NOTE DELL’AUTRICE:
Semplicemente
grazie. =)
EPILOGO.
Il
vento soffiava leggero tra le foglie degli alberi, danzava libero nella
notte
facendo ondeggiare sotto di lui i verdi fili d’erba. Un
petalo giallo smarrito
dai rami volteggiò al suo passaggio facendosi trasportare
nell’aria. Il vento
accarezzò i lunghi capelli di una fanciulla per poi
addormentarsi tra le fronde
di un amamelide. Il petalo si dissolse in polvere dorata.
Era
passato un anno dalla notte in cui tutto era stato distrutto per poi
rinascere
in nuova forma.
Una
pigra nuvola si spostò lentamente lasciando la luna brillare
nel cielo. La
fanciulla appoggiò la schiena sull’albero al
centro della radura.
“Bentornata.”
la salutò, con una voce profonda, quest’ultimo.
Ormai
l’albero non aveva più bisogno del suo rituale: da
quella notte la sua luce risplendeva
senza mai accennare a spegnersi e lo avrebbe fatto per
l’eternità. Adesso la
fanciulla doveva solo stare attenta che…l’albero
non soffrisse di solitudine.
“Salve.”
lo salutò.
La
fanciulla chiuse gli occhi assaporando il silenzio
dell’attesa.
Una
pressione delicata sulle labbra.
Aprì
gli occhi.
Alessandro
era lì che sorrideva con i suoi begli occhi azzurri, lei
prese il suo volto tra
le mani e lo salutò a sua volta. Sentì le mani di
Alessandro sulla sua pelle,
poi fece scorrere una mano sul suo petto, dove la ferita era ormai
diventata
solo una grande cicatrice.
“Alessandro.”
“Amamelide.”
Assaporò
le lettere del suo nome una ad una. Era passato così tanto
tempo senza che
nessuno dicesse il suo nome che un anno non le era bastato per
abituarsi all’idea.
I
ricordi di quella notte si susseguirono nella sua mente.
Aveva
davvero creduto che fosse la fine, aveva sentito la vita scivolare via
lentamente e inesorabilmente. Poi tutto si era risolto per il meglio e
lo
doveva ad Alessandro, che aveva fatto tutto senza un secondo fine:
aveva
seguito la sua voce interna. Non era da tutti lasciarsi guidare dal
proprio
cuore, era difficile.
Da
quella notte aveva guardato tutto con un occhio diverso, ogni singola
cosa era
speciale, di ogni piccola vita faceva tesoro e ogni giorno era
importante. Da
allora guardava tutto con ammirazione. Sorrise al ricordo
dell’ulteriore
spavento che si era presa quella notte, come se non fosse bastato tutto
quello
che era successo.
Ad
un certo punto Alessandro si era accasciato al suolo tenendosi stretto
il petto
con un braccio, l’erba si era macchiata di rosso, rosso del
sangue che era
fuoriuscito dalla sua ferita. L’aveva preso in braccio
facendo attenzione a non
fargli del male e poi, più in fretta che aveva potuto, lo
aveva riportato a
casa sua. L’aveva steso sul letto ed era andata a cercare
acqua, bende, qualche
candela per fare un po’ di luce. Una volta trovato tutto,
aveva appoggiato le
candele e la bacinella con l’acqua su un piccolo tavolino.
“Perché
siamo a casa mia?” aveva chiesto Alessandro. Era rinvenuto,
l’aveva guardata
confuso.
“Stai
sanguinando. Ti ho portato qui per fasciarti la ferita.”
Aveva
provato a guardarsi il petto, ma aveva rinunciato subito reprimendo un
mugolio
tra le labbra, poi la consapevolezza di quello che era successo gli era
luccicata negli occhi.
“Ancora
non mi è ben chiaro come sono arrivato nella radura e
poi…questa ferita…”si era
coperto gli occhi con una mano “Prima o poi dovrai spiegarmi
tutto…mmm”.
