Eccoci alle risposte e ai
ringraziamenti, prima di un nuovo capitolo.
Francesca:
Quella frase di Silente sta a significare che lui è sempre stato votato più al
bene comune che al singolo affetto. Io Silente lo immagino così, come un uomo
che ha sempre lottato per il bene del mondo intero e per questo almeno in
gioventù non ha mai avuto tempo, energie e spazio per dedicarsi ad un amore, o a
sentimenti per una sola persona. Ma poi la vita gli ha posto davanti persone –
Hagrid, Harry, lo stesso Piton – cui ha finito col legarsi più che ad altre (io
ci includerei anche Minerva, ma senza doppi sensi). Spero che ora ti sia più
chiaro. Ammetto che era un tema non facile da sviscerare così, senza aver modo
di svilupparlo meglio perché non essenziale ai fini della trama, ma non ho
resistito all’idea di introdurre, sia pur marginalmente, anche questa sfumatura
del Silente che ho in mente.
Quanto alla tua seconda domanda, dopo
un lungo salto temporale di anni (non potevo descrivere tutta la vita di
Severus, anche se mi sarebbe piaciuto ;D) ed un altro più breve il racconto
arriverà fino agli avvenimenti del 6° libro.
Ho scelto solo alcuni momenti,
avvenimenti salienti, che potessero rappresentare la “fiducia” che lega Silente
e Piton, come da titolo.
Sperò che il resto del racconto non
ti deluderà.
Kagome: Non è
tanto che Piton odi Harry (almeno in questo capitolo), è che non sa come
trattarlo, perché si sente in colpa. A volte il senso di colpa ci spinge a
comportarci in modo aggressivo, anzi che conciliante, perché ci fa soffrire e ci
spiazza.
Per il resto ti ringrazio e spero ti
piacerà il nuovo capitolo.
Buona
lettura.
Nykyo
PARTE TERZA:
Silente.
1. “Lui sta
tornando”.
Severus Piton varcò la
porta dello studio del Preside con il solito passo rapido e
sicuro.
Silente alzò la testa da
una pergamena fitta d’annotazioni sull’orario scolastico, vergata nella precisa
calligrafia di Minerva McGranitt, e salutò cordiale – “Buon giorno, Severus. Più
mattiniero che mai oggi. Pensavo che ti avrei trovato di sotto al tavolo della
colazione, fra una mezz’ora”.
Il mago bruno rispose al
saluto solo con un cenno del capo e si avvicinò, fin quasi a sfiorare il bordo
della scrivania con la veste. Poi, in tono assolutamente controllato, affermò
convinto – “Non è una buona giornata. Lui sta tornando. Ne sono
sicuro”.
Il solito guizzo nei
chiari occhi dell’alto mago canuto gli fece comprendere che aveva tutta la sua
attenzione. L’attenzione del combattente.
Severus si sbottonò i
polsini di casacca e camicia, senza mostrare la minima esitazione, né ansia, e
sollevò la stoffa fino a scoprire l’avambraccio
sinistro.
Il Marchio Nero,
prestando fede al suo nome, spiccava scuro sulla pelle pallida del Professore di
Pozioni.
“Si è fatto più nitido” –
constatò Silente, anche lui con la massima calma, ma con sguardo sempre più
attento.
Piton tese in avanti il
braccio perché il vecchio potesse osservare meglio, mentre quello si risistemava
gli occhialini sul naso.
Infine, disse asciutto –
“Non è mai stato così nitido prima d’ora, dal giorno in cui Lui scomparve. Se
continua così si farà ancora più netto, fino a tornare com’era quando fu
impresso”.
Ne sono certo, perché
negli ultimi quattordici anni non ho fatto che guardarlo, tante di quelle volte
da aver perso il conto, pronto a registrare il minimo
cambiamento.
Era quasi scomparso, adesso sembra quasi che
io sia stato marchiato di recente – una lieve smorfia di disgusto, subito
scacciata.
Silente annuì, muovendo
le labbra in dentro e poi in fuori, come se stesse
rimuginando.
