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Autore: lithi    10/04/2012    4 recensioni
E se Kurt e Blaine non si conoscessero? Se Kurt partisse per NY, costruendosi una vita lì, mentre Blaine rimanesse in Ohio? Si incontrerebbero comunque o la loro sarebbe una delle tante storie che potevano essere ma che non saranno mai?
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Avrebbe dovuto rendersi conto che c’era qualcosa che non andava in quel momento, quando sentì un dolce strimpellio provenire dall’interno della camera. Ma si disse che molto probabilmente era la stanchezza a giocargli un brutto scherzo e girò la maniglia della porta.
Fu allora che qualcosa di totalmente inaspettato apparve davanti ai suoi occhi.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Books, Scarves and Ties







“Kurt, ti prego.”
Il giovane si girò verso il suo ragazzo, gli occhi arrossati e le gote in fiamme.
“Non possiamo parlarne un attimo?”
Kurt non rispose. Si limitò a ficcare con ancora più foga gli abiti dentro la valigia.
Questo solo avrebbe fatto capire a chiunque che c’era qualcosa che non andava. Che forse quello non era il modo migliore di risolvere la questione. Perché se c’era una cosa che Kurt Hummel amava e venerava, erano i vestiti. Tutti. Piegava e stirava anche mutande e calzini da quanto gli piaceva vederli belli impilati e in ordine. Ma in quel momento, l’unica cosa che si poteva intravedere all’interno della valigia era una massa informe.
Per non parlare dei suoi capelli.
Si sarebbe potuto scrivere un libro sulla cura che Kurt aveva per i suoi capelli.
Sin dai tempi delle elementari, il ragazzo li aveva considerati uno dei suoi beni più preziosi (il fatto che suo padre fosse calvo, forse aveva amplificato l’attaccamento al suo cuoio capelluto) pettinandoli e acconciandoli con chili di lacca biologica. Li lavava a giorni alterni, perché si sa che lavarli tutti i giorni non era salutare, e una volta alla settimana si faceva un bell’impacco all’olio di Argan per renderli più luminosi.
Tutto questo mentre si dedicava all’infinità di creme da applicare su viso e corpo mentre la sua pelle candida era ancora umida.
Il risultato di tutti questi trattamenti era un ragazzo impeccabile, alto ma non troppo, con lucenti occhi azzurri, sopracciglia come disegnate dolcemente sopra le palpebre, labbra rosse e piene, pelle bianca lievemente rosata e lucenti capelli castani, sempre vestito come se dovesse attendere a una sfilata del compianto Alexander McQueen.
Un quadro ben diverso da quello che il ragazzo era in quel momento.
Gli occhi rossi, i capelli arruffati, la pelle del viso coperta di chiazze rosse per il troppo piangere. Per non parlare della camicia che gli usciva dai pantaloni e dalla cravatta snodata messa attorno al collo a mo’ di sciarpa.
Quindi no. Kurt Hummel non era di buon umore.
E se c’era una cosa da non fare quando Kurt Hummel non era di buon umore, era urlargli contro.
Ma evidentemente il suo ragazzo non l’aveva ancora capito malgrado i sei anni passati insieme e i quattro di convivenza.
“Kurt! Smettila di fare il bambino viziato per Dio! Mi sono dimenticato di andare a comprare il pane, mica ho ammazzato qualcuno!”
Kurt chiuse di botto la valigia dopo aver finalmente vinto la battaglia contro i suoi vestiti, prima di minacciare con un dito il ragazzo di fronte a sé.
“Sei così preso da te stesso da non capire neanche perché io mi sia incazzato! Non è il pane, razza di deficiente!” Kurt si diresse verso l’ingresso dell’appartamento, valigia alla mano. “In tutti questi anni mi sono detto ma che sarà mai, infondo tutti possono scordarsi, andrà meglio la prossima volta. Ma adesso basta! Adesso mi sono stancato!” Il giovane riuscì finalmente ad infilarsi le maniche del lungo cappotto nero prima di afferrare una sciarpa e arrotolarla sopra alla cravatta. “Il pane è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso! Pensa a tutte le volte in cui ti ho chiesto una mano in casa. Quando ci siamo trasferiti, a malapena sei rimasto sveglio per portare su i mobili! Sono stato io che li ho sistemati!”
“Ma tu fai l’arredatore! Sai meglio di me come mettere le cose dentro casa!”
Kurt si infilò i guanti di pelle nera prima di girarsi incredulo verso l’altro ragazzo e lanciargli le chiavi di casa addosso.
“Ehi!”
“Io faccio l’arred- Io volevo fare le cose con te, razza di cretino!” Il giovane si passò le mani tra i capelli cercando di controllare il suo respiro. “Quante volte mi hai aiutato a preparare la cena? Quante volte hai lavato i piatti? Quante volte hai pulito la casa? E se io ti chiedo di andare a prendere il pane perché io non ne ho il tempo dato che devo finire di vedere degli appartamenti per dei clienti, tu cosa fai? Ti scordi? Cosa cazzo sono io per te? Una colf? Una governante? Un tizio che ti sistema la casa e che ti scopi quando ne hai voglia?”
Il moro si lasciò scappare un grido frustrato.
“È successo solo una volta! Possibile che io non sia autorizzato a sbagliare? Ah già, per il perfetto Kurt Hummel gli sbagli non esistono!”
“Una sola volta? Cazzo, mi sembra di aver vissuto in questa relazione da solo! Quante volte ti sei scordato di fare la lavatrice? Di portare fuori il cane? Quante volte mi hai portato la colazione a letto da quando viviamo insieme? O regalato un mazzo di fiori? Mi hai regalato i biglietti per gli Yenkees per il mio compleanno! Gli Yenkees!”
“Preferivi i Red Sox?”
Kurt lo guardò allibito per mezzo secondo prima di girarsi verso la porta e aprirla di scatto.
“Addio Aiden!”
 
