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Autore: Hellionor    12/04/2012    4 recensioni
Si dice che Deimos, un giorno, quando l'attrazione di Marte diventerà troppo forte, si schianterà sul pianeta stesso; mentre Phobos scivolerà verso gli inesistenti confini dell'Universo.
Altri, invece, ipotizzano che anche il secondo, dopo l'impatto del primo, finirà a collidere con Marte.
E così, i due satelliti verranno divisi e distrutti proprio dallo stesso che li aveva avvicinati.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oddio, sono davvero imperdonabile!
Per questo capitolo vi ho fatto aspettare una vita, soprattutto dopo avervi detto che avrei aggiornato presto! (Che i miei 'presto' abbiano lo stesso effetto dei 'soon' di un tale di nostra conoscenza?!)
Vorrei solo dirvi che ultimamente in pochissimi hanno letto la storia e mi dispiace un po' siano calate così tanto le visite (e le recensioni), ma, soprattutto, io ho perso l'ispirazione per andare avanti. E anziché scrivere sotto forzatura, ho preferito prendermi una pausa per un attimo. In qualsiasi caso non posso lasciare mica tutto in sospeso! Nimhea ha bisogno di avere un futuro v.v
Buona lettura a tutti,
Nora





Capitolo 13
Equilibrio



“Comunque non sei un'idiota, quando piangi.”
Hai capito diario? Mi ha detto così.
No, non mi interessa.
Cosa?!
E vorrà anche solo portarmi a letto, però è stato dolce (sì, continua ad essere insopportabile, però non del tutto, ecco). E boh. E basta, vado a letto, che è meglio.
La notte porta consiglio, non è forse così? Tanto, tantissimo consiglio. Consigli su consigli su consigli. Che poi, ora che torna dal tour, io faccio in tempo ad essere tornata a Milano. E... e no, niente, questo discorso non regge nemmeno. Nessun 'partire', 'Milano', 'lontana' e blabla. Non c'è niente, ergo, non ci sarà niente, né tanto meno ci deve essere. Quindi ciao diario, anche se ho le idee più confuse di prima.
Perché sono così complicata?!
E sono stanca, persino per leggere quello che stava scrivendo Andrea poco sopra. Per cui ti lascio così, a domani.

“Tu che sei lì a scrivere, sai vero che voglio sapere tutto?”
Andrea si buttò sul letto, splendente persino in quella sua maglietta lunghissima che usava a mo' di pigiama.
Nimhea posò la penna con apparente tranquillità, voltandosi verso di lei. Prese un respiro profondo, sperando che l'ossigeno riuscisse a riportare calma anche nei suoi pensieri.
“Nare! Oh, da quanto tempo non ci si sente. Cosa ti devo dire?”
“Non fare la scema e parla.”
“Lasciami dieci minuti. Mi strucco, lavo i denti, infilo il pigiama e arrivo.” mentre parlava si era alzata, andandosi ad appoggiare alla parete chiara alle sue spalle, già pronta per entrare in bagno.
“Posso dirti di no?”
“No.” sorrise l'amica, chiudendo velocemente la porta alle sue spalle e scappando ancora per qualche minuto dal racconto. Non sarebbe stata una semplice fiaba della buonanotte, quella. Non sarebbe bastato cercare senza risultati un principe e una principessa troppo finti per il mondo. Non c'erano un buono scrittore, un narratore adatto. Non c'era nemmeno qualcuno pronto ad ascoltare nella stessa disposizione d'un bambino.
“Intanto, se vuoi, puoi prendere la macchina fotografica e guardare le foto che ho fatto, mentre aspetti.” le gridò.
Quando uscì, si buttò addosso i pantaloncini e la canottiera che usava per dormire e si sedette sul letto di fronte all'amica, incrociando le gambe.
“Allora siete andati in moto?”
Nimhea rise: “Sì, siamo andati in moto. E non è così male, credevo facesse più paura, non so perché. Non sento l'equilibrio.”
“Non vada fuori tema, signorina. Senza contare il fatto poi che vai sempre in giro in bicicletta.”
“Giusto. Non lo so. È diverso. Comunque siamo arrivati in un parco e...”
“Un parco?” chiese Andrea con fare malizioso, lasciandosi sfuggire un sospiro prolungato.
“Non è successo niente, ok? Direi che come premessa può benissimo funzionare, così eviti di interrompermi in continuazione.”
“Uff, niente di niente?” sbuffò Nare.
“No. Dai, ti prego, non è una persona adatta a me!”
“Ovvio, decidi sempre tutto tu. Esistono anche gli imprevisti, Nimhea. Esistono le cose inaspettate, quelle su cui tu non hai controllo. Per cui, o trovi una motivazione sensata e reale, oppure evita di dirmi cose del genere.”
“Non è adatto a me, semplicemente. Siamo troppo diversi. Abita dalla parte opposta del mondo. È troppo grande. Ha abitudini troppo diverse. E, cosa più importante, non ho bisogno di stare con lui.”
“Va bene, va bene, scusa. Vai avanti: voglio sapere com'è andata.”
Nim scosse piano le spalle, contrariata, poi riprese a parlare e a descrivere la serata appena conclusa. No, non era malinconia quella vena sottile nella sua voce che lasciava alcune parole in sospeso. Era solo stanchezza.


