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Autore: Najla    12/04/2012    3 recensioni
Jade non ricordava di aver mai sentito così tanto silenzio in vita sua: non in quel posto almeno, non a quell’ora, non dopo una partita di Quidditch.
Era un silenzio teso, pieno di singhiozzi e sospiri, di parole lasciate a fior di labbra per paura di essere dette.
Era un silenzio pesante, che schiacciava fastidiosamente il petto e rendeva difficile respirare, non impossibile, solo più faticoso.
Era un silenzio che li lasciava tutti sull’orlo del baratro, a un soffio dalla caduta, a guardare il vuoto sotto di loro con lo stomaco improvvisamente ridotto ad un bicchierino da caffè, ma che comunque li teneva piantati con i piedi a terra.
Jade odiava il silenzio.
(tratto dal capitolo 10 )
Una storia che non è così semplice come potrebbe sembrare.
Un settimo anno ad Hogwarts che non potrebbe essere più incasinato.
Le basi di una battaglia che lascerà in ginocchio la Londra magica che tutti conosciamo.
Ma infondo, se si parla della nuova generazione, come potrebbe essere altrimenti?
(introduzione modificata )
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Roxanne Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Primo Capitolo
Settimo anno


5 Ottobre XX

Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, dormitorio femminile Grifondoro, ore 07.00
La sveglia suonò con un il solito trillo irritante, facendo alzare pigramente la testa alla sua proprietaria che sembrava tutt’altro che felice di udire il suo felice trillare. Estrasse, infatti la bacchetta da sotto i due cuscini su cui aveva affondato il volto e la puntò con sicurezza verso quel piccolo e innocente quadrante azzurro che la sorella, anni prima, le aveva regalato con tanto affetto.
«Reducto» biascicò assonnata e la sveglia finì in un grumo di polvere sul suo comodino, dove ormai una pila di libri in bilico minacciava di schiantarsi contro il pavimento.
«Jade, devi smetterla di polverizzare quel povero aggeggio, se ti da tanto fastidio, ti svegliamo noi, così smetti di programmarla» la rimbeccò una voce rassegnata alle sue spalle e con la coda dell’occhio vide la sua piccola sveglia tornare all’aspetto originale.
«Non posso, Eva, l’ha incantata quel mostro di mia sorella» borbottò la ragazza mettendosi finalmente a sedere guardandosi attorno con un enorme sbadiglio che non si curò minimamente di coprire, prima di posare uno sguardo di totale disapprovazione su una delle sue coinquiline: quella che camminava in giro per la stanza già vestita di tutto punto.
«Eva, te l’hanno mai detto che dormire la mattina ti aiuta a riappacificarti con lo spirito e tutto il resto? Che non è dannoso per la tua salute?» borbottò alzandosi e cominciando a rovistare nel suo baule alla disperata ricerca della divisa pulita.
«Certo che lo so, Jade. Mi sono svegliata presto per ripassare il programma di Pozioni e quello di Incantesimi, ieri non ce l’avevo fatta» spiegò pazientemente cominciando a prendere i libri da mettere nella borsa.
«Tu hai seri problemi…» sospirò la ragazza scuotendo la testa e cominciando a infilarsi la divisa ritrovata ai piedi del comodino: prima le calze nere, poi la gonna a pieghe , la camicia bianca, rigorosamente fuori dalla gonna e sopra il gilet grigio chiaro con lo stemma della scuola e le finiture con gli inseparabili colori rosso e oro.
«Ci sono i MAGO quest’anno, cara, e io non voglio arrivare impreparata: sfortunatamente non ho un centesimo del tuo cervello e devo studiare come si deve, costantemente» rispose Eva con un mezzo sorriso mentre da un terzo cumulo di coperte emergeva un’ultima ragazza con la pelle olivastra e i lunghi capelli neri.
«Ma che cavolo succede?» chiese in uno sbadiglio, vedendo tutto quel movimento.
«E anche l’ultima è sveglia!» esclamò allegra Eva, «Buongiorno Roxanne».
