5
Get off my cloud
"All those signs, I knew what they meant
Some things you can invent
And some get made, and some get sent"
[Speed
Of Sound – Coldplay]
21
Febbraio, 9:30, Villa Stark
Tony
imprecò per l'ennesima volta contro DUM-E, che sembrava
dotato di
volontà propria.
«No! Devi fondere prima
il
silicio e poi
temprare
il carbonio!
Prima... poi. Tutto chiaro?!»
Il robot emise un ronzio
flebile e non molto rassicurante.
Tony tirò un lungo sospiro:
stava letteralmente arrostendo, era la terza volta che tentava di
fondere la lega e nessuno obbediva ai suoi ordini! Senza contare che
iniziava ad affaticarsi: era seduto da ore e il moncherino della
gamba gli doleva implorandolo di sdraiarsi per alleviare le fitte. Come
se non bastasse,
il suo braccio sinistro si stava rivelando più
incontrollabile di
quanto pensasse, soprattutto quando si trovava a manovrare tenaglie
arroventate e recipienti colmi di metallo fuso con l'ausilio di un
robot poco collaborativo e con evidenti problemi di coordinazione.
Di quel passo sarebbe impazzito...
«JARVIS, aiutami tu: fai
capire a questo ammasso di latta che deve seguire le mie
istruzioni!»
«Signore,
le periferiche non sono di mia competenza.»
Tony alzò l'occhio
al cielo sentendosi vicino a un crollo nervoso:
«C'è qualcosa
che funzioni qua dentro, a parte il mio cervello? Ho bisogno di
zuccheri,» aggiunse,
stremato.
Tony si trasferì faticosamente sulla sedia a rotelle,
afferrò la stampella che ormai usava come un bastone
telescopico
tuttofare e si diresse verso l'ascensore, spingendo il pulsante con
essa e rischiando di schiantarsi a terra nel processo.
Prima di
allora, in tutta la sua vita aveva utilizzato quell'ascensore solo
rare volte: quando l'aveva fatto installare, quando era troppo ubriaco per fare le scale, e quando Stane gli aveva
estratto il reattore lasciandolo agonizzante sul divano al piano di
sopra, a malapena in grado di trascinarsi fino al laboratorio. Adesso
aveva molte più occasioni per usarlo. Entrò
incupito in quel
cubicolo, fissando con vacuità la parete a specchio mentre
aspettava
che salisse al piano del salotto.
Si sospinse fino in cucina ed
aprì il frigorifero come un morto di fame: aveva il fiatone
per lo
sforzo di spingere la carrozzella e scrutò speranzoso gli
scaffali
alla ricerca di qualcosa di commestibile, usando la stampella per
rovistare ai piani più alti. Trasalì quando si
poggiò
inavvertitamente sulla piaga della gamba e fu costretto a fermarsi.
Il dolore ai moncherini era sopportabile, ma sapeva che era solo
grazie agli antidolorifici che riusciva a muovere un muscolo senza
urlare. Non appena il dolore scemò riprese a mettere
vivacemente a soqquadro il frigo, assumendo
un'espressione sempre più contrariata.
Fu così che, quando Pepper entrò in
cucina un quarto d'ora dopo, Tony si stava ingozzando di macedonia seduto al tavolo mentre
manovrava con inaspettata sicurezza il cucchiaio con la sinistra.
«Da
quando in casa mia ci sono solo cibi sani?»
la
accolse bofonchiando, quasi strozzandosi con un chicco d'uva.
«Da
quando deve seguire una dieta ferrea,»
rispose
paziente Pepper, impeccabile come sempre nel suo tailleur oltremare.
Tony adocchiò con sospetto il fascio di documenti che recava
in
mano. Aveva il netto presentimento che attendessero le sue
attenzioni, così si affrettò a continuare il
discorso per ritardare
quel momento:
«Ma avrei preferito... non so, qualcosa di
ipercalorico e assolutamente inadatto a chi è nelle mie
condizioni,»
si
lagnò, inghiottendo
un'altra enorme cucchiaiata di frutta e rimpiangendo i cheeseburger.
Pepper non rispose, alzando
gli occhi al cielo come una madre che si trovi a fronteggiare i
capricci di un figlio schizzinoso. Tony aveva sempre avuto un
rapporto molto particolare col cibo, visto che era raro non vederlo spiluccare qualcosa agli orari più improbabili del giorno e della notte. Considerò il suo ritrovato appetito un buon segno.
