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Autore: Pluma    07/11/2006    2 recensioni
E se il dramma di Boromir non riguardasse l'anello, ma un amore tanto insensato quanto irresistibile? Tanto irresistibile da non lasciargli via d'uscita? RIVISTA E CORRETTA. Spero anche migliorata, ditemi voi con tante tante recensioni.
Genere: Triste, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Boromir, Nuovo personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Incompiuta
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IL POTERE DELL’ANELLO

 

La mattina  seguente la compagnia dell’anello si mise in viaggio. Camminarono taciturni tutto il giorno, ognuno immerso nei propri pensieri. La loro mente era rivolta verso i cari, la terra, gli affetti. Erano pieni di domande, chissà quando sarebbero riusciti a ritornare, ovviamente vincitori, altrimenti non ci sarebbe stato alcun ritorno per loro. Nessuno dava voce alle proprie paure temendo, ciascuno di essere l’unico. L’unica a non essere nervosa era ovviamente Lillith. Lei non aveva una casa a cui far ritorno, e non aveva nemmeno paura di cosa le sarebbe potuto accadere durante il viaggio, non poteva essere scalfita. Non era indistruttibile come l’anello, poteva essere graffiata, ferita e persino uccisa, come tutti gli esseri viventi normali, ma era impossibile che accadesse. Era qualcosa che aveva dentro; per quanto ne sapeva lei poteva essere la velocità o la forza, ma anche la fortuna o il destino. Il fatto era che non veniva mai sfiorata. Una volta, per gioco per curiosità, lei ed Alphard avevano iniziato un combattimento senza limiti di tempo né di spazio; il risultato fu un secolo di lotta per tutta la terra di mezzo. Avrebbero continuato, se la voce di Sauron risorto non li avesse richiamati.

Alphard odiava quel essere, ed era questa la sua debolezza, ciò che non gli permetteva di essere apprezzato dal padre. Alphard era cattivo, spietato, probabilmente l’unica a cui volesse bene era sua sorella Lillith, ma provava dei sentimenti e Sauron non faceva altro che sbatterglielo davanti, umiliandolo paragonandolo alla secondogenito l’anello, incapace di provare sentimenti dissimili dal suo creatore. Lei non odiava e non amava nessuno, non provava sentimenti, sapeva quello che doveva fare e lo faceva senza emozionarsi mai. 

In testa alla compagnia camminava spedito Gandalf. Di strade per arrivare a Mordor ve ne erano tante, ma lo stregone aveva deciso di percorrere quella che attraversava le montagne innevate.

La neve era alta e solamente Legolas, con le sue movenze leggere da elfo, non faceva fatica. Gli hobbit, al contrario, sprofondavano fino al ginocchio. Per questo e per la stanchezza, ad un certo punto Frodo inciampò, rotolando per la discesa inzuppandosi di neve. Lo soccorse Aragorn, che lo aiutò a rialzarsi. Il giovane Hobbit si portò la mano al collo per controllare che l’anello fosse al suo posto, ma con suo grande orrore, si accorse che così non era. In quel momento Boromir si chinò, raccogliendo qualcosa sulla neve e cominciò a borbottare ipnotizzato. Solo Aragorn e Frodo si avvicinarono al condottiero, mentre il resto della compagnia osservava da più in alto la scena, comunque pronti per qualsiasi evenienza.

La voce di Aragorn sovrastò, come un eco, quella dell’anello che cercava di trovare un nuovo padrone meno determinato nella missione di distruggerlo.

“Restituisci l’anello a Frodo.”

Boromir alzo lo sguardo su Aragorn, sembrava spaesato. L’anello si stava insinuando come una vipera, strisciando tra i suoi pensieri, incitandolo a sfoderare la spada.

“Restituisci l’anello a Frodo!” Ripeté il ramingo con più veemenza.

“Lascialo stare. Maledetto, non sfuggirai al tuo destino!”

La voce di Lillith affiancò quella dell’anello nella mente di Boromir che cominciava ad essere sempre più debole a causa della lotta che stava avvenendo nel suo cervello. Guardando il volto dell’uomo sempre più pallido, Lillith cambiò strategia. Cominciò a parlare direttamente al guerriero, confortandolo e guidandolo verso la libertà. Boromir si girò verso di lei. I loro sguardi si incrociarono. I suoi occhi non erano cambiati di colore, sempre verdi come lo smeraldo, ma al contrario di come li aveva sempre visti questa volta erano comprensivi.

Boromir deglutì, si rivoltò verso Aragorn e Frodo che cominciavano ad essere sempre più nervosi non sapendo cosa stesse succedendo, e restituì l’anello.

“Figuriamoci, tienilo pure, non mi importa.” Si voltò ricominciando a camminare in direzione della vetta.

Aragorn tolse la mano dalla spada, ma subito dopo fu costretto a portarsela alla testa, pensando che qualcuno gliela stesse spaccando in due.

“Non minacciare mai nessuno che ha l’anello in mano. Stupido!”

La strada li portò al fianco della montagna, su un sentiero che si affacciava su un precipizio. Aragorn e Boromir furono costretti a prendere in braccio i quattro hobbit, due ciascuno, poiché la neve arrivava sopra le loro ginocchia, di conseguenza avrebbe completamente sommerso i piccoli ragazzi.

Tutto ad un tratto dalla sommità della montagna si staccarono dei pezzi di ghiaccio che precipitarono su di loro. Uno dopo l’altro, tutti riuscirono a sbucare fuori chi con più fatica chi con meno, solo Lillith non si vedeva. Preoccupato, Boromir, affidò Marry e Pipino alle braccia forti di Gandalf e cominciò a scavare con frenesia e impazienza, fino a quando non trovò la lupa.

Il suo pelo era fradicio e più arruffato che mai, ma stava bene a parte il tremito che gli percorreva le ossa. Senza farsi vedere l’uomo tirò un sospiro di sollievo.

“Dobbiamo tornare in dietro, passiamo per la miniere di Moia, mio cugino ci darebbe un benvenuto regale.” Propose Gimli completamente stufo di quella situazione.

Gandalf aveva già eliminato la possibilità di percorrere la strada che gli proponeva il nano per ragioni che non aveva spiegato agli altri, ma questa volta la sua decisione fu diversa:

“Il portatore decida.”

Non essendo a conoscenza delle paure dello stregone, Frodo decise di accontentare il nano, pensando fosse la cosa giusta, in quanto le grotte di Moia assomigliavano più ad un castello intagliato nella roccia.

“Bene” sorrise contento il nano. “Tranquilla femmina, se non riuscirai a salire i gradini sicuramente il tuo cavaliere ti darà un aiuto.”disse con malignità.

Subito dopo, però, ebbe di che pentirsene. Una voce gli si insinuò nella testa facendogli fischiare le orecchie:

“E chi porterà in braccio te palla di pelo?” così dicendo, con aria sostenuta e offesa la lupa precedette tutti gli altri.  

   
 
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