«Voi due…ma sono solo le sette!» sbraitò la mora esasperata prima di fissarle truci e ricadere nuovamente sul materasso, «Vi odio».
Eva e Jade si guardarono e scoppiarono a ridere, incapaci di fermarsi e pensando all’unisono che tutto quello, l’anno successivo gli sarebbe terribilmente mancato.
Infatti, per Evangeline Laurie, Jade Fyfield e Roxanne Weasley, quello sarebbe stato l’ultimo anno ad Hogwarts e nessuna delle tre riusciva ancora a capacitarsene.
Si erano conosciute la prima notte passata in quella stessa stanza insieme e, a parte saltuari battibecchi erano sempre andate d’accordo, creando tra di loro un piccolo microequilibrio che nessuno ancora era riuscito a distruggere.
E il merito, con ogni probabilità, era da darsi ai loro caratteri diametralmente opposti.
Evangeline Laurie, soprannominata Eva nel giro di una settimana dall’inizio della scuola, era piccola e gracile, con i lunghissimi capelli castano chiaro che le arrivavano fino al giro vita e che non aveva mai osato accorciare da quando frequentava la scuola, un viso piccolo e grazioso, ricoperto da lentiggini, e due grandi occhi azzurro cielo. Era la più grande stacanovista che la casa di Grifondoro, e probabilmente tutta la scuola, avesse mai visto e non vi era una materia in cui non prendesse il massimo dei voti, con una tale umiltà da impedire persino agli altri di esserne invidiosi. Poteva vantarsi di essere particolarmente equilibrata e diplomatica, tanto che molti si chiedevano perché, con un carattere così buono e malleabile, non fosse finita tra i Tassorosso. La risposta la conoscevano davvero in pochi, probabilmente solo i suoi coetanei, che in una gelida mattina di dicembre l’avevano vista affatturare quasi a morte un ragazzo che l’aveva quasi vista nuda: dimostrando finalmente al mondo che anche lei aveva un poca di grinta.
Jade Fyfield, invece, era l’esatto opposto, era slanciata e flessuosa, con un seno da far invidia, al contrario dell’amica, un corto caschetto riccio, biondo miele, un viso apparentemente dolce e due bizzarri occhi che si divertivano a cambiare colore passando dal verde all’azzurro e poi ancora al giallo o al grigio con la rapidità di un trasformista. Fin da subito, chiunque, aveva potuto notare che, in quanto a voglia di fare, stava messa peggio di James Sirius Potter durante l’ora della pennichella, collezionando una sfilza di Troll in materie che considerava particolarmente inutili, come Storia della Magia o Astronomia. Salvo poi rimediare con voti che andavano ben oltre l’Eccezionale, lasciando basiti insegnanti, studenti e chiunque si aggirasse per il castello. Quando gli amici le avevano chiesto come avesse fatto a migliorare in quel modo, aveva semplicemente risposto che le serviva un voto alto per alzare la media, e con questa scusa la scala dei suoi voti assomigliava più ad una pista di montagne russe che a una pagella, conclusasi con il massimo dei voti in tutte le materie durante gli esami di fine anno. Non era una persona molto paziente e nemmeno particolarmente diplomatica, e forse per questo motivo i ragazzi l’avevano presa subito di buon’occhio, trovando in lei un’alleata preziosa nelle loro strambe avventure: alla fine del secondo anno venne etichettata come il quarto membro del gruppo di terroristi scolastici composto da James Potter, Elijah Faraday e Ian Clow. Al contrario della compagna, inoltre, aveva quello spirito di sfacciata intraprendenza che le aveva consentito di diventare una cacciatrice di prima categoria prima della fine del primo anno.
L’ultima, Roxanne Weasley, aveva quello che alle altre due mancava: un cervello decisamente machiavellico, una leggera predisposizione per la violenza fisica, che Jade possedeva in pari solo verbalmente, e la tendenza al dispotismo verso chiunque le stesse tra i piedi.
