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Autore: MaTiSsE    07/04/2012    5 recensioni
Blue è la storia di un ragazzino taciturno, disilluso e troppo solo. E del suo amore instabile.
E' la storia di una giovane apparentemente ribelle. In realtà, solo enormemente spaventata dal mondo di fuori.
E' la storia, ancora, di due fratelli troppo orgogliosi per ammettere quanto gli manchi la propria famiglia.
Blue è la storia, infine, di Valentino, Marzio ed Angelica. Tre giovani con una passione immensa da condividere: quella per la musica.
DAL CAPITOLO 2:
"Non voglio mai più vedere quel tipo in tutta la mia vita" aveva commentato Angelica con convinzione.
Certo.
Peccato avesse fatto i conti soltanto con la propria volontà tralasciando il destino.
Poiché quel tipo, viceversa, lo incontrò di nuovo appena il lunedì successivo.
E fu proprio in quel giorno che scoprì il suo nome aggraziato, un nome che tanto si scontrava con il carattere ribelle e burrascoso di lui, giacché il ragazzino in questione si chiamava Valentino.
Valentino Ferreri.
[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
Genere: Generale, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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blue 4



BLUE



By Agnes Dayle Efp










"L'accordo di sol?"
"No."
"....La?"

"Neppure"


Valentino scosse la testa, continuando ad accordare la sua chitarra senza guardarla. Angelica gli restituì un'occhiata sconcertata.


"Il mi...Il mi minore! Almeno quello dimmi che sai prenderlo per favore. E' troppo stupido."


Valentino imbracciò la chitarra e mugugnò qualcosa d'incomprensibile al microfono per provarlo prima di cominciare a cantare seriamente.
In definitiva, non le aveva risposto.



"Oh ma ci senti?"
"Kurt Cobain non suonava per accordi." si limitò a dire.
"E tu saresti Kurt Cobain?"
"Certo...non vedi? Si è incarnato in me."
"Ma vaffanculo."



Alle spalle di Valentino, Christian - il bassista - alzò gli occhi al cielo, esasperato dalla tiritera. Angelica se ne accorse e sorrise soddisfatta: amava provocare la gente e rompere i cosiddetti. E se il tipo in questione trovava snervante la faccenda beh...a lei non importava un fico secco.
Finché Valentino avesse continuato a darle corda nel suo modo strano di fare c'avrebbe provato gusto e...no. Non aveva intenzione di smettere proprio adesso.



"Tutto bene Christian?"
"Ci conosciamo?" rispose l'interessato.
"Da un'ora e mezza."


Valentino ridacchiò e per non darlo a vedere si inginocchiò sul pavimento sconnesso della rimessa fingendo di dover urgentemente sistemare i pedali prima di suonare.


"Interessante. E comunque tutto bene, grazie."
"Mi sembri scocciato."
"In realtà vorrei suonare, se non ti dispiace."
"Perché dovrebbe dispiacermi?"
"Perché da quando sei qui non fai altro che ciarlare su quel che Valentino sa fare oppure no. Voglio dire: sei venuta per ascoltare le nostre prove o cosa?"


Valentino si rialzò e si grattò il mento per qualche istante, in attesa.


"Sono qui per esprimere un parere. Siamo in democrazia, posso farlo. Cos'è, hai paura delle critiche?"


Christian boccheggiò per qualche istante, troppo sorpreso da quell'irritante ragazzina per ribattere prontamente. Poi, trovò le parole adatte per risponderle ma non aveva ancora fatto i conti col suo essere esasperante:


"Se le critiche sono costruttive non ne ho paura."
"Bene, ti ringrazio allora per l'ottima opinione che hai di me. Continua a suonare e quando avrai imparato adeguatamente ne riparleremo."


Il ragazzo, furioso, si preparò ad una sonora litigata con Angelica quando un cenno della mano di Valentino e una sua occhiata decisamente truce lo immobilizzarono. Sapeva cosa significava: gli stava dicendo di smettere.
Glielo stava imponendo.



Perché?
Perché a lui e non a quella gallina petulante spuntata dal nulla?



Gli restituì uno sguardo scocciato ma non aprì bocca: gli seccava rispondere alle provocazioni di quella ragazzina col rischio di fare la figura dell'imbecille proprio davanti a Valentino.
Cosicché si limito ad archiviare la faccenda mugugnando qualcosa d'incomprensibile in cui erano contenute le parole "strega" e "insopportabile" ma Angelica non se la prese poi troppo per l'offesa. Tutt'altro: i suoi occhi  registrarono l'intera scena e la reazione di Valentino di modo tale che la ragazza finì piuttosto col sorridere soddisfatta: non che volesse creare chissà quale casino - era lì davvero per assistere esclusivamente alle prove - ma quel Christian non le era andato a genio sin dal primo momento in cui le aveva stretto la mano e il rimprovero dell'amico era quel che ci voleva per costringerlo al silenzio. Aveva occhi piccoli e scuri Christian, un'aria di sufficienza assolutamente fastidiosa e - soprattutto - l'irritante abitudine di mettere bocca in ogni discorso tra lei e Valentino. In poco più di un'ora si era già intromesso una decina di volte nelle loro chiacchierate e in quei battibecchi che ormai sapevano più di gioco che di reale litigio: avrebbe dovuto smetterla. Altrimenti gli avrebbe tirato addosso una delle sue Converse, visto che non era un tipo molto pacifico o paziente.


