Dove tutto è iniziato
I passi del prefetto Riddle
risuonavano nel corridoio vuoto visto l’ora tarda.
Tutti gi studenti sarebbero dovuti
essere nelle proprie stanze, ma il professor Lumacorno aveva deciso di
organizzare un’altra delle sue insulse cene.
Solo che questa volta sarebbe servita
a uno scopo diverso dal solito.
Il ragazzo aveva una domanda fondamentale
da fargli, aveva organizzato tutto per bene e ora, a causa di quello
stupido di
Hagrid ne aveva combinata una delle sue ed era stato costretto a
riferire tutto
al professor Silente.
Avrebbe preferito che entrambi non
esistessero.
Uno era una vergogna per la società
dei maghi, stupido e con il sangue contaminato, l’altro
sembrava star troppo
attento alle sue mosse, come se lo controllasse.
Non era riuscito ad ingannarlo come
faceva con gli altri professori e sembrava non fidarsi per niente di
lui.
Doveva stare attento o avrebbe
rovinato tutto.
Era un dannato impiccione.
La luce delle lampade sembrava essere
sempre più fioca mentre si addentrava nei sotterranei, ma
lui era abituato a
quell’atmosfera.
Era il luogo che preferiva nella
terra, l’unico che sembrava adatto a lui e
l’avrebbe reso perfetto, l’avrebbe
purificato da quelle creature indegne che vi si aggiravano profanandolo.
Il rumore della cena iniziava già a
sentirsi nel silenzio tombale che avvolgeva Hogwarts a
quell’ora, ma prima di
arrivare alla porta qualcosa gli sbarrò la strada.
Letteralmente.
Sdraiata sul pavimento del corridoio
una ragazza dai capelli rossi gli sbarrava la strada.
Imprecando mentalmente per il secondo
contrattempo di quella sera si inginocchio vicino a lei.
Ma gli studenti non avevano
nient’altro da fare invece di mettersi a gironzolare per i
corridoi dopo il
coprifuoco e farsi per altro beccare.
La ragazza non aveva neanche la divisa
e quindi sarebbe dovuto anche andare dal preside, addio cena e addio
domande al
professor Lumacorno.
Chissà adesso quanto avrebbe dovuto
aspettare prima che si ripresentasse l’occasione adatta.
Guardandola da vicino la ragazza
sembrava reduce da una guerra.
I capelli erano orrendi, e non tanto
per il colore, che incideva comunque, quanto per il groviglio di nodi
ricoperto
di polvere e detriti.
I vestiti non erano messi meglio anzi
in alcuni punti erano persino bruciacchiati, ma ciò che
colpiva maggiormente era
il viso.
La sporcizia, infatti, non riusciva
affatto a coprire i lividi violacei e i graffi che lo ricoprivano.
Gli occhi,infatti, anche se chiusi,
sembravano gonfi come a seguito di un lungo pianto, le mani poi erano
ricoperte
di sangue secco che però non sembrava essere suo.
Non la conosceva, anzi non gli
sembrava di averla mai vista.
Dannazione avrebbe sicuramente portato
guai.
Avvicinò una mano per controllare se
fosse ancora viva quando la ragazza aprì gli occhi e lo vide.
E urlò.
Ginny Weasley si sentiva a pezzi,
letteralmente.
Tutti i muscoli le facevano male, la
testa sembrava scoppiarle ed era stanca.
Stanca sia fisicamente che
psicologicamente anche se non sapeva perché, non se lo
ricordava.
Si accorse di essere stesa su un
pavimento freddo e si chiese il motivo.
Non riusciva a ragionare, era esausta.
Ma in quel momento avvertii un
movimento davanti a lei e aprì gli occhi.
Impiegò qualche istante a riconoscere
la figura chinata davanti a lei, ma quando capì chi era
urlò.
Urlò come mai in vita sua aveva mai
fatto, urlò con tutta la forza che le era rimasta,
urlò con il terrore che si
prova solo a seguito del peggior sogno della propria vita.
Urlò perché il suo incubo
peggiore si
era materializzato davanti a lei e quello non era un sogno.
Non stava soltanto dormendo perché il
dolore che provava era troppo vivido, troppo forte per essere causato
della sua
immaginazione.
La persona che aveva davanti la
perseguitava da anni nei suoi sogni, perché
l’aveva incontrato anni prima,
dentro un diario.
E il ricordo l’aveva perseguitata, nei
suoi incubi, perché lei non sognava il tu-sai-chi che tutti
conoscevano, l’uomo
folle con un aspetto da serpente, gli occhi piccoli e assatanati, la
pelle
bianca che non aveva mai visto il sole.
