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Autore: AlexisLestrange    07/04/2012    5 recensioni
Erano passati più di sette anni. Erano di nuovo lì. Un'altra volta. Ma era tutto diverso.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
- Questa storia fa parte della serie 'Supernatural - Season ½'
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AVVERTIMENTO:

 

Per leggere questa storia, dovete aver prima letto "Home Sweet Home". Non perchè sono cattiva e non vi voglia qui, solo perchè
non avrebbe assolutamente senso. Quindi, se proprio non potete resistere a leggere questa, prima passate a dare un'occhiata
qui --> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=929644&i=1 
E poi, sappiatemi dire. Vi aspetto :)


La macchina avanzava sulla strada asfaltata, con un rombo quasi assordante,
sfrecciando veloce. Poco importava se le altre auto, dietro, rischiavano continuamente
di venire tamponate, o fischiavano, dopo essere state sorpassate con manovre a dir
poco assurde.

Andava bene anche così. Finché una spia rossa non cominciò a lampeggiare
insistentemente sul cruscotto.

«Accidenti, siamo di nuovo a corto di benzina» si lamentò l’uomo alla guida,
tamburellando nervosamente le dita sul volante.

«Questo succede quando non la controlli come si deve, Dean» gli riproverò
quello al suo fianco con un mezzo sorriso divertito.

«Potevi farlo anche tu, Sammy» commentò l’altro scrollando le spalle. «Non importa,
ci dev’essere una città, qui vicino, andiamo a fare il pieno».

La macchina arrancò per qualche minuto, fino a che non superarono un cartello che
dava loro il benvenuto nella cittadina di Ironwood.

«Ironwood…» ripeté tra sé Sam, per poi voltarsi verso il fratello. «Ci siamo già stati,
ricordi?»

Dean inarcò le sopracciglia, scettico. «Abbiamo passato metà della nostra vita
andando in giro per tutti i paesini più sperduti dell’America, e tu pretendi che mi
ricordi di questo posto?» replicò, alzando gli occhi al cielo.

Sam sembrò sorpreso. «Come fai a essertelo dimenticato?» esclamò, voltandosi a
guardarlo. «Il capitano Redstone… la dottoressa Josephine, e poi
la bambina, Jane!»

«Jane!» Dean spalancò gli occhi per un attimo, stupito. «Quanto tempo sarà passato,
ormai? Sette, otto anni?»

«Qualcosa del genere» mormorò il fratello, poi sorrise. «Ti ricordi? Gli avevi promesso
che saresti tornata a trovarla»

«Non glielo ho mai promesso» precisò Dean. «Le ho solo detto che ci avrei provato. E
poi, ormai è passato troppo tempo… se ne sarà dimenticata».

Sam fece le spallucce, senza smettere di sorridere. Il fratello sbuffò.

«Lo so cosa hai mente, sai?» borbottò, piccato. «E d’accordo, andiamo a dare
un’occhiata in giro»

Si avvicinarono, sempre in macchina, attraverso una stradina laterale, che portava al
centro della città. Dean guidava tenendo un occhio sulla strada, e un altro
tutt’attorno: ad un certo punto, indicò una costruzione al fratello.

«Cos’è quella, una scuola?» chiese, socchiudendo gli occhi per vedere meglio.

«Probabile» fece Sam, sporgendosi dal finestrino. «Che dici, ci avviciniamo?»

Parcheggiarono vicino al marciapiede, a pochi metri dall’entrata dell’edificio: era quasi
ora di pranzo, o almeno così pareva a Dean, e il trillo della campanella risuonò fino a
loro, che si voltarono subito a guardare gli studenti che si riversarono fuori a frotte.

Tutti chiacchieravano, ridevano, si davano degli scossoni, facevano chiasso, finalmente
liberi dalle lezioni: solo una figura stava camminando lentamente, masticando una
mela che teneva in mano, reggendo con l’altra una cartella ricolma di fogli. Era solo
una ragazzina.

Dean rimase immobile a guardarla, con una strana sensazione di vuoto nello stomaco.
Lei si fermò poco lontano, e si sedette in disparte, sull’erba: aprì un libro che teneva
tra le braccia e si mise a leggere, tutta concentrata.

Aveva lunghi, lunghissimi capelli che le ricadevano dappertutto: continuava a scostarsi
le ciocche dal viso con impazienza, scoprendo il viso dalla carnagione pallida; ma fu
grazie agli occhi che Dean la riconobbe, quegli occhi azzurri, grandi, spalancati, che si
ricordava tanto bene. Jane.

Dean la osservò quasi incantato, cercando nei suoi tratti una qualche somiglianza con
la bambina che aveva conosciuto anni prima: era possibile ritrovarla ancora lì, in
quelle movenze testarde ma delicate insieme, nello sguardo curioso che correva tra le
righe, e nel mezzo sorriso che aleggiava sulle labbra.

Stava per chiamarla, alzarsi, o andarle incontro, ma qualcuno lo precedette.

«Jane!» chiamò una voce sconosciuta da lontano, e la ragazza si alzò subito in piedi,
ridendo in direzione di un giovane dai capelli scuri che le si stava avvicinando. Si
incontrarono a mezza strada, lui la prese tra le braccia, e si baciarono appena sulle
labbra.

Dean li guardò, basito: per qualche strano motivo, il vuoto nello stomaco parve
trasformarsi in qualcosa di pesante, che si stringeva sempre di più e lo trascinava
verso il basso.

«Andiamo» disse brusco, più a sé stesso che al fratello, e fece per mettere in moto la
macchina.

Sam si voltò a guardarlo, perplesso. «Ma come, non vai a salutarla?»

Dean non gli rispose. Rimase testardamente con lo sguardo fisso davanti a sé, in
silenzio, come faceva sempre quando aveva qualcosa che gli frullava per la testa.

