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Autore: xEsterx    13/04/2012    3 recensioni
Los Angeles.
La los Angeles delle corse clandestine, delle notti illuminate a giorno.
La los Angeles dove anche al destino piace giocare, unendo fuoco e ghiaccio senza che il fuoco si estingua o il ghiaccio si sciolga.
Ma addirittura si diverte nel vedere come i due riescano a compensarsi, uno alleviando l’eccesso dell’altro. Perché alla fine il fuoco capisce che bruciare e distruggere non è l’unica cosa di cui è capace, e il ghiaccio scopre che sotto di sé, come protetta, la vita riposa silente e indisturbata, per rinascere rigogliosa, ogni anno e per sempre.
Genere: Azione, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Aquarius Degel, Scorpion Kardia
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il comandante trattenne il respiro, mentre nella sua testa ricordi offuscati dal tempo prendevano forma in immagini in movimento, rese qua e là più o meno vivide dall'intensità delle corrispondenti emozioni provate in quegli attimi. E quando la memoria gli riportava sulla pelle quelle più intense, i ricordi si presentavano nitidi e violenti come se li stesse rivivendo proprio in quel momento, assistendo ad essi con gli occhi di adesso.


Mancavano diciannove minuti alle undici di notte. Si trovava in zona Inglewood, nei pressi della centoquattresima, dove l'intervento della mafia aveva fatto edificare un numero spropositato di fabbricati illegali, che i malavitosi utilizzavano come magazzini per la merce destinata al contrabbando. Erano ormai anni che il Dipartimento di Polizia tallonava quella banda di delinquenti senza volto, La "Viuda de Negro", la vedova nera, sfiorando sempre per un pelo la possibilità di metter loro le mani addosso. All'epoca lui era solo uno dei tanti giovani sergenti nella città numero uno del crimine, affamati di eroiche imprese da infilare nel curriculum professionale e con le quali costruirsi una buona reputazione nell'ambiente lavorativo e in quello criminale. Se fosse riuscito ad acciuffarli... Se ci fosse riuscito di certo l'impresa non sarebbe passata inosservata agli occhi dei superiori. Anche perche la banda della Viuda de Negro si era guadagnata una bella fama in giro per tutta la Californa e anche oltre; con i loro commerci illegali di armi e droghe, rapine organizzate, violazione di reti informatiche di sicurezza, erano senza dubbio una più che succosa preda da portarsi a casa. Il fatto però di essere specializzati in così tante attività diverse aveva in principio depistato la polizia, la quale ci aveva messo un po' di tempo a scoprire che si trattava sì di menti diverse, ma unite tutte in un'unico organo. Non sapevano ancora quanti fossero i veri componenti, ma in base ad investigazioni su vari fronti, si supponeva che quei delinquenti non dovevano essere più di una decina, se non si contava gentaglia affiliata di poco conto. Si muovevano bene, cambiando strategia e fronte d'azione ogni volta che la polizia riusciva ad avvinarsi a loro un poco di più; questo aveva permesso alla Viuda de Negro di cavarsela sempre, ma grazie alla presenza di menti capaci e agenti volenterosi, ormai il Distretto di Polizia era ad un passo dalla vittoria. Una trappola architettata ad hoc era la loro strappata finale, l'ultima carta da giocare, quella che se non fosse andata a buon fine, li avrebbe rispediti indietro al punto di partenza. E il compito di guidare la delicatissima operazione spettava a lui, al sergente Russ Millard, in coppia con un suo superiore.
Bisognava pero dire che la prima parte del piano, che era poi quella più lunga, complessa e pericolosa, si era conclusa nel modo sperato: alla fine, tutti gli infiltrati erano riusciti, dopo parecchi mesi, a guadagnarsi la fiducia della Viuda de Negro e fingersi con successo dei buoni informatori di colpi grossi. Per facilitare loro il lavoro, la polizia aveva dovuto concedere alla banda parecchi crimini lasciati volutamente impuniti, ma ne valeva la pena se volevano avere una minima chance di acciuffarli. Poi, finalmente, gli infiltrati avevano convinto i criminali di poter concludere un allettante affare  e dopo qualche mese di lavoro, assieme all'aiuto di parecchi altri agenti in incognito, erano riusciti ad attirare cinque delle più importanti teste nemiche, e altri membri di minore importanza, all'interno di quel magazzino dismesso, che era poi il luogo designato per il finto incontro con i "famigerati contrabbandieri russi di armi pesanti". Il resto e la riuscita finale della missione, gravava in parte sulle spalle del sergente Millard, e non serviva specificare che anche il minimo errore sarebbe stato fatale. Nascosto dove il mobilio di cassoni lo consentiva, Russ avrebbe dovuto dare al momento giusto l'ordine di cattura e arresto agli altri venti agenti che stavano appostati e in agguato come lui. In apparenza era un compito semplice, ma se si andava a considerare tutte le varie (e possibilissime) variabili in gioco, poteva facilmente trasformarsi in un suicidio. Ma lui non avrebbe fallito, perchè ci teneva troppo a mettere le mani su quei bastardi che lo avevano privato di quasi un anno della sua vita, e precisamente da quando era stato trasferito alla "Crimine Organizzato" e il caso Viuda de Negro lo aveva impegnato fisicamente e mentalmente in quasi tutte le ore delle sue giornate. Ricordava che stava sudando freddo. Cercava di respirare piano e profondamente per cercare di diminuire i battiti cardiaci oramai al massimo della loro intensità, ma la tensione stava avendo la meglio. -Cristo.- Aveva imprecato sotto voce, conscio che il proprio successo dipendeva quasi esclusivamente dal suo sangue freddo. Non ricordava per quanto tempo aveva tenuto gli occhi puntati sull'unica zona illuminata del locale, e cioè quella dove gli infiltrati/finti collaboratori della polizia/Viuda de Negro stavano attendendo l'arrivo dei criminali, seduti attorno ad un tavolino di legno, su cui erano poggiati un paio di lampade accese, tre posaceneri e qualche quotidiano stropicciato. Russ invidiava il loro autocontrollo e temeva di non riuscire a gestire la propria emotività quando sarebbe stato il momento. Proprio quando aveva terminato di formulare quel pensiero, la grossa porta di ferro vibrò di cinque colpi battuti secondo un criterio ritmico preciso: erano loro. Si erano davvero presentati all'appuntamento.


