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Autore: Iaky    29/03/2012    0 recensioni
Aaron è un giovane cacciatore di diciotto anni della Valle Nowhen, non conosce i suoi veri genitori , è molto diverso dagli altri esseri umani, la sua unica famiglia è sua sorella Stefy, è la ragazza che si prende cura di lui.
Un giorno il giovane Aaron va a caccia sul monte Bendor come suo solito, mentre da la caccia ad un lupo accade qualcosa.
Sembrava una battuta di caccia come tutte le altre, ma quella battuta di caccia le cambierà la vita.
Dovrà prepararsi a conoscere creature che non avrebbe mai immaginato di conoscere, affrontare battaglie che metteranno a rischio la sua vita e quelle di tutto il regno.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Gli uomini accumulano conoscenze,
ma io penso che il punto ultimo
è poter ascoltare il suono della valle
e guardare il colore della montagna.
Insomma, non guardare gli uomini,
ma guardare la luna,
guardare gli alberi
e ascoltare il sermone dell’intero universo”.
 
 
Kodo Sawaki Roshi
 
 
 
 
 
 
 
 
                                                                            
PROLOGO
Era appena scesa la notte e le stelle e la luna illuminavano la città degli elfi, quella che loro chiamavano Lòrien.
Una lieve folata di vento  accarezzava il paesaggio incantato che si estendeva per tutta la foresta della Dheweldarin, le luci nelle case e negli enormi palazzi rendevano l’atmosfera ancora più magica e incantevole.
In lontananza, nei meandri  più profondi della foresta si potevano ascoltare le melodie che gli Elfi dedicavano alla natura con i propri flauti.
Era il luogo più silenzioso e tranquillo che potesse esistere, soltanto quando la luna fu nella parte più alta del cielo, si iniziarono a sentire  lievi canti che gli elfi dedicavano alla natura circostante per renderle omaggio e prosperità.
Gli alberi sembrava si muovessero a tempo con quelle voci graziate, come se stessero ballando, sembravano quasi un sussurro, una ninna nanna.
Ascoltare quella dolce melodie era come ipnotico, anche l’anima più oscura e sofferente avrebbe trovato la pace  nel rimanere anche un solo minuto in quel luogo.
L’entrata della città era sbarrata da un enorme cancello, le case erano situate tutte in fila sia da destra che alla sinistra dell’enorme viale che portava al centro della città.
Al centro era situato un enorme palazzo con i suoi giardini, i giardini erano addobbati da moltissimi fiori e rose, insieme ad i giardini c’erano anche svariate fontane ognuna con una forma diversa.
Tra loro ciò che le accumunava erano proprio le loro forme, diverse si ma ognuna raffigurava un animale diverso.
Lungo i giardini della città ogni fontana nel suo interno emanava una luce lieve, qualche volta si vedevano saltare fuori e poi rigettarsi in acqua moltissimi pesci dal colore blu che emanavano una luce fioca, forse erano loro la causa di quel bagliore all’interno dell’acqua.
Fu proprio in quel momento che le porte della città si aprirono  ed un cavallo bianco con un corno in mezzo alla fronte entrò quasi silenzioso all’interno della città.
Silenzioso quanto veloce, il cavallo con in sella un Elfa coperta da un mantello bianco attraversò il lunghissimo viale che collegava la città ed arrivava nel palazzo situato al centro di essa.
“Estat”sussurro l’Elfa sporgendosi in avanti con un movimento aggraziato, quasi invisibile con voce soave e cristallina. Il cavallo si fermo nitrendo e l’Elfa scese con lo stesso movimento aggraziato di poco prima senza emettere il minimo rumore.
Posò la testa sul meraviglioso animale e le accarezzo il muso, lui nitrì di rimando mente lei pronunciava parole incomprensibili al suo orecchio.
Come se le fosse stato dato un ordine il cavallo  si voltò e scomparve nella foresta con la stessa grazia di poco prima senza emanare alcun rumore.
 