Contrariamente a Christian, viceversa, il terzo membro della band - Marzio - non aveva aperto bocca neppure per un minuto. Angelica non ricordava neppure le avesse detto ciao. Era un tipo magrolino e dai lunghi capelli alla Dave Grohl cui interessava esclusivamente suonare: anche durante le pause sembrava che il suo cervello continuasse a macinare e lavorare solo in funzione della musica, dell'attacco di batteria, della ritmica della canzone, del tempo.
Le piaceva questa cosa: per quanto taciturno, aveva il suo fascino. O forse le piaceva soltanto la somiglianza che correva tra lui e Valentino: era la sua versione più silenziosa, fermo restando che Valentino stesso non fosse a prescindere un gran chiacchierone.
In effetti c'era qualcosa che li accomunava, al di là dell'aspetto fisico, come se quei due avessero rappresentato le due facce della stessa medaglia: in definitiva, Marzio le stava simpatico, a prescindere dal fatto che non avesse nulla da dire. O che avesse molto più da dire, rispetto agli altri, proprio in virtù di quel suo presunto mutismo.
Sì, decisamente: l'unica nota stonata in tutto quello scenario era Christian. Lo sapeva, ne era certa. Raramente il suo fiuto sbagliava.

E costituiva la nota stonata non soltanto dal punto di vista caratteriale: come parte di quel trio aveva ben poco da condividere con gli altri due.
Sia Valentino che Marzio impiegavano la quasi totalità delle proprie energie nella musica e ogni qualvolta Valentino lasciava scorrere il plettro lungo le sei corde della sua chitarra o Marzio picchiava duro sulla sua batteria era chiaro lo stato di catarsi nel quale entrambi cadevano irrimediabilmente.
Erano vittime felici delle note che essi stessi producevano e l'emotività costituiva il fulcro della loro esibizione.
Non c'era nulla di sterile nel loro modo di suonare; qualsiasi cosa avessero voluto comunicare ci riuscivano: rabbia, dolore, desiderio di fuga, mera necessità di sfogarsi senza distruggere casa. Tutto questo era tangibile e reale: ad Angelica piaceva e le consentiva di apprezzare quella musica indipendentemente dal fatto che si trattasse di punk, grunge o chissà cos'altro.
Inoltre, non poteva non ammettere che Marzio fosse una specie di ragazzino prodigio della batteria, un musicista fatto e finito neppure a diciotto anni. La voce di Valentino, d'altro canto, era armoniosa e profonda e sì, per una volta aveva ragione Luca: era bravo, doveva ammetterlo.


Ma Christian...Christian era snervante.
Sembrava si trovasse a lezione da un maestro piuttosto che in una saletta prove col proprio gruppo. Tutto di lui sapeva di forzato e strascicato, persino il modo con cui le sue mani si agitavano prive di vitalità sulla tastiera del basso o il fatto che continuasse a guardarsi attorno mentre suonava, come se non gl'importasse realmente e il suo contributo alla canzone fosse pressocché nullo: il contrasto con Valentino e Marzio era evidente. Non ricordava Angelica che il bassista le avesse fatto un' impressione altrettanto negativa il giorno in cui aveva visto esibirsi i Delay al Dirty Road, forse perché non aveva neppure attirato la sua attenzione, ma adesso ne era certa: in quel gruppo non c'entrava un bel niente.
Avrebbe dovuto appuntarselo e riferirlo a Valentino appena possibile.



Le prove di protrassero per ancora un'ora in più fino a quando Marzio, improvvisamente, ripose le proprie bacchette e senza dire una sola parola si alzò, dirigendosi spedito verso la porta d'uscita. Angelica, affondata in una poltroncina logora, lo guardò sorpresa mentre le passava davanti, intento ad accendersi una sigaretta prima di uscire all'aria aperta.



"Allora?"

Christian si avvicinò a Valentino mentre staccava il jack del basso dall'amplificatore, arrotolando poi il cavo grossolanamente.

"L'intro di Shameless non mi convince. Voglio studiarmela un po', ti farò sapere. Per favore, ripassa bene tutto il repertorio. Eri impreparato."
"Non ero impreparato. C'era qualcuno che mi disturbava..."


La sua voce arrivò chiara alle orecchie di Angelica che preferì non ribattere. Era certa che Valentino l'avrebbe fatto per lei e non si sbagliò:


"Nessun disturbo. Se conosci quello che suoni lo conosci e basta. Ci vediamo di nuovo Giovedì per le prove, Christian."


Il ragazzo gli rivolse dapprima un'occhiata sorpresa e poi chiaramente astiosa prima di infilare il basso nella sua custodia e sgattaiolare fuori con un ciao appena masticato.
Ovviamente, nel passare accanto ad Angelica, la fulminò con lo sguardo: per lui era la colpevole.


"Ciao, eh..."
"Lascialo perdere. Christian è un tipo permaloso."
"Me ne sono accorta."


Angelica continuò a guardare Valentino da sotto, sempre sprofondata nella sua poltroncina di pelle nera e logora, giocherellando con un paio di bracciali. Fuori era buio, ormai.

Lo studiò per qualche minuto: i capelli gli ricadevano disordinatamente sul viso, su quell'espressione seria che gli serrava le labbra senza tuttavia imbruttirlo. Gli occhi sembravano non fissarla mai, grandi e scuri com'erano, eppure Angelica era convinta che la guardasse di tanto in tanto, mentre sistemava cavi e rimetteva a posto gli amplificatori.
Per cui se la sentì di parlargli. Avrebbe dovuto tornarsene a casa di lì a poco e non voleva andar via senza dire una parola. Almeno una sensata.