Quello che Millard ricordava essere successo dopo quel momento, risultava molto più vago e confuso; le  immagini risultavano un miscuglio di tutti i fatti che erano successi in quei pochi, ma concitati, minuti seguenti, e soltanto qualche fotogramma risultava nitido e risparmiato dall'azione corrosiva del tempo e della paura, come il ricordo di aver visto entrare da quella porta molte più persone di quelle attese... I criminali che parlottavano con gli infiltrati della polizia... La sorpresa che lo aveva colto nel vedere che i bastardi si portavano dietro un ragazzino denutrito e palesemente depresso che non doveva avere più di tredici, quattordici anni... E infine il segnale dato al momento giusto di uscire allo scoperto e puntare le armi contro i delinquenti.
Ma qualcosa era andato storto: la Viuda de Negro si era dimostrata in grado di sapersi destreggiare anche in situazioni disperate come quella. I bastardi erano preparati ad ogni evenienza, e il sergente Millard si era ritrovato ben presto a dover tenere testa a quello che era il capo nemico.

Dopo quel momento, tutti i ricordi tornavano a farsi nitidi e uniti insieme dalla giusta sequenza logica e temporale.

Ma si trattava di pochi secondi. Pochi secondi durante i quali aveva avuto la peggio con il criminale, che lo stava tenendo sotto tiro con la sua calibro 38. Era un uomo alto e grosso, coi capelli nerissimi impomatati all'indietro, gli zigomi sporgenti e lo sguardo vitreo, talmente inespressivo da somigliare spaventosamente a quello di un rettile. Pochi secondi per fissare la mano del nemico stretta sulla pistola, e il suo dito indice sul grilletto. E pochi secondi per far sì che accadesse l'impossibile: i muscoli del dito che avevano vibrato per sparare il colpo, erano stati un tutt'uno con il rumore assordante dello sparo. Millard aveva chiuso gli occhi, ricordava che era troppo intento a pensare a suo padre e a cosa avrebbe fatto dopo aver saputo che il figlio era rimasto ucciso, per accorgersi che il rumore era in verità sopraggiunto con un impercettibile anticipo rispetto al proiettile. Anzi, dopo qualche attimo di troppo, si era reso conto di non  essere stato affatto colpito. Aveva quindi aperto gli occhi di scatto, giusto in tempo per vedere il tizio davanti a sè tossire un fiotto di sange e crollare giù ai suoi piedi con la faccia a terra, così da rivelare alle sue spalle il palese arteficie dell'accaduto.
Il bambino, ansante e con gli occhi spalancati, teneva davanti al proprio viso una pistola dalla canna fumante con entrambe le mani. Tremava come una foglia ed era più pallido di un fantasma. Quel ragazzino gli aveva appena salvato la vita, macchiandosi della più grave delle colpe, l'omicidio.