«Come va la fusione?»
cambiò
argomento.
«Non
si vede?» indicò
la sua maglietta da lavoro – una t-shirt degli Aerosmith ormai
logora, strappata e bruciacchiata in più punti, a testimoniare il suo poco amore per la band.
I
pantaloni erano messi anche peggio ed era persino riuscito a rimediarsi delle scottature
superficiali sulla mano, che tentava disperatamente di tenere celata
dietro la ciotola, ma non sfuggirono agli occhi attenti di Pepper.
«E
adesso a cosa starebbe lavorando?» gli
ricordò, in un richiamo bonario.
«Alla mia pausa, signorina
Potts. Gradisce anche lei?» accennò
alla ciotola già vuota a metà.
«Declino l'offerta, ma grazie.»
rispose,
togliendogliela
poi di mano per evitare che finisse il chilo e mezzo di macedonia
procurandosi una gastrite.
Tony sospirò, rimanendo stolidamente
col cucchiaio impugnato a mo' di scettro di un re usurpato nel
vedersi sottrarre il cibo da sotto il naso.
Il suo sconforto non
durò a lungo e ripartì in quarta sulla sedia a
rotelle, arrivando a
tempo di record in salotto. Pepper sollevò lievemente le
sopracciglia di fronte a quella sveltezza: non si sarebbe stupita se
Tony avesse improvvisamente deciso di installare dei turbo su quel
"trabiccolo infernale" che stava iniziando a disdegnare
sempre meno, nonostante a volte lo cogliesse in flagrante a
deambulare usando una sola stampella, con scarsi e pericolosi risultati.
Lo
tallonò per accertarsi che non ne combinasse una della sue.
Inoltre
doveva anche firmare molti,
troppi documenti. Le cose alle Stark
Industries erano precipitate in quell'ultimo mese e lei riusciva a
malapena a tener testa a tutte le telefonate e le richieste di
meeting e di notizie sulle condizioni del titolare dell'azienda che
riceveva quotidianamente.
Per fortuna Rhodes la stava aiutando almeno a gestire la situazione col
governo. Il colonnello
si era dimostrato molto risentito per il fatto di non poter ancora
far visita a Tony, ma era stato costretto a sottostare alle
disposizioni dello SHIELD e si stava prodigando per aiutarlo come
poteva. Pepper
non era nemmeno del tutto certa che fosse a conoscenza delle
condizioni fisiche del suo amico e non aveva ritenuto opportuno
aggiornarlo. Conosceva la sua caparbietà ed era sicura che
si
sarebbe fiondato alla porta di Tony non appena avesse saputo i
dettagli dell'incidente. E vista la particolare irrequietezza del suo
datore di lavoro non era sicura che l'incontro tra due teste
così
cocciute come le loro avrebbe prodotto risultati positivi.
Osservò
Tony mentre si trasferiva maldestramente sul divano, stravaccandosi
con sollievo e accendendo la TV con uno schiocco delle dita.
Trasmettevano un servizio su dei violenti scontri armati in corso da
qualche parte in Medio Oriente, e Tony storse il naso.
«Vede? Vede che cosa succede
quando non ci sono io? La gente si scanna!»
esclamò
con veemenza, preso da una delle sue solite manie di protagonismo, ma
la donna percepì una dolorosa vena di frustrazione nella sua
voce.
«JARVIS, cambia canale»
aggiunse
in tono più moderato, iniziando a cercare qualcosa tra i
cuscini del
divano.
Il robot eseguì, e Pepper raggelò nel veere la nuova successione d'immagini che andò a occupare lo schermo piatto.
«Ed è ormai di pubblico dominio la
folle impresa del...» una
foto di Tony campeggiava sullo schermo, ma lui era fortunatamente
ancora impegnato a cercare qualcosa perso nei meandri del
sofà.
Pepper si fiondò sul telecomando e si affrettò a cambiare canale: il suono delle raffiche
di mitra sostituì nuovamente la voce entusiasta della presentatrice.
«Ma
che cavolo... Off,»
ordinò
Tony,
riemergendo irritato dai cuscini. «Vedere questa roba mi rende
solo nervoso,»
sbottò,
lanciando
un'occhiata risentita alla TV e alla donna.