Kurt Hummel e Aiden Brith si erano conosciuti durante il primo anno alla NYU, quasi sette anni prima. L’uno aveva scelto un corso di design e arredamento mentre l’altro studiava per diventare avvocato, quindi c’è da chiedersi come avessero fatto ad incontrarsi. Bè, come si suol dire, galeotto fu il libro e chi lo scrisse. O meglio, spinse. Perché si, come nelle migliori commedie romantiche si conobbero in biblioteca a causa del crollo di un voluminoso tomo di legge sopra la testa di Aiden, troppo intento a guardare quel meraviglioso ragazzo castano seduto poco avanti a lui per rendersi conto che alle sue spalle un’altra matricola aveva perso l’equilibrio, rovesciando a terra (e sulla sua testa) tutta la fila E della sezione L di Diritto Costituzionale.
Vi risparmio il seguito. Vi basti sapere che Kurt si avvicinò a lui preoccupato, Aiden si imbarazzò per la pessima figura e finirono la giornata davanti ad una cena improvvisata nel Pronto Soccorso più vicino.
A quella prima cena ne seguirono innumerevoli altre, fino a quando finalmente Aiden trovò in sé il coraggio di avvicinare il suo viso a quello dell’altro, per stampare il primo di una lunga serie di baci sulle labbra di Kurt.
Non erano speciali. Si amavano, quello si, ma non c’era niente nella loro relazione che fosse al di sopra della media. E per un po’ di tempo andò bene così ad entrambi.
Perché tutti e due venivano da un piccolo paese bigotto e non gli sembrava vero di poter camminare tranquillamente mano nella mano, baciarsi in mezzo alla strada, poter dire “il mio ragazzo sta parcheggiando, arriva subito”, senza dover subire occhiate e insulti neanche particolarmente velati.
E poi c’era il sesso. Entrambi erano vergini quando si erano conosciuti, ed erano stati più che contenti di fare questo passo insieme. Di sentirsi connessi ad un’altra persona in quel modo.
Erano felici in fin dei conti, ma forse solo perché non conoscevano niente di meglio.
E lo furono davvero fin quando la quotidianità non prese il sopravvento sulle loro vite.
Le cene fuori diventarono sempre più sporadiche, soprattutto dopo il trasferimento nell’appartamento che decisero di condividere. I baci lievi e dolci finirono dimenticati in favore del bisogno di sentirsi preda dell’adrenalina che accompagna il sesso. I piccoli gesti che l’avevano fatta da padroni durante i primi anni della loro storia, semplicemente scomparvero.
Quando poi Kurt iniziò a lavorare, le cose peggiorarono ancora.
Il ragazzo stava tutto il giorno fuori, sbattuto da un appartamento all’altro, mentre Aiden si chiudeva nello studio in cui l’avevano assunto subito dopo la laurea, perso tra i documenti legali che gli piazzavano sotto il naso.
Fu più o meno in quel periodo che iniziarono a litigare.
Kurt si lamentava per lo scarso coinvolgimento che Aiden aveva nella loro vita di coppia. Aiden si lamentava perché non sapeva cosa fare per far smettere Kurt di lamentarsi.
Ci provarono. Ci provarono davvero.
Ma qualche volta provare non basta.
 
