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Autore: Iaky    10/04/2012    1 recensioni
Aaron è un giovane cacciatore di diciotto anni della Valle Nowhen, non conosce i suoi veri genitori , è molto diverso dagli altri esseri umani, la sua unica famiglia è sua sorella Stefy, è la ragazza che si prende cura di lui.
Un giorno il giovane Aaron va a caccia sul monte Bendor come suo solito, mentre da la caccia ad un lupo accade qualcosa.
Sembrava una battuta di caccia come tutte le altre, ma quella battuta di caccia le cambierà la vita.
Dovrà prepararsi a conoscere creature che non avrebbe mai immaginato di conoscere, affrontare battaglie che metteranno a rischio la sua vita e quelle di tutto il regno.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
LA CACCIA
 
Il sole aveva appena iniziato ad accarezzare la valle situata sul monte Bendor, Il vento soffiava impetuoso e più di una volta si erano sentiti gli scricchiolii dei rami e degli alberi che si spezzavano.
Durante la notte, come accadeva di continuo durante l’inverno, la valle era invasa da trombe d’aria potentissime che spazzavano via qualunque cosa avesse la sfortuna di capitarvi a tiro.
L’inverno passato una tromba d’aria aveva distrutto una casa.
Questa però, era peggiore, non aveva portato con se soltanto il vento e la pioggia, ma anche il gelo.
Era un annata terribile per la popolazione; i campi erano tutti ghiacciati ed inutilizzabili e le case avevano i tetti che cadevano a pezzi.
Il pane scarseggiava così come l’acqua, la carne fortunatamente c’è n’era in abbondanza grazie agli animali usati per l’allevamento.
Gli abitanti erano andati persino a chiedere soccorso al Re, il quale aveva promesso di aiutarli; ma erano passati sei mesi e nessuno era ancora andato in loro aiuto.
La tempesta si calmò solo a metà mattinata, e come di consueto gli abitanti si riunirono nella taverna del vecchio Navuel.
Mentre si recavano alla taverna, Aaron e sua sorella Stefy sentirono da fuori le urla di Bower, il fabbro. L’uomo non aveva più di cinquant’anni e continuava ad imprecare e maledire il Re.
Gli abitanti del villaggio non sapevano nulla del fabbro, Bower era arrivato li da tre anni ormai.
Nessuno le chiedeva chi fosse, da dove venisse, era sempre stato gentile con tutti, era sempre il primo a soccorrere chi ne avesse bisogno, proprio per il suo carattere, per non aver mai litigato con nessuno e per le sue azioni tutti si fidavano di lui pur non sapendo la sua storia.
“Sono sei mesi! , sei mesi che aspettiamo che quel maiale ci aiuti, e cosa ne abbiamo rimediato?! Soltanto… fame, case e campi distrutti. Dovremmo ribellarci, unirci alla resistenza”,urlò l’uomo furioso, che era salito sopra un tavolo e vi sbatteva uno scudo.
Tutti per la prima volta rimasero ad ascoltarlo, muovendo la testa in assenso per dargli ragione, Ogni giorno, ore, minuti… il cibo diminuiva ed erano stanchi di morire di fame.
Nell’ultimo anno il villaggio aveva perso trenta abitante per la malattia e il freddo, tra questi quattro bambini venti contadini e sei donne.
“Bower ha ragione, ma cosa faremo? Non abbiamo cibo, soldi… come pensate di poter attraversare tutto il regno fino al deserto di Tambragat? ”. Disse il macellaio del villaggio Thor.
“Per giunta non sappiamo neanche il punto esatto dove sono nascosti i ribelli. Nessuno lo sa. Si dice che siano da qualche parte nel deserto, siamo sicuri?, nessuno potrebbe sopravvivere a quelle temperature…il sole picchia forte, la temperatura sfiora i cinquantaquattro gradi, sembra l’inferno, non c’è anima viva, soltanto sabbia  …. E morte,  poi ci sono i soldati; appena ci vedranno andare via dalla città, ci ammazzeranno tutti come cani”. Concluse in fine Michelle, una giovane contadina  che abitava vicino alla casa di Aaron e sua sorella Stefy e che l’anno prima aveva perso suo marito.