Lei aveva bagnato
un panno e aveva iniziato a
pulire la ferita ed Alessandro non era riuscita a trattenere un verso
di
dolore.
“Mi
dispiace, cercherò di fare più piano.”
Sapeva
di averlo salvato da morte certa, ma si era sentita comunque in colpa
per
avergli procurato quella ferita. Alessandro aveva visto il tormento sul
suo
volto, attraverso lo spazio tra le dita.
“Grazie.”
aveva detto semplicemente.
Lo
aveva guardato senza capire.
“Stavo
morendo, ma adesso sto bene.” aveva detto.
“A parte questa
ferita” aveva aggiunto lei, ma
solo mentalmente.
“Non
so cosa sia successo e prima poi me lo dirai, ma io so che sono salvo
grazie a
te.”
Aveva
parlato con la mano sul volto, per non pensare troppo al pulsare della
ferita.
Poi, gli era venuta un’idea migliore, forse anche un
po’ troppo sdolcinata:
aveva deciso di guardare lei. L’aveva vista annuire, come
risposta silenziosa
alle sue parole, mentre il suo volto si era rilassato.
Dopo
aver finito, si era lavata le mani sporche di sangue e gli aveva
fasciato la
ferita.
Lui
l’aveva osservata stringendo i pugni per contenere il dolore
e poi le aveva
rubato un bacio. Lei l’aveva guardato contrariata per poi
sciogliersi, per
fortuna, in una silenziosa risata.
“Ho
finito!” aveva detto sollevata, rompendo il silenzio.
“No,
mi devi una spiegazione!”
“Non
ora, adesso voglio solo…”aveva lasciato la frase
sospesa a metà.
“Tutto
bene?” aveva chiesto Alessandro, dimenticandosi il suo
desiderio di
spiegazioni.
“Sei
così bello. Ti amo così tanto.”
“Ti
amo…” uno sbadigliò si era fatto largo
rovinando quel momento romantico, rendendolo
un po’ strano, ma in fondo loro due non erano romantici e
strani allo stesso
tempo?!
Si
era seduta sul bordo del letto.
“Adesso
dormi!”
“E
tu? Te ne vai?” le aveva chiesto con occhi imploranti.
“No,
rimango qua. Naturalmente finché non sorgerà il
sole.”
Alessandro
le aveva stretto la mano e si era addormentato. Lei era rimasta tutta
la notte
a guardarlo dormire. Non l’aveva mai fatto con nessuno.
“Ehi…
ehi, Amamelide, a cosa stai pensando?”
“A
quanto sei scemo!” rispose Amamelide, ridendo alla faccia
contrariata di
Alessandro.
“Io
invece pensavo a quanto sono morbide le tue labbra sulle
mie.” disse Alessandro
fingendo un tono seducente.
“Visto,
sei uno scemo!”
Amamelide,
dolcemente, spinse via Alessandro, che si era avvicinato sempre di
più a lei e
si nascose dietro l’albero.
Alessandro
la seguì.
“Ti
ho portato un regalo.” disse tutto ad un fiato “Mi
ha aiutato una signora giù
al villaggio a farlo.”
“Un
regalo?”
“Si…spero
che ti piaccia.” disse accennando un sorriso.
Mise
una mano in tasca e tolse un piccolo pacchetto. Con attenzione
slegò lo spago,
che teneva insieme la carta che lo avvolgeva, e lo liberò.
Un piccolo fermaglio
comparve tra le sue mani. Alessandro vi aveva sistemato sopra un
bellissimo
fiore giallo: un fiore di amamelide.
“L’ho
colto dall’albero vicino la mia casa. Tra i tuoi capelli,
grazie al tuo potere,
questo fiore non seccherà mai.” disse e poi la
guardò negli occhi, con uno
sguardo intenso e profondo, come ad invitarla a comprendere il
significato
nascosto tra le sue parole.