L’Elfa percorse l’enorme viale del giardino, e lasciò che il cappuccio del mantello scendesse lento su le sue spalle, mentre percorreva l’enorme viale teneva lo sguardo alzato verso l’imponente costruzione.
Il palazzo era  come tutta la città addobbato con varie luci, la differenza è che ognuna di loro a cospetto del resto della città avevano un colore diverso l’una dall’altra.
In più la parte iniziale del palazzo era a forma di torre che portava a più di trenta metri di altezza.
Appena si entrava nel palazzo su la destra c’erano delle lunghissime scale a chiocciola che portavano al tetto, e  in fondo un enorme  portone che portava al resto del palazzo.
L’Elfa entrò nel palazzo e percorse l’enorme scala a chiocciola che portava fino al tetto.
Salì gli ultimi gradini fermandosi dieto un possente drago dal colore rosso, il drago era sdraiato e con la sua enorme statura occupava gran parte del tetto aperto della torre.
La possente creatura rimase a fissare la luna con sguardo pensieroso, passarono alcuni minuti, il vento si fece sempre più fievole  quando l’enorme creatura si sbloccò.
“Mae govannen … aranel Aredhel” disse telepaticamente la dragonessa voltandosi quando la sentì dietro di se salutandola nell’antica lingua che stava a significare salve … principessa Aredhel.
Ci fu un attimo di silenzio, poco dopo l’enorme drago  si mise a quattro zampe fissando la giovane Elfa.
La dragonessa era di un colore rosso accesso, ed i suoi occhi avevano una sfumatura dorata, aveva artigli enormi ed affilati, anche le sue zanne erano molto affilate.
La sua coda era lunghissima, solo a guardarla incuteva moltissima paura,  includendo la coda la sua lunghezza era di venti metri e la sua altezza di tre metri o poco più.
L’Elfa si avvicinò tenendo il viso basso e parlò.
“ Salve a voi, mia carissima amica. Siete sempre molto gentile nei miei confronti e la vostra gentilezza mi riempio il cuore di gioia, sono qui per portarvi una buona notizia mia vecchia amica”appena finì di parlare l’Elfa portò il pugno della mano destra sul petto e si inginocchiò difronte l’enorme drago in segno di rispetto.
”ti prego Aredhel non devi inginocchiarti difronte a me sei pur sempre una Principessa dovresti mantenere più integro il tuo titolo anche difronte ad un drago” disse la dragonessa emettendo  un suono gutturale dalla gola simile ad una risata.
Aredhel sorrise all’affermazione dell’enorme drago e si rialzò.
Le si avvicino fino a posare una mano sul suo muso accarezzandolo, dopo posò la fronte su di esso chiudendo gli occhi e sospirando dolce.
”Una buona notizia hai detto amica mia? … per il bene di tutte le creature di questo mondo ditemi che lo avete trovato e partirò subito”.
Disse l’enorme dragonessa muovendo il muso. Quest’ultima fece vari versi simili a delle fusa mentre la giovane Elfa le grattava il muso, poco dopo ispirò con  le enormi narici e si scostò da quel tocco, guardò Aredhel negli occhi aspettando una risposta.
Aredhel si spostò e si sedette accanto a lei guardando la luna, ci furono altri lunghissimi istanti di silenzio, dopo la giovane principessa  voltò il viso verso una pozzanghera accanto a lei e rimase a fissare la sua immagine.
Stava decidendo con cura le parole da usare, rimase ad osservare a lungo quella pozzanghera catturandone ogni particolare.
Dal colore ad i più minuscoli frammenti di terra.
I suoi occhi celesti sembravano brillare con l’immagine riflessa della luna, Aredhel fece un grosso respiro e alla fine ruppe il silenzio.
“ I nostri esploratori ci hanno assicurato che c’è un villaggio, nascosto  nella parte più estrema del regno.
È nascosto all’interno del monte Bendor, difficile da individuare essendo coperto dagli alberi, dicono che questo luogo prende il nome di “valle di Nowhen”.
Aredhel tacque un secondo e si girò verso la dragonessa, la vide sdraiarsi accanto a lei posando il muso su le zampe anteriori ed osservandola con i suoi enormi occhioni dorati.
L’Elfa sorrise rimanendo a guardarla e poi riprese a parlare tornando a guardare la luna.
“Hai vagato per più di tremila anni per tutto l’impero cercando il tuo cavaliere, non lo hai trovato … Hope sono sicura, e sono pronta a scommetterci che questa volta lo troverai e insieme distruggerete l’usurpatore  e ristabilirete la pace all’interno di questo regno.
D’altronde sono sicura di questo anche perché è l’unico posto dove non abbiamo cercato, non possiamo aspettare che le uova si schiudano, il tempo passa, ogni giorno, ogni ora, anche adesso il nostro nemico si rafforza … dobbiamo fare presto”concluse infine l’Elfa guardandola.