Sta tornando, maledizione! Sta tornando
davvero. – ma nulla nel
contegno di Piton dimostrava quanto questo pensiero era una
sofferenza.
“Se tu nei sei sicuro,
Severus, io non ho dubbi che sia così” – rispose, apparentemente tranquillo, il
vecchio - “Dunque, alla fine, il momento è venuto. In fondo, ce l'aspettavamo.
Sappiamo cosa fare, non siamo del tutto impreparati, ragazzo mio, anche se non
conosciamo ancora il metodo che sta usando ed il momento esatto in cui
accadrà”.
Le labbra sottili di
Severus s’incresparono appena, mentre le fiamme nei suoi occhi si ravvivavano,
prima che replicasse con voce roca – “No, non siamo del tutto impreparati.
Sappiamo cosa fare, quando si presenterà
l’occasione”.
Io so cosa devo fare.
Tornare nell’incubo, ecco cosa. Tornare nell’oscurità, per combatterla
dall’interno. Lo so da quindici anni, ormai.
Non c’è nulla che
desideri meno, ma lo farò.
Appena un sospiro, mentre
rifletteva quanto il suo animo fosse scisso tra due ansie opposte, entrambe
estremamente pressanti.
Non c’è nulla che
desideri di più che compiere questo dovere.
Silente lo osservò di
sottecchi come suo solito.
Quanto sei cambiato,
ragazzo mio. Sei davvero un uomo, ormai.
Hai fatto dei lati più
spigolosi del tuo carattere di ragazzino una scorza, una corazza contro il mondo
e hai chiuso fuori dal tuo petto tante di quelle speranze ed
emozioni.
Eppure, ti conosco, in
realtà non sei mutato del tutto, anche se dopo la notte in cui morirono i Potter
qualcosa si è infranto dentro di te. Eri più vivo allora, ma sei sempre tu.
Hai imparato a
controllarti a meraviglia, Severus. Tu non sei soltanto uno dei migliori
occlumanti del mondo magico, ormai di molto superiore anche a me; tu sei l’unica
persona che conosco che è riuscita a fare anche del proprio corpo, dei propri
gesti, del tono della voce un perfetto schermo su cui proiettare solo ciò che
vuoi mostrare agli altri. Sei più che mai la spia
perfetta.
Ma sei sempre te stesso.
Io lo so, e tu, nonostante tutto, comprendi che ne sono
consapevole.
Lo vedo ancora il giovane
ragazzo terrorizzato all’idea di tornare da Voldemort. Non lo scorgo con gli
occhi della memoria, ce l’ho proprio davanti.
Lo so che fa ancora paura
come allora, che fa ancora male come allora, e forse, perfino di più, dopo tutti
questi anni lontano dall’orrore.
Però farai il tuo dovere,
come sempre.
Perché, in fondo,
Severus, anche quel ventenne spaventato e tremante era già l’uomo che sei
diventato.
Anche lui, per quanto
sconvolto e incapace di nasconderlo, aveva il coraggio di affrontare i suoi
incubi e la volontà di combatterli.
No, non siamo del tutto
impreparati, mia spia perfetta, mio fidatissimo amico, ragazzo
mio.
Piton spezzò il silenzio,
atono – “Volevo che lei lo sapesse subito, ma non credo che per oggi dobbiamo
preoccuparcene oltre. Dunque, ci vedremo a colazione, ora ho da sistemare alcune
cose per la prima ora di lezione. A dopo”.
E con lo stesso passo
sicuro con cui era entrato lasciò la stanza, mentre il Preside, dopo un’ultima
occhiata alle sue spalle spigolose, rassicurato, tornava a consultare la
pergamena che la McGranitt attendeva controfirmata.
“Sta tornando... anche
quello di Karkaroff... più forte e nitido che mai... [1]“ – anche questa volta, il mago bruno aveva parlato con sicurezza,
la voce solo un po’ più roca e bassa del solito, mentre mostrava nuovamente il
Marchio Nero al Preside.