A quel punto, senza il loro capo, fu quasi un gioco da ragazzi prendere in mano la situazione ed arrestare i rimanenti e disorientati membri della banda lì presenti. Ricordava di averli sentiti chiamare quel bambino col nomignolo di "Scorpio", che solo giorni più tardi scoprì essere dovuto a piccole e subdole missioni affidategli dalla banda, in cui il suo aspetto innocente e la sua furtività gli concedevano di pungere indisturbato senza lasciare traccia nè sospetti. Lo obbligavano a lavorare per loro, picchiandolo e promettendogli il cibo solo al completamento delle missioni. E se tornava con cattive notizie , solo Dio sapeva quello che doveva subire da quei figli di puttana.
Tenendo le mani alzate per fargli capire che non gli avrebbe fatto alcun male, Millard gli aveva parlato quietamente: -Stai tranquillo, piccoletto, non ti faremo niente.-.
Scorpio lo fissava spaurito e apparentemente incapace di fare qualsiasi altra cosa che non era tremare e stringere quella pistola fino a sbiancarsi le dita. Fissava il corpo ormai senza vita di quello che era stato uno dei suoi aguzzini e sembrava sul punto di disfarsi in mille pezzettini.

-Fidati di me...- aveva ripreso Russ Millard, stavolta incominciando a muovere qualche passo cauto per aggirare il cadavere e tentare così di avvicinarsi al bambino. -... Baderemo a te... Io baderò a te. Se abbassi la pistola, ti porto via da qui e giuro su Dio che nessuno ti farà del male.-.
Non ricordava con precisione cosa di quel ragazzino lo colpì così tanto da farne una questione personale e promettergli quelle cose. Forse perchè gli aveva salvato la vita, forse perchè già immaginava, prima di venire a saperlo da lui giorni più tardi, quali mostruosità aveva dovuto sopportare a causa di quei bastardi.
Forse erano quei suoi occhi così pieni, così vivi, da averlo coinvolto in quella maniera. Perchè erano degli occhi che poco si confacevano ad un ragazzino: erano animati da un fervore rovente, aizzato da tutto il rancore maturato durante ogni secondo passato ai servigi di quella gente, dalla consapevolezza che ogni giorno il passato si sarebbe inevitabilmente tramutato in un presente che non cambiava di nulla, destinandolo sempre allo stesso crudele futuro. Occhi senza speranza, divorata da demoni di fiamme.
Russ Millard, in quelle orbite infossate, ci aveva visto l'Inferno.
Ricordava di aver giurato a se stesso che avrebbe fatto qualsiasi cosa per alleggerire il peso che gravava su quelle piccole spalle. Oltre al senso di gratitudine, era anche e soprattutto questo il motivo che aveva spinto il poliziotto a non abbandonare quella creatura e a cercare di proteggerlo per quanto poteva, mettendocela tutta per essere una presenza costante nella sua vita, anche dopo che ognuno aveva preso la propria strada. Millard aveva fatto carriera grazie all'arresto di quella notte, mentre Cardia (questo era il suo vero nome) passava gli anni successivi a saltare da una coppia affidataria all'altra, a causa della sua cattiva condotta; parecchio tempo lo passava in ospedale, a cusa di una malattia cardiaca riscontrata ai tempi della sua permanenza nella Viuda de Negro, e il resto a picchiarsi con altri ragazzi.
Qualche anno più tardi, la sua attenzione però si era spostata anche su di un altro fronte, quello dei motori, cosa che si rivelò presto la sua più grande passione. Era stato proprio grazie a Millard che Cardia aveva scoperto il suo incredibile talento meccanico, e cioè quando il poliziotto aveva pensato che spendere del tempo in un lavoretto lo avrebbe tenuto lontano dai guai almeno per qualche ora al giorno. Ne aveva parlato con i suoi tutori del momento e questi avevano accettato di buon grado, se non altro per liberarsi un poco dalle preoccupazioni che il ragazzino dava loro di continuo. Così, dopo essere riuscito a persuadere anche il diretto interessato, Millard lo aveva affidato ad un suo amico meccanico a cui il Distretto affidava le volanti da riparare. Con grande sorpresa di tutti, Cardia prese molto sul serio la cosa, dedicandosi con solerzia e passione al lavoro; lì aveva imparato i segreti del mestiere e scoperto così la sua grande vocazione.
L'idillio però era durato poco, fino a quando il ragazzo, divenuto consapevole del proprio talento, ben pensò di sfruttarlo per divertirsi e guadagnare un po' di grana. Era così che si era addentrato nel giro delle corse clandestine e del tuning, guadagnandosi in pochi anni la fama del più forte.

