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Autore: broken wings    10/04/2012    6 recensioni
Era il periodo degli Inspiral Carpets e delle prime chitarre, il periodo delle droghe, del sesso, dell'alcohol, il periodo di una madre preoccupata, di un padre violento, di una fidanzata trascurata e di un'amica che torna.
Era il periodo fine anni '80 ed inizi '90, e a viverlo sono soltanto degli ingenui e sognanti adolescenti.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Yesterday, love was such an easy game to play.

Buongiorno o buonasera a tutti!
Mi accorgo sempre più con quanta lentezza mi ostino a pubblicare un nuovo capitolo, perdonatemi!
Il fatto è che l'ispirazione tende sempre a mancare e se poi ci metto di mezzo anche l'autocritica, gli errori ortografici, di sintattica e robe varie andiamo a finire davvero tardi.
Comunque, basta con queste osservazioni di cui, onestamente, non ve ne può importare più di tanto, e parliamo della storia senza anticipare troppo. Che dire? Siamo ancora al punto in cui vi ho lasciato nel capitolo precedente quindi troverete sempre Noel/Grace e qualche accenno a Liam senza che intervenga però in prima persona (siate pazienti, date tempo al tempo e vedrete che tornerà prima di quanto voi ve lo immaginiate al centro del racconto!)
Che altro? Boh, buona lettura e scusate ma oggi avevo voglia di scrivere una introduzione che non si limitasse a quest'ultima fase di ringraziamenti e consigli :)
Grazie per le recensioni, accetto sempre consigli, spunti e idee per uno svolgimento :)



We weren't mean to be grown ups.



Seguiti i dieci minuti riempiti da tempestive domande su Liam, su cosa fosse cambiato in questo arco di tempo e da esclamazioni sempre di sorpresa, Noel gettò la propria testa all’indietro esausto con le mani sotto la nuca.
Aveva risposto con cura e sincerità ad ogni singola curiosità della ragazza ma neanche una questione era stata diretta alla vita personale del ragazzo che aveva di fronte agli occhi. Si sentiva uno stupido, uno sciocco, un credulone per aver soltanto potuto pensare che Grace potesse interessarsi a lui anziché a suo fratello Liam. D’altro canto, Noel era soltanto “il fratello del suo migliore amico d’infanzia” e per sempre avrebbe occupato quel ruolo. Anzi, magari adesso che lei avrebbe avuto la possibilità di riallacciare i rapporti con lui, sarebbe addirittura diventato “il fratello del suo attuale fidanzato”. Fanculo, la vita era una cazzo di ingiustizia. E fanculo due volte, Noel se ne sarebbe trovata un’altra trenta volte più figa di Grace.
Mentre lui era bloccato nei suoi pensieri e dibattiti tra cuore-testa, non si accorse del silenzio che era calato tra di loro. Lei osservò l’espressione abbattuta che il ragazzo aveva stampata in volto e forse comprese di aver lasciato andare un po’ troppo l’euforia e l’eccitazione del primo momento. Si accucciò accanto a lui, posò la testa sulla sua spalla e con il suo braccio destro si avvicinò lentamente prima al fianco e poi alla pancia di Noel.
- Ehi, cos’hai? Malinconia dei vecchi tempi?
Mormorò Grace mentre lui con lo sguardo, vagava altrove. Sapeva che non era per quello che lui fosse così giù di morale, sapeva di aver esagerato ma solitamente lei nascondeva i suoi errori e le sue mancanze, era troppo orgogliosa.
- No.
Rispose perciò crudamente Noel, che a sua volta non aveva voglia più di scherzare con quella tipa. Non doveva affezionarsi a lei, perché non sarebbe mai stata sua. Quel coglione di Liam gliel’avrebbe fregata, era praticamente sicuro e sarebbe successo prima o poi.
- Sai… continuo a non capire una cosa però.
- Dimmi.
- Bhé, mamma… ecco, lei mi ha trascinata via da quel quartiere perché aveva timore di…
- Sì, di noi, lo so.
- Ecco. E allora non si è accorta di avere un Gallagher in officina?
- Io non ho mai conosciuto tuo padre, lui non ha mai conosciuto me prima che io venissi a lavorare da voi. E tua madre non sa di avere un Gallagher in officina, dal momento che tecnicamente non lo sa neppure tuo padre.