“Scrivigli!”
Il sole estivo aveva già trascinato la sera precedente nel passato, lasciando a Nimhea il ricordo lievemente amaro di quel suo stupido essersi fatta vedere così debole. Passò davanti all'ampia finestra della camera, preparando la borsa per uscire e cercando di non dare ascolto all'amica.
“Perché?” domandò.
“Dovresti. Male non fa.”
“Ma cosa gli scrivo?”
“Già mi manchi da morire, ti aspetto.” rispose ridendo Andrea, mentre l'amica continuava a concentrarsi sulla borsa, trattenendo una risata.
-Macchina fotografica, portafoglio, cellulare... cellulare!- Andò a recuperare il telefono dal comodino, fermandosi per un istante. Troppo.
“Su, scrivigli!”
“Cosa dovrei dirgli, Nare?”
Andrea la guardò, senza aprire bocca, sistemandosi i ricci. Non poteva risponderle, non questa volta.
“Va bene, ho capito. Devo mandargli qualcosa perché mi obblighi a farlo, ma devo decidere io cosa scrivere. Favoloso.”
“Esatto, vedi che quando vuoi sei intelligente?”
Nimhea non diede troppa importanza alla presa in giro e si fermò sorridendo a pensare cosa potesse scrivere e mandare all'uomo. Rimase a lungo ad osservare lo schermo vuoto dell'Iphone, pronto ad accogliere il tocco leggero delle sue dita.
Trovare qualcosa di semplice, sincero e azzerare le aspettative di una qualsiasi possibile risposta: ecco cos'avrebbe dovuto fare, trascurando il piccolissimo dettaglio che non fosse veramente capace di limitarsi a fare qualcosa senza avere nulla indietro.
-È solo un messaggio.- si disse, iniziando a scrivere velocemente quelle poche parole balzate alla mente, prima di rileggerle quanto bastasse per conoscerne il contenuto, la disposizione dei caratteri, la quantità di spazio vuoto tra le righe.
“Su, è così difficile? Allora ci tieni!” gridò trionfante Nare.
“No, eviterei di dire qualcosa che possa proprio far pensare questo.”
Poi si decise ed inviò il messaggio.