"Grazie per prima..."
"Per cosa?" le dava le spalle mentre sistemava la chitarra nell'apposita custodia.
"Per avermi....difesa con Christian."


Lo scatto metallico della stessa custodia causò una vibrazione nell'aria. Fuori era tutto silenzioso: chissà dov'era finito Marzio.

"Non era per difendere te nello specifico. Non mi piacciono i casini inutili e Christian a volte è noioso. Inoltre, non è la prima volta che sbaglia gli accordi o non capisci quando entrare nel pezzo. Non mi piacciono le persone approssimative e continuerò a bacchettarlo finché non suonerà come dico io."


"Quindi non è solo per me..."
"Vorresti che fosse così?" la canzonò ridacchiando.

Angelica per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Poi cercò di riprendere contegno e rispose seriamente.

"Ovviamente no."


Ovviamente, stava dicendo una bugia.



Nella sua vita aveva incontrato Valentino tre volte. La prima, per un puro caso del destino, non era andata neppure troppo bene. Anzi, era andata decisamente uno schifo. La seconda aveva rappresentato una situazione al limite del mi stai sulle balle/tutto sommato sei simpatico. La terza non l'aveva definita ancora ma apprezzava il fatto che l'avesse invitata ad ascoltare la sua musica col rischio di essere comunque criticato dalla punk diciassettenne e decisamente acida che era. Detto questo, voleva comprendere perché, ogni qualvolta Valentino le puntava gli occhi scuri addosso, sentiva come una sensazione d'imbarazzo - proprio lei che non sapeva neppure dove fosse di casa la timidezza - mista ad un desiderio di apparire e mostrarsi ancora più intenso del solito.
Valentino sapeva prenderla in giro - questo era chiaro - ma non le dispiaceva più: anzi, trovava gradevole l'idea di essere al centro delle sue attenzioni, per quanto queste potessero essere dettate dall'ilarità. Che poi, lui non era neppure il tipo da battute e barzellette, questo era chiaro, e il fatto che proprio con lei, viceversa, mostrasse un approccio simile beh...le lasciava intendere che non fosse l'unica a trovare piacevole la reciproca compagnia.



Angelica?
Stai a farti un casino di film, frena!




"Ouch!"
"Ma che hai fatto?"
"Niente!"
"Come niente? Hai gridato."
"Ho...sbattuto la testa..." confessò maledicendo la mensola contro la quale era finita mentre era preda dei propri pensieri.



Ma proprio così in basso dovevano fissarla, maledizione?!




"Sei un po' tocca mi sa..."
"Valentino, pensavo ci fosse una tregua fra noi...devo ricominciare a mandarti a fanculo?"


Lo sentì ridere mentre riavvolgeva l'ultimo cavo, senza guardarla.
Aveva una bella risata.


"Allora? Non hai niente da dirmi?"
"Sì...che sono le sette e devo tornare a casa."
"Soltanto questo?" la fissò con occhi curiosi. Sapeva che non gli stava dicendo tutta la verità, voleva soltanto tenerlo un po' sulle spine. Gli riusciva paradossalmente molto facile capire il linguaggio di Angelica, nonostante fosse ancora un'estranea.


"No, niente..."
"Mmm...Capisco." guardò oltre Valentino, verso la porta lasciata aperta dal suo batterista silenzioso. Le mani in tasca e la punta delle Converse che picchiava sul pavimento. Ma non poteva aspettare in eterno, cosicché tornò a voltarsi verso la sala, verso le ultime cose che aveva da sistemare. E Angelica lo richiamò:


"Niente oltre il fatto che...siete bravi."
"Ah sì? Siamo bravi?"
"Già?"
"Proprio noi, i Delay? I medesimi tre coglioni che hai mandato amabilmente a quel paese appena qualche giorno fa?"
"Sì, voi."

Rise, con aria canzonatoria.

"Allora non dovrò più fidarmi delle sue sfuriate, signorina."
"Vacci piano Ferreri...ho detto che siete bravi, non che siete il top. E, per inciso, Christian dovrebbe darsi una smossa: è un'ameba. Non ci mette neppure un po' di energia, al contrario tuo e di..."
"...Marzio. Mio fratello."
"Ah...è tuo fratello?"
"Non si vede?"
"In effetti..."

Ripensò ai lineamenti di Marzio, allo sguardo appena più lontano rispetto a quello di Valentino, alle forme sottili di entrambi e comprese: come aveva fatto a non intuirlo subito?


"E' un tipo silenzioso..."
"Anche io lo sono."
"Direi che ti batte ampiamente. Cioè, spiegami una cosa...è così che mettete fine alle prove? Lui si alza d'improvviso dalla batteria e se ne va?"


Valentino rise.


"Diciamo che s'è fatta ora di smettere. Tra poco rientrerà nostro padre, sarà ora di cena...Un po' di variabili francamente seccanti, insomma, ma comunque imprescindibili."
"Sarà..."

Angelica si sporse appena per raccogliere la sacca dei libri che vegetava in un angolo della sconnessa saletta. Quando si rialzò scoprì gli occhi di Valentino puntati su di lei.

"In effetti è tardi anche per me. Devo andarmene, torno a casa in Vespa."


Valentino annuì.


"D'accordo. Grazie per essere passata."
"Grazie a te per avermi invitata. Beh, ci si vede in giro. E pensaci a quel che ti ho detto, cerca di raddrizzare Christian. Così com'è non va per niente..."
"Okay."




Okay....
Col cavolo okay, Vale!




