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Autore: Midori_chan    09/04/2012    1 recensioni
Mello ha un "incidente" e perde la memoria, sarà Matt a fargli ricordare chi era e cosa erano in un viaggio nei ricordi che avrà come risposta qualcosa di inaspettato.
---Il ricordo gli tornò vivido e prepotente nella mente al solo suono di quel nome: Matt.---
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Matt, Mello | Coppie: Matt/Mello
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ero un po' indecisa, ma alla fine ho optato per i due capitoli :D Spero che per quanto breve vi sia piaciuta e spero di oziare ancora nel fandom DN (oltre a quello che ho scritto c'è una slash pasquale) che trovate qui.
Me ne tornerò per un po' tra le braccia di Naruto e di Sasuke, per la vostra felicità xD
Passando alla storia: se non vi è chiaro il messaggio: perdono! E' che l'idea era in po' difficile da esprimere, forse per il mio cervello, quindi se vi servono chiarimenti chiedete pure :DD E mi piacerebbe sapere se avevate capito, più o meno, come sarebbe andata a finire u.ù 
                                                                                                                                                                           Alla prossima, Mid face e Mid twit.






Il luogo davanti al quale si trovavano altri non era che la Wammy’s house, patria dei loro più intimi ricordi, spettatrice silenziosa delle loro vite e dei loro amori.
-Cosa ricordi?-, chiese così pieno di speranza Matt che i suoi occhi brillavano riflettendo la luna che si era alzata alta nel cielo.
Mello non riusciva a spiegare cosa ricordava, erano un’insieme di sensazioni ed emozioni;  ricordava competizione, noia, risentimento, disinteresse, c’era poi qualcosa di caldo un po’ più a fondo. Sentì brividi lungo la schiena e quella scarica accompagnò un’altra percezione; gli tornò alla mente prepotente il profumo di sigaretta, ma era diverso da quello che sentiva ora nell’abitacolo.
Aveva la sensazione che quello fosse l’odore di Matt e non del fumo, che quello fosse l’odore dei baci, ma più di tutti quello del sesso, delle notti in bianco sdraiati nel letto, in silenzio, complici.
Partecipi nei loro vizi e vizio stesso l’uno dell’altro.
Matt una volta glielo disse: “Sei come il mio tabacco preferito, ti fumerei sempre, anche se con ancora il sapore sulle labbra”.
Non ricordava di aver ricambiato la dichiarazione, non ricordava la sensazione dei muscoli contratti, delle dita nella carne fibrosa della schiena, il suono erotico dei loro corpi uniti.
-Di essere stato qui, nient’altro-, mentì e si sentì subito male ad averlo fatto, gli occhi del rossiccio si abbassarono delusi, ma veloce riprese il controllo delle sue emozioni e il viso che aveva mostrato segni di dolore si invertì in un sorriso tirato.
-Entriamo, magari ti tornano in mente cose più importanti-, trascinò la parola “importanti” e Mello ebbe quasi un sussulto.
Entrare?  Aveva paura di essere travolto dalle sensazioni, come sotto un temporale, alla pari del concreto che infuriava fuori dalla macchina, senza nulla  a proteggerlo.
Infilò un piede nella pozzanghera, imprecò saltellando per qualche passo e prima ancora di appoggiare la gamba a terra Matt lo aveva già raggiunto aprendo un ombrello sulle loro teste.
Forse doveva ricordare, Matt almeno sembrava averne il disperato bisogno.
Tutte le finestre erano chiuse e nessuna luce filtrava attraverso le imposte; la grande villa  sembrava deserta: l’erba di qualche mese non era stata rasata e la fontana all’entrata aveva l’acqua verde, putrida.
-Perché non c’è nessuno, una volta non era una scuola?-, domandò il biondo e l’altro sorrise amaramente.
-Sono successe parecchie cose tragiche ed è stata lasciata a se. Questo però lo ricordi?-,  borbottò arrabbiato.
-Vorrà dire che il resto non mi interessa!-, sbottò Mello che come conseguenza si ritrovò trascinato all’interno del cancello semiaperto.
Gli stringeva forte il braccio, ma allo sfregiato doleva maggiormente la testa; passare su ogni centimetro di quella terra percorsa così tante volte lo faceva affondare sempre di più nei ricordi. Sentiva le voci degli altri bambini giocare, riusciva persino a vederli.