“ Invece lo sappiamo, vi ci porterò io, ma dobbiamo partire adesso o non supereremo all’inverno”.
“lo sai? … come?, sei qui da tre anni e non sappiamo nulla di te, chi sei veramente…fabbro?!” tuonò in quel momento Thor.
Fu la prima volta che uno degli abitanti le rivolse quella domanda, tutti i presenti fino a quel momento mugolavano, imprecavano, chi addirittura sussurrava che non avrebbero superato la notte. Tutti fino ad allora parlarono, ma dopo la domanda del vecchio macellaio calò il silenzio e si voltarono tutti verso il fabbro.
Bower  non fece in tempo a ribattere, ed in quel momento entrarono i soldati del Re, ridevano e bevevano.
All’interno della taverna calò un silenzio, quasi innaturale considerando in quale luogo si trovavano i presenti. Si sentivano soltanto il rumore dei bicchieri che venivano posati sui tavoli, l’aria era carica di tensione, rabbia, e repulsione contro il Re.
I soldati si avvicinarono a Bower  e gli dissero di scendere prima che lo avrebbero ammazzato come un cane, Il vecchio si  ribellò e non si sedette, una delle guardie estrasse la spada e la alzò come per colpirlo;
Ma Bower fu più veloce, parò il colpo in modo fulmineo ed estrasse una spada da sotto il mantello uccidendo il soldato.
Subito dopo tirò un calcio al secondo soldato al suo fianco e colpì al volto il terzo con il pomolo della spada  prima che lo colpisse, Bower scese dal tavolo, parò un fendente dritto alla gola ed uccise il secondo;
attese che anche il terzo soldato si alzasse, l’uomo si alzò barcollando e come i suoi due compagni poco prima tentò di colpire il fabbro che parò di nuovo l’ennesimo fendente  e l’uomo fece la stessa fine dei suoi compagni.
Poco dopo Bower guardò i presenti, e chiese a  Navuel e sua moglie Diana di far sparire i corpi, i due ubbidirono senza discutere e quando tornarono i presenti erano in un silenzio quasi funebre, nei loro visi si leggeva la paura, il vuoto, la rabbia.
Di fuori Aaron e sua sorella avevano assistito alla scena, il ragazzo rimase pietrificato fissando la fossa dove erano stati seppelliti i soldati, Poco dopo si ricompose e parlò.
“Il vecchio Bower ha ragione. Dovremmo ribellarci, fare qualcosa, non possiamo continuare a vivere in questo modo”,sussurro Aaron fuori la taverna voltandosi per guardare sua sorella.
Lei gli scoccò uno sguardo pensieroso, subito dopo si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Ma anche Michelle ha ragione, e io non posso permettere che ti accada qualcosa Aaron. Preferirei non far nulla… piuttosto che farti intraprendere un viaggio che potrebbe concludersi ancora prima di iniziare”.
Concluse sua sorella, e come sempre a sottolineare che il discorso era chiuso e lo strinse a se.
Aaron e Stefy erano fratelli, ma non si assomigliavano per niente, Lei aveva i capelli rossicci e gli occhi verdi, una carnagione chiarissima. Aveva il naso leggermente all’insù, aveva un fisico perfetto, era bassa e suo fratello più delle volte la prendeva in giro per l’altezza.
Lui invece aveva le orecchie leggermente a punta, era moro, capelli corti e tutti in disordine, era molto alto, sul metro e settanta all’incirca, aveva gli occhi marroni e i suoi denti sembravano leggermente appuntiti.
Sua sorella lo prendeva spesso in giro per il suo aspetto metà felino.
“Io invece preferirei morire… anche perché morire sarebbe sempre meglio che vivere così, se solo i draghi esistessero, e con loro i loro cavalieri, quel … CANE…”ringhiò Aaron, spingendola via e si sciolse dal suo abbraccio correndo verso la foresta.
“Dove vai?...”  gli gridò lei, indecisa se bloccarlo o meno.
Aaron si fermò, poi la guardo addolcendo lo sguardo e le sorrise dolcemente.