Lei fece una breve risata ma, infastidita dallo sguardo negato del ragazzo, passò delicatamente la mano sulla guancia di Noel facendogli perciò voltare il viso verso di lei. Aveva un po’ di barba che le prudeva sul palmo della mano e sussurrò con una voce più affascinante di quanto lei stessa pensasse di avere:
- Deduco che tu passeresti nei casini se mamma ti dovesse scoprire.
- Mi licenzierebbe probabilmente, ma considerando che Edric è morto e l’officina è perciò andata a puttane, diciamo anche che sono già licenziato.
Grace lasciò scendere la mano dal volto del ragazzo e con un tono lievemente offeso borbottò:
- Non vedi l’ora di andartene.
Noel improvvisò un sorrisino compiaciuto. Forse, nonostante tutto, lei poteva essere comunque interessata a lui, no? Forse non era tutto perso, forse doveva soltanto combattere per ciò che voleva, fare i passi giusti senza sbagliare, mostrarsi disponibile ma non troppo. Non doveva caderle ai piedi, doveva tenersi comunque distaccato.
- Vuoi che io rimanga soltanto per avere un valido motivo per rivedere Liam?
Voleva saperlo, voleva saperlo se era soltanto un banale mezzo per arrivare al suo stupido fine.
Ma a dirla tutta, lei non sapeva come Our Kid fosse cambiato nel suo periodo di assenza, non lo sapeva quale effetto le avrebbe dato, non sapeva bene quale dei due fratelli la prendesse di più. E proviamo anche a capirla: chi può scegliere tra un ragazzo misterioso a cui hai sempre affidato poco, che improvvisamente si dimostra affascinante ed interessante e tra un altro ragazzo di cui però tutto ciò che sai sono i vecchi ricordi sbiaditi di quando eri piccola? È come scegliere tra una memoria e una realtà effettiva. Risulta complicato.
Ad ogni modo Grace non voleva perdere Noel e basarsi su delle idee, dei pregiudizi e dei presupposti riguardanti il “nuovo” Liam risultava soltanto ridicolo e insignificante. Doveva tenersi ciò che aveva.
Lei sorrise dolcemente e passò il suo indice su una ciocca di capelli del ragazzo il cui respiro ormai era poco distante dalla sua bocca. Odorava di sigarette.
Noel d’un tratto si fermò bruscamente, si scansò lontano abbandonando così le vane speranze di un bacio e alzò il proprio busto dalla terra ancora umida mettendosi a sedere. Prima che la ragazza potesse fare qualche domanda, sentì la voce di suo padre venirle da dietro che le diceva:
- Vedo che hai fatto presto conoscenza, Grace.
Questa volta fu lei ad alzarsi rapidamente da terra, passandosi le mani sul sedere per togliersi la sporcizia del fango che sicuramente le era rimasta appiccicata nei suoi jeans.
- Ehi, ciao papà.
- Il funerale è finito da un po’.
Grace si voltò distrattamente verso il cimitero e fingendosi stupita e seriamente dispiaciuta spiegò:
- Ah, già. Avevo invitato lui a venire giù ma mi stava dicendo che si sentiva fuori luogo e quindi sono rimasta qui a tenergli compagnia. Mi sembrava brutto lasciarlo solo, no?
Il ragazzo, ancora seduto a terra, si limitò a guardare i due dal basso mentre parlavano. Il padre poi, voltandosi verso Noel disse:
- Allora, dobbiamo discutere della questione dell’officina. Ho una certa fretta, c’è mia moglie che mi aspetta in macchina spazientita.
Lanciò un’occhiataccia alla figlia e poi continuò:
- Dimmi cosa vuoi fare, vuoi continuare a lavorare? Dovrai impegnarti di più, dovrai pensare ai clienti e sostituire tutto il lavoro di Edric. Non penso che tu ne sia in grado e sinceramente parlando, non converrebbe neppure a me. Quell’officina non porta guadagno, ma solo spesa. Figuriamoci poi nelle mani di un ventenne poco motivato.
- Allora non mi stai chiedendo cosa io voglia fare, mi stai soltanto dicendo educatamente che mi stai licenziando.
L’uomo fece una risatina infastidita e voltandosi verso Grace commentò qualcosa come “perspicace, il tipo”, ma il ragazzo finse di non averlo sentito e disse alzandosi:
- Allora domani vengo a riprendermi la roba?