Era alta e snella, con la pelle leggermente olivastra e i lunghi capelli neri che le arrivavano fino a metà schiena, il viso era a forma di cuore, leggermente appuntito e aveva un paio di tenebrosi ed intriganti occhi, tanto scuri da non vederne la pupilla. Non andava particolarmente bene a scuola, ma non le interessava neanche più di tanto data la sua intenzione di diventare una cacciatrice professionista, come lo era stata la madre. Non aveva alcun tipo di problema a socializzare con chiunque, anche con le piante, se necessario, ed era probabilmente l’unica persona dell’intero clan Weasley a potersi vantare di essere in buoni rapporti con tutti i cugini, compresa quella spocchiosa irritane di Molly che molti, suo fratello compreso, avrebbero chiuso in uno stanzino per poi gettare la chiave e dimenticarsene.
In effetti, il perché della loro storica e duratura amicizia era ancora un mistero non del tutto risolto.
Roxanne era ancora intenta a litigare con le coperte quando, a sorpresa, la porta della camera si spalancò, facendo entrare tre teste decisamente troppo sveglie per essere solo le sette di mattina.
«Rox, mi serve la tua copia di Incantesimi Avanzati parte 3, devo dimostrare a Scorpius che è un idiota» annunciò la ragazza in testa al gruppo, «Scusate, ma dov’è Jade?».
Dalla porta del bagno uscì la testa della bionda, che le salutava con un mano mentre nell’altra reggeva lo spazzolino da denti, fu un secondo, poi sparì nuovamente in uno sciabordare di acqua corrente.
«Scusatela, giuro che ce l’abbiamo messa tutta per tenerla ferma e farle aspettare colazione, ma non c’è stato verso» si scusò con un mezzo sorriso una seconda ragazza, più alta della prima.
Evangeline sorrise comprensiva andando a rovistare nella sua ordinata pila di testi scolastici, prima di voltarsi con un volume dalla copertina blu indaco e le scritte dorate, «Capisco a cosa ti riferisci, Faith, deve essere una caratteristica dei geni Weasley. Comunque, Rosie, puoi prendere il mio libro, tempo che Roxanne trovi il suo potrebbe arrivare una nuova glaciazione».
«Poi qualcuno mi spiega perché ce l’avete tutti con me stamattina?!» sbraitò la mora presa in questione uscendo finalmente dal letto massaggiandosi il collo.
«Nessuno ce l’ha con te Roxie» ridacchiò l’ultima ragazza della combriccola, prendendo Rosie a braccetto e pilotandola verso la porta, «Bene, grazie per il libro, ora Rose è contenta e umilierà di nuovo Malfoy, direi che ci vediamo a colazione ragazze e scusate il disturbo».
«Tranquilla Vì, ci vediamo giù» rispose Jade mettendo di nuovo la testa fuori dal bagno e Vì ricambiò con un occhiolino prima di richiudersi la porta alle spalle.
Non era raro subire un’incursione di quel genere, per le ragazze del settimo anno Grifondoro, soprattutto da quando Rose Weasley si era appropriata del guardaroba della cugina, con cui condivideva la corporatura, e aveva cominciato ad idolatrare la dedizione allo studio di Evangeline. E dato che Rosie era quanto di più simile ad un terremoto, non conosceva altra maniera di far loro visita, se non un attacco a sorpresa.
La cosa divertente era che nelle sue uscite si trascinava anche le altre due compagne del sesto anno, tali Die Vanille Hillyard e Faith McBride.
Rose Weasley, detta amorevolmente Rosie, era di media statura, con una folta chioma di capelli rossi e ricci che le scendevano come una cascata sulle spalle. Aveva un viso grazioso, con due grandi occhi nocciola, come quelli della madre, e un nasino piccolo e all’insù. Era intelligente, acuta e abbastanza sicura di se da risultare, a volte, presuntuosa, in particolar modo con il suo nemico storico, Scorpius Malfoy, con cui, per ironia della sorte si ritrovava a passare la maggior parte del tempo, visto che frequentavano gli stessi corsi e le stesse compagnie. Nonostante questo, chi la conosceva davvero, poteva sapere che in realtà Rose molto insicura e profondamente buona, forse troppo a detta di Albus Severus Potter, che la conosceva meglio di chiunque altro.