No lei sognava un altro signore
oscuro.
Sognava un ragazzo bello come nessuno,
elegante nei gesti e nel linguaggio, un ragazzo che però in
fondo al cuore non
potevi far altro che temere. Perché si avvertiva in lui
qualcosa di sbagliato,
qualcosa di oscuro celato sotto i modi raffinati.
Lo sognava mentre rideva sadico di
lei, mentre si impossessava della sua vita.
Mentre urlava ricordò tutto.
Come flash apparvero davanti ai suoi
occhi scene della battaglia, la battaglia nella quale Harry e Fred
erano morti.
E si ricordò di cosa aveva fatto.
Si ricordò del’incantesimo,
della
pergamena, della sua decisione.
Per
tornare all’origine di tutto, c’era scritto, e a quanto pare
l’origine di
tutto era Tom Riddle, non Harry, non tu-sai-chi, ma Tom Riddle ragazzo.
Lui che era il colpevole, il colpevole
di tutto.
L’odio e la rabbia la resero cieca.
Con tutte le sue forze lo aggredì
cercando in tutti i modi di ferirlo, di fargli male, di farlo soffrire
fisicamente quando lei soffriva dentro, di farlo sanguinare quanto
sanguinava
il suo cuore.
Senza
neanche rendersi conto di quello che
faceva lo graffiò in viso e nel collo fino a farlo
sanguinare mentre i calci e
le ginocchiate lo colpivano non solo nelle gambe ma anche
nell’addome.
Il ragazzo cercò in tutti i modi di
fermarla, le urlò di fermarsi, cercò di fermarle
le mani, ma ottenne solo di
avere anche i polsi graffiati.
Estrarre la bacchetta in quelle
condizioni era impossibile vista la furia con cui si agitava la
ragazza, per
non parlare del fato che non ci sarebbe stato lo spazio per compiere la
magia.
Il serpeverde tentò anche di
togliersela di dosso ma la rabbia l’aveva dotata di una forza
inusuale per una
ragazza così esile.
L’unico modo per fermarla che
trovò fu
quello di caderle sopra di peso e bloccarla con il suo peso.
E fu ciò che fece, scatenando
naturalmente un’altra serie di grida, ancora più
forti e stridule di quelle
precedenti.
Ma l’aveva fermata.
Bloccata dal peso del ragazzo Ginny
riuscì per la prima volta da quando aveva fatto
l’incantesimo a ragionare.
La mente le si schiarì e prese atto
delle vere conseguenze di quello che aveva fatto.
Aveva davanti a se un Voldemort
giovane, un Voldemort studente di Hogwarts.
Oddio se
lui era un ragazzo in che anno era.
Lei non sarebbe dovuta essere lì , non
era neanche nata in quegli anni, forse neanche i suoi genitori lo erano.
La schiacciante consapevolezza del
fatto che ogni sua azione avrebbe potuto sconvolgere il presente al
quale lei
apparteneva la colse impreparata.
Hermione le aveva parlato delle giratempo,
dei rischi che comportava usarle, dei paradossi temporali che si
potevano
creare che avrebbero distrutto il futuro così come lo si
conosceva, ma neanche
una giratempo poteva creare tanti danni quanto l’incantesimo
che aveva
pronunciato.
Lì lei non era viva , non avrebbe
rischiato di incontrare se stessa, ma avrebbe potuto cambiare o
addirittura
cancellare la presenza di due generazioni di maghi.
Forse solo i nati babbani si sarebbero
potuti salvare dai cambiamenti che la sua presenza avrebbe portato.
Forse il suo tornare indietro nel
tempo non avrebbe salvato le persone che amava, semplicemente
perché a causa
sua quelle persone potevano anche non esistere, non essere mai nate.
Questa consapevolezza la fece smettere
di urlare, ma ormai quelle grida spaventate avevano già
attirato l’attenzione
dei partecipanti al festino del lumaclub che spaventati erano accorsi.
E li trovarono così: stesi per terra,
uno sopra l’altra quasi come in un abbraccio, ma con lividi e
tagli in tutta la
pelle visibile, come reduci da una battaglia.
Perdono, perdono ,perdono. Lo so che
il capitolo è cortissimo e nei programmi non sarebbe dovuto
finire adesso, ma
avrei dovuto scrivere più del doppio. Non ho trovato il
tempo e volevo
aggiornare puntuale. Baci e Buona Pasqua tuttiJ