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Autore: Remedios la Bella    09/04/2012    2 recensioni
Julie. Occhi curiosi e un morboso attaccamento per i casi di serial killer e omicidi.
Adam. Uomo della porta accanto, mite e bizzarro.
I due si conosceranno, in una tranquilla giornata estiva.
Ma dietro l'apparenza si può celare la più cruda delle verità. Una verità che solo il sangue può nascondere agli occhi degli altri.
Enjoy.
Genere: Introspettivo, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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“ Julie … stai male?” Emily era piuttosto preoccupata, sua figlia non dava segni di esistenza da dietro la porta della camera da almeno due ore, cosa che inquietava parecchio la donna. Non ottenne risposta, e lasciò perdere, per l’ennesima volta.
“ Si vede che ha la sue cose …” pensò, allontanandosi dalla stanza.
Julie era dentro, e aveva sentito tutto, ovvio. Ma non aveva risposto di sua spontanea volontà, immersa com’era nella lettura del libro che le aveva prestato Adam, “ Delitto e Castigo”. Alla fine, per fare in modo che gli incubi non le mangiassero il cervello, aveva deciso di cimentarsi nella lettura di quel romanzo dalla psicologia altamente complicata, e ci aveva preso così tanto gusto che aveva passato tutta la notte attaccata a quelle righe fitte e piene di parole che scivolavano sotto i suoi occhi.
All’inizio l’idea di un uomo che abitava in una soffitta, dove non poteva pagare un affitto, non l’aveva attirata granché, ma andando avanti nella lettura, l’idea di uno pseudo assassino, che fa il minimo calcolo per poter compiere il suo delitto contro Aliona Ivanovna, l’usuraia, per poi vivere in uno stato di completo smarrimento, aiutato solo dalla sua in qualche modo anima gemella Sonia, la povera prostituta,l’aveva presa in modo così violento che si era rifiutata di mangiare la colazione che sua madre le aveva portato quel mattino per poter leggere sino alla fine. Si rivide in Sonia, in quell’amore che la fanciulla nutriva verso il miserando Rodja Raskolnikov, un assassino incapace, una sorta di manichino nelle mani della povertà, un uomo come tutti gli altri, ma che aveva commesso un delitto,  con lucidità ma impazienza, se così si poteva dire.
Poteva paragonarlo ad Adam? Adam uccideva in stato di pazzia, ma Raskolnikov ne venne colpito solo dopo, con una febbre pazzesca e un senso di colpa ineguagliabile. Invece Adam, nonostante il suo strano modo di fare, riusciva a pensare lucidamente, come il più spietato dei serial killer. E lui lo era, in un certo senso, perché Julie non poteva certo negare i due omicidi sicuri di Adam, quelli che lei aveva scoperto, piuttosto la confortava il fatto di non essere a conoscenza di qualche altro misfatto del trentenne.
Ma di una cosa era certa: voleva salvarlo. Voleva fare in modo che dentro quella testa non germinasse l’idea di un mondo sanguinario e senza più delusioni, voleva che lui guarisse dalla sua malattia, se malattia poteva chiamarsi il fatto di uccidere in preda alla pazzia chiunque potesse ricordargli sua madre, cosa alquanto inquietante e inspiegabile.
Aveva deciso di diventare la Sonia di Rodja, la Julie di Adam, l’anime che con il suo candore riuscì a guidare l’anima del peccatore verso la giustizia.
Si alzò dal letto e mise il segnalibro, poi afferrò il telefono cellulare. Era già mezzogiorno, ma non sentiva la fame dovuta alla mancanza di aver fatto colazione. Chiamò Adam:” Ehi ..”
“ Ehi .. che succede?” rispose lui, leggermente sorpreso.
“ Volevo solo fare una chiacchierata … vieni alla finestra …” la ragazza si affacciò, prendendo in braccio Sebastian appisolato sulla verandina, e guardò fuori. Come detto al telefono, Adam si affacciò. Aveva l’aria di essere tranquillo.
“ Non è ora della medicina …” disse, sorridendo.
“ Lo so, lo so …. Piuttosto … stanotte quando hai detto che avremmo risolto il problema del tu sai cosa … non intendevi quello vero?”
Adam corrucciò le sopracciglia, e abbassò lo sguardo come colpevole:” Non ne hai il coraggio vero … sei mai stata da un macellaio?”