Lo stomaco di Angelica un po' si contorse in risposta al nervosismo che cominciava ad attanagliarla.
Aveva sperato, in realtà, che Valentino la salutasse con un minimo di entusiasmo in più o tentasse di imbastire una chiacchierata appena più succulenta ma niente.
Beh, a guardare Marzio e a considerare la parentela tra i due avrebbe dovuto aspettarselo che anche suo fratello non si sarebbe mai lasciato andare a grandi discorsi ma...insomma, sperava davvero in qualcosa che neppure lei riusciva a comprendere. Magari che Valentino la trattennesse, le chiedesse di parlare ancora un po', s'interessasse maggiormente al suo parere o chissà quale sciocchezza ancora.
E invece nada. Era davvero arrivata l'ora di andare.


Rimuginando su questi pensieri raggiunse l'uscita, senza aggiungere altro e cercando di mostrare un certo grado di nonchalance.
In realtà si sentiva soltanto terribilmente stupida.


Fuori la rimessa scoprì Marzio seduto per terra, intento a scrivere su di un taccuino e fumare una sigaretta.
Una? Forse l'ennesima.

Lo salutò con un ciao strascicato. Lui alzò appena gli occhi e rispose con un cenno della mano, come se la vedesse per la prima volta.


Angelica non insistette oltre: era un caso perso.









Non c'impiegò poi molto per arrivare alla sua Vespa.
La strada era deserta ancor più di quando aveva messo piede in quel posto, appena qualche ora prima. O forse le appariva tale semplicemente perché il buio la rendeva più triste e isolata.
Si era alzato il vento e aveva freddo. Calcolò il tempo che ci avrebbe impiegato per tornare a casa: considerando che non ricordava esattamente il percorso a ritroso avrebbe sforato tranquillamente l'ora di cena: suo padre gliene avrebbe dette di tutti i colori.
Deglutì ansiosa e si maledisse per aver indossato quella giacca così leggera col tempo che c'era fuori.

Sostanzialmente, stava pensando non fosse stata una grande idea quella di andare fino a Badea da sola. Soprattutto considerando la sorpresa che le stava per riservare la "sua" motoretta arancione.
La Vespa rantolò per qualche istante infatti quando la ragazza provò a metterla in moto, anziché scoppiettare come avrebbe dovuto fare in condizioni normali.
Angelica lo guardò perplessa prima di provare di nuovo a dare gas.


"Merda! Che ti prende?!"


Niente.
Sbuffò ancora un po' prima di ammutolirsi del tutto.

Peggio di Marzio.




"Vespa? Vespina mia? Intendiamoci...non puoi lasciarmi a piedi proprio adesso! Ti prego, ti prego, ti prego...parti!"

"Parti cretina!"

"E daaaaaaaaaai....!"




"Problemi?"

Troppo presa dall' approcciare con la Vespa in un misto di affetto e istinto omicida, trasalì quando qualcuno parlò alle sue spalle.
Qualcuno di conosciuto.



"Vale!"
"Ah, andiamo bene, siamo passati al diminutivo. Siamo più in confidenza, allora?"
"Smettila...Sono incazzata. La Vespa m'ha tradito."
"Vedo...Hai finito la benzina?"
"No, impossibile. E' di mio fratello, non è il tipo da lasciare a secco il suo motorino."
"Capisco."
"Scusa ma tu qui che ci fai? Eri in sala prove!"

"Non è che stavo a 200 chilometri da qui eh...E comunque..."



Lasciò tintinnare un paio di chiavi.
Angelica lo guardò un po' sorpresa, alzando un sopracciglio.


"Che significa?"
"Sei perspicace, eh Angelica? Dai vieni, non sbatterti inutilmente: ti ci porto io a casa."

Spalancò la bocca, sorpresa. E improvvisamente - ma davvero improvvisamente - felice.

"E come mi ci porti? A piedi?" insinuò comunque diffidente.


Valentino la fissò inebetito per qualche istante, come se avesse sparato la cazzata del secolo. Dopo sorrise. Infine rise smodatamente e Angelica l'osservò senza capire. Cominciava a fremere: com'è che quel ragazzino sapeva farla contenta e subito dopo renderla nervosa  con tanta facilità?


"Che cacchio ridi, Valentì?"
"Perspicace un corno! Rimangio tutto! Ma secondo te ti ci porto a piedi?"


Tornò a mostrare le sue piccole chiavi e queste lanciarono dei bagliori argentei alla luce del lampione sotto il quale se ne stavano impalati un po' comicamente.


"Sono chiavi di un motorino...Hai presente, sì?"
"Sei proprio mister simpatia, Valentino! Quindi avresti anche un motorino?"
"Un rispettabilissimo Liberty. Nuovo per giunta: è di mio padre."
"E mi vorresti accompagnare tu?" domandò ancora diffidente, incrociando le braccia e battendo il piede per terra.
"Posso lasciarti tranquillamente qui se non ti va, eh..."


Fece per voltarsi, veloce, lasciando ruotare le chiavi attorno all'indice e fischiettando.
Ad Angelica caddero le braccia: lo guardò qualche istante, poi guardò la sua motoretta ormai in coma e infine tornò a voltarsi verso il ragazzo.


"Valentino!" lo chiamò a gran voce.

Lui sorrise, di spalle, e senza girarsi domandò:
"Che c'è?"

Respirò a fondo prima di raggiungerlo.

"Ho cambiato idea. Mi ...daresti un passaggio"?

Si voltò nel medesimo istante Valentino, l'espressione fiera, compiaciuta. E anche divertita.

"Un passaggio....?"

Angelica sbuffò.

"Per favore!"