La dragonessa attese che Aredhel finisse di parlare, quando fu certa  avesse detto tutto si alzo scrollandosi  e la guardò.
La dragonessa prese rimase a fissarla a lungo meditando su le sue parole, non avrebbe impiegato moltissimo ad arrivare, quella notte aveva anche il vento a suo favore, decise che sarebbe partita immediatamente sarebbe arrivata alle prime luci dell’alba.
Il tempo era passato molto velocemente senza che la dragonessa se ne accorgesse, Aredhel comunque non si scompose, rimase ferma per tutta l’ora attendendo la risposta di Hope.
Fino a quel momento era sembrata una statua di Gargoyle, ad una vista umana sembrava come se non respirasse, o come se dormisse ad occhi aperti.
Alla fine si scosse come se qualcosa l’avesse risvegliata dai suoi pensieri e guardò Aredhel con sguardo che brillava dall’eccitazione, d’altronde se gli esploratori della regina avevano saputo di questo luogo anche le spie del Rè lo avevano saputo e in quel momento potevano andare alla caccia del possibile Cavaliere.
”Che così  sia, partirò all’istante, avverti tua madre la regina Nolwë che sono andata a prendere il mio cavaliere !! “disse la dragonessa alzandosi e scrollando il suo enorme corpo come i cani ed i gatti facevano per togliersi l’acqua di dosso, infine aprì di scatto le sue enormi ali, e con uno slancio con le zampe, scattò in volo creando una corrente d’aria che costrinse Aredhel,  a coprirsi il volto con una mano per non far entrare la polvere negli occhi.
Aredhel scoppiò a ridere sentendo la dragonessa parlare e rimase a guardarla.
“Che le stelle ti proteggano amica mia,  e che gli spiriti dei tuoi antenati possano condurti verso la luce”disse Aredhel sorridendo, scoprendo appena i suoi denti affilati simili a quelli dei felini.
Hope rispose con un ringhio  assordante degno della sua specie, ogni battito delle sue possenti ali creava una fortissima corrente d’aria che alzava la polvere dal terreno.
Subito dopo la dragonessa scomparve nel cielo stellato dirigendosi verso Ovest alla ricerca del suo cavaliere.
Aredhel  rimase per un lungo istante a vedere in direzione della luna, verso la quale si era diretta Hope; quasi potesse ancora vederla con la sua vista sviluppata da Elfa.
Un secondo dopo si coprì il volto con il cappuccio del mantello e voltò appena il viso un ultima volta verso la luna.
“Cuio nin mellyn”sussurrò Aredhel nell’antica lingua, che stava a significare buona fortuna.
Subito dopo scoprì un lieve sorriso verso le stelle, per poi darle definitivamente le spalle e rientrare a palazzo per avvertire la regina, sua madre.
Dopo la discussione con Hope, Aredhel scese di nuovo le enormi scali a chiocciola pregando per la sua amica.
Quando Aredhel tornò di nuovo giù entro l’enorme portone situato in fondo alle scali a chiocciola,  appena lo aprì il portone feci un rumore chiassoso per poi richiudersi sbattendo dietro di lei.
Lungo i lati dell’enorme e lunghissimo corridoio c’erano le varie stanze della servitù di sua madre, ed infondo, al cento c’era l’enorme trono dove era situata la regina.
Quando il portone si richiuse Aredhel attraversò l’enorme corridoio con i presenti che la guardavano e bisbigliavano su di lei.
Sua madre la vidi arrivare e si alzo sorridendo andandole incontro a mani aperte.
“ Figlia mia, ben tornata a casa, spero che il tuo viaggio sia stato di tuo gradimento”.
“Si, grazie madre, è un vero piacere potervi riabbracciare”, rispose Aredhel sorridendole, e quando furono l’una vicina all’altra si scambiarono un abbraccio.
“Devi essere molto stanca tesoro, vai a riposarti dopo mi spiegherai cosa hai scoperto e il motivo della partenza di Hope, spero che questa volta tu non ti sia sbagliata, non possiamo più aspettare e i Nani, i nostri stregoni e Baldor aspettano spazientiti.
Non c’è più tempo, Darkas quest’oggi ha attaccato le nostre forse ed abbiamo perso più di mille uomini”.
“State tranquilla madre, questa volta c’è l’abbiamo fatta, adesso scusatemi ho bisogno di riposare … e cosa dovrei dirvi? Se non quello che sapete già?”, ribattezzò secca Aredhel congedandosi con un lieve inchino riportando il pugno della mano destra sul petto, dopo si rinchiuse nella sua stanza ed andò a farsi un bagno caldo, pregando che Hope trovi il suo cavaliere … sua madre aveva ragione, non c’era più tempo.
   
 
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