- Quando vuoi.
- Va bene.
Noel girò i tacchi e dando un rapido sguardo alla ragazza se ne andò senza dire nulla. Si sentì il peso delle occhiate che i Morgan continuavano a dedicargli, forse il padre le stava pure dicendo di non prendere esempio da quelli come lui, di tenersi alla larga dai ragazzi in quel modo sgarbati e “poco motivati”. Grace era una Morgan, e i Morgan non potevano farsi confondere con gente di quel calibro. Magari quell’uomo stava addirittura ricordando alla figlia di quando se ne andarono tempo prima da quel quartiere perché c’erano i vicini di casa pericolosi e violenti che l’avrebbero potuta danneggiare. Noel si accese una sigaretta, inspirò profondamente e desiderò per la prima volta in tutta la sua vita di vivere altrove. Aveva una reputazione che gli aveva sputato in faccia Thomas Gallagher, senza che lui, Peggy, Paul e Liam potessero farci niente. I Gallagher erano legati a un determinato trattamento, a delle determinate giustificazioni, a delle determinate compassioni in quel fottuto quartiere. E non potevano farci niente se non ignorare tutto il più possibile. Se avesse potuto, sarebbe scappato con il primo treno che avrebbe incrociato alla stazione. Lo avrebbe fatto davvero.


Il pacchetto delle Benson & Hedges era finito, in circostanze diverse lo avrebbe buttato in un cestino ma questa volta lo gettò di proposito a terra. E ci sputò anche sopra. E magari se le fosse uscita la pipì ci avrebbe anche pisciato sopra. La porta dell’officina era aperta, così lui entrò e diede una rapida occhiata a tutta la stanza. Avrebbe potuto dare una verniciata ai muri sporchi, avrebbe potuto lavare il pavimento e pulire il tavolo dalle grosse macchie di grasso e olio, avrebbe potuto anche spolverare le credenze. Avrebbe potuto tagliargli le erbacce che gli crescevano in giardino se soltanto John Morgan glielo avesse chiesto. Ma non l’aveva fatto, aveva preferito la strada più semplice ed economica: licenziarlo. Peggy gli aveva suggerito di calmarsi perché incazzandosi non avrebbe risolto nulla, gli aveva detto che di gente così ne avrebbe incontrata spesso e che doveva soltanto continuare per la sua strada e riiniziare da capo come aveva fatto già altre trecento volte. Allora cos’è che lo faceva incazzare davvero?
Noel prese la chitarra abbandonata sulla sedia dove era solito passare i pomeriggi: la sfiorò delicatamente come era solito fare. La trattava come fosse una delle ragazze più belle di tutta l’Inghilterra: si approcciava ogni volta a lei cautamente e con dolcezza, poi magari poteva anche premere quelle corde con violenza, gettarla sopra ad un divano o lasciarla incustodita per tutta la giornata. Ma nell’approccio iniziale doveva essere sincero.
Cominciò così a canticchiare Columbia, e quando ne ebbe abbastanza cominciò con dei nuovi accordi. Preso dalla rabbia, il suono armonioso della sua chitarra classica alleviò ogni suo stress.
Sol, Re, La-, Do, Re.
Maybe, I don’t wanna know, how...
Si fermò. Ricominciò.
Maybe, I don’t really wanna know, how your garden grows...
Si fermò di nuovo: la porta collegata alla casa dei Morgan si era aperta. Non si voltò, sapeva già che era John che con uno sguardo severo gli suggeriva di andarsene di lì in fretta. Chinò il capo verso le corde della sua chitarra in silenzio ma rimase stupito quando sentì la voce di Grace alle sue spalle dirgli:
- Continua, ti prego.
Noel si voltò e la vide lì, di nuovo a pochi centimetri da lei. Portava una coda dalla quale cadevano disordinatamente ciocche di capelli e questa volta non profumava di chissà quali fiori o frutta particolare, questa volta era lei e basta, senza alcuna maschera di odori o di trucchi in viso. Aveva una voglia irrefrenabile di baciarla lì, con lo strumento posato ancora tra le sue ginocchia, con il plettro ancora tra le sue dita e le idee per una nuova canzone ancora in testa. Voleva baciarla lì, perché poi sarebbe stato troppo tardi, perché poi sarebbe tutto cambiato. Grace capì ciò che quell’improvviso silenzio stava a significare e prima che Noel si decidesse a baciarla lei lo fermò dicendo:
- Sei consapevole del fatto che mia madre potrebbe scendere da un momento all’altro?