“E non è solo questo, non
è solo tornato a farsi più scuro e marcato” – proseguì, sempre sullo stesso
tono, il mago bruno – “E’ il dolore, come le avevo già detto. A volte solo
piccole fitte. Quelle non sono mai mancate; sono uno dei motivi per cui, anche
prima della vicenda di Raptor, mi ero convinto che Lui sarebbe tornato. Ma
ultimamente, brucia quasi nello stesso modo in cui ardeva quando l’Oscuro
Signore ci convocava a sé. Non è esattamente la stessa cosa, ma è molto simile.
Troppo. E a volte dura per ore. Non era mai accaduto prima. Sono certo che Lui
non è mai stato tanto potente quanto ora, da che
svanì”.
Silente si lisciò la
lunga barba bianca, alzando gli occhi a cercare quelli di
Piton.
Non ci sarebbe stato
bisogno di aggiungere niente altro, anche se, invece, parlarono a lungo, per
fare il punto della situazione e di ciò che poteva e doveva essere fatto
nell’immediatezza, tenuto conto che bisognava pensare anche al Torneo Tre Maghi
e agli ospiti arrivati dalle altre due scuole.
Discussero riguardo ad
Igor Karkaroff e alle protezioni della scuola, che era più saggio aumentare, pur
senza allarmare gli studenti.
Parlarono anche di Harry
Potter. “Credo che a Potter dovrebbe dirlo” – affermò Piton alla fine – “E’
meglio che sia preparato”.
Il Preside scosse
energicamente il capo – “No. Non penso che sia una buona idea, Severus. Non
ritengo che sia giusto farlo preoccupare prima del tempo. Non gli dirò nulla, a
meno che non sia lui stesso a parlarmene. Non mi stupirei troppo se la sua
cicatrice lo avvisasse che qualcosa non va… “.
No, ragazzo mio. Per ora
lasceremo in pace Harry.
E’ ancora così giovane, è
doloroso pensare che debba sempre sopportare simili pesi alla sua
età.
Credi che mi piaccia ogni
volta dover caricare gravosi fardelli sulle spalle degli altri?
No.
L’ho sempre fatto con te,
Severus, e spesso avrei voluto davvero evitarlo. Ma tu hai spalle molto larghe.
Anche Harry le ha, però è ancora fragile e tanto giovane rispetto a
te.
Per ora possiamo prendere
su di noi la preoccupazione dell’attesa.
Non credo che Harry sia
ancora pronto per sentirsi dire che Voldemort sta tornando
realmente.
Forse nemmeno tu sei
pronto quanto mostri di essere, o magari, chissà, sei perfino più preparato di
me, nonostante tutto…
Le labbra del Professore
di Pozioni curvarono in una smorfia che in parte era di disapprovazione, ma poi
sollevò le spalle e annuì.
“Forse è davvero meglio
non dirgli niente” – concesse a Silente, non senza una punta d’amaro nella voce
– “Potter sarebbe capace di cacciarsi volontariamente in guai ancora più grossi
se sapesse “.
Meglio lasciare che sia Voldemort a venire a
cercarlo, qui dove possiamo difenderlo – si disse per convincersi, ignorando il
sorriso che era comparso sul viso del Preside.
Tornarono ancora su un
paio di punti in sospeso e poi Piton fece per congedarsi, ma il vecchio lo
fermò.
“Severus… “ – per la
prima volta in tanti anni c’era un briciolo d’esitazione nella sua voce, anche
se riusciva a celarla quasi totalmente – “Quando Voldemort sarà davvero tornato…
tu sai… “.
Piton notò quel piccolo
tentennamento, anche se non lo diede a vedere.
Sono quasi quindici anni
che aspetto. Andrei ovunque tu volessi mandarmi Albus, ma in questo caso, non
hai bisogno di chiedere.
So cosa fare, e lo farei
comunque, di mia volontà.
Non ho più vent’anni, non
mi tremano più le ginocchia, anche se il pensiero di tornare a piegarle dinnanzi
all’Oscuro Signore è quasi insopportabile. E’ ancora intollerabile come
allora.
Ma ora so cosa voglio da
me stesso.
“Lo so!” – rispose secco
il mago più giovane – “L’ho sempre saputo. Non c’è necessità di
discuterne”.