Si trasferì sulla
sedia a rotelle senza aspettare il suo aiuto, dopo essersi cacciato
in tasca il suo blocco degli appunti appena recuperato; fu quasi sul
punto di cadere, ma recuperò miracolosamente l'equilibrio e
si
diresse di nuovo verso l'ascensore come se nulla fosse successo.
Pepper si rassegnò ad aspettare un momento più
propizio per
sottoporgli i documenti aziendali che stringeva ancora in mano.
In
quegli ultimi giorni era stato particolarmente irrequieto, cosa che
non giovava affatto alle sue condizioni: passava quasi tutta la
giornata in laboratorio, stava accumulando sonno perso, approfittava
del fatto di essere costantemente inibito dagli antidolorifici per
muoversi più del dovuto ed iniziava a risentire del
prolungato
periodo senza aver assunto clorofilla. Pepper, messa in allarme sulle
sue vaghe ed evasive spiegazioni sugli effetti collaterali del
reattore, aveva tempestivamente reagito sostituendo le sue amate
bibite alcoliche nel minibar del laboratorio con flaconi di "succo
d'erba".
Non ci volle molto prima che la voce infuriata di
Tony risuonasse nel salotto dalla tromba delle scale:
«Puah!
Cos'è questo schifo!? Ancora clorofilla? È
ovunque! Pepper!»
Lei
non si degnò neanche di rispondere, sorridendo fra
sé segretamente
soddisfatta.
***
21 Febbraio, 17:45, Villa Stark
«Ce
l'ho... fatta,» sospirò finalmente Tony, volgendo
le mani al cielo
in un ironico ringraziamento divino: sapeva perfettamente di dover
ringraziare solo se stesso.
"Megalomane? A rapporto."
«Sono
un genio. Oh, sì. Adoratemi,» esclamò
rivolto ai robot accanto a
lui.
«Signor Stark, quando avrà finito di venerarsi
potrebbe
rivolgere a me le sue attenzioni?»
«Oh, ne sarò veramente
lieto, signorina Potts,» si girò con un gran
sorriso sul volto che
si congelò all'istante quando scorse Mitchell al seguito
della
donna. «Di nuovo lui?» impallidì,
coprendosi protettivo i
moncherini.
«Buongiorno anche a lei, signor Stark,»
ribattè
Ian, armato di una pazienza infinita.
«Non ho niente contro di
lei, ma sa... non mi ha mai portato buone notizie.»
«Comprendo
il suo trauma. Anche per me non è piacevole.»
«Siamo in tre,»
commentò Pepper, spazientita.
«Sono sicuro che avete un motivo
validissimo per essere qui... ma prima dobbiamo festeggiare: ho
inventato una nuova lega. È un grande giorno per la scienza.
JARVIS,
segna sul calendario.»
Ian fece un mezzo sorriso, non del tutto
convinto.
«Bene, vedremo se sarà compatibile. Mi mostri i
progetti.»
Tony gli porse un voluminoso fascio di documenti.
«La
nuova lega è composta da silicio, carbonio ibridato, acciaio
e
nichel depurato. Si fonde prima il silicio con il carbonio in base ad
un rapporto che...» si interruppe, notando l'espressione del
medico che
lo pregava di semplificare al massimo le parti tecniche.
«...che non
sto a spiegarle. Comunque, poi si fonde il carbonio ibridato con
l'acciaio e si fondono le due leghe temprandole a varie temperature.
Voilà! Abbiamo l'Unobtanium,
che secondo i miei calcoli dovrebbe poter sostituire i nervi in
maniera abbastanza fedele. Osservazioni? Commenti? Insulti?
Sì, sono
preparato anche a quelli, ma li ignorerò.»
«Sarò io a decidere se saranno
compatibili o meno. L'unica obiezione che mi sento di farle
è...»
«Perché "unobtanium"?»
completò Pepper al
posto suo.
«Esatto. Di tanti nomi...»
«Oh, le alternative
erano "Starkium" o "Badassium", fate un po' voi.
Ho deciso di buttarla sul ridere dato che sarà una lega che
non
andrà in commercio. Per ora.»
«Unobtanium andrà benissimo. Mi
servirà un campione.»