"Così va meglio!" ridacchiò. "Vieni donna del punk, lo scooter è in garage. Ah: piccolo particolare."



Ecco: c'è il tranello.



"Cosa?"
"Abbiamo un solo casco: il tuo."
"E quindi?"
"Quindi...dovresti sacrificarti e lasciarlo a me, visto che ti faccio il favore di accompagnarti."




Angelica sta' ferma.
Non puoi commettere un omicidio proprio adesso.



"Ma..." fece per obiettare, evidentemente irritata.
"Ma..." continuò "considerando che la tua vita è già a rischio, vista la sicura incazzatura di tuo fratello quando scoprirà che gli hai rotto la Vespa..."
"Non l'ho rotta io!"
"D'accordo ma ce l'avevi tu oggi pomeriggio e oggi pomeriggio ha smesso di funzionare quindi t'incolperà certamente. Per cui, alla luce di questo dettaglio e considerando che della mia testa non me ne frega una cippa....sì, direi che puoi tenertelo anche tu, il casco."


Le sorrise, di quel sorriso caldo che Angelica aveva imparato a riconoscere.
La stava prendendo in giro, era ovvio, ma in quel suo modo quasi confidenziale che a lungo andare non la faceva neppure più arrabbiare.
In realtà voleva accompagnarla: era già nei suoi piani, era venuto in strada portandosi dietro le chiavi dello scooter ignorando che il motorino di Angelica l'avesse lasciata a piedi.
Forse desiderava stare ancora un po' con lei?


Angelica questo non lo sapeva ma, nonostante lo sfottò, le venne naturale sorridergli a sua volta.
Come avrebbe potuto non farlo?



"Beh, grazie tante allora..."
"Certo che devi ringraziarmi: in fondo ti sto allungando la vita di qualche ora."

"Ma sei proprio un coglione!" commentò ridendo. Lo colpì con un pugno sulla spalla e anche Valentino rise.


"Andiamo, prima che si faccia troppo tardi." concluse quindi lui riavviandosi verso casa.










*








Molti giorni trascorsero da quel pomeriggio in sala prove e Angelica non vide più Valentino.
Né fuori scuola né altrove.
I Delay sembravano scomparsi dalla circolazione: nessuna notizia, nessun manifesto creato alla buona che pubblicizzasse un loro imminente "concerto", niente di niente, neanche a pagarne. Angelica s'impegnò pure per cercare informazioni a riguardo, guardandosi in giro, spulciando la bacheca scolastica dove gli studenti attaccavano annunci e sponsorizzavano eventi, interrogando perfino agli amici più stretti. Ovviamente si mostrò tanto stupida da parlarne perfino con Luca che, per giorni, finì con l'esibirsi in decine di battutine e ironici riferimenti all'accaduto. Qualcosa del tipo "ad Angelica piace il cantante, ad Angelica piace il cantante!" fino a che, raggiunto il culmine dell'esasperazione, Angelica stessa non lo costrinse a tacere spiaccicandogli in faccia il testo di letteratura italiana.
E così Luca pose fine ai suoi sfottò.


In ogni caso, la sua vita scorreva tutto sommato tranquilla se non si considerava questo piccolo particolare.
Quantomeno seguiva gli stardard cui era stata abituata.
In realtà aveva litigato con suo fratello a causa della Vespa e il medesimo le aveva tenuto il muso per giorni considerandola colpevole della dipartita della propria motoretta. Questo finché i genitori non si erano offerti di riparare le spese del meccanico e dunque, di fronte al mancato salasso economico, una parvenza di rapporto fraterno aveva cominciato a ricomparire fra loro due. Ma ad Angelica, in tutta verità, di parlare o meno con Mathias non interessava poi molto. Di conseguenza la sua esistenza non era stata particolarmente turbata da una simile faccenda.
Lo era stata molto di più dalla scomparsa di Valentino, a dirla tutta.

Ancora, aveva inaspettatamente preso un buon voto sia in italiano che in storia ma l'insegnante di scienze aveva parlato di lei con sua madre, durante l'ultimo ricevimento scuola - famiglia, come di una specie di nullafacente votata ad una futura disoccupazione e la genitrice era tornata a casa torcendosi le mani, cosicché tutti gli sforzi fatti per guadagnarsi un rispettabile sette nelle materia umanistiche erano finiti nel cesso accompagnati da una musichetta deliziosa.*
Non si sarebbe impegnata mai più per la scuola.


Per il resto, ogni giorno, i suoi occhi continuavano a registrare scene cui era ormai assuefatta: Stefano che spiava Silvia lasciandole intendere il suo amore senza essere afferrato, per esempio, o Davide che continuava a lanciarle sguardi di fuoco cui lei rispondeva con smorfie di disgusto. Ancora, Maria Camilla del Vecchio che insisteva a passarsi il suo orribile smalto rosa confetto durante le ore di lezione incurante dei rimproveri superiori e Katia, la sua migliore amica, che scriveva incessantemente sul banco e sul diario "ti amo Brandon Lee" riferendosi all'attore deceduto sul set del suo film più famoso - "Il corvo" - appena qualche anno prima.
Era simpatico considerare quanto la ragazza se ne infischiasse del fatto che che il suo amore non avrebbe mai potuto concretizzarsi dato - soprattutto - il passaggio a miglior vita dell'attore medesimo, ma in ogni caso la comprendeva a sufficienza: anche lei amava Kurt Cobain e certo quest'ultimo non se la passava meglio di Brandon Lee.