Russ Millard ricordava che tante volte aveva cercato di dissuaderlo ad uscirne, confidandogli che non poteva continuare a coprire un delinquente e che se avesse continuato così sarebbe stato costretto a metterlo dentro per un po' o almeno in libertà vigilata; senza considerare le conseguenze sulla malattia al cuore che ogni anno che passava peggiorava sempre di più. Ma parlare con Cardia era come farlo con un muro: il suo protetto esplodeva ogni volta in mille scintille ed entrambi si ritrovavano presto ad urlare in faccia ad un interlocutore sordo.
Ricordava che era stato proprio quel giorno, dopo il loro ennesimo litigio, che lo aveva visto per l'ultima volta.
-Sono riuscito a sbrogliare le faccende burocratiche, ragazzo..-.
 Erano a casa di Millard, seduti uno accanto all'altro, il poliziotto gli aveva poggiato affettuosamente le mani sulle spalle -Finalmente non c'è niente che possa opporsi all'affidamento.-.
 Il ragazzo non lo guardava, tenendo uno sguardo apatico fisso sulle proprie cosce. Oramai, aveva pensato Millard con tenerezza, Cardia era diventato un uomo, ed erano passati più di dieci anni dall'accaduto a Inglewood, ma al Commissario pareva di essere stato investito dalle fiamme del ragazzo soltanto il giorno prima. -Se vuoi, puoi venire a stare da me, senza doverti più preoccupare di niente... Nè dei soldi, nè di dove dormire, nè della tua malattia. Penseremo a tutto assieme, vedrai.-.  Aveva pronunciato quelle parole con tono basso e rotto dall'emozione.
Da quando Cardia aveva raggiunto i ventuno anni di età, i servizi sociali non gli avevano più assegnato dei tutori e una casa dove stare e la sua situazione era peggiorata drasticamente. Da quel momento il poliziotto aveva fatto di tutto per prenderlo con sè, ma affinchè anche il ragazzo la prendesse seriamente, senza il timore di potersi ritrovare di nuovo per strada (anche se piuttosto che quello, Millard avrebbe preferito tagliarsi una mano) lui si era mosso per rendere la cosa ufficiale, ottenendo così l'affidamento.

L'attesa della risposta lo stava uccidendo, si era ritrovato persino a pensare che nessun'incursione o arresto lo aveva tenuto più con il fiato sospeso di quel momento. Ma Cardia ci aveva messo un po' troppo a rispondere, e quando si era finalmente deciso a farlo, Millard ricordava di essersi sentito sgretolare.
-Di tempo ne hai avuto, dopo la tua promessa. Undici anni per l'esattezza. Oramai è troppo tardi.-.


Russ Millard sentiva quella frase rimbombargli nel crano ogni benedetta sera, prima di andare a dormire. Il rimorso per non aver agito prima, per non averlo preso subito con sè, così da potergli riservare un futuro migliore, lo divorava da quando aveva ricevuto quel rifiuto. Perchè non gli aveva risparmiato tutti quegli anni di sofferenza e ineguatezza verso il mondo, accogliendolo subito a casa sua? Utilizzava verso se stesso la scusa che non gli avrebbero permesso di tenerlo, che prima o poi lo avrebbero portato via e affidato a qualcun altro che l'affidatario lo faceva di mestiere, perchè con il suo lavoro non sarebbe riuscito ad essere presente quanto sarebbe servito e avrebbe voluto. La verità era un'altra ed era riuscito ad ammetterlo a se stesso solo in quel momento, ora che Cardia, colui a cui aveva voluto e voleva bene come un figlio, ce lo aveva di nuovo davanti agli occhi dopo che era sparito per tre lunghi anni senza farsi mai vivo. Ed era che, nonostante il suo unico desiderio fosse quello di liberarlo da quelle fiamme, per quanto ci avesse provato non ci sarebbe mai riuscito, perchè Cardia e il fuoco che lo attanagliava ormai da una vita erano diventati una cosa sola. Ed era proprio quel fuoco che lo teneva in vita, che facev a ancora battere quel cuore debole, erano la rabbia e il fervore del suo spirito rovente.
Se era impossibile estinguere quelle fiamme, l'unica cosa da fare era condividerle. Ma lui, come ogni singola persona che aveva provato a stare vicino a Cardia, non era stato in grado di sopportare l'Inferno che era racchiuso in quello sguardo.

Prese un lungo respiro. -Scorpio.- ripetè, dato che non era per niente sicuro di averlo anche detto, oltre che pensato, poco prima.
Al sentirsi nuovamente appellare in quel modo, Cardia non resistette, ed esplose. -Non azzardarti a chiamarmi con quel nome!- urlò, tanto forte da raschiarsi la gola e stringendo a sè con ancora più forza il povero corpo di Degel; tremava forte, la pistola che teneva in mano ballonzolava contro la fronte del francese come se ci fosse un terremoto.

-Ti scongiuro- continuò Millard -Non macchiarti di altro sangue.-.





  
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