«Eccolo qui, solo per lei.»
Tony gli
porse una barretta dal colore nerastro racchiusa in una scatolina
semitrasparente. Ian parve intuire l'aspetto nocivo della nuova lega,
perché lo fissò con uno sguardo eloquente dopo
averla osservata in
controluce: non sembrava esattamente il materiale ideale per
sostituire i nervi di un braccio umano.
«Sì... mi, anzi, gli,»
indicò DUM-E, che si agitò con un ronzio
«è scappato un po' troppo nichel. Ne consideri
circa il 4% in meno; rimedierò con la prossima fusione,
questo primo
blocco servirà per i test preliminari. Vedremo poi quale dei
tre
componenti compenserà il nichel in eccesso.»
«E
l'alimentazione?»
«Sono lieto che me l'abbia chiesto, così
potrò sommergerla con un'altra spiegazione tecnica... o
forse no,»
tossicchiò.
Prese una specie di microchip dai riflessi azzurrini
poggiato sul tavolo.
«Questo è un micro-reattore arc; ancora un
prototipo, in effetti. Ha la stessa potenza di questo.»
Tamburellò
sulla piastra impiantata nel suo petto. «E un'autonomia di
circa
sessant'anni; direi che basterà... dovrà essere
ancorato alla
protesi e all'osso. Dove, dovrà deciderlo lei.»
«Tra acromion e
clavicola, direi. Almeno, così su due piedi, mi sembra la
collocazione più adatta. Mi lasci anche il micro-arc ed una
copia
del progetto.»
Altri documenti si aggiunsero a quelli che già
aveva in mano.
«Grandioso: compiti a casa. Mi sento tornare ai
tempi del college,» sospirò Ian, oberato di
scartoffie.
«A
questo proposito: mi rendo che il mio caso le porterà via la
maggior
parte del suo tempo lavorativo, così vorrei proporle un
impiego
fisso nelle Stark Industries, nel settore medico-sanitario,»
sciorinò Tony con semplicità.
Ian rimase di sasso, non
aspettandosi certo un'offerta simile posta in modo così
diretto.
Si prese qualche istante per ricomporsi e per riuscire a chiudere la
bocca rimasta semiaperta per la sorpresa.
«Sarebbe... fantastico.
Decisamente fantastico, ma dovrò... ponderare l'offerta, dopotutto sono anni che
lavoro nello stesso ospedale. Accetterei all'istante, ma dovrei prima
parlarne con la mia famiglia e informare i miei colleghi,»
temporeggiò, per non farsi vedere eccessivamente euforico.
«Ma
certo, ha tutto il tempo che desidera. Signorina Potts, lei
è d'accordo?»
«Me
ne ha già parlato, ripetutamente, e le ho espresso il mio
entusiasmo,» gli ricordò, riservando un lieve
sorriso al
medico, che si schiarì la voce fingendo indifferenza.
«Scommetto che non è solo una visita di
piacere,»
commentò all'improvviso Tony, notando che nessuno dei due
sembrava
aver intenzione di andarsene e realizzando che non aveva ancora
capito perché fossero venuti a parlare con lui.
"Altri
problemi..."
«Che intuito, signor Stark,» Mitchell si mosse
un po' a disagio.
«Immagino che lei sia qui come supporto
psicologico della signorina Potts.»
«Più o meno,» rispose
lui, evasivo.
«Vede, ehm... lei è in una situazione disagiata,
ma non solo fisicamente, purtroppo,» iniziò
Pepper, titubante.
«E
fin qui ci capiamo. Anche mentalmente non sono mai stato messo troppo
bene.»
«Sto cercando di dirle che è anche socialmente
compromesso.»
«Mi lasci indovinare: sono coinvolto in una
qualche scandalo che ha attirato l'attenzione delle più
importanti
personalità degli Stati Uniti che adesso vogliono delle
spiegazioni
convincenti... per vie legali, presumo.»
Pepper lo fissò un po'
spiazzata.
«Andiamo, ne parlano tutti i telegiornali! Pensavate
che non me ne fossi accorto? Il fatto che non voglia ascoltare non
vuol dire che non senta. E mi aspettavo di aver occupato le prime
pagine con l'incidente al settore 16, altrimenti perché ci
sarebbero
stati tutti quei paparazzi all'ospedale?» sollevò
la mano come se
fosse ovvio e con aria fintamente offesa per il fatto che avessero
sottovalutato a quel punto le sue capacità deduttive.