Die Vanille, invece, era più tranquilla, anzi se forse la sua pacatezza era dovuta alla filosofia di vita che ci teneva a difendere anche con i denti: tu non infastidisci me, io non mi interesso minimante a te. Sì, forse sarebbe stato più corretto dire che la bella Vanille, con i suoi lunghissimi e drittissimi capelli tanto chiari da sembrare bianchi e i suoi occhi neri come la pece, era il più grande esempio di menefreghismo in tutta Hogwarts. L’esatto opposto della timida Faith McBride, con i suoi corti capelli mogano e gli occhi nocciola posati su di un viso tanto dolce e delicato da sembrare quello di un cherubino e che si riempiva di lacrime per ogni cosa, felice o triste che fosse. Anche su di lei, come su Evangeline, c’era il grande mistero di come fosse riuscita ad essere mandata nella Casa dei coraggiosi Grifondoro anche se Rose e Vanille assicuravano da sempre che fosse finita nel posto giusto.
«Mi chiedo se non sia il caso di mettere un incanto su quella cavolo di porta» borbottò Roxanne raccogliendo i capelli in una coda alta, poi continuò a fissare assorta la porta, persa in chissà quali pensieri, scosse la testa e sospirò rassegnata mentre l’immagine di Rose Weasley che lanciava un Bombarda alla loro porta si aggiungeva ad altri mille modi che quel mostriciattolo poteva escogitare per entrare, «No, non servirebbe a niente».

Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, dormitorio maschile Grifondoro, ore 7.20.
«Al mio tre, va bene, Ian?» un sussurro cospiratore arrivò di sfuggita alle orecchie indolenzite e assonnate di un James Sirius Potter che dormiva a pancia in giù, con mani e piedi fuori dal materasso, in un groviglio indefinito di coperte. Una piccola parte del suo cervello lo stava avvisando della minaccia che incombeva su di lui, perché sentire un mormorio sadico di prima mattina non è mai un buon segno, ma come sempre, quando si trattava di James Sirius Potter ebbe la meglio quella consistente parte della sua materia grigia che di prima mattina risultava reattiva come un’ameba, così si limitò a schiacciare ancor di più la faccia nel cuscino, ignaro di tutto.
Alla sua destra due ragazzi, ancora in pigiama ma decisamente svegli, tenevano le bacchette alzate ghignando complici mentre gli altri due camerati che occupavano la stanza, se ne stavano seduti sui rispettivi letti intenti a trattenere le risate.
Uno.
Due.
Tre.
Con uno scatto del polso in sincrono il letto di James finì sottosopra e il poveretto spiaccicato a terra con un urlo strozzato decisamente poco mascolino.
«Buongiorno Jamie!» esclamò allegramente uno dei due responsabili della sua sveglia, mentre gli altri tre scoppiavano a ridere incontrollati, «Dormito bene?» aggiunse con una punta di sadismo mentre il giovane Potter si alzava da terra massaggiandosi le ossa doloranti, prima di spettinarsi ancor di più i capelli con una mano e portare i suoi occhi assassini su di lui.
«Elijah Faraday, scappa finché puoi..» mormorò con il fumo che ormai gli usciva dalle orecchie e le mani che gli prudevano dalla voglia di tirare un pugno a quella testa di Troll che aveva avuto la brillante idea di svegliarlo in quella maniera indecente, «Perché appena ti prendo ti uccido!» e senza aspettare un secondo si lanciò al suo inseguimento, ignorando bellamente i tre che continuavano a ridersela.
«Frank! Fermalo tu!» implorò Elijah rifugiandosi nel letto di uno dei ragazzi alla ricerca di protezione ma quello, con un ghigno lo calciò gentilmente a terra.