Una
sola lacrima rigò il volto di Amamelide, non un pianto
liberatorio mescolato a
rassegnazione e rabbia, ma una sola lacrima di tristezza e affetto
verso
Alessandro e i ricordi che aveva e che avrebbe avuto insieme a lui. Una
sola
lacrima perché aveva capito: quel fermaglio sarebbe rimasto
sempre con lei
anche quando lui non avrebbe più potuto farlo. Alessandro
aveva cercato più
volte di parlargli della sua… di quello, ma lei si era
sempre rifiutata di
starlo a sentire, ma lui si era fatto ascoltare lo stesso. Ed eccolo
lì, con il
suo regalo in mano e le chiedeva di accettarlo e lei, prendendolo,
avrebbe
accettato fino in fondo il suo essere umano. Amamelide
osservò con attenzione
quel fermaglio: era davvero stupendo, accettarlo avrebbe significato
accettare
fino in fondo la sua futura morte. Non voleva farlo, ma Alessandro era
un
essere umano e quella era una parte di lui: questa volta non gli
avrebbe
risposto con un rifiuto. Lo guardò e semplicemente
“grazie ” gli disse e quel
grazie non era solo per il suo regalo così importante, ma
era anche un grazie
per averla trovata, per aver accettato quel suo bacio così
improbabile, per non
essere scappato, per averle dato la possibilità di vederlo
dormire, per averla
salvata, per aver scoperto il suo nome e per essere sempre
lì a stringere la
sua mano.
Alessandro
si avvicinò e le accarezzò i morbidi capelli,
rimasti lunghi da quella notte.
L’albero non si era più riappropriato
dell’energia che Amamelide aveva avuto
nel suo corpo per il rituale, gliel’aveva donata.
Amamelide
si soffermò a guardare i tratti familiari del viso di
Alessandro, per lei era
un modo per sentirsi a casa. Arrivò ai suoi occhi, anche lui
la stava
osservando. Incatenarono i loro sguardi, i caldi occhi castani color
della
terra di lei, con i profondi occhi color del cielo di lui: ognuno dei
due
amanti aveva in sé il colore che apparteneva alla casa
dell’altro. Adesso,
però, l’uno era la casa dell’altro.
Il vento soffiò tra
i loro volti così vicini,
una ciocca di capelli ricadde sul viso di Amamelide che, subito, mosse
la mano
per riportarla dietro l’orecchio. Alessandro,
però, la fermò stringendo la mano
nella sua, prese quella ciocca di capelli e la fermò tra la
chioma di Amamelide
con il piccolo fiore giallo sistemato accuratamente sul fermaglio color
dell’oro. Poi le diede un dolce bacio sulla guancia.
Amamelide sentì il suo
cuore accelerare i battiti. Portò la mano a sfiorare i
petali di quel fiore che
non sarebbe mai appassito. Sorrise tra sé: Alessandro aveva
colto quel fiore
dall’albero vicino a casa sua, che non era un albero
qualunque, ma proprio
un’amamelide e…ed era come se
quell’albero fosse cresciuto proprio lì per
predire il loro incontro. Alessandro la guardava, come aveva fatto
così tante
di quelle volte, ma ogni volta era come se il tempo e lo spazio si
annullassero: era così bella persa nei suoi pensieri.
Poi,
quella notte, accadde qualcosa di magicamente incredibile.
Il
vento soffiò leggero tra le fronde dell’albero
portando con sé numerosi petali
gialli. Un piccolo ramo si mosse avvicinandosi al viso di Amamelide
che, come
chiamata da quel piccolo fiore sbocciato sul ramo, allungò
una mano per
toccarlo. Non appena le sue dita arrivarono a quei petali, Amamelide
sentì
stabilirsi un legame, attraverso di lei, tra il grande albero della
natura e il
piccolo fiore che aveva tra i capelli.
I
suoi occhi si aprirono sul vuoto.
Tese
una mano verso Alessandro che, anche non capendo il significato di
quell’invito, la afferrò senza esitare.