Si fermarono e il rosso lo lasciò per combattere con la porta vecchia ma solida dell’entrata sul retro, quella che probabilmente portava alla cucina. Mello si appoggiò al  muro e rivolse lo sguardo al cielo nero, sentiva la tensione alla bocca dello stomaco, come quando andava dal dentista per le carie.
Un tonfo sordo e Matt era sparito all’interno del varco nero, ne riuscì qualche secondo dopo con una candela in mano e i pantaloni coperti di ragnatele.
-Dentro non è proprio pulito-, si scusò quando il biondo lo superò entrando per primo; A Mello la testa scattava da un lato all’altro e le mani gli tremavano leggermente.
-Qui… e qui-, andava in giro ad indicare, sembrava il bambino troppo curioso che non era mai stato e al rosso sfuggì una risata bassa.
-Cosa ridi? E’ colpa tua!-, gli gridò contro puntandogli  un indice accusatorio in direzione del suo petto.
-Merito, vorrai dire-, rispose quello attirando il biondo a se e lo strinse per la vita.
-Ah, non mi bacerai ancora-, provò a tenersi lontano premendogli una mano sul petto ma il rosso era quel poco più forte di lui e aveva più convinzione, più desiderio.
La candela cadde a terra spegnendosi da sola, il pavimento troppo umido.
Le loro labbra si toccarono appena e forse fu colpa del luogo, forse fu per via dei pezzi di ricordi che aveva messo insieme, ma semplicemente non poté più staccarsi da quella bocca, anzi ne prese il controllo.
Mello si ritrovò a spingere il rosso contro il muro catturandogli il viso tra le mani; il bacio divenne sempre più bagnato, le lingue si assaporavano fuori dalle bocche, ansanti, le mani aggrappate ai corpi, i vestiti tirati con forza. Il biondo nemmeno si accorse che gli mancava il pavimento sotto ai piedi, capì soltanto dalle parole di Matt di stringere le gambe intorno al suo busto e così fece. Salirono una rampa di scala, Matt sembrava indeciso su quale porta aprire, come se neanche lui ricordasse troppo bene la forma dell’edificio.  Voleva ritrovare la loro stanza, ma entrò in una più grande, con un letto rotto nel centro; lasciò il biondo contro la porta appena chiusa e andò a prendere il materasso gettandolo a terra al contrario, sembrava meno sporco così; tirò fuori una candela dai pantaloni e l’accese attaccandola con la cera al pavimento.
Quando si voltò verso Mello quello aveva cambiato espressione, si teneva la parte sfregiata, il viso basso, con l’altra mano si teneva lo stomaco.
Matt non avrebbe dovuto lasciarlo, avrebbe dovuto tenere i loro corpi vicini, toccandosi, invece lo aveva lasciato, la sensazione di vuoto era stato immensa e schiacciate, si era sentito solo e privo di vita in un attimo. Per qualche secondo si sentì soffocare, riprese a respirare normalmente solo quando riconobbe la mano calda e il profumo di sigaretta sulla sua pelle.
-Matt…-, il rosso si sentiva scosso, il tono con cui lo aveva chiamato lasciava sperare.
-Matt, io ho mentito, prima in macchina, ti ho mentito. Ho ricordato qualcosa di noi, solo che ne avevo paura, di quei sentimenti intendo-, parlò con la voce soffocata dalla maglietta a righe del rossiccio che lo stringeva forte.
Rimasero in silenzio per un po’, Matt si stringeva quel corpo contro con disperato bisogno, Mello guardava oltre al sua spalla aggrappandosi alla maglietta. Era una stanza grande ed elegante quella in cui si trovavano,- Questa era la stanza di Watari?-, gli tornò in mente.
Il rosso si staccò velocemente da lui.
-Tu ricordi …lui?-, si sentiva felice, ma ferito ed era indeciso se arrabbiarsi o se prendere quelle labbra sottili e morderle con foga.
-Davvero, non posso più aspettare, aspettarti… sono mesi che sono solo, che tu vaghi senza ricordi lontano da me, lontano da noi-, parlando spinse il biondo verso il materasso e quello inciampò atterrandoci sopra con un lamento.
-Quando il furgone è andato a fuoco non sapevo come aiutarti, ero impotente-, una lacrima gli segnò il volto, si staccò e finì sullo zigomo sfregiato dell’altro, la sua espressione sorpresa.
-Ti voglio anche io-, gli sussurrò all’orecchio mettendosi a sedere, le gambe incrociate a quelle dell’altro, i respiri bassi, le guance rosse, gli occhi sulla dura protuberanza del rosso.