“ Si … ma non so se me la sento di fare ciò che tu intendi …”
“ Hai paura, non è così?” fece lui, prendendola in flagrante. La ragazza arrossì e iniziò a sudare, la bocca le divenne un pastrocchio di saliva e balbettii: “ Io .. non .. cioè …”
“ Vieni un attimo a casa …” le disse, per poi chiudere la finestra rapidamente. Lei rimase un po’ perplessa da quella richiesta, ma accettò, senza dare poi spiegazioni alla madre sul perché stesse uscendo poco prima che fosse pronto il pranzo. Bussò a casa del vicino, che le aprì non appena ebbe sentito i due tocchi tipici di Julie:” Entra …” le disse, facendola passare.
Lei mise piede in casa e si accomodò sulla poltrona. Inspiegabilmente, iniziò a tremare, ma tenne a freno i tremori stringendosi su di sé. Purtroppo per lei, lui se ne rese immediatamente conto. Le venne vicino e la sua mano andò a finire su quella di Julie, in preda a un’inspiegabile terremoto interiore:” Hai paura … come pensavo.”
Lei non rispose, ma singhiozzò, e guardando Adam negli occhi, soffocò le lacrime e le parole ingoiando saliva e girando la testa dalla parte opposta a quella dell’uomo.
“ Non devi farlo per forza, posso pensarci io, tu non devi preoccuparti …”
“ No, non posso lasciartelo fare da solo … gli incubi tornerebbero vividi come non mai, e poi … se ti scoprissero?” la sua preoccupazione maggiore era proprio quella, che qualcuno lo vedesse nascondere le reliquie degli omicidi e che informasse la polizia. Non voleva che tutto quello accadesse. Lui strinse la presa sulla mano di Julie:” Julie … fidati, non succederà, ma non voglio obbligarti se nemmeno te la senti …”
“ ma io … “
“ Non obbligo nessuno a seguirmi. Stai tranquilla.” Le passò il braccio attorno alle spalle e la strinse a sé in un abbraccio:” Non preoccuparti, farò tutto da solo.”
“No … ti devo aiutare …” dopo tutto quello che la ragazza si era ripromessa poco prima, non poteva rimangiarsi tutto. Aveva stretto il patto con lui, ma qualcosa la bloccava e le pungeva lo stomaco fino a farle vomitare ogni singola lacrime di sangue e paura che aveva in corpo. Ebbe un singulto, e una lacrima le scese sulla guancia:” te l’ho promesso, ti avrei dato una mano se necessario … ma non so, ho paura, tanta …”
Lo ammetteva, aveva paura di farsi contaminare dalla pazzia, e non doveva lasciare che quel sentimento la divorasse. Però era più forte di lei, quindi scoppiò a piangere istericamente, davanti a lui.
Si sentì trasportata verso di lui, che l’abbracciò forte:” povera piccola …” disse, dolcemente:” Dovrò insegnarti io … vieni adesso.”
Le prese la mano, e la fece alzare, anche se lei ancora piangeva. La condusse nel giardino sul retro, dove lei finalmente smise di piagnucolare. C’era un cancello nello steccato, da cui si poteva uscire.
“ Cosa vuoi fare?” chiese lei turbata. Lui la guardò:” Ho un’idea per farti capire cosa dovrai fare di preciso. Ti porto in un posto.”
Aprì il mini cancello e fece uscire la ragazza, tenendola sempre per mano. Lei non fece ulteriori domande, e lo seguì, mentre camminavano uno dietro l’altro, dirette verso la zona periferica di paese.
Nemmeno dieci minuti di cammino, che giunsero a una struttura recintata a filo spinato, da cui proveniva un odore di marcio e bruciato insieme che fece venire a Julie il voltastomaco. Il sole accentuò il senso di disgusto, provocandole un forte mal di testa.
“ Sei pronta?” fece lui, aprendo un enorme cancello in vernice rossa tutta scrostata, che cigolò rumorosamente appena venne aperto.
“ A fare cosa? E … perché mi hai portato al mattatoio abbandonato?” era inquieta, non voleva davvero scoprire oltre su quella faccenda e fece per girare i tacchi, ma venne trattenuta da lui:” Non è più abbandonato, è diventato un canile … ci devo lavorare nei weekend, oggi è chiuso. Ma ti ci ho portato per un motivo ben preciso.”
“ A che scopo?” chiese alzando il sopracciglio.
“ Devo insegnarti a non aver paura di aiutarmi, e oggi ne avrai una dimostrazione.”
“ ma al canile non si portano i cani randagi? Perché mi dovresti … oh … mio..”