Dunque i giorni continuarono ad avvicendarsi con regolarità mentre il mondo seguitava ad agitarsi confuso davanti al lei. Di tanto in tanto veniva a parte di nuovi avvenimenti e ritrovava vecchie conoscenze che l'aiutavano a distrarsi e ridere per un po', ma senza la possibilità d'incontrare ancora gli scuri e profondi di Valentino tutto cominciava a prendere una piega  un po' anonima. Ovviamente, una tale percezione la destabilizzava.
Inspiegabilmente poteva già chiamarsi nostalgia la sua?



In tutto quel marasma di voci e persone, delusioni e pensieri, Francesca - la vocalist del suo gruppo - un pomeriggio se ne uscì con una notizia non particolarmente gradita. Aveva avuto, infatti, la brillante idea di piazzare una data per le Scarlett Guns al Morning Glory, un locale piuttosto noto della zona, di lì a poco. Esattamente per il Venerdì successivo.


Venerdì 1° Marzo 1996.



Angelica la maledisse mentalmente per aver organizzato quella serata a sua insaputa: si riteneva assolutamente impreparata ad affrontare un concerto in quel momento della propria vita da diciassettenne punk. Tuttavia si trattava della musica, di un impegno cui aveva giurato eterno amore e dedizione e non poteva sottrarsi. Per cui nel tardo pomeriggio di quel primo Marzo salì comunque senza storie sull'auto di Francesca (beata lei, che era già maggiorenne e patentata) assieme al resto della combriccola.
Aveva il cuore pesante, questo era certo, tuttavia la sua mano era pronta a lasciar scorrere il plettro sulle corde della propria chitarra e dare il meglio di sé come sempre accadeva quando doveva suonare.
Lo doveva a se stessa e a quel sogno che coltivava praticamente da quand'era bambina.
Dopotutto, nella musica ci metteva l'anima. Inoltre, ore e ore di prove nei giorni antecedenti a quella serata, avrebbero dovuto aiutarla a mascherare il suo malumore consentendole di mostrarsi per la chitarrista brava e preparata che era, nonostante tutto.
O almeno questo era quello a cui voleva credere per darsi coraggio.








La serata andò effettivamente meglio del previsto, in barba ai timori della piccola Angelica.
A parte un paio di accordi saltati, infatti, non ne sbagliò una. Cercò di mettere da parte quella strana sensazione di malinconia che si portava dietro e di mostrare tutta l'energia di cui era capace: ci riuscì.
Il tutto unito alla voce potente di Francesca e alle prodezze ritmiche di Anna e Giulia - rispettivamente bassista e batterista del gruppo, cosicché anche per quell'occasione le Scarlett preservarono con facilità la rispettabile fama che si erano guadagnate in quasi due anni di prove e serate. Difficilmente avrebbero potuto smentirsi del resto: erano troppo brave per deludere quel folto pubblico che aveva ormai preso a seguirle da diversi mesi a quella parte.
Si esibirono in quella scaletta che era per loro decisamente familiare - un misto di pezzi propri e cover punkrock - con  precisione ed entusiasmo, coinvolgendo i propri spettatori in maniera sempre crescente. A lungo andare la stessa Angelica si lasciò travolgere così tanto che finì col dimenticare dubbi e paure e nella fase finale della serata diede il meglio di sé buscandosi una serie ben gradita di applausi.

Soltanto mentre eseguiva l'ultimo pezzo inciampò in diversi punti, dimenticò un passaggio e fu costretta ad improvvisare.
Francesca la guardò perplessa più volte prima che Angelica stessa riuscisse a riprendere le redini della situazione vergognandosi da morire.


In ogni caso, la colpa di un simile errore non era del tutto attribuibile a lei: non se tra il pubblico che le acclamava quel Venerdì sera in un locale di provincia la osservavano seri un paio di occhi scuri. I più belli che lei conoscesse. E anche i più inquietanti.


Gli occhi di Valentino la contemplavano con curiosità, interesse e approvazione, dietro la maschera di una tristezza che non riusciva a nascondere mai, neppure con tutta la buona volontà di questo mondo.




Li fissò per tutto il tempo della performance quegli occhi scuri e Valentino continuò ad osservarla di rimando, senza mai distogliere lo sguardo da lei. Quando completarono la canzone Angelica neppure se li prese i suoi applausi. Un po' perché non erano meritati, a suo dire, un po' perché aveva troppa fretta di parlare di nuovo con quel ragazzino strano per perdere tempo in convenevoli.
Abbandonò quindi la chitarra in un angolo di quel piccolo palco sul quale si erano esibite e poi si lanciò tra la gente che affollava il locale, sotto lo sguardo attonito delle compagne di gruppo.




"Ma dove cazzo corre?" domandò sorpresa Katia, seduta al tavolo con Luca, mentre Angelica le passava accanto trafelata.

Il ragazzo ridacchiò, sorseggiando la sua birra: aveva intravisto Valentino tra la folla. Sapeva dove si sarebbe diretta l'amica.

"Lo scoprirai presto" mormorò quindi con tono compiaciuto.







*






"Valentino? Vale!"


L'aveva perso di vista: neanche il tempo di completare il live che Valentino s'era già dileguato tra la folla.
Che scherzo scemo era quello?


Finì quindi con l'attraversare il locale per intero e sgattaiolare fuori, nell'aria fredda della sera: tanto nel pub non c'era già più, ne era certa.


E aveva ragione: lo ritrovò infatti poco dopo, poggiato ad una vecchia Peugeot rossa nel parcheggio del Morning Glory. Mentre fumava una sigaretta da solo, come al solito.