- Sarebbe una cosa molto eccitante, non trovi?
- Da morire.
- Sono già stato licenziato, non può farmi nulla ormai.
- Può vietare di vedermi con il tipo che veniva a lavorare insieme ad Edric all’officina, però.
- Ah, perché tu vorresti vederti con il tipo che lavorava con Edric all’officina?
- Ho sentito che sa strimpellare la chitarra, potrei avergli appena trovato un lavoro.
- Interessante. Tipo, che lavoro?
- Potrebbe insegnarmi a suonarla.
- Un lavoro non dovrebbe comprendere anche del denaro? Ho sentito dire che tuo padre lo odia quel tipetto... com'è che ha detto? "Poco motivato", ah sì.
Grace rise mostrando così i suoi denti completamente bianchi e dritti.
- Mio padre lo ha licenziato dall’officina, ma ancora non lo ha licenziato come insegnante. E poi è un po' stronzo con chiunque, in realtà non odia nessuno.
- Sbaglio o sei una ragazza che osa molto?
- Fino all’ultima possibilità.


Noel ridacchiò e si voltò ad osservare il volto della ragazza a pochi metri dietro di lui e poi fermandosi le disse:
- Sei.. preoccupata?
Il suo cuore continuava ad urlargli “fermala, sei ancora in tempo, inventati una scusa e andatevene da lì” e più si sforzava per sotterrare quella voce, più quelle grida si facevano oppressanti. Non gli era mai capitato di pensare prima al bene di una ragazza e poi al suo. Aveva preso una scelta che avrebbe sicuramente peggiorato la situazione, l’umore e ferito i proprio sentimenti; ma se non l’avrebbe fatto tutto questo sarebbe toccato a Grace e lui non voleva vederla triste.
- No, Noel...
La ragazza improvvisò un sorriso, si fermò come per rimangiare le parole che doveva ancora pronunciare, ma incoraggiata dallo sguardo fiducioso del ragazzo aprì la bocca e disse:
- Ho... Bhè... Sai, sono stata...
- Non aver paura, dimmi.
- Mi dispiace dirlo, non è una bella cosa.
- Non importa.
- Sono stata un po’ traumatizzata da quella volta a casa vostra, sai, quand’ero più piccola e...
Lei si fermò nuovamente ma questa volta lui riprese il suo discorso:
- Hai paura dei vecchi e brutti ricordi, lo so. Te n’eri andata pochi giorni dopo l’accaduto se non sbaglio. Ricordo tutto, ricordo come hai lasciato Liam, noi.
Alla pronuncia di quel nome lei sorrise più sicura:
- Ma devo farlo, devo. Sto morendo dalla voglia di incontrarlo nuovamente, mi è mancato così tanto.
- Immagino! Bhè.. te l’ho detto: è un sacco cambiato.
Borbottò Noel in preda a una crisi interiore di gelosia ma Grace continuò smanettando:
- E se fosse ancora arrabbiato con me? Forse non vuole vedermi, forse mi odia! E... come sto? Magari mi trova più brutta e più grassa...
Il ragazzo sbuffò ma tanto la ragazza non se ne accorse neppure: era presa da lei e Liam. Lei e Liam. Liam e lei.
- Stai benissimo, sei... bellissima.
Grace improvvisò un sorriso nervoso, bloccò il suo discorso per pochi secondi e poi continuò:
- Magari lo disturbo, forse sta studiando!
Sempre più spazientito Noel si voltò e continuò a camminare lungo il viale:
- Non studia mai.
- Bhè, forse sta con gli amici! Poi gli rompo e non vede l’ora che io me ne vada!
- Ma a casa mia ci vieni per la chitarra o per Liam?
Sbottò infine il ragazzo. Grace si fermò nuovamente, poi raggiunse salterellando Noel e da dietro portò le sue braccia intorno al suo collo. Le stampò un bacio sulla guancia. Si era messa il profumo, tanto profumo. E quello cos’era? Lucidalabbra, certo.
- Scusa Noel, capiscimi.
- Certo che ti capisco.
