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Autore: asyouwishmilady    07/04/2012    7 recensioni
Ero totalmente innamorata del mio sexy capo omosessuale da ormai 4 anni, ed ero perfettamente consapevole del fatto che lui non avrebbe di certo cambiato orientamento sessuale. Non per me.
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Queste cose cambieranno.
Riesci a percepirlo ora?
Questi muri che hanno eretto per reprimerci, cadranno.
Questa è una rivoluzione:
arriverà il momento in cui, infine, vinceremo.
»

Correvo. Non sapevo di poter correre tanto veloce. Mi muovevo così in fretta da non riuscire a delineare un'immagine precisa del paesaggio: vedevo solo una grande nube verde muschio, che mi faceva intuire di trovarmi  in un enorme bosco. Improvvisamente udii un brusio fastidioso ed incredibilmente familiare. Senza nemmeno volerlo, mi voltai verso i bordi del sentiero che stavo percorrendo e mi ritovai a fissare una fila lunghissima  di persone di cui - nonostante la velocità - riconobbi i visi. C'era Sandy, i piccoli occhi spenti, il volto contratto dalla delusione. C'era Carol, piegata per le tante risate che l'assalivano, mentre mi puntava l'indice contro. C'era Alex, il volto deformato da una smorfia di dolore e gli occhi scuri gonfi di lacrime. C'erano le altre colleghe, mia sorella, la portinaia del condominio in cui vivevo. Tutti mi puntavano il dito contro. Abbassai lo sguardo, per guardare io stessa la causa dei loro giudizi. Giusto per capire se era davvero così ridicola e orribile. Con gran sorpresa mi accorsi di non avere il pancione: il ventre era piatto. Lo accarezzai per accertarmene. Nel momento in cui lo toccai, un dolore atroce mi attanagliò e mi costrinse a fermarmi. Caddi a terra, sull'erba pungente e sulla terra umida, per poi perdere completamente il controllo del corpo.
 
Mi svegliai di soprassalto e, d'istinto, cercai il pancione. Ci posai entrambe le mani e lo massaggiai, finché non trovai la forza di tirarmi su. Accesi l'abajour con un gesto rapido e controllai l'ora: erano le 4 di notte... O del mattino. Sospirai. Il sogno aveva creato dentro di me una bolla di inquietudine, difficile da fare espolodere da sola. Cercai così l'aiuto di Nicholas «Ehi» sussurrai, tentando di svegliarlo nel modo meno brusco possibile.
«Nick» insistetti, stavolta aiutandomi con dei leggeri strattoni.
«Che c'è?» chiese in un lieve mormorio, ancora tra il sonno e la veglia. 
«Ho fatto un brutto sogno» feci spallucce, consapevole del fatto che lui non stesse guardando verso di me - e che non avesse nemmeno gli occhi aperti.
Finalmente spalancò gli occhi marroni, arrossati e - come me - si mise seduto.
«Allora? Cos'hai sognato?» domandò premuroso, senza dare segni di fastidio per il risveglio improvviso.
Esitai.
«Ho sognato che tutti mi giudicavano per questo» sollevai la mano, senza indicare un punto preciso.
«Per... Per la gravidanza? O per...»
Lo interruppi bruscamente «Per tutto, Nicholas. Per la gravidanza, per il fatto che sono sparita, per il fatto che...» a quel punto avrei voluto dire "Con te. Per il fatto che sto con te", ma temevo troppo che avrebbe frainteso.
Mi strinse a sé ed appoggiò le labbra calde e immobili alla mia guancia «Abbiamo già abbastanza problemi per conto nostro. Penso che l'opinione della gente sia l'ultimo dei nostri problemi» il suo tono era di nuovo distaccato e freddo.
«Il sogno non è finito» borbottai contrariata.
Senza attendere una risposta proseguii «Cadevo a terra a causa di terribile dolo...» e rieccolo. Tentai, senza successo, di trattenere una smorfia di dolore.
«Celine!» mi scosse senza un briciolo di finezza. 
A quel punto il dolore si era fatto così forte da impedirmi di emettere suoni. Inspirai intensamente e, quando buttai fuori l'aria, il dolore svanì nel nulla.
Mi resi conto che Nicholas non aveva mai smesso di parlare «... Che ti succede? Respira, respira!»
«Sto bene» dissi in tono tremolante. Lui si rilassò.
«Sei impazzita? Stavo per avere un attacco di cuore» fece scontroso ma con un riflesso d'ironia.
«Ho avuto un dolore increbile, come quello del sogno»
«Si chiamano doglie» ribatté irritato.
«No!» strillai quasi «Non ora» 
«Sai... Di solito per queste cose non si fissa un appuntamento» ridacchiò sarcastico.
Ero sfinita. Dal sogno, dal significato che ne avevo colto, dai dolori. Mi appoggiai alla morbida testata del letto e chiusi gli occhi. 
Li riaprii immediatamente, quando sentii il letto muoversi. Cercai Nicholas con lo sguardo: si era alzato in piedi «Ce la fai ad alzarti da sola? Devo portarti in ospedale»
«Ti ho già detto che ora non è il momento» ribattei a mezza voce. Prima che potessi provare ad immaginare quale sarebbe stata la sua risposta, mi prese in braccio. Come quando mi aveva portato in camera, qualche ora prima.
Sul suo petto si stava così bene: il suo respiro caldo e regolare mi accarezzava i capelli e il battito del suo cuore mi cullava in una ninna nanna. Non ci volle molto prima che mi addormentai.
 