Lo raggiunse dapprima in poche e rapide falcate e poi gli si fece vicina con passi sempre più piccoli e silenziosi mano a mano che la distanza tra lo diminuiva. Valentino non si mosse, continuò a fumare come se la presenza di Angelica dopo così tanti giorni di silenzio fosse assolutamente scontata e naturale.

Lo guardò aspirare la sigaretta con gusto, con lo sguardo perso e lontano di chi abbia troppi pensieri per la testa.
In realtà Angelica lo sapeva benissimo che Valentino era lì con lei quella sera.



"Come sapevi del concerto?"
"Lo sapeva chiunque, le Scarlett Guns sono piuttosto famose. Me l'hai detto anche tu, no?" rispose semplicemente, senza guardarla.
"Pensavo non ci conoscessi neppure."
"Angelica..." le lanciò un'occhiata rapida "Vi conoscono tutti nei dintorni."
"Anche tu, quindi? Da prima che c'incontrassimo noi due?" domandò a bocca aperta.

Valentino annuì.

"Ma avevi detto..."
"Non pensarci." agitò la mano in un gesto nervoso.
"Sei un gran cazzone."
"Può darsi."



Se ne stettero quieti e in silenzio per un po'. Valentino aveva esaurito le parole - o almeno così pareva - e Angelica era troppo confusa per intavolare una conversazione seria. Stava lì a stringersi nella sua maglia di cotone leggero - quella che aveva sfoggiato per suonare, in altre parole - mentre fuori c'era il gelo e si chiedeva quanto potesse apparire surreale, se non comica, quella strana situazione vista dall'esterno.

Alla fine non ne potè più:


"Sei sparito." lo accusò.
"Ho avuto da fare."
"Dimenticavo che sei mister grunge, sei impegnato."
"In realtà non sono proprio più un cazzo."
"Che intendi?"
"I Delay non esistono più."


Angelica perse la lingua per qualche minuto. E anche un po' la capacità di respirare.


"Che significa?"
"Devo ripetertelo in francese per fartelo intendere?"
"Fammi capire...quindici giorni che non ci vediamo e sfasci un gruppo?"
"Io sfascio un gruppo?"

La voce di Valentino si alzò di un'ottava. Sembrava visibilmente irritato da una simile accusa.

"Io non c'entro un cazzo! I Delay erano tutto... tutto quel che mi restava."

Spalancò le braccia, poi tornò ad abbassarle. Era davvero costernato.

"E allora?" domandò Angelica sempre più titubante.
"E allora c'è che Christian non si è presentato a due prove di fila e quando finalmente si è deciso a tornare ha combinato solo disastri. Zero impegno, quasi zero voglia di suonare. Non c'ho messo poi molto per scoprire che aveva messo su da qualche mese un nuovo gruppo, gli Scarface..."

La bocca della ragazza di piegò in una smorfia di disgusto.


"Che nome terribilmente trash" pensò.


"A quanto pare sti tizi hanno un discreto successo..."
"Io non ne ho mai sentito parlare."
"Beh, in ogni caso suonano e anche parecchio."
"Quindi Christian vi ha mollati per suonare con loro e adesso siete senza bassista?"
"No, l'ho cacciato io a calci in culo a dir la verità. Non è stato onesto e ho capito che dei Delay se ne sbatteva. Non voglio gente che non s'impegna nel mio gruppo."


Serrò la mascella, nervoso, mentre Angelica lo guardava con ammirazione.

"Bravo Vale, hai avuto coraggio..."

Nel buio attorno a loro lo sentì ridere, sconsolato.

"Sì, coraggio da vendere. Ma adesso sono senza bassista. E senza band."



Angelica non rispose, troppo dispiaciuta per trovare le parole adatte a continuare quel discorso.
Immaginò la sua vita senza le Scarlett Guns, senza la musica soprattutto, e rabbrividì: era inconcepibile.
Dunque, non le risultò difficile comprendere lo stato d'animo di Valentino, la sua tristezza nel ritrovarsi improvvisamente senza quella band per la quale aveva profuso impegno ed energie. Il suo cuore da ragazzina acida del punk si strinse un po', pieno di rammarico.
D'altro canto condivideva la decisione del ragazzo: di primo acchito poteva apparire terribilmente frettolosa e certamente sbagliata ma lei stessa non avrebbe mai sopportato di dividere il palco con un falso amico e un bassista approssimativo: la musica era un impegno troppo importante, meritava dedizione e attenzione. Valentino aveva agito giustamente mandando via Christian e comunque quel che era accaduto dimostrava che i suoi sospetti non erano infondati: Christian non le era mai piaciuto, sin dal primo momento in cui le aveva stretto la mano.

Sì, era proprio così: al posto di Valentino si sarebbe comportata allo stesso modo.


Per un po' se ne stettero quieti e senza parlare.
Tutto ciò che riempiva l'aria erano le voci delle persone raccolte nel locale poco distante: i loro discorsi, le loro risate arrivavano leggermente ovattate ma comunque abbastanza chiare all'orecchio. Qualcuno chiedeva a gran voce un'altra birra, qualcun altro, ormai brillo, diceva cose sconnesse o almeno così sembrava ad Angelica. In ogni caso, non era difficile sentirli.

La ragazza si chiese per quanto tempo sarebbero rimasti lì, impalati in quel parcheggio al buio, col vento che tirava.
Tornò a stringersi nella maglia di cotone e attese qualche istante ancora, paradossalmente imbarazzata: non era da lei.
Avrebbe voluto dirgli: Vale, entriamo dentro, ne parliamo meglio. Ma non ne aveva il coraggio.