Il suo mantello frustò
l’aria, mentre lasciava lo studio del Preside.
Anche questa volta
Silente fissò per un istante la sua schiena diritta e l’incedere sicuro con cui
si allontanava, ma, a differenza che nella precedente occasione, non ne fu per
nulla rasserenato.
No, non c’è bisogno di
discuterne. Non questa volta.
Non ci saranno suppliche,
questa volta; non dovrò essere io a mostrarti che hai coraggio a sufficienza per
andare da lui.
Sperò solo di avere la
forza bastante per non fermare i tuoi passi, quando ti vedrò tornare nel buio
senza esitare.
Sospirò e decise che non
sarebbe riuscito a dormire a sufficienza se avesse continuato a rimuginare su
quel che, con le parole e con lo sguardo, si erano appena detti.
Aveva bisogno di
riposare, con tutto ciò a cui doveva tener dietro in quei giorni frenetici, non
poteva permettersi di perdere lucidità a causa della
stanchezza.
Posò la punta della
bacchetta sulla tempia e ne estrasse il ricordo di quanto era appena accaduto,
come un lungo nastro d’argento. Lo fece cadere lentamente nel Pensatoio.
Guardando dentro la ciotola di pietra gli parve di rivedere per un attimo, nel
vorticare della sostanza che lo riempiva, il giovane Mangiamorte atterrito che
svelava ogni sua colpa.
Voltò le spalle e andò a
coricarsi: ora che la sua mente era stata privata dell’immagine di quella
schiena fiera che dimostrava tanto sprezzo per la morte, gli fu più facile
prendere sonno.
Troppo in fretta… è
accaduto tutto troppo in fretta…
Ha già un corpo, ha già
ucciso la sua prima nuova vittima. Ha quasi ucciso anche
Potter.
Potevamo fallire; siamo
stati ad un passo dal fallimento totale!
Nonostante tutti i piani,
nonostante l’attesa, Lui ce l’aveva quasi fatta,
dannazione.
Un’altra volta, come
quella notte a Godric’s Hollow; stava per vincere Lui, malgrado ogni nostro
sforzo e sacrificio.
Maledizione! No, no, no,
non posso permettergli di vincere questa dannatissima
guerra!
Odio, dolore, timore,
sollievo, senso d’impotenza, determinazione si mischiavano nella mente e nel
cuore di Severus Piton e si rispecchiavano perfettamente nello sguardo chiaro di
Albus Silente, anche se entrambi tentavano, con successo, di non mostrarli,
almeno agli occhi degli altri.
Piton soprattutto
continuò a mostrare solo disprezzo per Black, finchè quello non si fu
ritrasformato in un enorme cane nero per poi correr via. Mai avrebbe svelato la
minima incrinatura nella sua collaudata maschera in presenza di Harry Potter e
del suo padrino.
Non poteva mostrarsi
apertamente a Harry, né ci riusciva a causa del passato, e Sirius era pur sempre
Sirius.
Black poteva non essere
stato il Custode Segreto che aveva tradito i Potter, ma restavano i vecchi
rancori a dividerli. Piton aveva già piegato a sufficienza la sua indole
stringendogli la mano, solo ed esclusivamente perché era stato il vecchio a
domandarglielo. Poteva collaborare lealmente con Black, ma questo non avrebbe
mai cancellato la feroce antipatia e la mancanza di stima
reciproca.
Uno studente innocente è
morto ed è come se fosse accaduto sotto i nostri occhi. Come se ci fossimo
lasciati sfuggire la sua vita tra le dita.
E’ quasi un miracolo che
Harry sia ancora vivo e che non sia accaduto di
peggio.
Lo stai pensando anche
tu, Severus. So che è così.
Mi dispiace, ragazzo,
ancora una volta ho dato prova di essere fallibile. No, non sono stato in grado
di mantenere fino in fondo le mie promesse. Poteva essere un
disastro.
Poteva essere la
fine…
Ma siamo ancora in gioco,
Severus. La partita vera inizia adesso.
Da ora in poi, non potrò
più deluderti così profondamente, perché adesso tocca a te. Sarai tu a fare la
differenza.