«Arrangiati Eli» rispose mentre James si avventava finalmente sulla sua preda e cominciava a torturarla lasciandole pizzicotti ovunque gli capitasse.
«Jam..James!» sbraitò Elijah cercando di bloccargli le mani, «Perché non te la prendi anche con Ian?!».
«Perché sono convinto che l’idea sia stata tua, disgraziato!» ribatté James ancora furente e per nulla intenzionato a lasciarlo andare.
«Ma non è giusto!!».
A chiunque, nel dormitorio maschile, sarebbe piaciuto dire che quel casino di prima mattina era solo un fatto sporadico, che capitava solo nelle occasioni speciali: la realtà era che la vicinanza delle parole James Potter, Elijah Faraday e putiferio erano una sorta di legge fisica, le prime due comportavano in maniera inequivocabile la terza.
In compenso qualche buon’anima, di cui tutti volevano conoscere il nome, aveva inventato la variabile Ian Clow, che trasformava il suddetto putiferio in caos controllato e i due satelliti Frank Paciock e Lysander Scamander, grazie ai quali il caos controllato evitava di degenerare.
In fin dei conti, quell’annata di ragazzi Grifondoro era decisamente ben assortita e nonostante ne avessero combinate di tutte i colori tutti quanti nella torre si erano rassegnati con un sorriso al loro essere un maremoto umano.
La mente criminale del gruppo, se così si poteva, in maniera riduttiva, definire, era il già citato James Sirius Potter, rubacuori di professione che aveva fatto del catturare e ammaliare fanciulle indifese una vera e propria arte, con i suoi capelli scuri perennemente spettinati e i suoi occhi scuri che avrebbero fatto ammattire anche la McGranitt se solo, beh, non fosse stata la McGranitt. Se a questo si sommavano un fisico da atleta e il titolo di cercatore che manteneva da sei anni e quello di Capitano ricevuto solo l’anno prima, con un pizzico di infrazioni al regolamento scolastico che non fanno mai male alla reputazione di un vero idolo, poco importava che i suoi amici lo superassero in altezza, lui sarebbe sempre apparso la preda più ambita della fauna femminile di Hogwarts e se ne compiaceva in ogni momento della sua vita.
Perché sì, James era tutto quello che poteva essere il ragazzo ideale: altruista, gentile, impavido, divertente e tutto il resto, ma l’amore per se stesso non glielo toglieva nessuno e sapeva essere di un egocentrismo surreale.
Veniva poi il secondo fattore di disastri, Elijah Faraday, capelli mogano, occhi a detta di molte, troppo verdi per essere veri e quel sorrisetto malizioso sulle labbra ogni volta che passava un membro femminile del corpo studentesco. Lui, al contrario di James, aveva fatto dell’illudere fanciulle indifese un vero e proprio stile di vita, tanto che la sua relazione più lunga con una donna era quella che intratteneva, volente o nolente, con sua madre, che purtroppo se l’era fatto e doveva pure tenerselo.
In sostanza Elijah Faraday era un metro e novanta circa di stronzaggine allo stato puro.
Ma non quella stronzaggine che ti fa desiderare di spaccargli la faccia con un pugno, no, troppo facile, stiamo parlando di quella stronzaggine che ti fa desiderare di essere presa e usata solo per provare l’ebbrezza e quei due istanti di paradiso.
Fortunatamente a salvare l’onore della famiglia Faraday c’era la sua nemesi personale, Mordecai Faraday, il gemello normale, Serpeverde, quello che tutti adoravano tranne, ovviamente, fratello, che potendo avrebbe riscritto la storia per nascere figlio unico, e che era anche il primo e lampante motivo per cui Elijah Faraday nutriva un odio profondo e radicato per le Serpi, tutte quante indistintamente.
Ringraziando il cielo era stato inventato anche quel bravo ragazzo di Ian Clow che teneva tranquilli, con i suoi riccioli castani, la pelle dorata e gli occhi neri, quei due terremoti scolastici che altrimenti avrebbero distrutto il castello.