Una
serie d’immagini apparve davanti ai loro occhi che, ormai,
non vedevano più la
piccola radura.
“La
natura…” disse Amamelide “Ci vuole
parlare!”
Doveva
essere qualcosa di molto importante, era molto raro che la natura
comunicasse
attraverso le immagini.
Alessandro
e Amamelide furono catapultati con la mente in un viaggio attraverso il
tempo.
Videro
l’immagine della radura, ma non la loro: erano scene di un
tempo passato e
l’albero di amamelide non si ergeva ancora al centro del loro
piccolo spazio
verde. Un’altra immagine subentrò a quella.
Amamelide,
insieme ad Alessandro, rivide la se stessa del passato, rivide lo
spirito della
luna che prendeva, da un piccolo pacchetto fatto con una foglia
ricoperta di
polvere di stelle, un piccolo seme: il seme che, poi, sarebbe diventato
l’albero custode. Avvertirono il vento soffiare, in quel
tempo passato, e poi
videro l’immagine stringersi su quella foglia brillante di
stelle: lì erano
custoditi, non uno, ma più semi di amamelide. Intrappolato
dal soffio del
vento, uno di quei semi, abbandonò la sua sicura dimora per
volare via da lì:
videro il percorso che, in quell’antica notte, il seme fece
per poi fermarsi,
poco più in là della foresta, in una seconda
radura che aveva qualcosa di
familiare. Le immagini si susseguivano: da quel seme nacque un albero
che crebbe
e attraversò il tempo sottoposto alle stagioni. Sentirono
che l’albero
aspettava qualcuno. La visuale si allargò e videro una casa
costruita da poco
proprio a pochi passi dall’albero. Alessandro
sussultò: quella era la sua casa.
Una serie d’immagini si susseguì velocemente:
Alessandro che si prendeva cura
dell’albero, che gli parlava, che passava il tempo seduto
sotto le sue fronde.
Poi l’attimo in cui il nome dello spirito della luna era
stato rivelato e,
infine, due ultime immagini: un tenue scintillio verde
all’interno dell’albero
e lo stesso scintillio all’interno di Alessandro.
La
connessione si spezzò e ritornarono con la mente al presente.
Alessandro
ripensò a tutto quello che aveva visto: la natura voleva
dirgli qualcosa,
proprio a lui, ma la sua conoscenza di quel mondo, che aveva scoperto
da poco
più di un anno, non gli permetteva di comprendere a pieno
quelle immagini;
Amamelide, sicuramente lei aveva compreso tutto.
Le
loro mani erano ancora strette l’una nell’altra,
così, Alessandro tirò Amamelide
a sé. Scrutò nei suoi occhi per cercare di capire
quali sentimenti avevano
suscitato in lei le immagini: non vi trovò né
gioia né tristezza, solo
incredulità.
“Che
cosa è successo? Che cosa vuol dire tutto quello che abbiamo
visto?”
“Il
fiore…”
“Il
fiore?”
“Il
fiore che mi hai regalato ha creato una connessione con
l’albero.” disse
indicando l’amamelide alle sue spalle.
“Come
ha fatto?”
“Lo
hai appena visto anche tu… quella notte di secoli fa, quando
sono scesa sulla
Terra per piantare il custode della natura, un seme mi è
stato portato via dal
vento. Avevo scelto personalmente i semi, di amamelide, e vi avevo
sparso sopra
la mia magia.”
Alessandro
finalmente iniziava a capirci qualcosa.
“La
mia casa…quel seme che è volato via è
l’albero vicino la mia casa!” disse “Ed
ha una connessione con il custode della natura?!!!”
“Esatto!”
rispose Amamelide “E’ una cosa stupenda!”
e sui suoi occhi si affacciò la gioia
trattenuta.
Alessandro,
però, non aveva ancora finito con le sue domande.
“E
tutte le altre immagini? Perché c’ero
anch’io?”