“Alla buonora.” Jared aveva sul viso un'espressione scocciata e allo stesso tempo divertita. Gli occhi di ghiaccio avevano aspettato così tanto tempo quell'apparizione, che ora la vista del fratello che li raggiungeva sembrava quasi un miraggio. “Possibile che tu sia sempre in ritardo?”
“Scusatemi, ieri sera ero con... con una ragazza e stanotte ho dormito poco.”
“Non sai nemmeno come si chiama e ci sei finito a letto? Wow, complimenti.” disse Emma, vinta da un po' di sano femminismo. Non le dava fastidio il fatto che quell'uomo fosse così, ormai ci si era abituata. Era l'idea di quelle ragazze che si accontentavano banalmente del sesso che la faceva dannare. Ma non era suo compito preoccuparsene, purtroppo.
“Non ho detto questo.” sibilò Shannon.
Il fratello emise un grido cupo di sbeffeggiamento. “Qualcuna non vuole più il fratellone?”
“Finiscila.”
“Non vorrei disturbarvi,” s'inserì nella conversazione Tomo, dopo aver riso a lungo insieme al cantante. “ma abbiamo un aereo da prendere. Ne parliamo lì, eh?”
Il gruppo si mosse velocemente, scivolando tra la folla all'ingresso. Dopo essere stati fermati da qualche Echelon, contenti di aver fatto brillare gli occhi di quella loro famiglia, raggiunsero l'aereo e s'imbarcarono. Nei minuti che passarono non accennarono più a niente che avesse a che fare con la dichiarazione di Shannon.
“Comunque l'ho semplicemente riaccompagnata in albergo un po' dopo mezzanotte. Non c'entra volersi o meno.” puntualizzò lui, diretto al fratello, dopo quasi un'ora dal decollo.
“Anche se tu...”
“Ma la smettete? Posso anche uscire normalmente con una ragazza.”
Capì di credere poco in quella sua stessa affermazione nel momento in cui il sedile parve diventare improvvisamente scomodo.
“E hai dormito poco perché...?” chiese il chitarrista ancora confuso, senza badare troppo all'amico che continuava a spostare nervosamente il braccio sul tessuto liscio del bracciolo.
“Perché ho pensato.” ammise lui.
Jared e Tomo si bloccarono, staccandosi dal comodo schienale e fissandolo con le loro grandi iridi così contrastanti tra loro.
“Cosa c'è?” domandò Shan.
“Chi è lei?”
“Perché vuoi saperlo, Jay?”
“Su, Shan, è un nome!” intervenne Tomo, lasciando al cantante il tempo necessario per mettere insieme una buona risposta.
“Perché sì. Perché vogliamo scoprire chi è la santa donna che è riuscita a trattenerti così e a farti pensare tutta la notte.” poi, con un sospiro, scandì piano le due sillabe: “Chi è?”
“Nimhea.”
“Perché ho già sentito questo nome?” sussurrò a Tomo con aria pensosa.
“Era... era al concerto a Milano. Era...”
“La giornalista?!” esclamarono entrambi.
“Sì.”
Shannon era calmo e sorrideva. Ricordava bene le parole che suo fratello aveva usato qualche giorno prima: -Preparati, allora, perché il tuo amore, se potesse, ti avrebbe già lanciato addosso una scarica di fulmini.-
Di fulmini ne aveva visti ben pochi. Magari qualcuno, leggero, in lontananza. Uno di quelli che preannunciano un temporale o che si fanno ambasciatori di scrosci d'acqua lontani. Non che gli dispiacesse poi così tanto farsi travolgere, nell'eventualità.
“Cosa ci fa qui a Los Angeles? Come l'hai vista? Ed è uscita con te? Lei?!”
Il fratello maggiore lo guardò in cagnesco, prima di aprire bocca. “Sì, con me. Io l'avevo sempre detto.”
“E ha attraversato mezzo mondo per seguirti, uomo desiderato?”
“Ha vinto un concorso di fotografia.” rispose seccamente lui, reprimendo a stento un conciso e forse più incisivo 'Vaffanculo'.
“È troppo intelligente per te.”
Tomo tirò una gomitata all'amico, lasciandosi fuggire uno sguardo divertito.“Quanti anni ha?” domandò, tentando di portare la conversazione ad un piano normale.
“Ha...”
Dai suoi occhi riusciva a vedersi il caos regnante nella sua mente durante quei secondi. Non è poi così distante dalla realtà, la metafora dei cassetti. Sembrava infatti ne stesse aprendo in fretta e furia migliaia e migliaia, rovistando tra il loro contenuto e gettando cianfrusaglie tutto intorno, senza arrivare ad alcuna soluzione.
No, non sapeva quanti anni avesse. Veramente non sapeva assolutamente niente, se non quello che era sempre parso bastargli in quei giorni e che adesso iniziava a stargli stretto. Forse per la prima volta, sentì il cervello vibrare forti colpi che risuonavano come accuse di stupidità.
Si riscosse velocemente, appena in tempo per sentire l'amico.
“Fantastico! Il cognome non te lo chiedo nemmeno.”
“Comunque è più piccola. Dieci anni in meno di sicuro.”
In fondo non aveva bisogno di un'età precisa. Le sue idee bastavano. Avrebbe benissimo anche potuto non rivederla mai più e allora che problemi rappresentava quel suo non sapere così tanto?
“Non che ci voglia molto ad avere dieci anni in meno di voi, eh?” lo prese in giro Tomo, strappandolo ancora una volta ai suoi pensieri.
Shannon abbozzò un sorriso, Jared finse di prendersela e l'istigatore si lasciò scivolare di nuovo sullo schienale, permettendo così che la conversazione terminasse, sprofondando nel silenzio confuso dell'aereo, forse l'unico veramente in equilibrio in quel momento.
Quando scesero dall'aereo, si ritrovarono a camminare per l'aeroporto affollatissimo un po' indolenziti per il viaggio, ma subito destati da un altra parte della loro famiglia. Diverse persone, sparse per il mondo. Tanti fiori splendenti sbocciati su diversi rami: alcuni diversi, altri del tutto simili, ma tutti appartenenti e nutriti dallo stesso identico tronco.
Il batterista, una volta in taxi, si ricordò di accendere il telefono. Un nuovo messaggio.
Va bene, te lo concedo, ieri sera mi sono divertita.
Buon viaggio, batterista.

“Io cosa vi avevo detto?” domandò con un sorriso di sfida che forse, in un lievissimo tratto dell'increspatura del labbro, nascondeva un piacere diverso, quasi nuovo.
Grazie per la concessione.
Spero di (voglio) trovarti al mio ritorno.
Buona Los Angeles e buona calma in mia assenza, italiana.
 
   
 
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