò su Rosalie.- A lei piace tanto leggere!

- Oh, certo, leggere aiuta un sacco a combinare un buon matrimonio…- borbottò Lady Julia.

- Sul serio, papà, non voglio niente - insistette Catherine, ignorando il commento della matrigna.

- Ah, sei incorreggibile, Catherine…- sorrise il mercante.

- Allora una rosa!- disse Rosalie.

Tutti la guardarono.

- Una rosa?- ripeté Catherine, inarcando un sopracciglio.

- Tutte le ragazze che non vogliono regali, alla fine chiedono sempre una rosa. E’ così in tutte le favole…- spiegò la ragazzina.

- Tu vivi in un mondo tutto tuo, Rose…

Il mercante rise; quindi, tornato serio, salutò ciascuna delle quattro donne.

- Ci vediamo fra una settimana!

Il cavallo partì al galoppo. Le quattro donne rimasero a guardarlo finché il mercante e la sua cavalcatura non scomparvero nella foresta rischiarata dal sole del tramonto.

Non appena il marito se ne fu andato, Lady Julia sorrise di quel suo sorriso gelido.

- Ci saranno molti cambiamenti, ora, mia care…- disse.

- Cambiamenti?- fece eco Rosalie.

- Esatto. Cambiamenti molto radicali - si rivolse a Catherine.- E io ti giuro, mia cara Catherine, che quando tuo padre tornerà avrà l’annuncio del tuo fidanzamento.

- Sapete come si dice, signora madre?- ghignò la ragazza.- Aspetta e spera.

Lady Julia non si degnò di risponderle, ma entrò in casa, facendo cenno a Lydia di seguirla. Le due sorelle Kingston rimasero ferme in giardino.

- Uhm…- fece Catherine.

- Che c’è?- domandò Rosalie.

- Niente…stavo solo pensando.

- A che cosa?

- Se davvero papà mi regala una rosa - dichiarò Catherine.- Allora la prima cosa che farò sarà sistemare le sue spine sulla poltrona preferita di Lady Julia.

 

Angolo Autrice: M’inchino di fronte a tutti coloro che sono riusciti ad arrivare alla fine di questo chilometrico capitolo! J. Lo so, è un po’ lunghetto, ma se l’avessi diviso non avrebbe avuto alcun senso e l’avrei tirata troppo per le lunghe. Dunque, per chi non avesse ben chiara la descrizione di Catherine, è così che io me la sono immaginata:

   

Sì, ok, lo so, è “Morgana” della serie Merlin…allora nessuna violazione di copyright (spero! XD), e niente pro o contro Katie McGrath o il personaggio da lei interpretato, solo che la mia Catherine (che, come avrete capito, è la protagonista della storia) le somiglia molto, e siccome non sono per niente brava nelle descrizioni…Se troverò altre immagini adatte ai vari personaggi della storia, le pubblicherò insieme agli altri capitoli.

Dunque, in questo capitolo Catherine e sua sorella hanno fatto la conoscenza del misterioso Lord William, e sono venute a conoscenza di una strana serie di omicidi…ora che il padre di Catherine è partito, che cosa succederà? Riuscirà la ragazza a sopravvivere alla terribile matrigna che farà di tutto per trovarle un marito e al fratello irresponsabile? E il mercante riuscirà ad arrivare a destinazione…o ci sarà qualche imprevisto?

Bene, finita la sfilza di domande retoriche J. Ringrazio molto le 33 persone che hanno letto questo capitolo (spero migliore dell’obbrobrio precedente) e in particolare Alex_J e ilariuccia per aver aggiunto questa storia alle seguite, ed Ellyra per averla aggiunta alle seguite e per aver recensito.

Come sempre, vi invito a commentare e a farmi sapere che ne pensate!

Ciao a tutti, al prossimo capitolo!



 

  
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