«E' tutto assolutamente normale, non si preoccupi: può capitare che le acque non si rompano da sole. Il bambino soffrirà ancora meno» una voce femminile acuta e stridula mi svegliò.
Quando mi accorsi di non essere più tra le braccia di Nicholas spalancai gli occhi. E, insieme alla luce, arrivò il dolore. Con grande sollievo, però, mi resi conto che lui era a pochi passi da me, intento a discutere con una donna in camice. Sbattei ripetutamente le palpebre e misi a fuoco il panorama: era una stanza d'ospedale, cupa e fredda. Fredda anche perché ero stata privata del mio caldo pigiama ed ero stata infilata in una specie di vestaglia di carta colorata che non copriva nemmeno metà del mio corpo.
«Ho freddo» borbottai spazientita, rivolta verso i due, ancora intenti  a discutere.
Nicholas si avvicinò a grandi passi e si chinò su di me per scaldarmi, mentre l'infermiera, con le mani ghiacciate, mi aveva fatto aprire le gambe.
«Manca poco» aveva sentenziato infine, prima di sparire.
C'erano un mare di cose che avrei voluto - e dovuto - dire a Nicholas, ma il dolore mi costringeva a stare immobile. Non mi rendevo pienamente conto di quello che sarebbe successo dopo, quando il dolore sarebbe terminato. Avevo paura e premura al contempo.
«Respira» mormorò lui.
«Sto respirando» feci, con la voce che tremava come la fiammella di una candela quando c'è vento. Nel momento stesso in cui terminai la frase, sentii che era arrivato il momento.
Gradualmente il dolore si fece più intenso. Avevo lo sguardo annebbiato e non capivo chi fossero tutte quelle persone attorno al mio letto e cos'avessero da urlare tanto. 
Nicholas mi teneva la mano ma io non la sentivo, sentivo solo il dolore e le urla - e mi resi conto che provenivano proprio da me.
Una voce sovrastò le altre «Forza, piccola. Io ti amo».
Strinsi i denti e spinsi con tutte le mie forze per uno, cinque, quindici minuti.
In pochi secondi, il dolore fu sostuito dal sollievo e ripresi finalmente coscienza del mio corpo.
Udii un pianto e vidi Nicholas allontanarsi. Prima che potessi chiamarlo, riapparse, appoggiandomi la piccola creatura sul petto.
«E' una bambina» sussurrò vicino al mio orecchio, per poi schioccarmi un bacio sulla guancia.
Mi voltai verso la piccola e notai che aveva smesso di piangere. Era bella, innocente, una cosa di cui vantarsi - non di cui vergognarsi.
Le accarezzai la testolina già ricca di capelli e la strinsi piano a me «Piccolina» biascicai prima di scoppiare a piangere. Non era solo un frivolo escamotage per tenermi per sempre Nicholas accanto, era la mia bambina, il mio vero amore.
Mi voltai verso Nick, curiosa di vedere la sua espressione, e realizzai che stava piangendo come me. Non lo avevo mai visto così rilassato. Non si preoccupava di nascondere le emozioni, di apparire debole, stupido. Quello era il mio Nicholas.
Avvicinò la mano tremolante a quella piccina della bimba e gliela strinse in un gesto scherzoso «Piacere, sono Nicholas Jonas, il tuo papà».

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Ciao a tutti! Allora? Che ne pensate? Fatemi sapere, mi raccomando. Il prossimo arriverà prestissimo! Recensite e ditemi le vostre impressioni.
Bacio.
   
 
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