Amamelide
iniziò a camminare per la radura, faceva sempre
così quando doveva raccogliere
i pensieri.
“Hai
sentito che l’albero aspettava qualcuno?”
“Si!”
rispose con il fiato sospeso.
“Quel
qualcuno sei tu!” rivelò Amamelide con dolcezza.
Alessandro
sgranò gli occhi.
“Ti
sei preso cura di lui come nessuno aveva mai fatto, hai stabilito un
legame con
lui. Aveva cercato a lungo la persona giusta e poi sei arrivato tu e
tutto
questo è stato reso possibile dalla tua umanità
autentica!” gli spiegò
Amamelide con un enorme sorriso sul viso, ormai non riusciva
più a contenersi.
“La
mia umanità autentica? ”gli veniva da ridere al
pensiero di quelle parole,
erano proprio da ‘mondo della magia’. Era vero,
però, lui aveva sempre sentito
un legame con l’albero.
“Penso”
continuò Amamelide distogliendolo dai suoi pensieri
“che il destino si sia
divertito ad intrecciare così le nostre strade!”
“Perché?”
“Perché
tu sei innamorato di me e io di te e non è una cosa
passeggera. Tu hai scoperto
il mio nome e, così, ti si sono aperte le porte di questo
mondo. Questo ha
fatto si che il tuo legame con l’albero risvegliasse in lui
la mia magia
assopita.”
Alessandro
non riusciva a trovare parole per esprimere cosa provava dopo aver
saputo tutto
questo. Si sedette per terra. Certo che si era divertito il fato! Era
come se
avesse ricamato nel tempo, intorno alla loro storia d’amore,
per farli arrivare
fino a quel punto, ma qual era il suo scopo?
“Cos’erano
quelle luci verdi? Ce n’era una dentro di me?!”
Amamelide
smise di camminare e inclinò la testa su un lato.
“Questo
non lo so neanche io. Questa è una cosa che riguarda te, ma
forse posso
aiutarti: il custode vuole stabilire un contatto con te, me
l’ha detto!”
Un
contatto? Con il custode? Alessandro non aveva mai neanche sfiorato
quell’amamelide. Fu spiazzato da quella richiesta: non ne
capiva il senso,
un’altra volta… quel mondo a volte lo faceva
sentire così deficiente, un po’
fuoriposto. Amamelide gli tese la mano, per fortuna c’era lei
che metteva tutto
in ordine.
“Vieni
con me!”
Si
avvicinarono all’albero, Amamelide vi poggiò sopra
la mano di Alessandro e poi
la coprì con la sua.
“Adesso
chiudi gli occhi e concentrati sulla luce verde dentro di te.”
Un
soffio di vento, un lampo sullo sfondo del cielo preannunciava un
temporale in
lontananza.
Mentre
Alessandro, ad occhi chiusi, si concentrava su se stesso, Amamelide si
guardava
intorno: sapeva di dover attendere qualcosa. Percepì un
flusso di energia
dall’albero ad Alessandro: era quella la scintilla che
mancava per dare il via
a tutto.
Accadde
tutto in silenzio.
Strano,
alla natura piaceva tutto l’opposto.
Stava
accadendo qualcosa di unico e raro.
Vide
una luce verde in lontananza, ma non con gli occhi: ne
percepì, più che altro,
la presenza. Era stata assopita per lungo tempo e adesso, quella luce,
si stava
risvegliando: apparteneva all’albero gemello del custode. Un
piccolo filo
scintillante di luce verde smeraldo si affacciò da quella
sfera di luce e
attraversò il bosco: era diretto alla radura.
Amamelide
osservava tutto in silenzio, stava iniziando a capirci qualcosa e
stentava a
credere alle sue stesse intuizioni.
Il
filo fece capolino nella radura, brillava come le prime foglie di
primavera.