Se si soffermava a riflettere che Valentino, dopo quindici giorni di silenzio, era tornato da lei - una perfetta sconosciuta - solo per confessarsi e raccontarle che il suo gruppo non esisteva più, si sentiva quasi orgogliosa. Come se il ragazzo l'avesse silenziosamente eletta a confidente personale, nonostante la loro reciproca estraneità o forse proprio in virtù di quella: doveva averlo compreso anche lui che la musica li aveva inevitabilmente avvicinati. Prima li aveva fatti scontrare, dopo li aveva fatti incontrare. Ecco com'era andata.
Alla luce di una tale considerazione quindi, poteva anche sopportare un po' di freddo e l'influenza certa che si sarebbe beccata poi se soltanto...se soltanto Valentino le avesse detto cosa gli passava per la testa. Perché Angelica non sapeva cosa rispondergli. Se fosse accaduto a lei avrebbe sfasciato tutto ciò che si trovava a tiro, qualcuno l'avrebbe calmata, qualcun altro l'avrebbe sgridata e dopo tutto sarebbe tornato normale. Magari avrebbe mangiato lacrime e tenuto il muso per giorni dopodiché anche il più insormontabile dei problemi avrebbe trovato la propria soluzione.
Invece Valentino si trascinava dietro soltanto quel suo silenzio inquietante e lei non sapeva come agire per confortarlo e fargli intendere che gli era vicino, da musicista come lui.
E da adolescente come lui.
Il silenzio era l'unica forma di comunicazione che Valentino conoscesse, quella che era più estranea ad Angelica: lei, anche quando era triste, sapeva unicamente far rumore.


Non fiatò ancora quindi; piuttosto, si limitò a strusciare involontariamente la suola del suo anfibio consunto sul selciato e forse quel rumore risvegliò Valentino: le piantò gli occhi addosso e lei sospirò di sollievo, finalmente.


"Sei brava" fu tutto ciò che riuscì a dirle, di punto in bianco.

"Ah...beh...ecco...sì, grazie..."
"Sei davvero brava, Angelica..."

"Mmh..."






"Vieni a suonarci tu nei Delay."


Lanciò la bomba e non parlò più.
Ad Angelica la saliva andò di traverso e cominciò a tossire senza ritegno: divenne color pomodoro mentre si piegava in due per lo sforzo. Valentino le si fece più vicino e prese a batterle sulla schiena.


"Oh ma stai bene?!"
"Che hai detto??" quasi urlò, se ne rese conto.




"Ti ho chiesto di venire a suonare nei Delay, Angie."



Angie...



"Io... io? Ma..."
"Sì, tu. Diventa la nostra nuova bassista. Non chiedermi il perché  ma di te mi fido: vieni, per favore."


Finì col ripeterlo con una tale risoluzione che Angelica quasi tremò.
Sarebbe stata pure tentata di credere che nulla fosse vero, che fosse soltanto una bugia o l'ennesima presa in giro ai suoi danni ma la voce di Valentino era troppo convinta e convincente per mentirle.



Le aveva chiesto per davvero di suonare con lui.
E stava pure aspettando una risposta.







Angelica non riuscì, tuttavia, ad accontentarlo subito. Non riuscì neppure a formulare una risposta coerente, aprir bocca, rialzarsi da quella stramba posizione e parlargli da persona adulta. Seria anche, volendo.


Un solo pensiero le attraversò la mente in quel momento. Forse il più espressivo e coerente di tutti.
Un semplice quanto chiarissimo:




"merda."









*Frase liberamente ispirata a Jack Frusciante è uscito dal gruppo di E. Brizzi.







**

Buonasera!
Ho impiegato una vita per scrivere questo capitolo nuovo, me ne rendo conto. A tal proposito ringrazio ancora una volta il terrorismo psicologico di Miss Giulia Butterphil e Elle Sinclaire...Senza le loro minacce non mi sarei data una mossa, presumibilmente! xD
Comunque per il futuro sarò più puntuale, promesso :)
Detto questo, qualche precisazione.
Nel capitolo cito il film Il Corvo, dove recita un attore che ho amato tantissimo (Brandon Lee, per l'appunto). Il film è del 1993 quindi la collocazione cronologica è giusta.
Lo scooter Liberty esisteva già nel '96, sono andata appositamente a far ricerche a riguardo! xD
Mia cugina e la sua comitiva impazzivano per quel motorino, per questo m'è venuto in mente! o.O
Il nome che ho dato al locale dove suona Angelica alla fine del capitolo, il Morning Glory è il titolo di una canzone (e in parte anche di un album) degli Oasis. Siccome mi piacciono molto mi piaceva citarli implicitamente nella mia storia.
:)
Non sconcertatevi per il linguaggio talvolta colorito che sfoggia la nostra Angie: è un'adolescente, vuol convincersi di essere una ribelle. E' pur sempre una donna del punk, no? ;)
Vedremo se riuscirà a migliorarsi nel corso degli anni :)

Vi lascio con una canzoncina...La stessa cui si rifà il titolo della nostra storia.
Provate a leggere il nome del gruppo che la canta.
Scoprirete così chi sono i nostri Angelica e Valentino...nonché il nostro Marzio! ;)

Un bacio, Buona Pasqua e alla prossima!
Matisse

Ps.: tutti gli accordi che cito a inizio capitolo...beh, sono i primi che ho imparato a fare sulla chitarra, per questo mi faceva piacere inserirli! xD
E il riferimento a Kurt Cobain è perché quest'ultimo amava suonare in bicordo piuttosto che per accordi veri e propri :)



   
 
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