Sono certo che riuscirai,
ho piena fiducia in te e nelle tue capacità, ragazzo
mio.
“Severus” - disse Silente
rivolto a Piton – “sai che cosa devo chiederti di fare. Se sei pronto... se sei
in grado... “.
“Lo sono” - disse
Piton.
Era un po' più pallido
del solito e i suoi freddi occhi neri erano animati da uno strano
scintillio.
“Allora, buona fortuna” -
disse Silente, e con una traccia di preoccupazione sul viso guardò Piton
scomparire silenziosamente[2].
E così, Severus, ti sto
davvero rimandando nei tuoi incubi. Non vorresti, eppure sento che, questa
volta, anche se non te l’avessi chiesto, avresti comunque deciso di
andare.
L’ho visto nel nero dei
tuoi occhi; ormai li conosco bene. So quanto ti costa, ma anche quanto tu
desideri affrontare Voldemort, il tuo passato, le tue colpe e tutti gli errori
che hanno rischiato di vanificare ogni nostro
sforzo.
Davvero buona fortuna,
ragazzo mio.
Fa ciò che devi e poi
torna da me.
Devi tornare, per la
causa e per questo cuore che comincia ad essere troppo vecchio e
tenero.
Ho sopportato già
abbastanza spavento, delusione e lutto, almeno per
oggi.
Sono certo che ti rivedrò
presto – ma era una
sicurezza assai vacillante.
Scacciò dalla mente i
mille pensieri che avevano cominciato ad affollarla, nessuno dei quali era
minimamente consono al leader riconosciuto dell’Ordine della
Fenice.
Tutti si aspettavano da
lui conforto, partecipazione, ma anche freddezza, prontezza di spirito e
rassicurazione. Perciò, non poteva proprio permettersi di ascoltare quella voce
insistente che lo rimproverava dicendo – Potresti aver sbagliato ancora. L’ultimo
errore della giornata; una colpa terribile se lui non tornasse.
L’hai mandato incontro a
una morte certa, non tornerà mai più. Tu l’hai rimandato da Voldemort ed è
tardi, troppo tardi. Voldemort non tollererà un simile ritardo. Sarebbe dovuto
andare subito, appena il Marchio l’ha richiamato a
lui.
Non importa quanto sia
bravo a chiudere la sua mente e a fingere e mentire, né quanto sia coraggioso e
determinato; l’hai mandato a morire, perché Voldemort non gli darà nemmeno il
tempo di aprir bocca.
O, magari, lo ucciderà
proprio mentre si umilia ancora una volta dinnanzi a lui, e tu l’avrai sulla
coscienza, anche per la sua dignità calpestata.
E’ inutile che ti ripeti
che sei con lui perché pensi a lui; è da solo la fuori e sei stato tu a
sospingerlo nuovamente sull’orlo del baratro.
No, non poteva restare ad
ascoltare quella voce interiore. Non era permesso ad un condottiero di tenere ad
uno dei suoi uomini più che ad un altro.
Aveva già lasciato che il
sentimentalismo lo sviasse fino a far correre pericoli eccessivi a Harry, e uno
degli studenti era morto anche a causa di questi suoi tentennamenti. Con Severus
non poteva concedersi di lasciare spazio al cuore; non in una simile gravissima
emergenza.
Se l’avesse fatto, Piton
per primo gliel’avrebbe un domani rimproverato.
Severus ha scelto
consapevolmente, come sempre.
Non potevo non
domandarglielo, troppe vite sono in gioco, troppi valori vanno
preservati.
E’ una guerra, siamo
combattenti che compiono il loro dovere, sia lui che io. Siamo come due
scommettitori che conoscono perfettamente quanto sia alta la posta in
palio.
Chiuse momentaneamente
fuori dal proprio petto ogni preoccupazione non inerente al suo duplice ruolo di
Preside e capo dell’Ordine e salutò Harry.
I Diggory lo aspettavano
e, anche se sarebbe stato impossibile consolarli della terribile perdita subita,
lui doveva loro tutta la propria attenzione e
sollecitudine.
Severus
tornerà…