Muovendosi nell’aria si avvicinò ad Alessandro, si
fermò per un secondo come ad
assicurarsi che fosse veramente lui e, dopo aver riconosciuto
l’altra luce
verde che completava quella da cui proveniva, si legò al
polso del ragazzo
assumendo la forma di un sottile bracciale.
Come
tutto era iniziato nel silenzio, tutto era finito nel silenzio e tutto
era
tornato alla normalità.
Alessandro
sentì Amamelide spostare la mano da sopra la sua,
così riaprì gli occhi.
L’espressione che vide sul volto di Amamelide era
indescrivibile.
“Cos’è
successo? Niente?”
Amamelide
gli prese il braccio e glielo portò davanti agli occhi
ponendolo alla sua
attenzione.
“Cos’è
questo? E’ verde… è stato il mio albero
a donarmelo?”
Amamelide
annuì con la testa, poi allungò a sua volta il
braccio dove, intorno al suo
polso, era comparso un bracciale identico a quello di Alessandro, ma
argentato.
“Ne
hai uno anche tu?!?!!! Cosa vuol dire tutto questo?”
Amamelide
prese un bel respiro e si decise a parlare.
“Questo
bracciale mi è stato donato, alla mia nascita, dalla luna.
Io sono una parte di
lei, sono nata da lei e questo bracciale mi ha reso il suo
spirito.”
Il
filo argentato risplendette come un diamante, poi Amamelide lo
celò agli occhi
del mondo. Il bracciale era sempre lì, solo in questo modo
era sicuro e
protetto.
“Puoi
farlo anche tu.” disse.
Alessandro,
però, non rispose: il suo corpo non reagiva, mentre la sua
mente elaborava le
informazioni.
Amamelide
con quel bracciale era diventata lo spirito della luna quindi lui
adesso era…
“Sono
lo spirito della Terra!” disse a fior di labbra.
Cercò
la conferma negli occhi dello spirito della luna e quando
l’ebbe trovata,
strinse Amamelide tra le sue braccia e cercò le sue labbra.
Si guardarono l’un
l’altro per poi perdersi nella sensazione di quel caldo e
umido bacio, il
respiro affannato, con la consapevolezza del loro nuovo ed eterno
futuro.
Ed
ecco scoperto lo scopo del destino: voleva donarli la
possibilità di non
dividersi mai più e, quel dono ben nascosto, era stato
scoperto e accettato
volentieri. Alessandro era stato messo alla prova dal
’suo’ albero e si era
dimostrato degno della sua fiducia e del ruolo.
Adesso
erano lo spirito della luna e della Terra ed Amamelide fu
così contenta di aver
scelto i fiori di amamelide quel giorno in cui le chiesero di decidere
il suo
nome, di decidere quale seme piantare per far nascere il custode della
natura
perché il significato di quei fiori è incantesimo
e incantesimo era quello che era
adesso la sua vita insieme ad Alessandro.
Notte e
giorno, luna nuova e luna piena, niente più condizionava
ormai il loro tempo
insieme.
Uno
apparteneva alla Terra, l’altra alla luna, ma adesso vi era
un luogo che
apparteneva ad entrambi a metà strada tra le due
realtà. Fili argentati e verde
smeraldo risplendevano, in quel luogo creato dalle loro anime,
intrecciati tra
i fiori di amamelide.
A volte,
nelle notti di luna nuova, quando il mondo dormiva, ritornavano in
quella
radura dove si erano incontrati la prima volta. Il lago di acqua
cristallina
era lì, come sempre, con le sue lucciole e la sua magia.
Alessandro aveva imparato
a usufruire del potere della sua fiamma verde sempre meglio. Lei
manipolava l’acqua, lui l’aria, così
insieme danzavano volteggiando nell’aria su sassi
d’acqua, sospesi sul lago, con le lucciole che illuminavano i
loro passi.
Amamelide
e Alessandro non furono più divisi e mai lo saranno e anche
oggi danzano tra la
luna e la Terra.
FINE