Nonostante questo, nessuno si spiegava come mai uno come lui, davvero un bravo ragazzo, con una fedina penale che sarebbe potuta tranquillamente rimanere intonsa, fosse andato a complicarsi la vita con la loro compagnia, alcuni ipotizzavano un colpo di sole, altri un colpo di sonno, altri in un colpo in testa, altri un colpo e basta.
Rimanevano Frank Paciock, con i suoi quasi due metri di altezza e un aspetto pressoché identico a quello del padre, nonché stimato professore di Erbologia, Neville Paciock. Era un ragazzo mite e tranquillo, se non veniva esageratamente stuzzicato e nessuno osava più infastidire Frank Paciock dal quarto anno, quando spedito un ragazzo in infermeria per una settimana. E infine Lysander Scamander, con la testa perennemente tra le nuvole, un altro troppo dolce per essere finito a Grifondoro,i capelli tanto chiari da sembrare bianchi e gli occhi blu grandi e un pochino ingenui, forse.
Decisamente un gruppo ben assortito, il settimo anno Grifondoro.

Sala Grande, ore 7.45.
La Sala Grande era un caos, quella mattina, come tutte le mattine e del resto non sarebbe potuto essere altrimenti con tutti quei ragazzi costretti a vivere sotto lo stesso tetto e a fare colazione alla stessa tavola: in compenso lo sguardo vigile del corpo docenti impediva delle e vere battaglie con il cibo.
«La prima partita è contro Corvonero?!» sbraitò Roxanne addentando una fetta di pane in maniera decisamente poco elegante, Evangeline la guardò esasperata prima di guardare Frank, che cercò di consolarla, e James, seduto davanti alla cugina, scoppiò a ridere di gusto, mentre Elijah si divertiva a rubare il cibo dal piatto di una Jade decisamente ancora troppo addormentata che non se ne accorgeva nemmeno, il tutto sotto lo sguardo di perenne rimprovero di Ian e quello confuso di Lysander, che ancora non capiva che gusto ci fosse a prelevare il cibo dal piatto degli altri quando se ne era praticamente circondati.
«Me l’ha detto prima la Hastings» rispose James soddisfatto, prima di guardare verso il soffitto, assaporando già la prossima vittoria sul campo da Quidditch,mentre la sua rinomata competitività riaffiorava pian piano dopo un’estate in cui era rimasta assopita, lontano dal campo da gioco.
«Io giuro che se quella testa di Troll di Lorcan mi viene vicino come l’anno scorso lo butto giù dalla scopa!» continuò imperterrita Roxanne aggiungendo una serie di improperi poco comprensibili nella confusione generale.
«Ma di cosa ti preoccupi, Weasley? Paura di perdere la nostra scommessa anche quest’anno?» insinuò Elijah, perché stuzzicare la Weasley mora era il suo passatempo preferito da sempre.
Jade alzò la testa dal piatto, improvvisamente attenta: scommessa?
«Tranquillo, Eli, non vincerai neanche questa volta» lo spense la ragazza con un sorrisetto compiaciuto e Jade sbuffò bevendo il suo succo di zucca in un sorso.
Era tradizione, da un po’ di anni ormai, da quando erano entrati in squadra loro tre, Jade, Rox ed Eli, che i cacciattori di Grifondoro, all’inizio della stagione, scommettessero su chi avrebbe fatto più centri tempo la fine dell’anno e l’anno prima aveva vinto la bionda. Non che la posta fosse alta, un solo galeone, ma per i tre era una questione di orgoglio e l’orgoglio di Roxanne ed Elijah avrebbe occupato tutto il castello standoci stretto.
«Comunque» tornò alla carica Rox puntando la forchetta contro il cugino, «L’anno scorso quel maiale coi capelli di Lorcan mi ha toccato il culo: se ci riprova sai già che lo affattuo, a costo di rimetterci la stagione. Ricordalo, Capitano».