«Ci ha
risparmiato la fatica di informarla.» Pepper
sembrò enormemente
sollevata.
«Come ha intenzione di reagire?» intervenne a quel
punto Mitchell, temendo già la risposta.
«Tecnicamente ad ogni azione corrisponde una reazione, ma se io decidessi di non reagire...» notò lo sguardo affilato di Pepper e si affrettò a concludere: «Non presentarmi in
tribunale potrebbe essere una soluzione?»
«Signor Stark, è
sotto processo, non mi sembra la mossa migliore per ingraziarsi la
giuria,» Pepper lo squadrò con
severità, consapevole che non
stesse scherzando.
«Forse ha ragione... di cosa sarei accusato,
esattamente? Questo mi è sfuggito.»
«Ha una quantità
esorbitante di accuse, prima di tutto quella di essere... "Iron
Man".» Pepper pronunciò quel nomignolo con
evidente
perplessità.
«E dov'è il problema? Lo sono. Lo dichiaro. Fine
del processo e tutti a casa a lavorare sulle protesi,»
esclamò
falsamente esuberante Tony; aveva modi decisamente migliori per
sprecare il suo tempo che passare un'intera giornata a scaldare un
banco dei testimoni. «Bel nome, tra l'altro. Impreciso dal
punto di
vista tecnico, essendo l'armatura una lega di oro e titanio, ma molto
evocativo. Ha un che di pesante e potente. Sempre meglio di
"Consulente" o "Il Meccanico",» concluse
soddisfatto, mettendo a dura prova la sopportazione di Pepper.
«Mi
creda, signor Stark, vorremmo tutti che fosse così semplice,
ma
credo che qualcuno
non sarebbe così contento se confermasse spensieratamente la
sua
identità segreta.»
Ian fece finta di non stare ascoltando e
prese a leggere i documenti che aveva appena ricevuto.
«Identità
segreta? Pensavo di essere solo un "consulente", anche se
collaboro da mesi con Mr. Pirata e la sua ciurma.» Tony
simulò
un'espressione sbigottita. «Dopotutto, tecnicamente sono
troppo
"imprevedibile" e "instabile" per fare parte del
Progetto...»
«Signor Stark, le ricordo che sta parlando di
informazioni classificate.» Pepper scoccò
un'occhiata a Ian, che
faceva del suo meglio per mostrarsi disinteressato.
«Non ho alcun
dovere nei loro confronti! Non mi sembra che i miei super-amichetti
si siano neanche degnati di spedirmi un biglietto di buona
guarigione!» esclamò lui, chiaramente seccato e
deluso.
«Lei
non sa di cosa sta parlando, la situazione è molto
più complessa di
quanto crede e neanche io...»
A quel punto Ian si
riscosse:
«Signor Stark, signorina Potts. Sono perfettamente
consapevole di essere invischiato in qualcosa di più grande
di me.
Ho una famiglia e gradirei non essere messo parte a segreti di Stato
e informazioni sensibili che potrebbero metterla a rischio, se non vi
dispiace. Sono già abbastanza coinvolto con la storia del
processo
in quanto suo medico curante e avevo esplicitamente chiesto di
rimanere estraneo a queste faccende, per quanto possibile.»
Scoccò
un'occhiata significativa a Pepper, che ricambiò con aria di
scusa.
Tony alzò la mano in segno di resa come a dire che, se
fosse dipeso da lui, avrebbe parlato volentieri di
tutt'altro.
«Questioni top-secret a parte... dobbiamo decidere
una linea di difesa, e con questo intendo trovare un buon avvocato.
Non sarà facile, viste le premesse,»
cercò di farlo ragionare
Pepper.
Ian scosse la testa e si accigliò; fu sul punto di dire
qualcosa, ma Tony lo precedette, rivolgendosi a Pepper:
«Quando
sarebbe il processo?»
«Il quattro Marzo; tra poco più di dieci
giorni.»
«Così presto? Dovrò
sbrigarmi...» commentò tra sé
Tony. «Ah, non vuole rendere pubblica la mia attuale... situazione,
vero?» aggiunse, serio.