- Oh, bene.
- Anche perché siamo arrivati.
Lei prese un respiro profondo, sorrise. Noel aprì il piccolo cancello che con un forte cigolio si aprì.
- Prego, prima le signore.
- Ma grazie, signor Gallagher.
Lei passò di fronte a lui e lentamente attraversò il piccolo giardino: era meno curato di quanto se lo ricordasse, l’erbaccia cresceva dappertutto e non c’erano tracce di fiori. Due o tre piccoli vasi si trovavano all’angolo, ma erano rotti e sporchi di terra. Forse era lei che da piccola non ci aveva mai fatto caso? Forse era sempre stato così.
- Peggy e Paul sono al lavoro, finiscono entrambi tardi.
Grace annuendo si mise di fronte la porta aspettando che l’amico arrivasse di fianco a lei e diede un’occhiata al muro all’esterno della casa che non era stato più imbiancato da quando se n’era andata: c’erano ancora i piccoli scarabocchi che aveva fatto tempo prima con Liam e soltanto alla vista di questi si emozionò. Noel tirò fuori la chiave dalla tasca destra del giacchetto marrone, la inserì nella serratura e con non poca facilità aprì la porta.
- Permesso…
Grace si ripromise di cancellare tutte le scene che aveva visto in quella stanza, pensando piuttosto ai pomeriggi passati a giocare ai pirati sul divano, o a finire i compiti nel tavolo della cucina, o ancora a disegnare storie sdraiati lungo il pavimento. Era tutto come prima, non era cambiato nulla e le sembrò per un attimo di essere ancora una bambina. Liam, comunque, non era lì.
- Cosa vuoi fare? Chiamiamo Liam o cerchiamo la chitarra?
Che domanda stupida, era ovvio che lei avrebbe voluto rivedere suo fratello. Non a caso un sorriso imbarazzato le si formò in volto, Noel impassibile annuì e cominciò a gridare il nome di Our Kid in tutta casa. Nessuna risposta.
- Andiamo in camera sua.
- Ehm, non sarebbe meglio che io aspetti qui?
- Che c’è? Ora ti vergogni?
- No.. cosa c’entra?
- Dai, vieni, sali.
Questa situazione stava spazientendo Noel, ma ad ogni modo prima o poi si sarebbero dovuti vedere quei due ed era meglio che questo avvenisse presto, cosicché potesse togliersi subito quel fastidioso dente. Allungò la mano e Grace la strinse forte: sudava. Salirono le scale rapidamente, prima porta a sinistra ed ecco la stanza di Liam e Noel. Quest’ultimo cominciava a sentirsi di troppo lì dentro, aveva racimolato abbastanza soldi da potersi permettere di condurre una vita da solo senza dover vivere ancora sotto il tetto della mamma. Aveva un amico, Bonehead, che recentemente cercava un coinquilino per il suo appartamento. Chissà, forse avrebbe accettato: sua madre non glielo aveva neppure impedito.
Grace intanto gironzolava incuriosita nella parte a destra della stanza, guarda caso proprio quella di Liam. Aveva un poster enorme dei Beatles accanto al letto e un tamburello sul comodino. C’era un posacenere colmo di cicche di sigarette e qualche vestito buttato a terra distrattamente. A dirla tutta non era tanto interessante quanto la zona di Noel che invece era colma di CD, fotografie, fogli scritti e disegnati in matita e poi a penna. Ma era la targa sopra i rispettivi comodini con il nome inciso “Liam” e “Noel” che fregava il tutto.
- Non c’è… probabilmente starà in giro.
Lei annuì delusa, poi si voltò di scatto verso Noel e lo spinse per farlo uscire dalla camera. Lui sapeva che Grace sarebbe rimasta lì a frugare tra i cassetti di Liam in cerca di un qualche ricordo di lei, sapeva che Grace avrebbe voluto restare in quella stanza fino al ritorno di suo fratello e sapeva anche, però, che non voleva far dispiacere Noel mostrandogli quanto interesse avesse effettivamente nei confronti di Our Kid. Lui tentò di apprezzare lo sforzo.
- Va bene. Suoniamo la chitarra?
- Volentieri.
Scesero nel salotto vuoto e tra un minuto e l’altro, Grace, incrociando gli occhi di Noel, pensò che alla fine non poteva desiderare niente di più.
   
 
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