“ Vado a caccia, o vuoi mangiare ancora pane e acqua? Sai che scarseggiano, mi chiedo perché non vuoi che vado a cacciare, bhé mi dispiace ora vado, che ti piaccia o meno…almeno che tu non vuoi morire di fame sorella”.
Subito dopo si voltò e corse il più veloce possibile tenendo la testa bassa, era stufo di mangiare soltanto pane e acqua, avvertiva il bisogno di una bella fetta di carne. Al sangue, calda, morbida.
Aaron corse a lungo, quando si fermo riprese il fiato stremato dalla corsa e si voltò a guardare dietro di se, non vide più la sorella, e iniziò a vagare per la città a testa bassa, chiedendosi cosa sarebbe potuto accadere se i Cavalieri con i loro Draghi fossero ancora vivi.
Avrebbero di sicuro cacciato il Re senza troppi sforzi, si rispose, iniziò a fantasticare di essere uno di quei cavalieri e di cavalcare un enorme drago… subito dopo aver fatto quel sogno ad occhi aperti scoppiò a ridere. Lui non era forte, ne impavido. Era pieno di paure, almeno così pensava, ma era tutto il contrario forse il suo unico difetto era quello di avere paura dell’altezza.
Qualche minuto più tardi, mentre ancora camminava, alzò il viso e si fermò di colpo. Sconcertato si chiese come fosse riuscito a tornare a casa, incurante di dove stesse andando e senza vedere la strada. 
Rimase a guardare la sua casa cadere a pezzi. L’acqua ormai entrava dal tetto quasi del tutto crollato; il fieno era l’unico materiale che proteggeva l’abitazione.
Aaron tornò a vagare coi suoi pensieri e si disse che i Cavalieri dei Draghi molto probabilmente non erano mai esistiti, che fossero solo leggende, messe in circolazione dalla resistenza, per poter arruolare chiunque volesse ribellarsi al Re e alla sua tirannia, che fosse solo un pretesto per morire aspettando che delle stupide leggende si avverassero, quando invece non si sarebbero mai avverate, dopo aver vagato per ore in quei pensieri sospirò ed entrò in casa.
Il piano terra più che una casa era un fienile; il secondo piano era composto da due comodini e due letti, il suo e quello di sua sorella. Salì le scale di legno che scricchiolarono sotto il suo peso e si chinò verso il comodino prendendo l’arco e le frecce.
Aveva rubato l’arco e la faretra l’annata precedente ad un soldato che si era addormentato ubriaco alla taverna.
Per sua grande fortuna non ci furono ripercussioni contro la popolazione; ma ricordava chiaramente come al risveglio il soldato, furioso per l’accaduto, aveva minacciato di far fare la fine dei topi a tutti loro, bruciando le loro case e abusando delle loro donne davanti i loro stessi occhi, qualora non gli avessero portato ciò che aveva perso.
Quel giorno però il comandante dell’esercito se la prese soltanto con il soldato. Lo colpì di fronte a tutti dandogli dell’incapace e poi ordinandogli di andarsene con i suoi uomini.
Aaron Uscì poco dopo di casa e si diresse a grandi passi verso la foresta vietata, che costeggiava la città.
Arrivato in città si acquattò e si mosse silenzioso rimanendo attaccato ai muri delle case e buttandosi dentro il fieno o sotto i carri. Se le guardie lo avessero preso mentre cacciava sul monte Bendor lo avrebbero arrestato; avrebbe subito ogni genere di torture per lunghissime ore, e poi sarebbe stato condannato a morte.
Il solo pensiero gli fece venire la pelle d’oca. Attese qualche minuto dentro il fieno, facendo capolino per quel poco che bastava per vedere fuori. Aveva il bosco alle spalle, prese un bel respiro e appena le guardie si allontanarono corse il più veloce possibile e si gettò nel bosco.
Quando fu sicuro che nessuno lo avrebbe avvistato rallentò la sua corsa fino a camminare, attraversò il bosco facendo meno rumore possibile e rimanendo acquattato, l’unico rumore che si sentiva erano gli ululati dei lupi, il vento che soffiava sempre più forte, i rami degli alberi spezzarsi.