«Non vuole renderla pubblica?» domandò
stupita.
«Mi sembrava ovvio.»
«Dovrà farlo, prima o
poi.»
«Preferisco poi. Non ora. Meglio se mai. Lo dico
francamente: meno di un mese fa ero un simbolo per gli Stati Uniti, e
adesso non vorrei distruggere le mie e le loro aspettative e
peggiorare ancora la situazione. Tanto più che sono tutti
piuttosto
convinti che io sia Iron Man...» pronunciò quel
nome con chiaro
compiacimento, mostrando quanto lo apprezzasse. «Insomma, non
farei
una buona impressione se venisse fuori che non sono neanche in grado
di riprendere la mia "attività in incognito",»
disse Tony
d'un fiato.
Era chiaro che la sua assistente non fosse
assolutamente convinta delle sue argomentazioni, ma non aveva
intenzione di discuterne ulteriormente.
«Quindi, visto che non
potrò terminare le protesi in tempo per il processo... mi
serviranno
dei surrogati,» aggiunse con aria distratta, e si volse a
guardare
Ian.
Mitchell emise uno sbuffo esasperato: quante ne stava
passando a causa sua...
«Ingesseremo il braccio e la gamba
mancanti. E posso rimediare un paio di rudimentali protesi fisse.
L'occhio lo terrà coperto, diremo che in seguito
all'incidente ha
dovuto sottoporsi ad un intervento di chirurgia plastica ed
è
fotosensibile a causa di...»
«Come io le risparmio i dettagli
tecnici, lei mi risparmi quelli medici. Grazie per la
collaborazione,» lo interruppe scherzoso Tony, prima di
riprendere:
«Ma io dovrò realmente
sottopormi ad un intervento di chirurgia
plastica. Insomma! Il mio bel viso!» cercò di
sdrammatizzare senza
successo, sentendo uno spiacevole vuoto allo stomaco nel parlare del
proprio volto deturpato.
«Ci penseremo in seguito. Per ora non si
faccia strane idee riguardo all'occhio. Ho notato i suoi progetti. E
anche se riuscisse ad elaborare una tecnologia ottica non la opererei
certo io. Si concentri sulle protesi,» mise subito in chiaro
il
medico.
Tony lo fissò con aria testarda; "lo farò
comunque", diceva il suo sguardo.
«Ok. Se è tutto...»
attese qualche intervento da parte loro, che con suo sollievo non
arrivò, «...io torno a lavorare.»
concluse, indicando il caos di
dispositivi, metallo semifuso e congegni attorniati da ologrammi
azzurrini dietro di lui.
«Signor Stark...» lo richiamò Ian,
estremamente serio.
Tony si girò volgendo l'occhio al cielo.
«Se
proprio ha intenzione di presentarsi in tribunale con un arto
meccanico, si assicuri che funzioni a dovere. Io non faccio
miracoli.»
«Come ha fatto a capirlo?» chiese l'altro con un
sorriso furbo, come un bambino colto sul fatto.
«La signorina
Potts ha provveduto a informarmi su di lei molto, molto bene. In
particolare mi ha messo in guardia riguardo alla sua testardaggine e
alle sue stravaganze. Senza parlare della sua autostima spropositata
e inopportuna.»
«Ottimo lavoro, Pepper.»
Tony la guardò
furbetto, per poi tornare a prendere a male parole il robot:
«Tu,
mani di latta! Non ti avevo forse detto di pulire? "Non l'ho
fatto"? Male. Fallo ora!» ordinò, rimettendosi gli
occhiali
protettivi e afferrando il saldatore «JARVIS, torna in vita e
proiettami un modello del braccio: oggi lavoriamo sul
telaio...»
Pepper ed Ian si defilarono di comune accordo, lasciandolo al suo
lavoro.
Revisione effettuata il 15/02/2018
Note Delle Autrici:
Ay, ay, ay caramba! Eccoci di nuovo qui con un altro capitolo ancora "leggero" tutto per voi. Non siamo ancora passate alle maniere forti *TREMATE!*
Intanto aggiungiamo problemi su problemi u.u Come se Tony non ne avesse abbastanza...
Ringraziamo tanto alliearthur, Rogue92 e sofy96 che continuano a seguirci e a recensire ^^
Alla prossima,
Moon&Light
© Marvel