“ Non faccio una cosa molto bella … sono addetto all’abbattimento dei cani moribondi.” Fece lui, entrando dentro. Julie lo seguì a ruota, e potè sentire deboli latrati misti a guaiti e a un fracasso del diavolo dovuto sicuramente a una montagna di cani rinchiusi dietro quelle mura scrostate.
“ è orribile …”
“ Già, non lo augurerei a nessuno. Ma questo è niente …” disse lui, spostandosi. La ragazza lo seguì per poi giungere a un piazzale aperto e maleodorante. C’erano due cucce, da cui però non provenivano rumori, ma solo rantoli e sospiri.
“ qui …”
“ Si, sono i malati terminali … dato che soffrono, ho deciso che sarebbe stato meglio …”
“ ma andrebbe contro la natura!” protestò lei, lacrimando al sol pensiero di vedere un cane ammazzato e sanguinolento.
“Meglio che sia tutto d’un colpo … e poi è l’unico lavoro che ho trovato in grado di poter placare i miei scatti di .. hai capito. Ma non sarò io a farlo fuori, sarai tu.” Fece lui, tirando fuori dalla cuccia la bestia, un pastore tedesco spelacchiato e ossuto, che ormai rantolava in preda alle infezioni che sicuramente lo stavano divorando da dentro.
Una cappa di lacrime annebbiò la vista della ragazza:” Io cosa?”
“ Tu, sì … devi farlo, per il bene dei tuoi incubi e di ciò che sai e che hai visto. Non devi aver paura di farlo, e l’unico modo che hai di sopravvivere è imparare. E questo è il modo migliore, anche se sadicamente crudele.”
Prese il cane in braccio e aprì una porta lercia con il piede, entrando dentro la struttura.
Julie iniziò a piangere a dirotto, seguendolo dentro e soffocando a causa dell’aria di chiuso che regnava in quello stanzino, ove al centro c’era un tavolo di ferro, e sulle pareti strumenti come mazze e qualsiasi altro oggetto capace di uccidere un cane indifeso.
“ Non posso farlo …” disse, rimanendo sulla soglia. Lui la guardò, dopo aver appoggiato il cane sul tavolo.
“ Julie … vuoi o no aiutarmi? E io te lo sto facendo fare.”
“ ma non in questo modo, non posso uccidere un cane …”
“ ma è sempre meglio di una persona … Ascoltami.” Le andò vicino e l’abbracciò, facendo attenzione a non sfiorarla con le mani sporche di pelo e infettate dal cane malato:” Devi riuscirci.”
“ Non lo so …” singhiozzava ormai, tentando di tornare indietro e scappare da quell’incubo.
“ Si che lo sai, sei o non sei Julie Baxter, testimone oculare della mia pazzia?” le sussurrò al lobo.
Lei annuì debolmente. Si ricordò del perché gli avesse esposto le sue paure, del perché avrebbe dovuto diventare la Sonia Marmeladova di Rodja Romanovich Raskolnikov. Avrebbe perdonato quel peccato? Forse.
Si liberò dall’abbraccio e guardò negli occhi persi nel vuoto della povera bestia riversa sul tavolo. Il respiro del cane era velocissimo, sarebbe morto in una lenta agonia.
Guardò le pareti e afferrò ,senza troppo pensarci, una mazza da baseball. Si asciugò le lacrime con il braccio e fissò Adam , che le accennò un sorriso.
“ Sicura?”
“ penso di sì.” Fece lei, guardando intensamente dentro gli occhi del cane.
Chiuse gli occhi, alzò il braccio con la mazza e sussurrò:” Mi dispiace.”
Un tonfo sordo nascosto dal rumore dell’asfalto e delle macchine seguì la discesa della mazza.

Angolo autrice:
Ho scritto, finalmente. Conoscete il morbo del "blocco dello scrittore?" Ecco, ne ero afflitta. Ma sono guarita, menomale.
Avviso: non ho niente contro i cani, anzi li adoro.  Non farei assolutamente loro del male ... ma dovevo evitare che la storia velocizasse troppo sugli eventi, e sono dovuta ricorrere a questo. Mi dispiace davvero, so che mi odierete per aver appena mandato a morte un cane, una povera creatura. Ma è stato necessario.
E poi, non sarà l'unica crudeltà che inserirò! *risata malvagia in lontananza*
Ora vado, e se state piangendo ... vi assicuro che anch'io sono nella stessa situazione.
Remedios
   
 
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