«Mi sono giunti i tuoi toni soavi che chiamavano dolcemente il mio nome, Weasley» si intromise una voce dannatamente familiare e fastidiosa, «Stavi forse parlando di me?».
Lorcan Scamander, Corvonero, in tutta la sua maledetta altezza e in tutto il suo maledetto ego, stava in piedi alle spalle di James, con i capelli biondi alti sulla testa e gli occhi grigi, al contrario di quelli del gemello, affilati come due lame, senza la minima traccia di ingenuità.
E Roxanne lo odiava, solo Merlino e Morgana potevano sapere davvero quanto lei lo odiasse con ogni fibra del suo essere.
«Vai al diavolo, Lorcan» masticò la ragazza voltandosi da un’altra parte, nel vano tentativo di ignorarlo ed Elijah non riuscì a trattenere l’ennesimo ghigno, se c’era una cosa che preferiva alla Weasley mora che gli inveiva contro, era la Weasley mora che inveiva contro Lorcan Scamander.
«Con piacere, tesoro» le sorrise a mezza bocca lui prima di voltarsi verso il fratello, «Senti, Lys, mamma ha chiesto se hai preso tu i suoi occhiali gialli, quelli che usa quando va alla ricerca di non mi ricordo nemmeno che cosa. Li hai visti? Se si rimandaglieli, grazie. Sembra che casa nostra sia infestata da quei cosi e lei vuole capire dove hanno fatto il nido..».
«Va bene, Lo» rispose pacato l’altro, «Non mi pare ma guarderò».
«Lorcan, noi andiamo a Incantesimi: vieni con noi?» un’altra voce, più chiara e delicata, affiancò la figura del biondo, e una ragazza con i capelli ricci, corti e mori, non molto alta ma molto bella, gli sfiorò appena il braccio per attirare la sua attenzione, mentre il ragazzo che era arrivato con lei salutava con un cenno il tavolo dei Grifondoro.
«Ciao Row!» esclamò Jade alzandosi, «Mord, per fortuna sei venuto tu, dobbiamo parlare della ronda di questa sera».
Erano Rowena Dale, Corvonero, e Mordecai Faraday, gemello di Elijah, in tutto identico al fratello che lo salutò con una specie di grugnito.
«Bello essere Caposcuola, eh, ragazzi»ridacchiò James guardando le facce di Mordecai e Jade, per niente entusiaste.
«Uno spasso, Potter» rispose sarcastico il Faraday mentre Jade salutava gli altri e si dirigeva con lui fuori dalla sala.
«Mi raccomando, Roxanne, non smetterla di pensare a me, ma non ti preoccupare: alla terza ora saremo ancora insieme» e anche Lorcan se ne andò trascinato a forza da Rowena.
«Io lo ammazzo, io giuro su Merlino che lo ammazzo» sibilò Rox sfogando la sua rabbia su un tozzo di pane ormai ridotto in briciole, sotto lo sguardo vigile e leggermente ma giustamente spaventato di Eva: la Weasley arrabbiata era pericolosa, lo sapevano tutti.
Intanto Lorcan, nei corridoi del castello con Rowena, se la rideva soddisfatto.
«Non ti stufi mai di rovinare la vita a quella ragazza?» chiese Rowena con una nota di rimprovero, il ragazzo sorrise diabolico ma non rispose e Lorcan Scamander che sorrideva in quella maniera era pericoloso, terribilmente pericoloso, lo sapevano tutti.

Note:
Salve a tutti, masochisticamente ho postato anche il primo capitolo di questa storiella, lavoro a cui, per altro, tengo in maniera particolare -.-""
Comunque, sperando che qualcuno l'abbia letta, spero vi abbia convinti un po' di più del prologo..e vale sempre lo stesso discorso: vi prego, vi scongiuro, vi supplico, lasciatemelo un commentino, per favore!! Anche negativo, se è quello che pensate, basta che mi diciate qualcosa: qualsiasi cosa va bene, accetto ogni genere di critica..
Grazie mille per l'attenzione,
Najla
  
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