Matt sbottò i jeans chiari del biondo con una lentezza studiata, sentiva il corpo di Mello fremere, aspettava lui e il rosso di certo non si sarebbe lasciato scappare ancora il suo amante, il suo migliore amico.
Quando la mano dell’altro lo avvolse Mello si stupì gemendo, il suo membro duro svettava fuori dai pantaloni e non poteva fare a meno di stare incantato a vedere la mano di Matt muoversi veloce, abile. Poggiò la testa sulla spalla davanti a se, il fiato caldo creava delle nuvolette in contrasto con l’aria fredda della stanza.
-Fallo anche a me-, gli parlò gentile soffiando via i capelli dal viso sfregiato.
Da solo Matt aveva  preso la sua durezza e fu con un gesto calmo che fece avvolgere il palmo sudato del biondo su quella.
-Ti sei dimenticato come si fa…-, stava dicendo quando venne interrotto da un suo gemito. Si guardarono, gli occhi vicini,  il rosso gli baciò l’angolo della bocca aperta in cerca di aria.
-Sto per venire-, dichiarò Mello mordendo la spalla dell’altro nel tentativo di trattenere il gemito.
-Anche io-,  Matt alzò il viso e venne guardando l’ombra del biondo sul soffitto.
Si liberarono impazienti dei vestiti e li gettarono a casaccio alle loro spalle; appena l’ultimo indumento cadde dietro la schiena Matt si spinse contro Mello, lo schiacciò sotto di se, nuovamente eccitato, lo guardò con trepidazione e l’altro lo fissò con un misto di imbarazzo e di voglia che gli fecero perdere la testa.
 
Quando la luce del sole riuscì a filtrare attraverso i rami spessi colpì sul viso il biondo svegliandolo. Il materasso era freddo e vuoto, solo il suo corpo seminudo riempiva un lato.
Mello si alzò a sedere svelto, una fitta al sedere lo costrinse a prendere un respiro profondo prima di mettersi in piedi, barcollando un poco. Si lasciò cadere vicino ai suoi vestiti, quelli di Matt non c’erano più e lentamente si rivestì.
Ripercorse con attenzione la strada per uscire dall’edificio, la polvere aveva ricoperto metà delle impronte, ma la sua memoria gli suggeriva la via da percorrere.
Si ritrovò di fronte al cancello e i segni della macchina erano stati cancellati dalla  pioggia; cercò la fermata dell’autobus, si sentiva svuotato da tutta quell’esperienza tanto da non avere la forza di camminare e si spingeva senza forza verso casa sua.
Tutto sembrava collassare.
Solo nel pomeriggio si sentì in grado di fare qualche ricerca sul rosso; uscì di casa e andò alla biblioteca pubblica per ritrovare i vecchi giornali, sperava di imbattersi in qualche informazione sulla Wammy’s House, sul suo proprietario e sui fatti tragici che aveva nominato Matt.
Alla biblioteca gli rovesciarono addosso una dozzina di ritagli alla sua domanda e una volta seduto ad un tavolo iniziò a leggerli, sempre più sconvolto, sempre più terrorizzato.
Il primo articolo recitava la morte di Watari che era avvenuta quasi contemporaneamente con quella di un ragazzo il cui nome non era segnato, ma che Mello sapeva essere Elle, i ricordi lo aveva informato di quello.
Il secondo articolo parlava del suo incidente e, cosa che lo spaventò non poco, della morte di Matt.
Non era finta, non era uno scherzo, l’articolo non poteva aver detto qualcosa di così diverso dalla realtà, il rosso era morto, gli avevano sparato, c’era anche la foto della macchina bucherellata, quella stessa macchina con la quale avevano raggiunto la scuola.
Matt era Matt, ne era sicuro dopo quella notte.
Com’era possibile?
Mello si ripiegò sulle carte nascondendo il viso, gli veniva da piangere, tutto l’esperienza era sconvolgente e soprannaturale.
Con cosa aveva fatto l’amore, un fantasma? Non poteva crederci, non poteva e non voleva. Si ricordava, ora ricordava di averlo amato, ma di non averglielo mai detto per orgoglio, perché il suo era un personaggio creato per essere un acido e non poteva lasciarsi andare a dichiarazioni d’amore.
Ora se ne pentiva, rivoleva Matt.
Ritornato a casa si sentiva stranamente calmo, non aveva la forza di urlare o di capire la situazione.
Ricordava e forse era stato quello il senso di tutto ciò.

   
 
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