Aaron camminò per tutto il pomeriggio, all’improvviso ci fu un silenzio assordante,  si fermò, e in pochissimi istanti la nebbia lo circondò. Non riusciva a vedere a più di una manciata di metri. Un brivido gli percorse la schiena e trattenne il respiro, un secondo prima c’era il sole, ora la nebbia, aveva sentito parlare da molti abitanti che la foresta fosse stregata ma non ci aveva mai creduto … almeno fino a quel momento.
Passarono lunghissimi minuti, tutto tacque, ma Aaron non riusciva a muoversi, sentiva qualcosa, una presenza dietro di se.
“Fatti coraggio”,si disse tra se e se, e si girò lentamente stringendo l’arco nel pugno della mano sinistra, e la feccia fra due dita dell’altra mano pronta per scoccarla.
Il movimento fu veloce, scattante se non fulmineo, Aaron trattenne il fiato e veloce come un fulmine si girò e scoccò la freccia.
La freccia saettò e tagliò la nebbia, sembrava invisibile, non aveva mai scoccato una freccia con quella velocità. Si sentì un guaito, subito dopo un ringhio.
Il corpo di Aaron tremò come una foglia al suono di quel ringhio e poi iniziò a correre, qualsiasi cosa fosse, però, fu più veloce di lui. Gli saltò addosso e lo morse sul braccio. Aaron urlò di dolore e cercò di togliersi di dosso quella cosa.
Lo scontro fu cruento, durò qualche minuto, durante i quali la carne di Aaron veniva trapassata da quegli artigli, o denti… non sapeva dire cosa fossero. Tirò un calcio a quella figura nera che saltò via guaendo… Aaron questa volta fu più reattivo della creatura, fece suo quei piccoli preziosi secondi di vantaggio alzandosi di scatto, scoccò una seconda  freccia prendendo l’animale in mezzo agli occhi.
La creatura cadde a terra facendo un tonfo secco ed emettendo un altro guaito, questa volta strozzato., Aaron non sentì più nulla, si avvicino per esaminare che cosa lo avesse attaccato, e si accorse che il suo assalitore era un lupo.
“Non vedevo dei lupi ormai da quattro anni…”sussurrò colpito guardando l’animale ad i suoi piedi. Lentamente il sangue uscii dalla testa del lupo, era molto scuro; scavalcò la carcassa dell’animale per non calpestarne il sangue ed estrasse le frecce.
Si inginocchiò di fronte l’animale ed estrasse il suo pugnale da caccia.
Pugnalò con violenza la carcassa del lupo e sentì la carne lacerarsi. Fece penetrare le mani e tolse le interiora dall’animale. Mentre finiva di ripulirlo fece una faccia disgustata, della caccia la parte che più lo ripugnava era dover togliere le interiora delle sue prede.
Passò più di un ora e mezza a togliere le interiora e il pelo al lupo, e quando ebbe finito cercò una grotta dove poter passare la notte al caldo.
Era la prima volta che cacciava nella foresta proibita, aveva sentito parlare che nel sotto bosco dall’altra parte della città gli animali erano tutti morti, sorrise al pensiero di essere il primo a cacciare in quel terreno;
quando sarebbe tornato nel villaggio si ripromise di vantarsi con sua sorella e gli uomini della taverna.
Aaron prese in spalla il corpo del lupo ansimando, era stanco, affamato, assetato, sentiva le forze diminuirgli con il passare dei minuti. Si trascino con la sua preda per delle salite tortuose del monte Bendor, imprecò quando si arrampicò per il sentiero scivoloso scontrandosi contro un ramo spinato.
Cadde a terra ringhiando di dolore e si tocco la fronte che sanguinava, insieme alla fronte anche le gambe erano piene dei graffi.
Inizialmente non aveva fatto caso al morso su la spalla, in quei momenti aveva l’adrenalina a mille e non aveva sentito nulla, anche quella ferita iniziò a farle male, bruciava, Aaron strinse i denti e posò una mano su la spalla, sentì la ferita, la tastò, non era profonda, ma andava disinfettata.