“No Rachel. Non voglio venire a casa tua. E si, sono convinto di quello che sto facendo.” Kurt si sporse all’indietro per esaminare la lista dei voli in partenza per Columbus, una mano vicino all’orecchio a sorreggere il cellulare.
- Sei sicuro? Io e ‘Cedes non abbiamo problemi a tenerti qui con noi. Sarebbe come ai vecchi tempi. Potremmo fare un pigiama party proprio come al liceo mentre tu ti calmi. -
“Io. Non. Ho. Assolutamente. Bisogno. Di. Calmarmi.” Ripeté lui stizzito afferrando il trolley e avviandosi verso il Gate 5.
- Oh si. Lo sento. Sei la tranquillità fatta persona. -
“Rachel! Dico sul serio. È finita. Non voglio vederlo. E non ho nessuna intenzione di trascorrere il mese di ferie che mi spetta in giro per New York. Preferisco di gran lunga andare a casa e passare un po’ di tempo con mio padre.”
- Dimmi che ho sentito male e che non hai detto che Lima è meglio di New York, per favore. -
Kurt dribblò velocemente due bambini che si rincorrevano sul pavimento lucido, lanciandogli uno sguardo assassino.
“Bè, in questo momento, per me, assolutamente si!”
- Kurt, questo è assurdo! È come dire che io dovrei tornare insieme a Jessie perché siamo la coppia perfetta! -
Il ragazzo intravide finalmente la fila per l’imbarco e tirò un sospiro di sollievo.
“Se ben ricordo la prima cosa che hai fatto non appena sei arrivata a New York è stata atterrare tra le sue braccia.”
- Si, e dovresti anche ricordarti di quello che mi dicesti tu. Se non ricordo male le parole furono una cosa come “No. Assolutamente no. Inequivocabilmente no.” O mi sbaglio? -
“No, non sbagli.” Kurt posizionò il cellulare tra il collo e la spalla per porgere all’hostess di fronte a lui il suo biglietto. “Ma non vedo come avrebbe potuto esserlo. Andiamo, quel tizio ti ha mentito, ha fatto colazione sopra alla tua testa – letteralmente – e poi è scomparso nel nulla per ripresentarsi dopo un anno e cercare di conquistarti di nuovo dandoti assoli su assoli.”
- Assoli meritatissimi Kurt! La mia voce è spettacolare, e lo sai! Così come sai che ho bisogno degli applausi per vivere! -
“Calmati Campanellino, nessuno dice il contrario. Il punto è che ti ha trattato malissimo e che non ha davvero apprezzato il tuo talento. Mai. Sennò non avrebbe barato per farti vincere.” Il ragazzo cominciò a percorrere il corridoio che lo avrebbe riportato in Ohio a passo di marcia. “E comunque non riesco a capire cosa c’entri tutto questo con me e il mio ritorno a casa!”
- Trattare male…non apprezzare il tuo talento…già, non capisco nemmeno io. Come ho mai potuto paragonare Jessie St. James all’Ohio! -
“Rachel! È sarcasmo quello che sento?! Sono fiero di te!”
- Non tirare troppo la corda Hummel! -
Il ragazzo montò a bordo dello shuttle che lo avrebbe portato ai piedi dell’aereo.
“Senti Rachel. Apprezzo che tu sia preoccupata per me, ma andrà tutto bene. Tra me ed Aiden non funzionava più. Dio solo sa se è mai funzionata davvero. Un po’ di tempo a casa con mio padre e Carole mi aiuterà a schiarirmi le idee.”
Un sospiro rassegnato lo raggiunse dall’altro capo del telefono.
- D’accordo. Ma se succede qualcosa - qualsiasi cosa Kurt! -, voglio che mi chiami immediatamente. -
“Lo farò tesoro. Grazie.”
- Fai buon volo. Ci sentiamo quando arrivi a casa. Anzi, chiama Mercedes. Sarà abbastanza arrabbiata quando la informerò della telefonata che si è persa quando tornerà su dal negozio. -
Il ragazzo si lasciò sfuggire una risata lieve pensando alla reazione della loro terza metà.
“Ok. Ciao Rachel.”
- Ciao Kurt. -
Kurt appoggiò la schiena al sedile non appena ebbe concluso la conversazione, e decise di chiudere direttamente il cellulare.
Aveva già chiamato a casa e, quando nessuno aveva risposto, in officina e John gli aveva detto che suo padre e sua madre erano andati a fare una gita al lago e sarebbero rientrati solo in serata. Poco male. Poteva prendersi il suo tempo e magari farsi un bagno caldo in attesa del loro ritorno.
Si, pensò mentre l’aereo decollava, non vedeva l’ora di rivedere la sua stanza.
 
