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Autore: aliciamaria    09/04/2012    1 recensioni
In questa storia la protagonista è "una me" molto più coraggiosa e perfetta, sempre sicura di se, con i suoi lati deboli, ma che riesce a conquistare tutto e tutti. E' ambientata in quelli che sono i luoghi comuni dei mie coetanei. Tra scuola, primi amori, tra ragazzi "socialmente attivi", che lottano da soli in definitiva solo per sentirsi più grandi. --
In quella frazione di secondo li squadrai dalla testa ai piedi con una certa alterigia tipica del mio carattere.
Il primo alto nella media, una viso perfetto, occhi profondi e ammalianti (oserei dire seducenti), un'aria da ragazzo che si sente superiore e ciò lo rende antipatico.
L'altro alto, magrolino, capelli ricci chiari, occhi intelligenti e accesi, tutto il contrario del corpo di cui facevano parte. Risposi con un sorriso e con uno sguardo altrettanto profondo ad entrambe e tesi la mano, anche se già sapevo chi erano quei due.
I miei acerrimi nemici, i preferiti in assoluto, li conoscevo di fama. Il primo rispose all'occhiata e sostenni il suo sguardo per come si deve.
«Marco» e mi strinse la mano.
Guardai l'altro sempre con la mano tesa, sorridendo un po' spacciata.
«Claudio». --
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo tanto tempo torno ad aggiornare

questa storia! Ringrazio tutte le persone

che sceglieranno di leggerla (:

Buona lettura e un bacio!

 

 

Quinto Capitolo

- Due giorni dopo -

«Mamma buongiorno! Questa sera festeggio l'elezione con amici. Sarò con Rob e Ruggiero così posso fare tardi!» entrai e casa giusto in tempo per salutare mia madre che tornava in ufficio.

«Va bene! Poi festeggiamo pure noi» mi salutò ed uscì.

"Piccola mezza bugia, spero almeno di non mettermi nei guai. Ma di che mi preoccupo? Ci sono le mie care guardie del corpo!"

Dopo pranzo ispezionai la libreria e scelsi un libro voluminoso.

"Mi terrà impegnata per un bel po' " pensai e aprii la prima pagina.

Quando risollevai gli occhi dalle righe erano già le sei.

Mi preparai, indecisa dall'abbigliamento da indossare.

Alla fine presi una felpa anonima e un paio di jeans chiari.

Ero sicura che non sarebbero stati puntuali e quindi mi rimisi a leggere.

Una buona mezz'ora dopo l'orario dell'appuntamento uno squillo del telefono mi annunciò che era arrivato il momento di scendere.

 

In macchina mi aspettavano loro due e Alessandro che si era unito al gruppo.

«Allora ribelle, dove ti dobbiamo accompagnare?» chiese Roberto che si trovava al posto di guida.

«Davanti al padiglione della facoltà di letteratura. Ruggiero tu dovresti sapere qual è con precisione, no? Ci entrerai ogni giorno dal prossimo anno» dissi spavalda volgendo lo sguardo al ragazzo accanto a me ed evitando di commentare l'appellativo che mi aveva dato mio fratello.

«Beh si, è comunque facile da trovare. Girando nel viale a sinistra è il primo edificio che si incontra...» rispose lui imbarazzato.

«Perfetto! Ora conosciamo la nostra destinazione. Su, su in marcia. Vediamo di arrivare in orario!» dico interrompendolo e ponendo così fine al discorso.

 

Finalmente la sagoma della costruzione si intravide. Fu inevitabile fermarsi ad ammirare il chiaro-scuro che rendeva indistinguibili i lineamenti dell'edificio. Il sole stava tramontando proprio alle sue spalle ed il cielo era occupato del tutto da una graduazione di colori da rosso vermiglio all'arancione. Era un spettacolo meraviglioso, era un peccato essere lì per una manifestazione.

Il mio lato artistico si lamentò di non aver portato la mia reflex Nikon D3100, sarebbero venute delle foto molto interessanti.

Non c'era poi tanta gente, la piazzetta non era per niente piena come mi immaginavo.

Marco mi individuò subito e venne a salutarci.

«Ho portato pure loro, spero non ti dispiaccia» esordii io.

«No, assolutamente! Più siamo meglio è! Piacere io sono Marco» disse stringendo la mano a Roberto e Ruggiero che si presentarono. «Allora...» continuò «tra poco ci sarà un piccolo comizio e poi partirà una manifestazione dove dei ragazzi universitari ci spiegheranno il perché...».

Avevo smesso di ascoltarlo. Una sagoma familiare stava parlando con un gruppo di ragazzi più in là. L'avevo riconosciuto subito: era Davide.

Quanto avrei voluto andargli incontro e salutarlo? No, ero lì per fare il mio dovere.

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