Prese il pugnale e si liberò delle spine, la sua pazienza lasciò spazio all’ira, alla frustrazione, alla rabbia e alla fame. Camminava ormai non sapeva da quanto, e non era riuscito a trovare una grotta dove riposare e mangiare.
Purtroppo era tarda serata, ma si ripromise di cacciare un'altra preda il giorno dopo, tirò un pugno a terra.
“Stupido albero, stupido tempo, maledetto Re!”, urlo furioso per poi rialzarsi e riprendere in spalla la carcassa dell’anomale che aveva ucciso.
Camminò per tutta la sera, fino a quando la luna si trovava nella parte più alta del cielo, trovò infine la grotta.
 Entrò e si lasciò cadere a terra insieme alla carne dell’animale. Gattonò verso una pozzanghera che si trovava al cento della grotta e bevve assetato, si accostò al muro della grotta boccheggiando esausto. E si guardò intorno.
La grotta era umida; da ogni piccolo frammento di roccia cadevano piccole goccioline di acqua. Tentò più volte di accendersi un fuoco, ma imprecò più di una volta perché quando sembrava che il fuoco stesse per accendersi, cadeva sempre una goccia di acqua che lo spegneva. Anche per accedere il fuoco Aaron impiegò più di un ora, e quando ci riuscì sorrise. Il tepore sprigionato dal fuoco lo aiutò a calmarsi, dandogli nuove energie.
Sfregò le mani nel fuoco per riscaldarle e poi cucinò un pezzo di carne. Quando la carne fu ben cotta iniziò a strapparla con i denti masticando lentamente, era buonissima; di sicuro l’acqua, il fuoco e del cibo caldo lo aiutarono a calmarsi.
Assaporò la carne del lupo, era morbida, dolce, un tantino al sangue, Aaron non ricordava più il sapore di quel cibo caldo, masticò lentamente assaporandone ogni minimo particolare, ne prese un altro pezzo, lo mangio nello stesso identico modo.
Quando ebbe finito di mangiare fece per sdraiarsi ed addormentarsi ma qualcosa di enorme e pesante crollò fuori la grotta, sobbalzò e prese l’arco e frecce, e si fece luce utilizzando un tizzone ardente. Fece per aprire bocca quando sentì una presenza insinuarsi nella sua testa.
 
 
”Aaron … Aaron, avanti non respingermi fammi entrare nella tua testa, non ti farò del male tranquillo”.
Era una voce melodiosa, limpida. Una voce che sembrava cantare invece che parlare, pensò Aaron incantato rimanendo ad ascoltarla.
“Aaron, mi senti? Parla!, anche mentalmente ma parla, io posso sentirti e tu, come puoi intuire… senti me”,le disse la voce nella sua testa.
“Sì, ti sento? Chi sei?, che cosa vuoi da me?”chiese il ragazzo con la mente. Era curioso ma non spaventato. Al contrario si sentiva vivo, al sicuro; non riusciva a spiegarselo, ma mentre tante domande gli inondavano la testa, la voce gli intimò di stare zitto e lui si scusò.
“Aaron, so che hai molte domande e io ti darò una risposta ad ognuna di esse. Inizierò con dirti che … tutto quello che hai sentito nelle tue storie, la magia, i cavalieri, i draghi, tutto quello che sai, che fino ad ora per te erano semplici leggende … SONO VERE”.
“C…COSA?!”,urlò il ragazzo sia a voce alta che attraverso la mente.
“Aaron, esci fuori… e tutto quello che hai sognato, e sperato, diverrà realtà”.
La voce tacque e nella grotta regnò il silenzio. Nessuno dei due parlò, Aaron ero indeciso; cosa sarebbe successo?, Sarebbe morto se fosse uscito?, Che cosa voleva dire quella voce?, Chi era?, Era un drago che gli aveva chiesto di uscire per parlare?, E da quando i draghi parlavano?.
Mentre si faceva un milione di domande, qualcosa dentro di se lo spinse a muovere le gambe, lentamente Aaron uscì dalla grotta, affrontando ciò che lo attendeva nel buio degli alberi, che si trovavano nel bosco del terrificante Monte Bendor.
   
 
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