Il fratello lo sapeva fin troppo bene; mise una mano sulle chiavi della macchina,
impedendogli di accenderla. «Dean, che sta facendo?» gli chiese, sbalordito. «Avevi
una probabilità su mille di rincontrarla, e adesso che l’hai vista, non ti fai presenti
neanche?»

Lui si voltò a guardarlo, seccato. «No, Sam. Non mi faccio vedere, non vado a
salutarla quindi, se cortesemente mi lasciassi partire…»

«Ma perché no?» insistette lui. «Sono sicuro che le farebbe piacere, non ti sente da
anni, e…»

«No!» esclamò Dean, d'un tratto furente. «Come fai a dire che le farebbe piacere? Noi
siamo quelli che siamo arrivati un giorno a casa sua, abbiamo dissepolto il cadavere di
sua sorella e abbiamo dato fuoco ad entrambi, rischiando, tra l’altro, di farla morire!
Non credi che sia stato già abbastanza traumatico? Non credi che lei vorrebbe solo
dimenticare?»

«Cosa…? No, Dean, non lo credo!» replicò il fratello, meravigliato. «Lei non ci ricorda
come quelli che le hanno rovinato la vita, ma come quelli l’ha salvata!»

«Come fai a saperlo?» ribatté ancora lui, spazientito. «Guardala, Sam, adesso ha una
vita normale, va a scuola, ha un ragazzo, e a casa l’aspetta un pranzo tranquillo con
sua madre. Io non andrò di nuovo lì a ricordarle cos’è successo e a sconvolgerle
l’esistenza un’altra volta, d’accordo?»

Sam era semplicemente senza parole. «Ma se lei…» cominciò.

«Lei non dovrebbe avere più a che fare con noi, né con niente che ci riguardi» lo
interruppe Dean. Evitava accuratamente sia il suo sguardo che la vista di Jane, e se
ne stava con gli occhi fissi sulla strada davanti a sé. «Te l’ho detto, l’unica cosa che
spero adesso e che si sia completamente dimenticata di me, di te, e di tutto quello
che è successo, è l’unica cosa che voglio!»

Il fratello lo guardò, scettico. «Non lo vuoi veramente, e lo sai»

Dean scrollò le spalle, esasperato. «Non importa. È quel che è meglio per lei, ed è
l’unica cosa che conta. E adesso, per favore, vogliamo partire?»

Sam lasciò andare le chiavi della macchina, e il fratello la mise in moto con un rombo.
Si stavano per allontanare, quando sentirono una voce eccitata.

«Dean!»

Jane li aveva visti. Si era alzata in piedi, la bocca spalancata dalla sorpresa, e li stava
guardando incredula: poi, la meraviglia fece posto ad una lunga, liberatoria, risata,
che le accese gli occhi di una nuova luce.

«Dean!» chiamò di nuovo, mettendosi a correre nella loro direzione, e nella foga,
lasciò cadere i libri, la cartella, la mela, mentre il ragazzo alle sue spalle la guardava
perplesso.

Dean sbuffò, spazientito, ma il fratello vide che non riuscì a reprimere un mezzo
sorriso. Jane arrivò a loro fianco, con il fiato corto dalla corsa, le mani sulle ginocchia,
i capelli biondi tutto scompigliati, ma anche così, non riusciva a smettere di ridere.

Ed era una risata così sonora, matura, talmente diversa da quella sottile ed esitante
che Dean ricordava nella bambina, che per qualche momento non seppe cosa dire.

Allungò una mano oltre il finestrino aperto, e, sotto lo sguardo meravigliato della
ragazza, le tese un mignolo.

Jane lo guardò, capì, rise ancora, e poi lo strinse.

«Lo sapevo che saresti tornato» sussurrò, eccitata, e i suoi occhi azzurri parvero
brillare più che mai. «L’ho sempre saputo».

Dean non sapeva cosa fare. Sembrava che il nodo allo stomaco fosse lentamente
risalito su per la gola, impedendogli completamente di parlare.

«Sei davvero forte» mormorò, quando infine riuscì a prendere parola, e si meravigliò
di quanto la sua voce suonasse roca. «Ciao, principessa»

Sciolse la mano dalla sua, mise finalmente in moto, e accelerò, finché la macchina non
si allontanò del tutto con un gran fracasso, mentre alle loro spalle, osservandoli
sparire all’orizzonte, Jane continuava a sorridere.


Note dalla scrittrice:

E allora? Delusi? Amareggiati? Vi aspettavate qualcosa di più? Qualcosa di meno? Posso capirvi perfettamente.
Anche a me sarebbe piaciuto scrivere di Dean e Jane che andavano a prendersi un tè -o un panino- insieme, 
chiacchierando amabilmente del più e del meno. Ma semplicemente non doveva andare così. Non poteva.

E' passato troppo tempo. Jane è cresciuta, e anche Dean. Nessuno dei due è più lo stesso. Il loro incontro è 
come quello di due estranei che si vogliono molto bene -che hanno condiviso una storia pazzesca, e poi più 
nulla, ed è per quello che non poteva andare diversamente. 

Spero che vi sia piaciuta lo stesso. Devo ringraziare Vehuel, che è stata la prima a darmi lo spunto per la storia, ma
anche tutti gli altri che hanno letto "Home Sweet Home", questa volta l'ho scritta davvero per voi, per ringraziarvi.

Fatemi sapere cosa ne pensate. Ah, e se avete qualche curiosità su come se la passa Jane -chi è il suo ragazzo, 
cosa fa, come vive- sappiate che conosco bene ogni cosa, quindi sentitevi liberi di chiedere.

Grazie ancora,

Relya
   
 
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