La casa era esattamente come se la ricordava. La facciata bianca, il giardino curato ma non esageratamente, gli attrezzi da lavoro appoggiati alla porta del garage.
Appoggiato al trolley al suo fianco, mentre sistemava il portafoglio nella tasca del cappotto nero dopo aver pagato il taxi, Kurt notò una macchina che non riconosceva nel vialetto. Che Finn si fosse messo a collezionare auto d’epoca?
Si mosse verso la porta tirando fuori la sua copia delle chiavi dalla tasca. Era passato troppo tempo dall’ultima volta che aveva varcato quella soglia, e si ripromise di non far più passare così tanti mesi senza rivedere suo padre.
Rimase per un attimo lì, perso nell’odore di casa. Finn doveva aver bruciato qualcosa da poco, perché l’odore pungente del fumo non se n’era andato completamente.
Dopo qualche minuto passato a darsi mentalmente il bentornato a casa, entrò nella soglia e appese le chiavi al gancio vicino alla porta prima di dirigersi verso la cucina. Si, quello era sicuramente un pollo bruciato. Eppure gliel’aveva detto mille volte di non provare a cucinare qualcosa senza supervisione. Qualche volta suo fratello era un pericolo anche per se stesso.
Dopo aver buttato quello che rimaneva del povero volatile, si versò un goccio d’acqua e si sedette sul bancone della cucina guardandosi intorno.
Magari, mentre sarebbe stato lì, avrebbe potuto dare una sistematina alla casa. In fin dei conti era da un sacco che non vedeva suo padre, e comprare qualche mobile nuovo sarebbe stato un buon modo per chiedergli scusa per non aver trovato il tempo per lui.
Kurt emise un sospiro rassegnato. Il tempo.
Mai avrebbe pensato di non avere tempo per suo padre, l’uomo che amava di più al mondo.
Ma se quella doveva essere una rinascita, allora avrebbe fatto in modo che fosse una rinascita in tutti i sensi. Non solo per lui come giovane uomo single. Ma anche come figlio.
Sciacquò velocemente il bicchiere che aveva usato e prese una mela dal cestino della frutta prima di dirigersi su per le scale, verso la porta della sua stanza. Avrebbe dovuto rendersi conto che c’era qualcosa che non andava in quel momento, quando sentì un dolce strimpellio provenire dall’interno della camera. Ma si disse che molto probabilmente era la stanchezza a giocargli un brutto scherzo e girò la maniglia della porta.
Fu allora che qualcosa di totalmente inaspettato apparve davanti ai suoi occhi.
Perché lì, in camera sua, appoggiato alla spalliera del suo letto, un ragazzo dai folti capelli neri e due grandi occhi d’oro alzò lo sguardo di scatto verso di lui.

 


Salve mondo!!! XD
Ebbene si, per questa volta il mio sproloquio ve lo beccate alla fine...non so perchè, non me lo chiedete, ma mi andava così oggi...
Allora, cos'è questa cosa vi chiederete voi...bella domanda! In realtà non so neanche io come mi sia uscita, ma spero che sia quantomeno accettabile.
Penso che la storia sia facilmente intuibile. Tutti noi sappiamo chi è il ragazzo-con-la-chitarra-dai-capelli-neri-e-gli-occhi-dorati, e quindi si, se gli avvisi alla storia non sono bastati, questa sarà una Klaine. XD
È la prima volta che ne scrivo una e sinceramente sono un po' in ansia, perchè tutto vorrei tranne che rovinare la purezza che questi due incarnano. Perdonatemi se potete...ç_ç
Dato che sinceramente non so cos'altro dire, mi limito ad abbracciarvi forte e a ringraziarvi per essere passati di qua...
Lasciatemi pure un commentino se volete...

I love you all

Giulia 

  
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